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Autore: memi    29/12/2007    4 recensioni
“- Iori? -
- Ken – lo richiamò invece Iori, anche se semi-voltato di spalle, capo chino ed in procinto di andarsene. – Non mollare, ti prego -
Indugiò ancora un istante sulla porta, poi, tirando un sospiro pregno di significati nascosti, si avviò a passo sicuro verso la porta. Ken udì solo il rumore appena percettibile del portone che si richiudeva e forse quel rumore era un po’ il cuore di Iori che si contorceva per la ferita infertagli dal colpo ricevuto.”
Dedicata a DarkSelene89Noemi! Buon Natale a tutti!!
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daisuke Motomiya/Davis, Ken Ichijoji, Miyako Inoue/Yolei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fumo e Cenere

 

 

Quando era diventato buio? Non se ne era neanche accorto. Forse perché era sempre così distratto…

Miyako glielo diceva, glielo ripeteva in continuazione.

 

 

- Oh Ken! Sei sempre così distratto che prima o poi finirai col farti male sul serio! -

 

 

E poi rideva…rideva spesso Miyako. Rideva quando gli parlava e lui non la stava a sentire perché si era perso nel suo mondo. Rideva quando lui le faceva i complimenti, perché proprio non sapeva che altro fare. Rideva persino quando lui finiva per fare la figura del goffo, come quella volta in cui aveva provato a dirle di amarla ed era finito per articolare un guazzabuglio di frasi sconnesse tra la balbuzie ed il rossore.

Allora, in quei momenti, Ken si soffermava a fissarla e senza neanche accorgersene, mentre ancora nelle sue orecchie risuonava la risata gioiosa di Miyako, si ritrovava ad invidiarla, perché non avrebbe mai saputo prendere la vita con il sorriso sulle labbra come invece sembrava saper fare lei.

 

 

Strade deserte

Note distorte

Componi per lei

Si è fatto buio già

 

 

Ma alla fine aveva avuto ragione lei, no? Aveva proprio finito col farsi male… Accidenti, se non faceva male…

Eppure, mentre dal bar lì di fronte proveniva il suono distorto di una melanconica canzone, Ken non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbero andate le cose se solo fosse stato un po’ meno distratto. Forse Miyako non avrebbe mai cercato l’amore di un altro, forse sarebbero stati insieme ora anziché separati da mille parole non dette e forse il suo cuore non starebbe sanguinando tanto in quella notte senza stelle.

Oh, perché non pioveva? Nei film quando il protagonista stava male pioveva, pioveva sempre. Perché non poteva essere lo stesso anche per lui?! Dopotutto non meritava tanta attenzione.

Era colpa sua, poteva prendersela con loro quanto voleva ma ciò non avrebbe impedito alla sua coscienza di sentirsi sporca. Avrebbe dovuto fare di più, lo sapeva; avrebbe potuto fare di più anziché regalarle quei rari sprazzi d’affetto. Cielo, che ingenuo era stato a credere che bastavano. Quasi le veniva da ridere adesso, lui che non era mai stato capace di farlo. Aveva persino tentato d’intonarle una canzone, una volta, ma diavolo: la musica non era proprio il suo forte! Quelle cose meglio lasciarle a Yamato che se ne intendeva.

E com’è che faceva poi?

Ah, sì.

- It’s possible that is only a dream, Miya, but you’re here now, girl – canticchiò ad un tratto Ken, una smorfia incomprensibile stampata sul volto proteso verso il cielo. – And I love you, oh I love you Miya -

Aveva detto quell’ultima parola quasi in un sussurro, come se pronunciare troppe volte quel nome potesse ucciderlo, prima di ripiombare in quell’ostinato silenzio che nemmeno il battito del suo cuore spezzato riusciva ad infrangere.

Aveva sentito che faceva male, ma non aveva mai immaginato che potesse farlo davvero così tanto. Era come se l’aria gelida dell’esterno fosse penetrata sin nel suo animo per lasciarlo svuotato di ogni altra emozione. Era come morire e non riuscire a provare più niente se non un freddo infinito alimentato ancor di più dalla gelida temperatura esterna. Ed era solo, come non lo era mai stato. Come non aveva mai voluto essere. Nemmeno quando era stato l’Imperatore si era mai sentito così solo. Perché c’era Warmmon allora con lui, mentre adesso a fargli compagnia solo quella triste canzone e quell’inanimato lampione di fianco alla panchina su cui si era infine accasciato.

