Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: Chemical Lady    13/06/2013    2 recensioni
Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera mancante di questo gioco pericoloso.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di un orco ma che, dietro ad una maschera di marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un nuovo tassello alla famiglia De Medici.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: No Good Deed Goes Unpunished.
Capitolo sesto.
Rating: Arancione.
Betareader: Electric.
Genere:Sentimentale, Drammatico, Avventura.
Personaggi principali: Famiglia De Medici, Nuovo Personaggio, Girolamo Riario.
Coppie trattate: Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo.
Sommario: Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera del domino mancante.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di  un orco ma che, dietro ad una maschera marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un tassello alla famiglia De Medici.
Buona lettura.


 
 
 



 
 
 
 
 

Parte VI: La Rocca.
 
 

2 Giugno 1476
Nonostante siano passate ormai tre settimane dal mio trasferimento a Roma, ancora non riesco ad inquadrare  per bene il Conte. Passiamo poco tempo insieme e quel poco di attenzione che mi dedica pare vera. Sembra sinceramente interessato al mio benessere, ma nonostante ciò non posso levarmi dalla mente l’immagine agghiacciante di quella mattina, per le vie. Mi ha difesa con feroce gelosia eppure non mi ha ancora rivolto un singolo sguardo di lussuria o di voglia. Sembra disinteressato a me, sino a che continuo a rispondergli che mi trovo  bene e non mi annoio più da quando è arrivata Camilla. Non lo capisco. Non concepisco cosa possa pensare o provare quando mi guarda negli occhi.
 Chi diavolo è quest’uomo che, furtivo, si aggira con passo silente attorno a me?
È sfuggente. Cercare di carpire la sua essenza è come tentare di catturare il fumo.

 
 
***
 
 
 
Dopo lo spiacevole incontro con Carlo Ottaviani,  Beatrice passò poco tempo in presenza del Conte che, però sembrava non volere che le mancasse nulla.
Nonostante il suo nome fosse sulla bocca di tutti – la famiglia Ottaviani aveva messo in giro la voce che fosse stata lei a provocare il giovane rampollo, che non era altro che una vittima – Beatrice non aveva smesso di voler conoscere meglio quella città. Aveva acconsentito alla scorta di uno dei capitani della guardia svizzera che prestava servizio presso il vaticano, un certo Walmar. Con lei era gentile e si limitava a seguirla ovunque le desiderasse andare.
Senza contare che Girolamo mantenne la promessa, al fine di non vederla più annoiata o sola tutto il tempo. 
Camilla Colonna si trasferì a Villa Orsini, come donna di compagnia. La prima volta che aveva messo piede tra quelle mura, una treccia di castani capelli a penderle di lato e un’enorme baule retto ad  Baldi, era sembrata entusiasta di quella rinomata carica. Quanto meno, si sarebbero tenute compagnia insieme.
