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Autore: pineapple17    14/06/2013    3 recensioni
"Questa è la sua storia.
Di come mi possiede.
Di come una canzone ti entra in testa e non se ne va più.
Di come uno pensa che dovrebbe essere la vita.
Di come le cose catturano la tua attenzione.
Di come il passato ti insegue in ogni singolo giorno del tuo futuro."
-Chuck Palahniuk
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Uno.
- Una storia sbagliata - 
E' una storia da dimenticare.
E' una storia da non raccontare.
E' una storia un po' complicata.
E' una storia sbagliata.

-Fabrizio De Andrè.

In sella alla mia Vespa rosso fuoco, con il casco coordinato e allacciato sotto il mento, i capelli schiacciati e appiccicati sulla faccia, mi sentivo una cretina, ma cercavo di sembrare disinvolta.

Era stata una giornata dura, iniziata con la litigata quotidiana con mia madre, e finita con il 3 di latino che non avrei mai e poi mai recuperato.

Frequentavo l'ultimo anno di un liceo classico nel centro di Torino e non sapevo neanche io perché avessi scelto quella scuola. Cercavo di fare del mio meglio ma nonostante tutti i miei sforzi, facevo fatica a mantenere una media quantomeno accettabile. E questo era uno dei tanti argomenti di discussione con mia madre. Già assaporavo il sapore di libertà che mi avrebbe invaso dopo aver concluso la maturità. Non vedevo l'ora di finire quella tortura.

Ogni giorno per tornare a casa, passavo per una strada secondaria poco trafficata e il tragitto era di solito tranquillo. Guidavo piano, guardando distrattamente le persone che si affrettavano a raggiungere chissà quale posto e sentivo dentro una sensazione di oppressione, di monotonia.

Ma quel giorno no. Quel giorno era diverso. Scattò il rosso del semaforo e mi fermai. Quel giorno lo vidi per la prima volta.

Era seduto sopra una panchina del pullman che dava sulla strada e aveva in mano una cartina e del tabacco, intento a girarsi una sigaretta. Indossava jeans larghi e strappati, un giubbotto nero di pelle e il cappuccio della felpa grigia alzato, che nascondeva in parte i suoi capelli neri.

Lo fissai incuriosita per qualche secondo buono.

E così quello era Mirko Lezzi. Il famoso Mirko Lezzi.

Tutti a Torino lo conoscevano, o almeno ne avevano sentito parlare.

Uscire con lui e il suo gruppo voleva dire sesso, droga e divertimento.

Dove c'era lui, c'era un bordello e una ventina di ragazze petulanti, tutte rigorosamente ben curate e vestite ben poco.

Era una specie di celebrità nella nostra scuola. Un mito quasi. Quasi tutte le ragazze della mia scuola gli morivano dietro, dicevano che era davvero affascinante. E lo era effettivamente, ma per me, l'unica cosa rilevante da sapere sul suo conto era che più gli stavo alla larga, meglio era.

Mirko alzò lo sguardo. Si accorse che lo stavo guardando. Distolsi immediatamente lo sguardo e fissai intensamente la luce rossa del semaforo pregando che cambiasse colore il più presto possibile.

Sentivo addosso il suo sguardo. Azzardai un'occhiata e vidi che mi stava squadrando da capo a piedi.

“Bel motorino.” - mi guardai intorno cercando di capire se stesse parlando davvero con me.

“Dico a te.”

Lo guardai. La parte razionale del mio cervello mi diceva che era meglio non rispondergli, ma la parte impulsiva ebbe la meglio.

“Grazie.” - risposi.

“Peccato per l'ammaccatura sul fianco. Sei caduta?”

Non gli risposi e cercai di ignorarlo. L'ammaccatura era davvero dovuta ad una brutta caduta la prima volta che provai la Vespa.

“Non è che mi daresti un passaggio?” - Sentii la sua voce provenire dalle mie spalle. Rimasi colpita dalla sua sfacciataggine.

“Mi spiace, ma sono di fretta.”

“Eddai.. cosa ti costa?” - mi implorò.

“A parte che non ti conosco neanche, poi sono davvero di fretta.”

Si alzò dalla panchina e mi porse la mano per stringerla. Io non gliela strinsi. - “Ciao, io sono Mirko Lezzi, ho 22 anni. Il mio motorino è in riparazione, e io ho seriamente bisogno che tu mi dia un passaggio. Devo essere tra 5 minuti in stazione, devo arrivare in tempo, non te lo chiederei se non fosse importante.”

“Non so cosa dirti, arrangiati.” - risposi secca.

“Non devi dire niente, devi solo darmi un piccolo strappo. Per favore.”

Mi guardò con i suoi imploranti occhi verdi.

No, no, no. Non avrei mai dato un passaggio a Mirko Lezzi neanche per tutto l'oro del mondo.

 

 

 

Sfrecciavo lungo Corso Vittorio, con Mirko che mi stringeva un po' piu in giù della vita. Aveva una stretta forte e sicura e sentivo le sue dita sui miei fianchi coperti della mia felpa blu. Mi sussurrava le indicazioni all'orecchio facendomi sussultare ogni volta. Chissà cosa avrebbero detto le mie amiche se mi avessero vista in quel preciso istante. Non ci avrebbero mai creduto.

“Non mi hai detto come ti chiami.” - mi disse mentre mi fermai all'ennesimo semaforo rosso.

“Non sono affari tuoi.”

“E invece sì. Il numero di telefono come lo registro sulla rubrica? ”

“Io non ti ho dato nessun numero di telefono.” - gli riposi confusa.

“Me lo darai quando te lo chiederò.”

Feci una smorfia. Non potevo girarmi a guardarlo, ma percepivo il suo sguardo ironico e divertito.

“Certo, l'importante è essere convinti.”

“E io lo sono.”

Scattò il verde. Sorrisi. -“Peggio per te.” - sussurrai e partii.

 

 

 

Accostai lungo il bordo della piazza. Ci trovavamo a Porta Nuova, vicino alla stazione dei treni. Mirko scese dal motorino con un movimento sciolto e naturale.

“Beh, io vado.” - dissi.

“Me lo dai il tuo numero o no?”

“Non credo sia una buona idea.”

Si accigliò e alzò un sopracciglio.

“Nessuna ragazza mi ha mai rifiutato.”

Gli sorrisi. - “Oh beh c'è una prima volta per ogni cosa.”-

Rise. -“Touchè. Almeno mi dici come ti chiami?” -

Mi abbassai la visiera del casco e lo guardai un'ultima volta. - “Neanche questa sarebbe una buona idea.”-

Girai la maniglia della frizione e partii, fuggendo il più lontano possibile da lui.

Mentre mi allontanavo, sentivo il suo sguardo penetrante puntato sulla mia schiena.

  
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