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Autore: Queenofsockpuppets    13/06/2013    0 recensioni
Tania è una ragazza con la testa sulle spalle,che durante una crociera con le amiche naufraga su un isola dell’arcipelago filippino: tuttavia,dopo lo shock iniziale,scopre che sull’isola non è sola…
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Beyond the horizon of the place we lived
when we were young
In a world of magnets and miracles
Our thoughts strayed constantly and without
Boundary
The ringing of the division bell had begun
 
Encumbered forever by desire and ambition
There’s a hunger still unsatisfied
Our weary eyes still stray to the horizon
Though down this road we’ve been so many times…
                                                                                 (Nightwish-high hopes)

 
Stava di nuovo tramontando il sole,come tutte le altre sere,sull’isola di Floralia: ovviamente non si chiamava così, quel nome gliel’aveva affibbiato Tania,una ragazza dai capelli rossi sui vent’anni che era naufragata lì otto mesi prima.
L’aveva scelto con molta fantasia,diceva sempre con una buona dose di autoironia, perché era stracolma di fiori tropicali variopinti,con una grande predominanza di viola in tutte le sue tonalità.
Tania non era l’unica sfortunata abitante dell’isola: con lei c’era anche un ragazzino di quattordici anni, Stephen, che aveva subito il suo stesso sfortunato destino.
I due erano imbarcati su una grossa nave da crociera, lei con due sue amiche e lui con la sua famiglia, per un tour delle coste filippine, quando improvvisamente la nave era incappata in una vecchia mina subacquea inesplosa.
Una combinazione di sfiga e irresponsabilità, un grosso botto, uno squarcio, e un notte la nave era affondata nel giro di quattro ore. Tania era salita in tutta fretta su una scialuppa con le sue amiche, ma sfortunatamente la barca si era ribaltata in mare a causa delle grosse onde: la ragazza aveva perduto le sue amiche nella tempesta, ma era riuscita a rimanere aggrappata con tutte le sue forze alla scialuppa ribaltata, finchè non era stata sbattuta violentemente contro uno degli scogli aguzzi di Floralia.
Aveva atteso l’arrivo dell’alba, e alla fine dopo una rapida ispezione si era rassegnata al fatto di essere irrimediabilmente naufragata su un’isola deserta.
Dopotutto,tutti i programmi di sopravvivenza che aveva guardato in tivù diedero i loro frutti, e in poco tempo Tania riuscì a costruire un piccolo riparo con delle grosse foglie di palma, e dopo alcune ore aveva visto qualcosa di abbastanza grosso venire a riva.
Credeva fosse un cadavere, ma non essendone sicura corse a controllare: non era un cadavere quello che prese tra le braccia, era un ragazzino vivo,stremato,che aveva bevuto parecchia acqua.
Tania l’aveva rianimato e fatto riposare nel suo modesto rifugio,dopodiché avevano dovuto entrambi fare i conti con la dura realtà: avevano bisogno di fare provviste,procurarsi acqua potabile e attendere pazientemente l’arrivo dei soccorsi.
Per i viveri però vi era necessità di addentrarsi nella giungla dell’isola, e i due erano sprovvisti di armi.
I primi giorni avevano risolto il problema del cibo usando la gonna del vestito di Tania come rete per catturare alcuni piccoli pesci, ma rimaneva sempre il problema dell’acqua.
“Io sono un uomo,dovrei andare io nella giungla a cercarla: dopotutto,deve esserci di sicuro acqua dolce,visto che l’isola ha una vegetazione fitta e rigogliosa.” aveva detto Stephen.
“Tu non sei un uomo,sei un ragazzino” lo aveva corretto Tania, e dopo aver considerato tutti i pericoli in cui avrebbe potuto incappare,aveva deciso di addentrarsi nella giungla alla ricerca di acqua: era ritornata cinque ore dopo, comunicando felicemente al suo compagno di naufragio che aveva trovato un grosso albero dalla forma strana, con un grosso ramo biforcuto che sembrava fatto apposta per ospitare un rifugio, situato vicino ad una cascata.