Passavano la maggior parte del tempo a parlare, o in giro per la città presso mercati e piazze. Se decidevano di rimanere alla Villa, sostavano nel grande giardino sul retro, visto che il bel tempo concedeva loro lunghe giornate soleggiate.
Quel luogo celava sorprese continue, tutta la Villa Orsini era così. Ancora in larga parte sconosciuta e affascinante.
Succedevano fatti bizzarri di tanto in tanto, inspiegabili, che Baldi sosteneva essere provocati dai fantasmi di Donato Orsini, il nonno di Clarice, che aveva donato la casa a sua eccellenza Papa Paolo II prima di morire accidentalmente al suo interno per cause sconosciute. Così spiegava certi cigolii notturni, o i tonfi che solevano udirsi di tanto in tanto.
Poi avvenivano fatti altrettanto inspiegabili, ma che non avevano nulla a che vedere con entità paranormali. Ci pensava il Conte a rendere tutto strano e confuso agli occhi della moglie.
Tanto per cominciare, Beatrice non si sarebbe mai aspettata di trovare esposto, al centro del grande ingresso, il quadro che aveva commissionato a Da Vinci. Invece lì lo aveva scorto, di ritorno dal mercato, accanto a quello che il marito si era fatto fare diversi anni prima. I padroni di casa, entrambi recanti i sigilli e i simboli delle rispettive famiglie che tra loro erano parecchio rivali. La cosa non aveva senso, visto che Beatrice aveva predisposto che quel ritratto venisse appeso nei suoi alloggi.
“Un’opera di tale bellezza era sprecata in un luogo in cui in pochi hanno accesso” Le aveva spiegato, affiancandosi a lei mentre fissava stupita la parete “Chi può avervi mai ritratta con tale perizia? Sembra che vi stiate rimirando in uno specchio, tanto la riproduzione è fedele.”
“Leonardo da Vinci” aveva risposto lei, senza voltarsi a guardarlo “Un’artista alquanto dotato. Non è solo un eccellente pittore, ma egli si dipinge anche anatomista e ingegnere di grande fama.”
“Autocelebrazione?”
“Titoli più che meritati, in vero.”
Il Conte inclinò di poco il capo, “Mirabile arte davvero, mi piacerebbe conoscerlo un giorno. Potremmo commissionargli uno nostro ritratto.”
“Il prossimo l’ho promesso a Sandro Botticelli, sono certa che amerete anche i suoi tratti.”
Girolamo ne prese atto, portando le mani dietro alla schiena “Sarà meglio che la cena sia pronta. Stasera occorre ritirarsi presto, domani mattina partiremo all’alba.”
Beatrice lo guardò, chiedendosi dove fosse diretto. Succedeva spesso che Riario mancasse per un paio di giorni, con una cadenza regolare di settimana in settimana “Voi e Lupo Mercuri?”
“No, Madonna. Noi due.” La corresse prontamente lui, ricambiando lo sguardo.
“Noi?” chiese, stranita “Dove siamo diretti?”
“Siamo sposati da tre settimane, Beatrice. È giunto il momento di fare il vostro ingresso a Imola, Contessa.”
Girò i tacchi, incamminandosi verso la sala da pranzo e lasciandola sola, persa tra i suoi pensieri.
Nessuno l’aveva ancora chiamata Contessa, persino la servitù si limitava a ‘Madonna’ o ‘Signora’. Per un istante, il peso del suo nuovo titolo la schiacciò e tutta la forza che quel dipinto le dava svanì in una nuvola di polvere.
 