 

 

Ore seduto

Su un marciapiede

Sotto un lampione

Sai che lei

Non tornerà

 

 

E adesso cosa ne era rimasto? Soltanto i ricordi, niente più di quelli. Perché quel bacio si era portato via tutto, tutto, tutto, persino la delusione. Era vuoto, un guscio, un involucro da cui era stata rudemente estirpata ogni emozione. Avrebbe dovuto piangere, lo sapeva, ma proprio non riusciva a trovarle quelle lacrime. Forse se le era strappate via quel bacio assieme a tutto il resto…

 

 

- Non devi aver paura di piangere, Ken, le lacrime fanno bene -

 

 

Era stata sua madre a dirglielo, lo ricorda bene. Il giorno del funerale di Osamu.

La verità è che non sa piangere, Ken. Avrebbe voluto spiegarlo alla madre, avrebbe voluto piangere prima per suo fratello, avrebbe voluto riuscire ad esprimere a parole le proprie emozioni, ma non l’aveva fatto. E così era rimasto solo, solo con se stesso. Nemmeno Miyako aveva saputo sopportare quel vuoto che si portava dentro. Dopotutto aveva fatto bene ad andarsene, chi avrebbe mai voluto stare con uno che non sa nemmeno piangere?

Allora eccola la verità: lei non sarebbe tornata.

Poteva illudersi, ma si sarebbe soltanto ferito e forse per una volta meglio ascoltare Hikari quando lo ammoniva di non farsi del male da solo. Perché lui era bravo a ferirsi, era maledettamente bravo. È che gli veniva così facile ripararsi in quelle dolci illusioni in grado di narcotizzare l’anima dolorante che neppure il pensiero di una deleteria disillusione riusciva ad impedirgli di ricommettere l’errore. Ne aveva bisogno, era il suo ossigeno per sopravvivere, la sua droga malsana. E sarebbe stato tutto perfetto se solo poi non avesse dovuto fare i conti con la realtà, così fiera nello sbattergli in faccia i suoi sbagli. Così convincente da prendersi a schiaffi da solo.

 

 

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

 

 

Dunque era vero.

Beh, certo che lo era. Solo che lui di lacrime non ne aveva neanche per sé.

D’altronde c’era da riderne, più che da piangere, no? E Ken lo fece, rise sguaiatamente come non faceva da tempo. Rise, rise, rise forte perché certe volte la vita è così strana che proprio non puoi non riderne. Perché chi mai l’avrebbe sospettato? Chi mai avrebbe creduto possibile di poter un giorno vestire i panni dello spettatore di quell’improbabile scena? Nessuno. Non lui.

- Che stupido – si disse, con le fitte allo stomaco per il gran ridere.

Ma ad un tratto il sorriso passò, veloce e repentino così come era arrivato. E sul suo volto pallido non rimase che il sentore di un’angoscia profonda, mentre le immagini stonate che l’avevano portato su quella panchina si affacciavano nella sua mente senza chiederne il permesso.

Eccolo, mentre con un sorriso spensierato così atipico per lui, si avviava verso il market della famiglia Inoue. Aveva un largo anticipo sull’appuntamento fissato con Miyako, ma non era importante dopotutto. L’avrebbe aspettata in silenzio mentre lei finiva di lavorare; l’avrebbe sorpresa a fissarla nell’atto di scrollarsi i lunghi capelli ametista come era avvezza a fare (anche se lei non sapeva neppure di avere questa graziosa tendenza); l’avrebbe baciata quando poi lei si sarebbe presentata a lui con quel sorriso allegro sul volto pronta ad andare.

Stupido, stupido, stupido, stupido, stupido.

Non erano andate proprio così le cose, eh Ken?

Daisuke non l’avevi previsto nei piani, non è vero?

Ma eri felice di risentire la sua voce, ingenuamente felice, perché infondo lui è pur sempre il tuo miglior amico. Forse un po’ strano ritrovarlo lì, proprio da Miyako, ma quasi non ci facevi caso mentre ti avvicinavi allo scaffale per farti vedere da loro.

