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Autore: memi    29/12/2007    7 recensioni
“- Che giorno è oggi, Taichi? -
- Uhm…il sei luglio. Perché? -
- Niente. Stavo solo pensando –”
Dedicata alla mia best, come suggerisce il titolo! Sae, questa è una chicca per la nostra amicizia! E di nuovo auguri a tutti!!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Best!

 

- E dai papà, ancora cinque minuti… Fammi finire il sogno -

- Dio, speriamo solo che non ci sia anch’io in questo sogno a luci rosse‼ - esclamò in risposta una voce inorridita e divertita insieme, che Yamato anche nel dormiveglia non poté non riconoscere.

Scattò a sedere, fissando le sue iridi azzurre nel volto sorridente dell’intruso.

- Taichi‼ Che diavolo ci fai tu qui?!? - lo guardò male il biondo.

Era nel bel mezzo di un sogno in cui appariva una certa testa ramata che stava giusto per dirgli qualcosa di veramente importante, quando era intervenuto quel guastafeste. Senza contare che l’aveva svegliato proprio di domenica, l’unico giorno in cui poteva concedersi di dormire qualche ora in più! Che poi, che diavolo di ore erano??

Scocciato, Yamato afferrò con veemenza la sveglia sul comodino incurante degli oggetti che ne caddero da sopra e con un occhio vi gettò un’occhiata incurante.

Sbiancò.

Riguardò di nuovo.

- MA DICO: SEI IMPAZZITO?? LO SAI CHE ORE SONO, EH? - tuonò all’indirizzo del suo miglior amico, che sarebbe rimasto tale ancora per poco se non gli avesse fornito nel giro di dieci secondi una spiegazione più che plausibile a quella domanda.

Tuttavia Taichi, che non a caso era il digiprescelto del coraggio, scrollò con noncuranza le spalle ignorando bellamente l’espressione torva sul volto del biondo.

- Le quattro e mezza, perché? - domandò ingenuo, guardandolo senza capire il motivo di tanto clamore.

Yamato però era del parere contrario.

- Perché?! Perché?? Sono le quattro e mezza di notte, di domenica diavolo‼, e lui mi chiede perché! Tsk! - incrociò le braccia al petto imbronciato. - Seriamente, Taichi: stai cercando di farti ammazzare?!?! -

- Mhpf, quante storie per niente! - ribatté invece in tutta calma il brunetto. - Piuttosto poltrone, vedi di alzarti da quel letto! E  sbrigati, non abbiamo mica tutta la notte! -

Se in un primo momento Yamato era stato propenso ad afferrarlo e ad ucciderlo lì su due piedi, preoccupandosi poi in seguito di come occultare le prove e il cadavere; alla seconda affermazione si soffermò a riflettere se per caso non avesse dimenticato qualcosa. E stava giusto per chiederlo, ma l’altro era già scomparso con presumibile destinazione cucina!

- Puah! - biascicò solo il biondo, prima di alzarsi e iniziare a vestirsi.

 

 

- Yamato, ma lo sai che sei la persona più…più…più… -

- Anche tu, Taichi -

 

 

- Allora, dove si va? -

- Finalmente! - lo rimproverò tuttavia Taichi, la bocca piena di biscotti al cioccolato. - Ma lo sai che questo posto fa proprio stalla?? -

Yamato sorrise. Dove aveva già sentito quella frase?!

- Stai cercando di farmi un complimento, per caso? - ironizzò con un guizzo d’ironia nello sguardo Ishida, e stavolta fu il turno di Taichi di sorridere.

Colpito e affondato. Come sempre.

Possibile che quel biondo da strapazzo proprio a lui dovesse capitare come miglior amico?! Bah! Meglio lasciar perdere.

- Andiamo, rockettaro, va! - si sfregò con energia le mani il castano, piuttosto, guadagnandosi un’occhiata sconcertata per questo.

Da quando Taichi è così attivo di prima mattina –se così si possono definire le quattro e quaranta…sei– ?

“Che mi stia dimenticando qualcosa?”