 

***

 


 
Il viaggio a cavallo fu piuttosto lungo, ma Beatrice si rifiutò di entrare in carrozza con Camilla e Zita. Adorava cavalcare e non si sarebbe mai persa l’occasione di ammirare un percorso del tutto nuovo e interessante, a rischio di un gran male alla schiena e alle gambe.
Per gran parte del tragitto cavalcò accanto al marito, che le raccontò tutto ciò che doveva sapere su i loro alleati, ovvero Alfonso II, re di Napoli e duca di Calabria; la famiglia Visconti di Milano, che ambivano a riconquistare i loro territori presi dalla famiglia Sforza; Alfondo d’Este, signore di Ferrara, che aveva da poco conquistato il ducato di Rimini confinando i Malatesta a Cesena.
Riario sembrava particolarmente colto, riguardo la storia. Parlò parecchio di araldica e gerarchie sociali, senza mai dire nulla su di sé. Conosceva molte cose anche sui Medici, ma ascoltò ugualmente interessato i racconti di Beatrice su Cosimo.
Girolamo iniziava a capire che, qualsiasi cosa avesse fatto, non sarebbe mai riuscito a sopperire all’amore che la ragazza provava verso la sua famiglia.
Arrivarono a destinazione solo nel tardo pomeriggio, quando ormai il cielo iniziava a tingersi delle tinte dorate del tramonto. Beatrice rimase senza fiato innanzi alla bellezza che si ritrovò di fronte, una volta usciti dal bosco. Al limitare di una grande radura si estendeva un paesello di modeste dimensioni e, a vegliare su di esso, vi era una grande rocca dai maestosi torrioni e alte mura.
Mentre sfilavano lungo un sentiero tra le case, incolonnati e sempre a cavallo tra lo stupore delle persone che guardavano incuriosite Beatrice, la giovane non riusciva a staccare gli occhi dal castello, totalmente ipnotizzata da esso. Aveva sempre amato quelle costruzioni maestose e, in un certo, senso, aveva sempre desiderato vivere in una di esse.
La Rocca di Imola sorgeva al centro di una piana ed era circondata da un ampio fossato di acqua palustre. Per entrarvi, si accedeva ad un paio di punti levatoi che venivano calati da una striscia di terra di forma circolare posta innanzi all’enorme portone d’accesso. Quando esso si spalancò, mostrò alla ragazza il cortile interno totalmente circondato da logge ad arco a tutto sesto. Di lato, sulla destra, c’erano le stalle mentre, poco distante, l’enorme villa del Conte.
Ad attenderli innanzi ad essa c’era un uomo alto e distinto, il cui aspetto giovane e prestante era tradito da una chioma di capelli dell’argento più puro. Si chiamava Francesco Simonetta e, dopo aver servito per molti anni Galeazzo Maria Sforza, si era ritirato alla morte del signore di Milano nella grande rocca che un tempo era appartenuta a quella famiglia, divenendone il custode prima per Francesco Sforza e, in seguito e per concessione papale, per il Conte Riario.
Quel luogo fantastico che richiamava a sé medievali racconti fece subito innamorare la giovane de Medici, che desiderò visitarlo tutto immediatamente, accompagnata da Camilla. Simonetta fece da guida, mostrandole tutto, dalle segrete costruite sotto alla struttura al torrione delle vedette, il punto più alto. Lì Beatrice osservò fino a che la luce del sole lo consentì le terre di cui era stata nominata Contessa.
A cena erano tutti troppo provati dal viaggio per tenere una conversazione, così Beatrice continuò a domandare curiosità su quel luogo a Simonetta che fu ben felice di parlarle degli Sforza in modo assai più lusinghiero di quanto avesse fatto  Riario.
 