Ed è allora che il tuo cuore si è spezzato, indissolubilmente. E hai sbattuto le palpebre, giusto per assicurarti di non stare sognando, ma l’immagine è ritornata al suo posto così come l’avevi lasciata e di quella dolce illusione non è rimasto più niente. Ancora una volta si è infranta in un’abissale disillusione.

E vorresti urlare che lui la odia, cazzo. La odia‼ E che lei non l’ha mai sopportato, mai! Ma la voce è andata perduta in qualche parte remota del tuo cuore distrutto e i muscoli non obbediscono più ai comandi del cervello. E non riesci a correre via, sebbene non chiedessi di meglio che scappare da lì. E li fissi, con il cuore in gola e nessuna emozione particolare nel petto.

 

 

Se le è portate via il bacio che Daisuke sta dando a Miyako.

 

 

O forse è il contrario.

Non ha nessun valore saperlo, adesso. Vuoi solo fuggire e, finalmente, ecco le gambe muoversi in modo istintivo verso l’uscita, senza neanche badare al rumore di cocci rotti che hai lasciato dietro di te.

 

 

È un lamento continuo

Di frasi che ormai

Sono andate, sparite

Mai più sentirai

Ti aspettavi di udire

“Sei il solo per me”

Metti l’anima in pace

Quei giorni son già

Fumo e cenere

 

 

Eppure erano lì quelle frasi, quasi palpabili, così reali da mettere i brividi. Ronzavano nella testa come uno sciame di api impazzite, costringendolo suo malgrado ad ascoltarle per forza. Una nenia lamentevole e struggente che ad ogni nota gli straziava l’animo martoriato senza concedergli nemmeno la forza di urlare. Quante volte Miyako lo aveva abbracciato? Era così piacevole il suo contatto, così forte da sorprendere per quanta energia conteneva. E quante volte ancora lo aveva baciato e gli aveva detto di essere il solo? Bugiarda, bugiarda Miyako. Dunque mentiva. Ma come poteva baciare te e pensare ad un altro?

 

 

- Ti amo, Ken -

 

 

Anche quella era una bugia, allora Miyako? Come quella che hai raccontato di odiare Daisuke?

- E allora perché l’hai baciato? – Ken si rivolse al cielo, come a voler chiedere un intervento divino per quel dilemma straziante.

Ma nessuna stella sarebbe apparsa ad illuminargli il cammino, lo sapeva, non poteva più illudersi. In un attimo tutte le sue certezze erano crollate. Così, in un lampo, il tempo di un batter di ciglia.

Chissà se era felice Miyako con Daisuke…

Forse lo era, forse persino più che con lui. Magari senza il forse.

Daisuke era così vitale, energico, grintoso, che annoiarsi in sua compagnia appariva una prospettiva davvero improbabile. Ma era pur vero che pure Daisuke baciare Miyako era un quadro che fino a qualche ora (o solo minuti?) prima Ken avrebbe giurato impossibile e che adesso gli martellava nella testa fino all’estremo.

Aveva spezzato ogni cosa, alla fine. Era bastato un istante, il tempo in cui i suoi occhi ombrosi si erano posati su di loro, per far dissolvere come neve al sole ogni sprazzo di gioia. Ed era straordinario come una cosa tanto semplice quanto un bacio potesse riuscire a sfregiare ogni altra cosa. Ad un tratto tutto si era trasformato in ricordo e il presente era diventato passato. Era sparito tutto, dispersosi in mille parole non dette ormai fatalmente perdute e in altrettante frasi svelate ma che mai più avrebbe riudito.

Tutto era diventato Fumo e Cenere.

Nessuna fenice ne sarebbe rinata.

 

 

La nebbia sul viso

Nasconde il sorriso

Di quei giorni in cui

Lei era accanto a te

Riassaggi i momenti

Scorrendo i messaggi

Ma solo quelli più dolci

Non li cancellerai

 

 

La nebbia stava calando, portandosi dietro il freddo pungente della notte. Ma Ken non provò neppure a ripararsi meglio col giubbotto. All’improvviso era riaffiorato il ricordo di tutti quegli attimi trascorsi con lei. Lui così ingenuo e impacciato, lei così vulcanica e spontanea da lasciare a bocca aperta. Una volta Jyou gli aveva confessato di trovarli un connubio perfetto, loro due.