 

Il suo sguardo passa, per un istinto inconscio, in rassegna la stanza, ignorando le cataste di panni, libri, riviste, cd e quant’altro ammucchiate in tutti i lati, per soffermarsi infine sul calendario. E il cuore fece un sobbalzo. Dio, come aveva fatto a dimenticarsene?!

Corse in camera a recuperare le sue robe.

 

 

- Che giorno è oggi, Taichi? -

- Uhm…il sei luglio(1). Perché? -

- Niente. Stavo solo pensando -

 

 

- Ehm…devi per forza guidare tu? - Yamato alzò il viso con espressione incerta e una smorfia di finto terrore stampata sulle labbra vermiglie.

Di fronte a lui, separati solo dalla ferraglia di macchina che i signori Yagami avevano comprato per i diciotto anni del loro primogenito, Taichi lo guardò male. Meno male che quello doveva essere il suo miglior amico‼

- Oh, andiamo, non ho mai ammazzato nessuno! - protestò in una perfetta caricatura di un attore di dramma di serie C, entrando in macchina e stando ben attento a sbattere come si deve lo sportello giusto per sottolineare la sua scocciatura in merito.

Le battute sul suo modo di guidare le subiva da ancor prima di prendere la patente, però nessuno di loro aveva mai rifiutato un passaggio! Certo, quando la macchina permetteva, s’intende.

 

- Beh, per ora - fece una smorfia diffidente Yamato, l’attimo prima di seguirlo all’interno della vettura.

Anche se scricchiolante, il sedile accolse senza troppe proteste il suo peso, il che era di per sé un bene considerato l’aspetto in cui giaceva. E pensare che quella macchina nelle mani della signora Yagami aveva avuto il suo istante di gloria‼ Che poi, chi l’aveva ridotta così: la madre o il figlio?!? Yamato non era certo della risposta e, dopotutto, preferiva non saperlo.

- Dunque - iniziò all’improvviso Taichi, gettando un’occhiata all’ammasso di robe relegate ai sedili posteriori. - Mi sembra ci sia proprio tutto, adesso. Direi che possiamo partire! -

- Uhm - annuì solo l’altro, intanto che allungava una mano per afferrare la cintura gracchiante e infilarla nella fessura alla sua sinistra (ehm, scusate, non ricordo i nomi tecnici! ^//^ NdA).

Il castano girò la chiave nella toppa, premette sul freno e sulla frizione, tolse il freno a mano ingranando la prima e, controllando gli specchietti laterali, partì. Il motore emise qualche gemito, ma non diede ulteriori problemi e in un istante erano già in marcia nelle vie quasi deserte di Tokyo. Ed era buffo vederla così pensando che solo tra qualche ora sarebbe stata di nuovo straripante di clacson e pedoni. A Taichi e a Yamato il pensiero faceva sempre un certo effetto, soprattutto perché li faceva sentire legati ancor di più a quel giorno.

- Certo che fa freddo per essere il sei luglio - esordì ad un tratto proprio il brunetto, girando la rotellina del riscaldamento per ricevere un po’ di calore.

- È perché non sono nemmeno le cinque di mattina - osservò con la solita logicità Yamato, intanto che sprofondava le mani gelide nelle tasche del giubbotto marrone.

Accanto a lui Taichi si lasciò sfuggire un sorriso, mentre svoltava a sinistra e ingranava la seconda. Lui odiava svegliarsi presto la mattina, anzi odiava proprio il doversi svegliare, ma quel giorno era l’unico a farne eccezione perciò quando la sveglia aveva iniziato a trillare, non si era fatto cogliere impreparato e in un attimo era già nel bagno a lavarsi.

Dio, non poteva credere che erano passati sei anni!

Chissà se era tutto come prima, se era tutto a posto, se c’era ancora tutto.

 

- Perché stai sorridendo come un ebete? -

Stavolta il castano scosse il capo. Erano passati sei anni, ma Yamato non era cambiato di una virgola sotto certi aspetti!

