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Autore: Road_sama    13/06/2013    3 recensioni
Un albergo nel cuore di Londra.
Un ragazzo che torna dopo sette anni dall'America.
Il nuovo proprietario di un albergo e i ricordi di una bellissima notte.
Come si collegheranno questi quattro elementi?
Per voi un dolce AU!Human ovviamente UsUk
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve salvino a tutti! E per un buon inizio delle vacanze (oddio sono iniziate già da una settimana?è.è) un po’ di fluffosità made in UsUk penso sia il modo migliore. Chiedo perdono per tutti quelli che aspettano l’aggiornamento dell’altra storia ma, finire questa è stato più forte di me (ebbene si, ce l’ho in cantiere da un bel po’ ma, causa voglia, caldo e inizio delle vacanze yeah! Non ho continuato più^^”)
Come promesso (no sul serio, l’avrei fatto lo stesso u.u) questo obrobrio (?) amoroso è dedicato alla mia sorellina illegittima SnowBlizard :3 Doveroso spiegare:
Number 1: Perché adora l’UsUk, ovviamente xD
Number 2: Penso che sia nervosa e agitata per gli esami quindi, con un po’ di buon romanticismo si potrà rilassare :)
Number 3: Era mio dovere ricambiare la dedica, visto la bellissima fic che lei aveva dedicato a me.
Number 4: (ma non per importanza) Thank you sista per avermi fatto sorridere in questi 3 mesi da quando ti ho conosciuta.
Anyway, Buona Lettura!!! :D

 


                                                                  In This Hall
 

 
 

L’albergo era rimasto identico a come se lo ricordava. Un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra. Da sempre quel posto gli ricordava un covo di scozzesi  troppo ubriachi per protestare del servizio. Nonostante questo il piccolo albergo, a quanto sembrava, godeva di una notevole fama, ora. A quanto gli avevano raccontato, quel posto era diventato famoso dopo la morte  di zio Kirk e di conseguenza dopo la sua partenza. Inoltre, si diceva in giro che ora, a capo dell’hotel ci fosse proprio lui. La persona che temeva di più a rivedere. Se l’avesse respinto, e l’avrebbe fatto, sarebbe stato come una pugnalata dritta al cuore.
 Il piccolo bar nella parte destra della Hall, le poltroncine di pelle rossa e i tavolini circolari, l’enorme lampadario di vetro colorato dello zio e il lungo bancone color cremisi, era rimasto tutto così, come se lo ricordava. Non sembrava nemmeno fossero trascorsi sette anni.
Si avvicinò lentamente al bancone e migliaia di ricordi si affollarono nella sua mente. Quante volte aveva fatto dannare lo zio! Da piccolo si divertiva a nascondere le chiavi delle stanze.
Un senso di nostalgia gli oppresse lo stomaco.
Con estrema calma arrivò al bancone e appena lo vide arrivare, le sue labbra si piegarono in un sorrisetto sfacciato e strafottente.
-Hello.- disse il ragazzo dall’altra parte del tavolo. Era cambiato parecchio dall’ultima volta che si erano visti però, lo trovava ancora più attraente. Era dimagrito però era ugualmente alto e slanciato. Il taglio di capelli era lo stesso da sempre: difficile riuscire a fare qualcos’altro con quei capelli così ribelli. Gli occhi, i suoi occhi, si erano fatti di un verde più intenso e magnetico. Richiamavano all’ordine, infondevano timore e leggevano dentro le povere vittime che capitavano nel mirino.
Ah…un’altra cosa che non era cambiata erano le sue sopracciglia, le sue enormi sopracciglia.
Nel complesso, da come si muoveva sembrava un tantino sadico. Tipico di un inglese, insomma.
-Hi!- esclamò il cliente con la sua vocina stridula -Senti biondino, avete una stanza per me?.- aggiunse con tono provocatorio e un marcato accento statunitense.
-Beh, per me potresti anche dormire fuori però, questo è un albergo, quindi penso che ci sia.- rispose secco l’inglese.
-Amazing!- l’inglese cominciò a ticchettare sulla tastiera del computer.
-Quanto vuole stare?- domandò.
-Oh, beh non lo so…Quanto vorresti che io rimanga qui?- l’americano appoggiò il gomito al bancone e accorciò le distanze con l’inglese.
-Per me potrebbe andarsene anche ora…- affermò l’inglese come se fosse la cosa più normale del mondo da dire ai propri clienti.
-Sei così freddo! Una volta eri così dolce! Starò qui una notte ma, se mi dai un pretesto potrei starci di più~- l’americano sorrise divertito vedendo l’espressione stupita dell’altro.
 