 



***

 

 
 
“Aiuto!”
Girolamo si sveglio di soprassalto, mettendosi seduto sul letto e facendo cadere il libro che teneva aperto sul petto. Doveva essersi addormentato mentre leggeva.
Il sole filtrava nonostante i pesanti tendaggi,  rivelando che sarebbe stata una bella giornata. Si era alzato come di sua consuetudine alle prime luci dell’alba e dopo un veloce sopraluogo e una frugale colazione si era rimesso su letto, per dedicarsi un poco alla lettura. A Roma non aveva abbastanza tempo per coltivare interessi, doveva sfruttare tutto il tempo libero che poteva prima di tornare a prestare servizio per il Papa. Si era addormentato senza nemmeno rendersene conto e doveva aver fatto un sogno parecchio movimentato, tanto da sentire Beatrice urlare con una nitidezza tale da ridestarlo.
Passò una mano sugli occhi, prima di recuperare il libro, deciso a riprendere da dove aveva lascito, quando un altro urlo lo fece scattare. Lasciò cadere l’oggetto, afferrando la spada che se ne stava appoggiata allo scrittoio nell’angolo.
“Aiuto! Che qualcuno mi aiuti!”
Uscì dalla stanza di corsa, a spada sguainata e con il pugnale nell’altra mano, dimenticandosi della giubba e rimanendo con solo la camicia addosso e i capelli lievemente spettinati dal cuscino.
Arrivò fino alla scalinata di pietra che portava in giardino, aspettandosi di trovare nemici del Ducato che erano riusciti a permeare le mura, e invece….
La prima persona che vide fu Camilla, seduta sotto ad un albero con una bambina bionda seduta sulle gambe.
Beatrice era poco distante e stava giocando un paio di bambini, anch’essi con i capelli dorati. Si lasciava rincorrere, senza affrettare troppo il passo così da permettere ai due gemelli di aggrapparsi alla sua gonna,per non cadere.
“Posso sapere, di grazia, cosa sta succedendo qui?” domandò il Conte, girandosi il pugnale nella mano prima di ringuainarlo di nuovo nella cinta. Lo stesso fece con la spada.
La moglie lo guardò con oggi ridenti di gioia, prendendo sotto le braccia uno dei bambini per spostarlo davanti a sé “Non sapevamo come impiegare il tempo, così siamo venute in cortile…”
“Urlare richieste di aiuto è un nuovo gioco?” domandò l’uomo, mentre i gemellini correvano dietro alla ragazza, nascondendosi a lui. Doveva avere una brutta fama anche per loro.
“Questi sono i figli di Francesco Simonetta” spiegò la ragazza, appoggiando una mano sul capo di uno dei sue “Erano qui fuori con la madre, di nuovo incinta. Ci siamo offerte di giocare un po’ con loro mentre lei riposava.”
“Non ha balie a cui scaricare la prole?” si informò Riario.
Beatrice sospirò, alzando gli occhi verso l’alto “Non sapevo come impiegare il tempo, visto che ho passato la mattina a esplorare i luoghi visti ieri sera. Una guardia mi ha detto che voi avete dato l’ordine di controllarmi e che non posso uscire dalle mura. Se non mi abbassano il ponte non posso andare in paese.”
“Abbiamo già appurato che ogni volta che giocate all’allegra esploratrice, la giornata si conclude con spiacevoli quando negativi risvolti” Riario la guardò ovvio, inclinando di lato il capo.
“Si, ma io mi annoio.” Continuò Beatrice, incrociando le braccia sul petto “Siete generoso nell’elargirmi una compagnia come Camilla, ma se non abbiamo nulla da fare, che chiacchere si esauriscono.”
Il Conte sembrò pensieroso “Capisco…. Beh, Madonna, quali erano i vostri principali passatempi a Firenze?”
“Giocavo con le mie nipoti, le tre figlie di Lorenzo” spiegò la ragazza, come a voler giustificare la sua presenza in cortile “Oppure, insieme a Giuliano ci allenavamo alla spada e con l’arco! Passavo mattinate in giro per la città, ascoltando musicisti e parlando con le persone. Andavo a caccia. Tutte attività che qui mi sono proibite”
Girolamo annuì attentamente, soppesando le parole della sposa, prima di voltarsi e tornare verso le scale “Perfetto, allora. Preparatevi, darò l’ordine di sellare i cavalli. Andremo a caccia.”
 