Sorrise.

A quanto pareva si era sbagliato pure il buon vecchio digiprescelto dell’affidabilità.

Intanto la musica di quel violinista continuava incessante a richiamare attenzione dall’interno del bar di fronte a lui. Come una calamita invisibile ma irresistibile, Ken si alzò e in un attimo era già al bancone in attesa della sua ordinazione. Era stupido quello che stava facendo, certo, ma non riusciva a farne a meno. Aveva solo bisogno di non essere lucido, di dimenticare, di cancellare quel bacio dalla memoria.

Il primo bicchiere andò giù come acqua fresca in un deserto arido.

Sembrava quasi di udirla Miyako mentre lo sgridava di non farlo, perché non era così che andavano risolti i problemi.

- Un altro! – tuonò con un insolito cipiglio arrabbiato, prima d’ingurgitare tutto il liquido ambrato, appena portato dal barista, in un sol sorso.

Se fosse stato lì, Daisuke avrebbe sorriso vedendolo ridotto in quello stato: a bere per dimenticare le pene del cuore. Dopodiché gli avrebbe tolto il bicchiere di mano (lo stesso che si affrettò a consumare decretando la fine della terza consumazione) e, sorreggendolo, lo avrebbe portato fino a casa da bravo amico.

 

 

Ma i bravi amici non ti portano via la ragazza.

 

 

Aveva bisogno di altro whisky. I ricordi continuavano a straziarlo, così dolci da ferirlo ancor più di quelli amari.

Perché non si lasciavano odiare?!

Forse perché i momenti più dolci erano tanto maggiori di quelli amari da non poter essere proprio soppiantati e, quindi, dimenticati.

Come si fa a cancellare i ricordi??

- Un altro, per favore – stavolta la voce di Ken pareva quasi una supplica.

Era il suo cuore a pezzi a pregarlo di smetterla di ricordare.

- Ken, adesso basta -

Daisuke?! Ichijouji si voltò, la vista annebbiata dall’alcol. Non era Daisuke, erano Takeru e Iori, entrambe ansimanti. Dovevano aver corso.

Per cosa? Per cercare lui?!

- Che ci fate voi qui? – biascicò il digiprescelto con voce impastata, riconoscendola a stento come propria.

- Ti stavamo cercando – a rispondergli era stato Iori.

Takeru non aveva ancora proferito verbo da quando l’avevano ritrovato, ma Ken in quello stato non parve notarlo.

- Volete unirvi a me? – domandò invece il ragazzo, sorridendo sornione nell’alzare il nuovo bicchiere di whisky. – Ma sì, brindiamo a Daisuke e Miyako e al loro amore, affinché siano sempre felici assieme! -

Ken rise sguaiato, muovendo il bicchiere a destra e a manca senza curarsi di stare attento a non rovesciarne il contenuto. Il suo volto era una maschera perfetta di finta allegria, ma i suoi occhi spenti proprio non si addicevano al nuovo personaggio che aveva deciso d’impersonare. Erano sempre stati la sua chiave di lettura, quegli occhi. Perché si può trasfigurare tutto, ma non gli occhi, lo specchio dell’anima per eccellenza.

- Non dovresti bere quella roba – replicò di rimando Iori, gli occhi smeraldo non nascondevano un moto di preoccupazione verso quel ragazzo che pure in passato gli era stato ostile.

- Oh, andiamo Iori! Ho diciassette anni, che male vuoi che mi faccia un po’ di whisky?! – brontolò mantenendo un’invidiabile espressione allegra Ken, alzando il bicchiere come a voler brindare alla sua.

- Ti stai comportando da idiota – dichiarò a quel punto Takeru, parlando così di punto in bianco per la prima volta in sua presenza.

Ken alzò lo sguardo per puntarlo in quelle dure iridi azzurre. Il sorriso vacillante sul suo volto colorato dall’alcol.

- Non ti rendi conto che così è peggio?? -

 

 

Il tuo mondo

Sta andando

A puttane oramai

Puoi reagire ma forse

Non è ciò che vuoi

Preferisci esser vittima

Non guarirai

 

 

Uno schiaffo forse avrebbe fatto meno male. Era un po’ come scontrarsi contro a un muro e sapere di non aver fatto niente per evitarlo.