L’inglese rimase interdetto. Lui conosceva quello stupido e senza cervello di un americano? Si fece pensieroso ma, era difficile ragionare con quell’idiota che ti fissava.
 Lo osservò da capo a piedi. Aveva un fisico slanciato, inutile dire che era proprio un bel ragazzo, ma era vestito molto male: una T-shirt con la scritta “I’m the hero!” e dei jeans bucati alle ginocchia, in più, stretto nella mano destra portava un giubbotto di pelle marrone. Aveva degli spessi occhiali, dei capelli biondi che mettevano in risalto gli occhi color cobalto. Unica nota stonata, un ciuffo ribelle che sfidava tutte le leggi della fisica. 
Un…ciuffo…ribelle?
L’inglese sbarrò gli occhi ma, fu solo un istante. Sarebbe stato impossibile per chiunque cogliere quell’increspatura nella sua espressione da gentleman. Il suo cuore prese a martellargli nel petto. Sembrava volesse uscirgli dalla cassa toracica. Ricorse alla sua calma “made in British” e si trattenne dal correre via.
-Tsk. Che tipo di stanza vuole?- riprese la discussione con il tono di voce più gelido di prima.
-Una camera doppia con bagno privato.-
Tutte le aspettative dell’inglese crollarono con una parola: camera doppia. Questo voleva dire solo una cosa. Aspettava qualcuno. E questo qualcuno poteva essere la sua nuova fidanzata o qualche amichetto che si era fatto in quegli anni. Si era illuso come una ragazzina alla prima cotta. Ma, in fondo, doveva aspettarselo visto che era stato abbandonato.
-Con che nome devo salvare l’ordinazione?- domandò l’inglese tenendo gli occhi ancorati allo schermo.
-Alfred F. Jones-
Quel nome, quel nome! Con che coraggio si ripresentava in quell’albergo? Con che coraggio, ora, gli stava parlando?! Il desiderio di andarsene via si fece più insistente mentre il suo cervello venne preso d’assalto da migliaia di pensieri. Avrebbe voluto cancellare il passato e fare finta di niente. Avrebbe voluto non ricordare così bene l’ultima appassionante notte che avevano passato insieme e quelle emozioni. Avrebbe voluto che lui non se ne fosse mai andato via.
Avrebbe voluto toccarlo un’altra volta, dannazione!
-Sono 70 sterline.- rispose secco. 
Alfred si aspettava qualcosa di più di un semplice “Sono 70 sterline”. Lo si poteva sentire nell’aria, lo si poteva vedere nei suoi occhi e il suo sorrisetto si stava inclinando. L’americano si riprese in fretta ritornando a fissare l’inglese con insistenza.
-So much! Hai alzato i prezzi non è così?- l’inglese lo ignorò. Non aveva più voglia di giocare con lui.
-Con cosa preferisce pagare?- chiese ancora l’inglese glaciale.
Finalmente il sorriso di Alfred si spense e la voce si fece più debole.
-Carta di credito.-
                                                                                          
                                                                                   ~~~
 

Il pomeriggio trascorse tranquillo. Alfred era nervoso. Incredibilmente nervoso. Era già da un’ora che ticchettava nervosamente la punta delle dita sul tavolino.
Gli aveva detto il suo nome e lui non aveva fatto nemmeno una piega. Gli aveva dato tutti gli indizi possibili sulla sua identità e ancora niente.
Lo odiava, Arthur lo odiava. Doveva aspettarselo. Se n’era andato via, lasciandolo li alle prese con quel alberghetto. Era stato egoista a pensare solo alla sua vita e non aveva badato alle conseguenze su quella di Arthur.
Per la prima volta nella sua vita la sua sicurezza stava vacillando. Solo lui era in grado di ridurlo così.
Sentì dei passi farsi sempre più vicini. Onestamente non gli importava chi fosse, era troppo preso ad affrontare l’amara sconfitta.
-Ehi tu.-
Lo ignorò.
-Idiota mi vuoi ascoltare?! -
Alfred alzò lo sguardo e incontrò quello di Arthur.
-Dov’è l’amichetta con cui passerai la notte? – borbottò l’inglese.
-Amichetta?- rise l’americano –quel posto, in realtà era tuo. –
Alfred continuò a fissarlo e finalmente riuscì ad intravedere un’emozione. La stessa che aveva visto nei suoi occhi la sera prima di partire.
-Tu…dannato Alfred…- una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora scivolarono lungo le guance di Arthur –T-tu…n-non sai quanto ho aspettato che tornassi…mi hai fatto tanto male, sai? C-Come pensi che possa perdonarti? Perché sei t-tornato proprio adesso?!– disse tra i singhiozzi.
L’americano si alzò e molto lentamente si avvicinò all’altro. Lo guardò negli occhi per qualche secondo. Odiava vedere le persone tristi soprattutto se era a causa sua. Soprattutto perché era Arthur ad essere triste.
Lo strinse forte a se e appoggiò la fronte sulla sua clavicola in modo da poter sentire meglio quel profumo pungente. Quanto gli era mancato.
-Scusami Arthur. Sono stato molto egoista a pretendere che tu capissi la mi partenza e che ora mi accogliessi…però, ora voglio prometterti, come ti ho promesso che sarei tornato e avremo di nuovo vissuto insieme, che non me ne andrò mai più. Non esigo il tuo perdono immediatamente chiedo solo che tu abbia pietà per questo stupido… - rise amaramente -I really miss you Arthur. –
Le braccia dell’inglese si incrociarono intorno al suo collo. Lo sentì stringere forte.
-You are really an idiot but…i think…that I love you for this, Alfred.-
  
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