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Autore: _diana87    13/06/2013    6 recensioni
"Quando la vita inizia a starti stretta, allentala."
Questa storia è per te, che mi hai insegnato che dopo ogni caduta bisogna sempre risalire. Perché non tutti i mali vengono per nuocere.
Genere: Commedia, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Fall (Part I)

 

 

 

"Quando la vita inizia a starti stretta, allentala."

 

 

 

 

La cameriera faceva avanti e indietro tra i tavoli in modo alquanto imbarazzante. Era talmente goffa che il suo reggiseno a balconcino sembrava danzare trasportato dalle note della Sabre Dance di Khachaturian.

Richard Castle osservava come i due seni della giovane donna ballavano a quel ritmo trascinante, non accorgendosi che in sottofondo c'era un'altra musichetta che intonava il suo nome.

Castle! Castle! Castle!

Dovette saltare due o tre volte dalla sedia prima di rendersi conto di avere il volto arrabbiato della fidanzata Kate davanti a sé che urlava il suo nome per l'ennesima volta. Quando lo scrittore realizzò di trovarsi in un ristorante a cena con la sua detective preferita, e che intorno a loro c'erano almeno una trentina di persone che lo fissavano, Rick volse lo sguardo alla sua musa, che tentava imbarazzata di coprirsi il viso per la vergogna.

 

"Kate, aspetta! Non correre! Dove stai andando?"

"A casa! Dove credi che vada?"

"E la nostra cena? Il nostro ristorante preferito?"

"Vacci tu!"

La guardò girare i tacchi, chiamare un taxi e sfrecciare in quella fredda serata di gennaio senza che lui potesse dire nulla. Una settimana fa le cose erano decisamente diverse.

 

Andavano a cena fuori quelle 3-4 volte la settimana, lasciando i bambini a casa con la baby sitter. I piccoli Tommy di sei anni, e June di quattro, non se ne lamentavano. A loro piaceva avere quelle serate libere per divagarsi e guardare maratona di film della Disney. Rick e Kate ne approfittavano per uscire e divagarsi un po'. Dopo sette anni di matrimonio, anche loro avevano diritto alle seratine romantiche.

Tutto procedeva bene fino a sette giorni prima.

Quella sera, fu la prima in cui Richard si chiese cosa stesse accadendo al mondo. In realtà, non sapeva che la sua vita avrebbe iniziato a prendere una piega diversa.

A cominciare dai colletti delle camicie.

Quando si preparava di buon mattino per andare al lavoro, aveva notato che i vestiti iniziavano a essergli stretti.

"Kate! Hai visto le mie scarpe nere? Quelle che indossavo alla premiere del libro di giovedì sera?"

"Sì! Sono sotto l'armadio!"

Aguzzò l'occhio e si illuminò il viso quando trovò le sue scarpe preferite. Si abbassò per prendere e fu allora che sentì il primo sintomo di cambiamento.

SCRAC.

Si portò la mano sul sedere e dalla forma a mezzaluna che aveva preso il suo pantalone, capì che si era strappato.

Scrollò le spalle, non pensandoci troppo.

Cominciamo bene.

Non erano solo i vestiti a stargli stretti, ma ora anche i sorrisi uscivano a stento. A volte aveva le sue buone ragioni, come quando si ritrovava a fare la fila all'ufficio postale e c'erano quei fan insistenti che pregavano per un autografo, ma lui rispondeva con "Non è aria, ho fretta", oppure "Non vedete che sto con delle bollette in mano? Possiamo aspettare almeno che esca per l'autografo?"

Niente da fare.

SPLASH.

Dalla sua sinistra, una granita alla frutta gli finì addosso al giaccone di Armani appena comprato.

SPLASH.

Dalla sua destra, un gelato al cocco e nocciola gli finì in testa.

Era un campo di battaglia.

Si voltò, cercando i presunti kamikaze, ma questi erano già andati via, correndo alla velocità della luce.

Storse la bocca e con rigetto cercò di togliersi le macchie di dosso, aiutandosi con un fazzoletto di cotone che aveva dentro il taschino del giaccone.

Vandali!

 

Al lavoro, però, le cose andavano decisamente bene. Gina, sua ex moglie storica nonché editrice, non le dava pressioni. I suoi libri vendevano anche quando la saga di Nikki Heat era giunta al capolinea da un po'. Gina la chiamava "Sindrome di Elvis", ovvero quando qualcosa ha successo anche dopo la morte dell'autore o del personaggio.