- Ma che volevi facessi?! – batté i pugni sul bancone Ken, il sorriso scomparso per lasciare posto ad un’incontrollabile rabbia. – Daisuke e Miyako si stavano baciando, dannazione! Il mio miglior amico e la mia ragazza‼ Io mi fidavo di loro. Io…io la amo, cavolo! Sta andando tutto al diavolo… -

La voce si era incrinata a quell’ultima affermazione, così come qualcosa dentro di sé. Non si era accorto di non aver metabolizzato ancora la cosa prima di quel momento, rilegandola invece in un angolo per non doverla per forza affrontare. Il fatto è che il cuore funziona un po’ come un antivirus in grado di filtrare le notizie e di mettere in quarantena quelle a lui deleterie.

- E tu anziché provare a reagire, preferisci rifugiarti dietro ad uno stupido bicchiere di alcol e piangerti addosso. Ma sai che ti dico Ken? – lo sguardo di Takeru era determinato e serio come solo quando si era trattato di combattere per Digiworld gli aveva visto in viso. – Non si può aiutare chi preferisce non essere aiutato -

Ken sussultò a quelle parole e lo stomaco si contrasse in una stretta dolorosa, mentre l’altro si avviava verso l’uscita. Ma poi una molla scattò e la voglia di rivalsa si aggrappò al suo animo senza concedergli nemmeno il lusso di riflettere sulle parole dell’altro.

- Ma che diavolo vuoi saperne tu di me?! Vieni qui con queste tue stupide frasi da filosofo fallito e pretendi di farmi la paternale. Beh, c’è una novità: non sono io ad aver tradito un amico! -

- Daisuke avrà pur sbagliato, ma sei tu che continui a comportarti da vittima -

 

 

Non mollare

È un consiglio

O ti ridurrai

Fumo e cenere

 

 

Il campanello sulla porta del bar aveva smesso di tintinnare già da una buona manciata di secondi, eppure Ken continuava imperterrito a fissarla con espressione vacua. Accanto a lui Iori, che aveva seguito il diverbio da muto spettatore, rimase ancora per qualche istante in disparte per concedergli il tempo di riflettere sulle parole del digiprescelto della speranza.

Takeru aveva ragione, aveva maledettamente ragione.

Ma era così difficile ammettere di essersi comportato da stupido a scappare via a quel modo e a rifugiarsi poi dietro i temporanei effetti dell’alcol…

- Ken? -

- Torniamo a casa Iori, ti prego – lo supplicò con lo sguardo il moro, cercando quelle pozze verdi tanto rassicuranti.

- Sì – Hida annuì e, stando ben attento a fargli passare un braccio attorno alle sue spalle per poterlo sorreggere meglio, si apprestò a ricondurlo verso casa Ichijouji.

L’aria fredda della notte li colpì in pieno viso come uno schiaffo sul vivo, ma nessuno dei due osò proferire parola. Quando succedono troppe cose in una volta sola, bisogna solo concedersi il tempo di assimilarle ad una ad una. Anche se fa male.

Iori lo scortò fin sotto casa e, una volta qui, lo aiutò a salire quei pochi gradini che lo separavano dal portone d’ingresso. Non ci fu bisogno di richiederlo per avere le chiavi, perché Ken si fece mostrare straordinariamente pronto a consegnargliele. Le parole di Takeru e il freddo avevano in parte sminuito gli effetti stordenti del whisky, ma il dolore allo stomaco era talmente forte da impedirgli quasi di respirare.

- Devo vomitare – esordì ad un tratto con voce stemperata dalla nausea Ken e subito Iori si affrettò ad aprire la porta per condurlo in bagno.

Era stato poche altre volte a casa Ichijouji, eppure il suo innato senso dell’orientamento gli indicava la strada come una mappa portatile.

Ken arrivò al water appena in tempo prima di rimettere tutto l’alcol che il suo corpo, non abituato, era stato costretto ad assaggiare. Si sentiva uno schifo, adesso oltre al cuore a pezzi aveva anche lo stomaco sfibrato. E Iori era ancora lì, fermo sulla porta con quei suoi profondi occhi verdi.

- Takeru…quello che ha detto…- tentò un primo approccio Ken, appoggiando il capo vorticante al freddo muro alle sue spalle.