- Non si può più sorridere adesso?! - deviò con abilità la domanda Taichi. - E comunque, tanto per la cronaca, stavo solo pensando che un orso eri e un orso sei rimasto! -

- Tsk! Ha parlato mister sensibilità! - lo schernì di rimando l’altro, in quel gioco di frecciatine che tanto gli piaceva fare. - Piuttosto, sei sicuro di conoscere la strada? -

- Ehi! - mise su il broncio Yagami. - Lo sai che potrei anche offendermi per questo?!? Qui si sta mettendo in discussione il mio innato senso dell’orientamento‼ -

- Ehm…innato?! - Yamato gli lanciò un’occhiata perplessa, insicuro di aver capito bene ciò che l’altro gli aveva appena detto. - E scusa, tutte le volte che per colpa tua ci siamo persi, come le classifichi? Non dirmi che anche lì ha agito il tuo senso dell’orientamento! -

Di fronte all’evidenza dei fatti, Taichi avvampò imbarazzato. Ma quel rockettaro da due soldi proprio non aveva niente di meglio da fare che beffarsi di lui?! Bah, che amico‼

- Che c’entra, si è trattato di qualche semplice errore di valutazione! - si difese sbuffando scocciato il castano. - E comunque non sono niente in confronto a tutte le volte che grazie a me siamo arrivati a destinazione! -

- Certo, come no - fece una smorfia incomprensibile Yamato, sottolineando così la sua circospezione in merito.

Fuori, intanto, le ultime case di Tokyo iniziavano a scomparire per lasciare spazio all’aperta campagna.

 

 

- Avanti, Yamato, fa come me: respira! Non senti che non c’è traccia di smog? -

- Dio, Taichi, mi sembri mia nonna -

- Scherza tu, ma un giorno rimpiangerai quest’aria! -

 

 

- Ah, senti, potresti dire a tuo fratello di smetterla di chiamare a casa mia?! Ieri lui e Hikari sono stati un’ora a telefono‼ - esordì ad un tratto Taichi, ma quando Yamato si voltò a fissarlo nei suoi occhi notò una luce divertita e capì senza bisogno di chiederlo quanto in realtà fosse felice della cosa.

Tuttavia decise di rimanere al gioco.

- Perché, aspettavi qualche telefonata importante? - lo sfidò piuttosto il biondo, volutamente ironico nel tono di voce utilizzato.

- Macché. Non ho potuto connettermi a internet e scommettere sulla vittoria degli Urawa Red Diamons(2)! - sbuffò invece Taichi e all’amico fu chiaro che era per quella lamentela che aveva iniziato quella conversazione.

- E hanno vinto? - s’interessò allora Yamato, divertito da quella fissa per il pallone dell’altro che l’aveva quasi contagiato.

- Sì‼ -

 

 

- Dovremo dare un nome a questo posto -

- Umpf. Okay -

- Che ne dici di URD? -

- URD?! -

- Sì, come Urawa Red Diamons‼ -

- E io che ti sto a sentire, tsk! -

- D’accordo, hai vinto. Lo cambiamo. Allora…e se lo chiamassimo “Digihouse”? -

- Uhm. Va bene -

- Sul serio! Perfetto! Allora questo posto sarà la nostra Digihouse, Yamato! -

 

 

- Ecco il posto - Yamato alzò il braccio destro per indicare con l’indice la piazzola vuota a qualche metro di distanza da loro.

- Visto che ti ci ho portato, alla fine? - colse la palla al volo Taichi per rifarsi sulle precedenti accuse mossegli dall’amico. - E tu che dubitavi, uomo di poca fede‼ -

- Umpf, quanto sei noioso! - sbuffò fingendosi scocciato Ishida, tuttavia le sue labbra finirono per arricciarsi in un sorriso sibillino.

 

Taichi parcheggiò la macchina nella piazzola, quindi rifece le manovre della partenza al contrario, estrasse le chiavi e balzò fuori dalla vettura l’attimo dopo di Yamato.

- Non dimenticarti niente stavolta - lo beffeggiò sardonico il digiprescelto dell’amicizia intanto che racimolavano la ferraglia di robe inermi nei sedili posteriori.