Fu in quel preciso istante, quando Rick stava cercando la sindrome di cui parlava la sua ex moglie su Google, che arrivò quella notizia e fu come un fulmine a ciel sereno. A dire il vero, quella notizia contenuta in una busta di posta raccomandata venne lanciata addosso allo scrittore, che per l'eccitazione non riusciva neanche a tenerla in mano.

"Ci penso io." rispose sbuffando Gina.

La donna soffiava sempre di fronte ai comportamenti goffi dell'ex marito, forse perché si era stancata di averlo tra i piedi e sperava se ne andasse o peggio, che i suoi libri smettessero di vendere, così avrebbe trovato una scusa per licenziarlo e lei per prendere giovani attraenti scrittori.

Improvvisamente rimase sbalordita dal leggere il contenuto della lettera. Guardò Rick, il quale a sua volta la osservava spazientito, in attesa di risposta. Gina gli posò una mano sulla spalla e si trattenne dal fare un grosso sorriso.

I suoi desideri si erano realizzati.

"Leggi qui, Richard: una nota casa editrice vuole farti un contratto megalomane, e non solo; siccome quest'azienda fa parte di un gruppo editoriale, ti vogliono anche come giornalista a condurre uno speciale sui crimini polizieschi! Non è grandioso?!"

"Sì... sì... wow."

Rick restò di stucco, ma quando realizzò pian piano l'offerta, prima comparve un ghigno, poi un sorriso si fece lentamente strada sul suo volto. Partì dal lato sinistro della bocca. Si contrasse. Cercava spazio per inarcarsi. E poi eccolo lì. Spuntò a mezzaluna, completando le sue labbra.

Lentamente, la mezzaluna si aprì e diede spazio ai denti.

Sì, quello era decisamente un sorriso.

"Oddio è grandioso! Questo vuol dire che non ti avrò più tra i piedi!" sostenne fiero, lanciando la frecciatina che colpì Gina nel punto esatto della sua testa.

Rick gliel'aveva servita sul piatto. La sua vendetta.

 

La vita per lo scrittore iniziò a brillare seppur di poco. Il problema principale era la sua famiglia.

Kate era stata sommersa di lavoro. Aveva indagato su un caso di un trafficante di droga, ma tutto si era risolto per fortuna. Ora solo casi piccoli che le permettevano di avere del tempo da dedicare a Tommy e June.

Quando Rick tornò a casa, trovò sua moglie accoccolata sul divano insieme ai due figli, che erano abbracciati chi da un lato, chi dall'altro, in seno alla mamma.

Comparve di nuovo quel sorriso sulla faccia, ma fu molto naturale.

Si avvicinò per dare un bacio alla sua consorte, ma lei aprì gli occhi di scatto e guardò serissima il marito. Delicatamente, lasciò andare Tommy e June, assicurandosi che fossero comodi a dormire sui cuscini del divano. Poi indicò la cucina al marito, e si ritrovarono a discutere animatamente in quella stanza.

"Dedichi troppo tempo al tuo lavoro!"

"Senti chi parla! Sei tu quella che dal mattino alla sera è chiusa al 12th!"

"Questo non è vero... e comunque almeno trovo il tempo per stare con i nostri figli! Tu pensi solo ai tuoi libri! Mi sono stufata!"

"Beh ti farà piacere sentire che a breve non dedicherò più tempo ai miei libri. Sì, mi hanno offerto un lavoro in un gruppo editoriale. Non solo continuerò a scrivere, ma avrò uno spazio tutto per me per parlare di crimini e polizia."

"Tu non sei un poliziotto, Rick."

Il sorriso beffardo sul volto di Kate fu quasi una sfida, o forse lo stava stuzzicando. Giusto per ricordargli che tutti quegli anni passati al distretto accanto a lei non l'avevano di fatto promosso a detective.

"Stai dicendo che dovrei rifiutare l'offerta?" alzò il tono della voce, raggiungendo un acuto.

"Se scegli quel lavoro, io, Tommy e June ce ne andremo... Oh, e basta che non sento più al telegiornale di un certo scrittore che guarda i balconcini delle cameriere mentre è a cena con la moglie..." anche lei alzò il tono della voce, raggiungendo qualche nota più alta.

ZAC.

La freccia era stata scagliata, e Rick non ebbe il tempo di sfiorarla. Non poteva neanche controbattere poiché non aveva con sé il suo arco.

Semplicemente, prese le sue cose e uscì di casa.

Kate si morse le labbra, presa dai sensi di colpa. Trattenne le lacrime e scosse la testa.

 

Suo padre aveva fatto la spia per tutta la sua vita, vivendo una doppia vita lontano da lui e dalla sua famiglia.

Rick lo aveva conosciuto casualmente a Parigi, quando anni addietro era stato costretto ad andare per salvare sua figlia Alexis che era stata rapita.