 
***



 
 
Beatrice non riusciva a decodificare quell’uomo.
Le prendeva la spada, le impediva di uscire in paese, ma la portava a caccia munendola di arco e frecce.
Aveva addirittura acconsentito ad andare soli, senza la solita scorta, nonostante quella zona non avesse confini poi così protetti.
La ragazza si era cambiata, abbandonando l’abito da dama in favore di un paio di braghe di pelle, una camicia bianca dalle maniche ampie e un corsetto marrone. Aveva poi preso il solito mantello grigio, raggiungendo il marito alle stalle, dove lui non si era di certo trattenuto dal guardarla attentamente.
“Vi donano questi abiti, Madonna.” Le aveva detto mentre montavano a cavallo e attendevano che il ponte venisse calato. La osservò anche mentre sistemava la faretra su una spalla, allacciandone il cinturino sul petto “Non avevo mai conosciuto una donna che portasse le braghe e tirasse con l’arco.”
“E non mi avete ancora vista con la spada che mi avete levato” sottilineò la ragazza, mentre si avviavano verso il bosco con andatura lenta.
“Quella spada ha doti speciali o siete abile con qualsiasi lama?” domandò il Conte, con un tono da presa in giro nella voce.
“Datemi la vostra e vi dimostrerò che l’importante non è la lama, ma la mano che la brandisce…”
Si avviarono per sentieri tortuosi presso una zona boschiva, sbucando di tanto in tanto per piccole radure assolate. La giornata era splendida, tanto che più di una volta Beatrice si era ritrovata ad alzare il viso, cercando di carpire dei raggi di sole su di esso.
Non trovarono la prima preda se non dopo un lungo tratto di percorso. Un cervo stava brucando l’erba al limitare del bosco.
Riario le aveva fatto cenno di non parlare e aveva preso l’arco, ma la ragazza aveva già inforcato incoccato la freccia, pronta per sferrare il colpo. Aveva preso la mira, ma il tiro non si era rivelato fortunato. La freccia colpì il terreno poco distante dal muso dell’animale, che fece presto a scappare.
La ragazza storse il naso, mentre il Conte le si affiancava, tirando le redini del cavallo “Mh.” Riario la guardò con un sorrisetto ad incurvargli le labbra “La mira è da perfezionare, Madonna. Se preferite possiamo tornare indietro, ho notato delle fragole di bosco al margine della via. Possiamo raccogliere quelle, invece che cacciare.”
Beatrice si voltò di scatto, ferita nell’orgoglio “Sono solo arrugginita, tutto qui. Sono settimane che non tocco l’arco. La prossima preda sarà di certo mia, potete contarci.”
Spronò il cavallo, uscendo dal bosco e ritrovandosi su una delle vie che conducevano fuori dal Ducato di Imola. Riario si fece serio, sbrigandosi a seguirla “Dovremmo tornare indietro e cercare di dirigersi verso Ovest. Non è una buona zona questa.”
“Poca selvaggina?” domandò Beatrice, ma prima che le giungesse una risposta sentì, in lontananza, alcune voci accompagnate da zoccoli di cavalli al galoppo.
Il Conte appoggiò una mano sulla spada, senza però estrarla“Tanti briganti, invero. Tornate nel bosco, prendete la via del ritorno.” Da dietro una collina apparvero sei uomini dal volto poco raccomandabile. “Andate, adesso!”
“Non posso lasciarvi solo!” ribattè lei.
Riario la guardò con occhi fiammeggianti “Andate! Non posso risolvere nulla se voi non vi allontanate immediatamente!”
Erano ormai vicini, quando Beatrice acconsentì a quella richiesta, tornando ad immergersi nel bosco.
“Aspettate Madonna, dove andate! Non è più usanza dare il buongiorno?!” sentì qualcuno urlarle dietro, mentre si immergeva tra la flora fitta. Lì però si fermò, smontando da cavallo e accucciandosi dietro ad un cespuglio di rovi.
I sei uomini accerchiarono Riario, sghignazzando. Lui invece non fece una piega, mantenendo la sua statuaria apatia mentre passava gli occhi su ognuno di loro. Il primo in testa alla piccola fanteria di malavitosi, quello che aveva provato a richiamare Beatrice, scese da cavallo, avvicinandosi di qualche passo “ Buongiorno, mio Signore. Con chi ho l’onore di parlare?” domandò ironico.
Girolamo scese a sua volta da cavallo, andandogli proprio di fronte, senza paura “Io sono il Conte Riario, signore di Imola e Generale dell’Esercito della Santa Sede. Vi prego di lasciare le mie terre finché ancora potete.”
Dal gruppo si levò un coro di risate “Non credo che voi siate nella posizione di poter avanzare minacce, vostra Eccellenza!” disse uno degli uomini ancora a cavallo, staccando con un morso un grosso pezzo da una mela.
“Ne siete certi?” chiese Riario, senza la benché minima tensione nella voce.
“Scommetto che avete studiato,mio Signore” ribadì l’uomo che era sceso, facendosi più vicino “Saprete bene fare di conto, quindi. Se ancor ci vedo bene, noi siamo in sei. Voi siete solo.”