Entuasiasti, i due si erano immediatamente messi all’opera per procurarsi legno e grosse foglie per costruire una vera e propria casa sull’albero,servendosi di pietre che avevano affilato e liane per legare i pezzi della struttura.
Era venuta fuori una casetta niente male,con un’unica grossa stanza in cui i due dormivano insieme per risparmiare spazio, stesi su due pagliericci fatti di erba e foglie, e perfino due grandi finestre.
Ora, a otto mesi dal naufragio, i due se la cavavano piuttosto bene: Tania perlustrava ogni giorno l’isola raccogliendo frutti e pescando qualche pesce, mentre Stephen si occupava di accendere il fuoco e raccogliere l’acqua in un tronco cavo che avevano trovato.
Tania faceva volentieri i compiti più “maschili” come cacciare e andare in avanscoperta in giro per l’isola, perché era più grande di Stephen di cinque anni, e si sentiva in dovere di proteggerlo: ovviamente lui si lamentava di ciò, rivendicando il suo virile diritto di occuparsi di procacciare il cibo mentre la donna aspettava a casa.
Ma Tania lo giudicava ancora troppo piccolo per andarsene in giro da solo: avrebbe potuto inciampare sulla scogliera, ferirsi mentre cacciava o dio sa cos’altro, e lei non avrebbe potuto aiutarlo perché non se ne sarebbe accorta.
In ogni caso, lei quella sera, come tante altre, stava tornando verso la capanna con un cesto artigianale fatto di foglie di banano intrecciate stracolmo di pesci: era stata una pesca fortunata, e ne aveva presi ben quattro.
Due li avrebbero mangiati quella sera e due l’indomani a pranzo, così non avrebbe dovuto pescare e avrebbe potuto dormire fino a tardi.
Accelerò il passo: doveva parlare con Stephen di una cosa che le girava in testa già da un po’, e cioè che voleva dividere la capanna in due stanze, perché ultimamente lui aveva iniziato a comportarsi in modo…strano.
D’altronde,non poteva biasimarlo: era un ragazzino in pubertà su un’isola deserta con l’unica compagnia di una ragazza di cinque anni più grande di lui (ma Tania aveva il sospetto che la cosa non lo toccasse), praticamente il sogno di ogni marmocchio della sua età.
Inoltre,altri fattori erano a sfavore della situazione, come il fatto che dopo otto mesi i vestiti avevano lasciato il tempo che avevano trovato, il vestito di Tania si era consumato sempre di più, così come quelli di Stephen, e adesso erano in pratica entrambi seminudi, con qualche brandello di stoffa a coprire pietosamente l’essenziale, ma Tania si stava già psicologicamente preparata a non farci troppo l’abitudine: presto avrebbero dovuto trovare degli abiti alternativi, o la situazione sarebbe presto precipitata nell’indecenza, e lei proprio non aveva voglia di sgambettare ignuda davanti ad un ragazzino più piccolo di lei che conosceva da soli otto mesi.
Sì,l’aveva stretto a sé quando si svegliava di notte piangendo, o l’aveva affettuosamente accarezzato sulla testa quando tornava la sera alla capanna, ma lo considerava ancora tuttavia una specie di estraneo, accomunato a lei solo dal suo stesso tragico destino.
“Eccomi” sbuffò, arrampicandosi fino alla capanna e gettando ai piedi di Stephen il cesto pieno di viveri.
Il ragazzino la esaminò attentamente, compiaciuto: “un sacco di roba” concluse poi,sorridendo.
Tania annuì distrattamente, lanciandogli un’occhiata di nascosto: era cambiato così tanto da quando l’aveva trovato.
Sicuramente era diventato un po’ più altro, la pelle era più abbronzata, e i capelli corvini avevano assunto dei curiosi riflessi rossastri a causa del sole: perfino gli occhi sembravano di un verde più chiaro.
A Tania,per la prima volta dopo otto mesi, Stephen sembrò veramente bellissimo.
Scacciò quelle sciocche considerazioni quasi con rabbia: era pur sempre molto più piccolo di lei, e naufragio o non naufragio, doveva mantenere una certa etica.
