Càstore e Pollùce.
C’erano
quelle domeniche in cui Hikaru si svegliava qualche minuto prima di Kaoru,
sentiva la sua schiena contro la propria oppure le sue dita che riempivano lo
spazio tra le proprie, come a dirgli «ci sono, ci sono sempre» - e Hikaru si ritrovava irrimediabilmente a
pensare a lui, al loro stare sempre assieme, alle mani intrecciate quando
avevano paura ma non lo mostravano a nessuno, mascherando il terrore con
indifferenza finché cattiveria.
Si
mosse lentamente sotto le coperte sfatte, in modo da stendersi su un fianco e
sciogliere lentamente il nodo delle loro gambe, appoggiò con una delicatezza
che non sapeva di avere la mano sulla sua, vedendola intrecciarsi naturalmente
con le dita del gemello. Era una cosa naturale, per loro, tenersi per mano –
come avere un modo concreto di sentirsi vicini, perché per quanto potessero
guardarsi Hikaru e Kaoru, la percezione che avrebbero avuto di loro due sarebbe
stata quella di vedersi davanti allo specchio; tenersi la mano, toccarsi, invece era tutt’altra roba: era
la verità indiscutibile che in qualsiasi guaio si sarebbero potuti cacciare c’era
il gemello con loro – perché il dolore lo si sopporta meglio con qualcuno.
Pochi
minuti dopo, anche Kaoru si svegliò, con la mano libera si sfregò gli occhi
ancora affogati nella libido del sonno, qualcosa in Kaoru gridava bisogno di
amore ed Hikaru voleva donargli tutto l’amore che avesse in corpo.
«Buongiorno»
«Uhm..
buongiorno» Kaoru richiuse gli occhi e incastrò il capo tra le spalle alzate,
la finestra leggermente aperta lasciava entrare impertinente una folata di
vento autunnale, il più piccolo dei gemelli alzò le lenzuola in modo che
coprissero il suo corpo fino al mento; Hikaru, quasi senza pensarci, lo imitò.
Ora
erano perfettamente simmetrici, mentre le mani mancine di entrambi erano
impegnate a stringersi e completarsi, il braccio libero di Hikaru andò a circondare
la vita dell’altro, tirandoselo vicino, Kaoru ripeté la stessa azione, come se
stesse ricercando quasi disperatamente quell’equilibrio dei loro movimenti.
«Stavo
pensando alla storia che ci ha raccontato Haruhi,
quando il King stava insistendo per fare qualcosa sulla mitologia greca…» il primo a parlare fu Kaoru, teneva gli occhi
chiusi così come li aveva anche Hikaru, nessuno dei due osò aprirli.
«E
che hai pensato?»
«A
Càstore e Pollùce» fece una breve pausa, accennando ad una carezza al fianco
dell’altro, «vivresti anche tu, per me, un giorno sull’Olimpo e uno nell’Ade?»;
il fruscio che Kaoru sentì gli fecero pensare ai capelli dell’altro sul cuscino
mentre il capo si muoveva in un cenno di assenso, il silenzio enfatizzò ancora
di più quel pensiero. «Anche noi, quando moriremo, vivremo per sempre insieme
nel cielo, sotto forma di costellazione?».
Solo
allora Hikaru alzò le palpebre, le loro dita si slegarono e la mano abbandonò
il fianco di Kaoru, i palmi andarono gentilmente ad afferrargli il viso, gli
occhi aperti del secondogenito erano invasi dai mostri del loro passato e dai
timori del futuro. Kaoru aveva una terribile paura di essere abbandonato, e
Hikaru si odiava per aver lasciato che questo pensiero mettesse le radici nel
gemello.
Il
primogenito si allungò a lasciare un bacio sulla fronte di Kaoru, poi scese e ne
posò un altro sulla punta del naso, l’ultimo fu dato sulle labbra, lentamente e
con tutta la tenerezza che poteva trovare nel proprio cuore, «starò sempre con
te, baka».
Note
d’Autrice ~ a volte ritornano
Hikaru/Kaoru
senza assolute pretese, giusto perché una certa persona (sì, tu, sentiti in
colpa) ha deciso che dovevo incontrarli adesso e non prima. Anyway,
sono qui – spero che non mi linciate per il modo particolare in cui ho tradotto
il rapporto tra i due fratelli – so benissimo di interpretare tutti i
personaggi in modo un po’ particolare, senza contare la buona dose di angst che ci metto dentro in ogni pairing
che shippo x°
Scusatemi,
davvero~
Riguardo
al momento di cultura inutile, Pollùce e Càstore sono due gemelli, figli di
Zeus, tratto da wikipedia: "Pollùce, volendo seguire il destino del fratello, volle vivere come Càstore
un giorno sull'Olimpo e uno nell'Ade. Un altro mito, riportato da Euripide
nella sua opera Elena, ricorda invece che Zeus concesse - visto il loro
profondo legame - di vivere per sempre nel cielo, sotto forma di costellazione."
– ovvero la costellazione dei Gemelli.
Diciamo
che tutto ciò mi ha ispirato e non poco.
Spero
sia stata almeno un po’ di vostro gradimento ♡
radioactive,