Sapeva di dover dire qualcosa adesso che il sentore dell’alcol era quasi del tutto sparito. E sapeva anche cosa dire nonostante articolare frasi logiche era diventato all’improvviso particolarmente difficile.

- Mi dispiace avervi fatto preoccupare – Ken alzò lo sguardo, fissandolo, come prima aveva fatto con Takeru, nelle iridi di Iori. – Mi sono comportato da perfetto imbecille. Solo che…è così difficile…-

- Lo so – replicò dal buio del posto Iori, eppure all’altro non passò inosservata la smorfia di delusione che per un istante aveva attraversato i suoi occhi.

La cosa lo colpì, perché era capire in un istante che non era il solo a soffrire per quella cosa. Però…

 

 

Era il solo ad aver reagito da vittima.

 

 

- Iori? -

- Ken – lo richiamò invece Iori, anche se semi-voltato di spalle, capo chino ed in procinto di andarsene. – Non mollare, ti prego -

Indugiò ancora un istante sulla porta, poi, tirando un sospiro pregno di significati nascosti, si avviò a passo sicuro verso la porta. Ken udì solo il rumore appena percettibile del portone che si richiudeva e forse quel rumore era un po’ il cuore di Iori che si contorceva per la ferita infertagli dal colpo ricevuto.

Poi come un cristallo che si infrange o come i cocci di quell’oggetto che aveva rotto nella sua folle corsa fuori al market, ecco pure il muro di cinta costruito senza nemmeno saperlo venire meno. La nausea era ancora forte e la testa girava fino a fargli male, ma non importava.

 

 

Stille di sale percorrevano le sue guance.

 

 

Alla fine, aveva scoperto di saper piangere.

 

 

 

 

 

[La canzone “Fumo e Cenere” è dei Finley. Digimon e i suoi personaggi non mi appartengono ma sono copyright © del rispettivo autore e della casa editrice. In entrambe i casi, comunque, non vengono ivi da me utilizzati a scopo di lucro ma per puro diletto.]

 

 

 

Fanfiction nata quasi per caso, mentre ascoltavo la suddetta canzone in macchina. Più ascoltavo le parole e più l’idea di un Ken col cuore a pezzi vagabondare per Tokyo si affacciava nella mia testolina. Mettiamoci pure che era da un po’ che avevo in mente di scrivere una Dayako e il gioco è fatto! Spero solo di aver reso giustizia, a parole, tutto quello che “Fumo e Cenere” ha suscitato in me nell’udirla e in particolare di essere stato in grado di esprimere al meglio ciò che può aver pensato Ken dopo aver visto una simile scena.

In realtà alcuni passaggi potrebbero risultare un po’ sconnessi, ma io credo che nessuno di noi nel pensare sia tanto coerente da seguire un preciso filo logico. Insomma, mi sono detta: se lascia la testa vagare tra i pensieri, è normale distaccarsi dal filone principale il più delle volte! E poi c’era anche la storia dello shock che andava ad incidere notevolmente sul comportamento già di per sé criptico di Ken.

Per quanto riguarda Takeru e Iori…beh, loro li ho figurati subito in quelle vesti. Un po’ come la coscienza di Ken, per intenderci. Ma comunque diciamo che è un assaggio e che avevo pensato anche ad un contino dalla parte di Miyako e di Daisuke, anche se in un primo momento non doveva esserci.

Passando ad altro, vorrei dedicare questa storia interamente alla mia amica DarkSelene89Noemi, augurandole anche un felice Natale! Tesoro, questa è per te, sperando che ti piaccia! Sei stata tu con la tua fic a farmi nascere la voglia di scrivere una Dayako, sai? E poi c’è da dire che dopotutto quello che hai fatto per me, dedicarti questa misera fic è il minimo che io possa fare‼ Tvb, tex!

E poi un saluto particolare va ovviamente alla mia best Sae, alla fantastica HikariKanna, alla dolce Sora89 e, anche se non ci sentiamo direttamente, a tutti coloro che continuano senza stancarsi a leggere le mie storie! A voi tutti auguro un Buon Natale dal profondo del cuore e un meraviglioso inizio 2008 (argh! Già il 2008, sto diventando vecchia‼)!

Baci e spero di sentirvi presto.

Memi J

 

  
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