Girolamo rise, portando il capo indietro “Oh, dite che ci vedete bene? Mh?”
L’uomo non ebbe il tempo di far nulla, che il pugnale di Riario gli si era conficcato nell’occhio. Cadde a terra lanciando un grido che pareva il guaito di una bestia ferita, mentre il conte ritirava la lama estraendo anche la spada. Altri due uomini scesero dalle loro bestie, mentre gli altri tre osservavano la scena ancora in parte sconvolti.
Solo quando un altro cadde, decapitato, si sbrigarono ad intervenire.
Beatrice non sapeva che fare.
Riario era insolitamente forte per un uomo della sua statura o della sua corporatura, ma erano più sempre in quattro e badare a tutte quelle lame era tutt’altro che facile. Strinse i pugni, guardando il marito lottare per la vita, poi si decise.
Uscì dal nascondiglio incoccando una freccia e puntando al capo di uno degli uomini. Scoccò il colpo, colpendola al braccio. Prese subito una seconda freccia, mentre questi si voltava verso di lei, iniziando a correre nella sua direzione con la spada levata.
Riario si distrasse, notando quella scena, e uno dei colpi andò quasi a segno ferendolo ad un braccio.
Beatrice intanto stava ancora tenendo alto l’arco, ma questa volta, prima di scoccare la freccia, portò alla mente le parole di Giuliano. Svuotò i polmoni e mirò con cura, lasciando poi partire il dardo che incontro la fine del suo tragitto tra gli occhi del brigante.
La ragazza si affrettò, lasciando cadere l’arco mentre correva verso il nemico, a cui rubò la spada. La strinse nel pugno, dirigendosi verso Riario e i tre uomini rimanente e mentre il marito ne abbatteva un altro con uno studiato colpo al centro del torace, Beatrice ne fronteggiò uno.
Rimasto con un solo avversario, Riario ci mise poco a farlo fuori. Lo lasciò sfoderare un colpo forte, scansandosi mentre questi si sbilanciava e, afferrandolo per i capelli, gli aprì la gola da un orecchio all’altro.
Poi si voltò verso la moglie per darle soccorso, ma ciò che vide lo lasciò del tutto senza parole. Beatrice stava combattendo in modo mirabile, schivando e parando colpi di una certa violenza. Non attaccava, si limitava a sposarsi velocissima, quasi come se si stesse divertendo nel vedere il brigante sempre più stanco.
Sembrava che stesse danzando.
Solo dopo qualche altro istante si decise ad attaccare, allungandosi e conficcando la spada nel collo di quell’uomo che era forse il doppio di lei. Egli cadde a terra, strozzandosi con il suo stesso sangue.
La ragazza sembrò un po’ turbata in un primo momento, tanto che lasciò cadere la spada. Aveva tolto la vita a due uomini. Non aveva mai fatto nulla di simile.
Si voltò verso Girolamo e incontrò i suoi occhi di miele, trovandoli sorpresi e non irati come immaginava. Poi notò il suo braccio “Siete ferito?” domandò preoccupata, facendosi avanti e afferrandogli il braccio. Lui la lasciò fare mentre strappava un pezzo di stoffa dal mantello per potergli bendare la ferita “Sarà meglio tornare, avete bisogno di un guaritore.”
“Non temete, è solo un graffio” Le sussurrò, senza staccarle gli occhi dal volto “Vi avevo detto di fuggire.”
“Sentivo che avreste avuto bisogno di aiuto, non ho avuto il cuore di abbandonarvi” Fu le risposta dimessa della giovane, che abbassò prontamente gli occhi.
Fu in quel momento che successe.
Girolamo portò un paio di dita sotto al suo mento, costringendola ad alzare il volto. Poi appoggiò le labbra sulle sue, in un gesto così dolce da sembrare estraneo alla sua natura di solito così fredda.
La giovane si ritrovò spiazzata. Quella era la prima volta che uccideva e la prima volta che veniva baciata.  Sgranò gli occhi per qualche istante, prima di chiuderli e lasciarsi andare a quel gesto che aveva segretamente atteso per giorni e giorni. Allacciò le braccia dietro al collo del marito, muovendo la bocca sulla sua e schiudendo le labbra quando lui glielo chiese tacitamente.
Sotto le fronde di un cipresso, al centro di un sentiero battuto, qualcosa si mosse in entrambi e provarono sentimenti che mai avevano provato prima.
 


Continua


 

Nda.

Eccomi tornata con questo capitolo!
Per il sette vi chiedo pazienza, visto che sono fuori casa fino a domenica sera!Spero di postare lunedì o al più tardi martedì sera.
Vi prometto, quanto meno, un capitolo esplosivo!
Come sempre grazie a chi mi recensisce con tanta gentilezza, ovvero »Eagle« e Yoan Seiyruy!
Le letture sono altissime, sono davvero felice di ciò e, se avete un istante di tempo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :D
Che altro dire?
Le cose si sono smosse e d'ora in poi sarà tutto molto più interessante, dal punto di vista amoroso.
Grazie ancora a tutti e a presto!

J.

  


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: Chemical Lady