“Pensavo una cosa” disse Stephen,con finta noncuranza.
“Mh? Cosa?” chiese lei.
“Beh…potremmo andare a mangiare sulla spiaggia….sono diventato molto veloce ad accendere il fuoco…e poi il tramonto è così bello,qui…” rispose il ragazzo.
“Sai che non so dirti di no” sospirò Tania.
“Avanti, prendi tutto. Andiamo a mangiare in riva al mare.”.
Stephen esultò,poi afferrò due pesci, il necessario per accendere il fuoco e si lanciò giù dall’albero che ospitava la loro capanna.
Tania lo seguì trascinandosi: quanto avrebbe voluto avere le sue energie.
Arrivò alla spiaggia esausta,quando ormai Stephen aveva già acceso il fuoco: “Caspita,sei davvero diventato rapido ad accendere il fuoco” gli fece notare.
“Già,mi sono allenato un sacco”  disse lui,avvolgendo i pesci nelle foglie di banano e appoggiandoli sulle braci.
Si sedettero vicino al fuoco, e stettero in silenzio ad ammirare il tramonto nelle sue sfumature variopinte di rosa,rosso e arancione: il sole si stava tuffando nel mare dorato all’orizzonte, offrendo loro uno spettacolo mozzafiato.
Non si sentiva altro rumore che il loro respiro, il frangersi lento e ritmico delle onde sul bagnasciuga e il crepitio del fuoco che scoppiettava di tanto in tanto allegramente: Tania infilò i piedi stanchi sotto la sabbia tiepida, chiudendo gli occhi.
Stava cominciando a sentire tutta la fatica della giornata che scivolava via, quando improvvisamente si rese conto di avere un braccio che la cingeva intorno alle spalle, e una mano che si appoggiava sulla sua scapola sinistra: una testa le si appoggiò sulla spalla destra, e Tania potè avvertire un leggero respiro sul suo collo.
“Non dovresti farlo,lo sai…” mormorò,tenendo gli occhi chiusi.
Stephen sospirò: “Ma perche’?” le chiese,sottovoce.
Tania aprì gli occhi,scostandosi leggermente da lui: “Te l’ho già spiegato…sei molto più piccolo di me, dovresti pensare alle ragazzine della tua età” gli rispose.
“Ma quali? Siamo solo io e te qui…e chissà per quanto ci resteremo…ormai siamo insieme da diversi mesi,dormiamo insieme,mangiamo insieme,facciamo tutto insieme” gemette lui.
“Tutto no” lo corresse Tania,pazientemente: “il bagno lo facciamo separato. E…e volevo chiederti se non fosse il caso di iniziare a dormire anche separati.”.
Stephen la abbracciò forte, come se non volesse più lasciarla andare.
“Perché non vuoi stare insieme a me?” disse in un soffio, avvicinandosi al suo viso.
“Io…Io ti amo,Tania…”
Le sue labbra erano vicinissime,stavano quasi per sfiorare quelle della ragazza: lei chiuse gli occhi, appoggiando la bocca a quella di Stephen.
“No!” esclamò ad un tratto,girandosi di scatto.
“Io…io non posso…sei troppo piccolo…mi sento in colpa…” mormorò,afflitta.
Stephen non si diede per vinto,continuando ad accarezzarle il volto e ad avvicinarsi pericolosamente.
“Ma qui ci siamo solo noi due…forse i soccorsi non arriveranno mai…” insisteva.
“Stephen,tu adesso mi ami perché sei un ragazzino e perché siamo soli su un’isola deserta” sbottò Tania: “Ma se mai arriveranno i soccorsi,pensi che questa storia possa continuare anche una volta tornati a casa? Ipotizziamo che arrivino tra un mese. Credi che a casa accetteranno di buon grado una relazione fra un minorenne e una maggiorenne?!”
“Ma io ti amo qui come ti amerò una volta tornati a casa!” esclamò Stephen.
Tania sorrise amaramente: “Tu dici così perché sei solo un bambino…ma una volta tornati alla normalità, non potremmo veramente stare insieme! E’ illegale!”.