Da allora, raramente si sentivano. Un po' per il lavoro di entrambi, un po' perché Martha era restia a parlargli di suo padre, e un po' perché Jackson Hunt era fatto così: voleva che suo figlio vivesse la sua vita, che fino ad allora senza di lui, era stata straordinaria.

Tuttavia, qualche anno prima, lui si era ammalato e dovette rinunciare a lavorare coi servizi segreti. Rick e famiglia corsero in ospedale. I medici dissero che era una leggera forma di aritmia, nulla di più. Ma i problemi aumentarono, le aritmie si moltiplicarono, e Jackson non disse nulla, fingendo di essersi ritirato dal lavoro per via dell'età.

Da due anni, lui e Rick avevano ripreso i rapporti, e si vedevano decisamente più spesso. Sopratutto dopo la morte di Martha.

Lo scrittore raggiunse il monolocale al centro di Manhattan dove abitava suo padre. Deciso, suonò al campanello, stringendosi dentro al suo giaccone, che aveva ancora i segni di granite all'altezza delle spalle.

Papà Castle sorrise aprendogli la porta, e lo accolse in casa preparandogli una bella tazza di latte e caffè, alcuni biscotti e poi un'insalatona. Lo vide mangiare avidamente, e allo stesso tempo, perso nei suoi pensieri.

"Cosa c'è che ti preoccupa, figliolo?"

Rick deglutì, girando con il cucchiaino il caffè che si mescolava con il latte.

"La vita, papà. E le sue scelte."

"Uhm." mugolò l'anziano signore, e incrociò le braccia per guardarlo meglio. "Avanti, sfogati con il tuo vecchio. Si tratta di Kate?"

"Non solo. Il lavoro, la famiglia... sento che tutto mi sta sfuggendo dalle mani, e io non riesco ad afferrarlo..."

"Figliolo... quando la vita inizia a starti stretta, allentala."

Lo scrittore guardò suo padre chiedendosi se stesse parlando seriamente. L'uomo in risposta gli sorrise.

Si allungò verso di lui, posandogli una mano sul braccio.

"Nella mia vita sono sempre stato preso dal lavoro. Vi ho abbandonato per quello, e me ne rammarico. Ho perso la gioia di vederti crescere. Ma tu hai questa possibilità. Fai un cambiamento nella tua vita!"

"Come posso? Da una parte ho l'occasione di avere un lavoro da sogno, ma se lo accetto, Kate se ne andrà lasciandomi..."

"Non tutti i mali vengono per nuocere, Richard."

Accennò ad un sorriso quando lo chiamò col nome completo. Gli faceva ricordare sua madre.

Jackson Hunt cambiò espressione e diventò serio.

"Devo dirti una cosa, figliolo, ma voglio che tu stia calmo e che non ti agiti."

"Papà non puoi dirmi questo e pretendere che io ora stia calmo e che non mi agiti!"

In effetti, aveva già iniziato a barcollare, mollando il cucchiaino dentro la tazza e allontanando da sé il mangiare che suo padre gli aveva preparato.

Quindi l'anziano chiuse gli occhi a quel gesto, respirando piano.

"Ricordi quelle aritmie cardiache? Beh, sono peggiorate col passar degli anni, fino a provocarmi infarti. Quattro mesi fa mi hanno diagnosticato un cancro ai polmoni. I medici dicono che è la conseguenza di metastasi cancerogene che si erano sviluppate e io non me ne ero accorto. Mi hanno dato tre mesi di vita."

Rick aveva già le lacrime agli occhi. Strinse la mano di suo padre, desiderando con tutto se stesso di diventare di nuovo bambino per rivivere l'infanzia con lui. Anche Jackson si commosse, ma accennò un sorriso.

"Non devi preoccuparti per me. La mia vita si è conclusa, e ho vissuto abbastanza a lungo. Adesso tocca a te."

Lo scrittore però non disse nulla. Si portò una mano sulla bocca per evitare di urlare, poi si lasciò andare abbracciando suo padre.

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Questa mini long mi frullava per la testa da un po'. Giusto il tempo di trovare ispirazione per metterla al pc, e voilà!

Ringrazio 1rebeccam per avermi fatto il banner. Io sono una capra con la grafica, so solo fare video :p

Le angst o le fanfic tristi sembrano andare di moda ultimamente, quindi mi sono cimentata in questa.

Doveva essere una shot ma l'ho divisa in due parti, altrimenti sarebbe risultata troppo lunga.

Aspetto i vostri commenti, e per il resto, ci si legge nella seconda e ultima parte :)

Alla prossima!

D.

   
 
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