Il mio nome è Curumo,
Curunir nella lingua dei Sindar, Saruman per gli uomini del nord, tutti
i miei nomi significano tuttavia la stessa cosa: uomo saggio, abile,
astuto. Ma se tale `e stato il nome che in occidente mi è
stato conferito da Eru Iluvatar all’inizio dei tempi, che
cosa ci faccio qui, in questa piana sterminata nuovamente vestito della
carne che avevo in vita, in mezzo ad una selva di esseri senza volto?
Come ho fatto a perdere dignità e potenza, a permettere che
un verme, meno ancora che uomo, uccidesse il mio guscio mortale e mi
spedisse qui nel disonore e nel dileggio? Proprio io che ero Saruman il
bianco, il primo degli Istari, signore della torre di Orthanc,
consigliere di re e di saggi signori elfici, ho perso ogni prestigio,
abdicato ogni grandezza, sprofondato nell’oblio e nella
maldicenza degli uomini! Ancora adesso che tutto mi è
più chiaro continuo a non capire qual è stato il
momento in cui ho oltrepassato la linea del non ritorno, qual
è stato l’attimo in cui ho definitivamente perso
di vista la luce di Aman e mi sono gettato nelle tenebre di Sauron,
come un ignobile e disperato accattone. Approfitterò quindi
di te, mio giovane ascoltatore, per mettere ordine nei miei pensieri
mentre aspettiamo insieme il giudizio di Mandos, tu ascolterai la mia
storia e forse anch’io nel ripeterla potrò
riafferrare la saggezza che mi è sfuggita. Disponi quindi il
tuo animo alla pazienza, mio giovane compagno nelle ore più
cupe, perché il mio spirito è antico quanto Arda
stessa e nella mia lunga esistenza non me ne sono certamente stato con
le mani in mano…