“Smettila,io non sono un bambino,sono un uomo ormai!” esplose lui.
“No che non lo sei,sei solo un ragazzino,fattene una ragio….” Iniziò Tania, ma lui la interruppe afferrandole il viso tra le mani e baciandola appassionatamente.
Tania non oppose resistenza,questa volta: dopotutto,anche lei era attratta da Stephen, età o non età.
Erano otto mesi che non vedeva altro essere umano a parte lui, eppure reprimeva costantemente i suoi sentimenti in nome di regole etiche e morali dettate da una società che lì non esisteva,e che forse non avrebbero mai più rivisto.
Stephen si sdraiò sopra di lei, con il respiro sempre più pesante.
Una parte di Tania non avrebbe voluto, ma l’altra parte invece lo desiderava con tutta se stessa: in preda a questa strana sensazione di desiderio e colpevolezza, lei fece correre le mani lungo la sua schiena,sfilandogli i jeans lisi.
Stephen, che finalmente vedeva che la ragazza non opponeva più resistenza, si lasciò andare ad una frenesia quasi folle, togliendole in fretta e furia ciò che rimaneva del suo vestito.
Per un attimo,la parte razionale di Tania le ricordò che in altre circostanze sarebbe potuta finire dentro per pedofilia,adescamento di minore o chissà che altro,e ritornò con i piedi per terra,tentando di respingere il ragazzo e mormorando: “Basta così…”.
Ma lui non aveva intenzione di fermarsi, e ignorò le parole della ragazza: “Shhh” la zittì,sussurrandole all’orecchio parole che le fecero correre dei gelidi brividi lungo la spina dorsale.
Fecero l’amore per tanto,tantissimo tempo: Tania non seppe per quanto, solo che ad un certo punto caddero entrambi addormentati, e quando si risvegliò,con la testa di lui appoggiata sul seno, il sole era completamente tramontato, e da un bel pezzo anche, dato che si vedevano le stelle grosse e luminose sul familiare sfondo blu cobalto attraversato da strisce di un colore blu più chiaro.
Il fuoco accanto a loro si era quasi spento,rimanevano solo più alcuni tizzoni che ardevano piano nella notte.
“Stephen” lo svegliò,scuotendolo dolcemente: lui aprì piano gli occhi,poi li strofinò e fece un piccolo sbadiglio.
“Dimmi che non ho sognato” mormorò.
Tania sorrise tristemente: “Purtroppo no” sussurrò,baciandolo sulla fronte.
Ancora quella sensazione amara di colpevolezza, di perversione, la sensazione di aver permesso che accadesse qualcosa che non avrebbe dovuto assolutamente accadere: in quel momento si sentì una deviata, una pedofila, un’essere contro natura, empio, sporco e lussurioso.
Aveva svenduto la sua salda etica per soddisfare un sudicio desiderio carnale, quello di lui, certo, ma anche il suo,in fondo.
Stephen alzò lo sguardo, e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli verdi di lei: erano pieni di amore,anzi,di qualcosa più forte del semplice amore,qualcosa che rasentava l’adorazione.
Quando Tania lo vide,i sensi di colpa svanirono come volute di fumo spinte via dal vento: improvvisamente le sembrò tutto giusto,il loro amore le sembrò la cosa più pura,dolce e innocente che potesse esistere,incontaminato come quel luogo dove forse sarebbero stati destinati a rimanere per molto tempo.
Attesero l’alba sulla spiaggia,abbracciati l’uno all’altra,finchè non videro il sole infuocare l’orizzonte, e il cielo cambiare da blu ad azzurro a rosa pesca, dopodiché tornarono lentamente alla loro capanna,in silenzio,ma tenendosi per mano.
Entrambi sapevano che quello che era accaduto quella notte era destinato a ripetersi, ormai non esistevano più regole, non esistevano più divieti, esistevano solo loro due e il loro amore.
Quello che non sapevano era che il destino di entrambi era stato già scritto,proprio quella notte.  
                                                                                                                                                            (continua…)
 
 
 
 
   
 
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