- Ah ha, davvero molto divertente, biondo - finse una risata Taichi. - E comunque è successo solo una volta! -

- Sì, è vero, ma è stata anche l’unica volta che abbiamo fatto un campeggio -

- Beh - arrossì imbarazzato l’altro, sentendosi mettere alle strette. - Ma era una cosa da niente! -

- Infatti, era solo la tenda per dormire - replicò con nonchalance Yamato e dalla smorfia che ricevette, ne dedusse di aver centrato il bersaglio.

Okay, okay, aveva vinto. Però…

- Se non era per me non avremmo mai costruito la Digihouse! - gli ricordò allora Taichi, il petto gonfio per il trionfo di aver vinto quella minuscola battaglia dialettica.

- Uhm, te ne devo dare atto - disse solo Ishida, prima di sbucare fuori dal retro della vettura con lo zaino in spalle e due buste per mano.

“Uno a zero per me, e palla al centro!”, esultò tra sé e sé il castano, afferrando il suo zaino e uscendo a sua volta dall’abitacolo con le ultime buste tra le mani.

- Da che parte? -

Il biondo si guardò per un istante attorno, concedendosi una breve riflessione prima di fornirgli una risposta. Poi, dopo che il suo cervello ebbe fatto mente locale, accennò con il mento all’angusto sentiero a destra.

- Per di là -

- Bene! - esclamò eccitato Taichi, chiudendo a chiave la macchina e seguendolo nel folto della boscaglia.

Mentre i rami delle piante minacciavano i suoi folti capelli castani e i rami ostacolavano il suo cammino, il digiprescelto del coraggio non poté fare a meno di chiedersi come diavolo avessero fatto a trovare quel posto così separato dal resto del mondo. Poi ricordò che era stato proprio suo padre ad indicarglielo quando lui e Yamato, ad un anno di distanza dalle loro avventure a Digiworld, avevano deciso di concedersi un campeggio nel verde per richiamare i panorami senza fiato del mondo digitale.

A dire il vero in un primo momento avevano pensato più ad uno scherzo quando il signor Yagami li aveva lasciati davanti a quella boscaglia con solo quello stretto sentiero ad indicare la possibilità di proseguire. Poi, però, facendosi forza e con zaini issati sulle spalle, si erano inoltrati per la viuzza e l’avevano seguita fino a…

 

- La Digihouse‼ - esultò ingenuamente Taichi quando, davanti ai suoi occhi, comparve il vecchio capanno di legna e foglie.

Davanti a lui Yamato non aveva voce in gola. Era come se il tempo si fosse non solo fermato ma avesse iniziato a trascorrere nel moto inverso, riportandolo a quei stupendi giorni di sei anni prima. Quasi si rivedeva mentre con Taichi si accingevano a costruire il loro piccolo rifugio in mancanza delle tende, giacché il secondo le aveva bellamente dimenticate a casa. E quel cerchio di pietre… Che emozioni ritrovare tutto nello stesso, identico, perfetto stato in cui l’avevano lasciato. Un pezzo di mondo ovattato e quasi incantato, legato indissolubilmente alla loro amicizia.

- Non posso crederci… - sussurrò con voce rotta dall’emozione Taichi.

Yamato si voltò istintivamente verso di lui e, seguendo il suo sguardo, sorrise nel riconoscere la croce di legna piantata ai piedi di una quercia secolare. Il cuore batteva un po’ più forte e nei suoi occhi azzurri si accese l’immagine di Taichi che posava la scatola chiusa nella fenditura che lui, con ancora il badile in mano, aveva aperto.

- Sembrano passati secoli, eppure allo stesso tempo mi sembra di essere tornato indietro a quei giorni - confessò prima ancora di accorgersene il castano, il fiato corto per il turbinio di sensazioni diverse suscitate da quel posto.

Adesso tutte le incomprensioni, tutti i problemi erano come svaniti, dissoltisi nei fotogrammi della loro amicizia appena un po’ sbiaditi dal tempo. C’erano solo loro due, e la loro impeccabile Digihouse.

 

- Dai - incitò Taichi poggiando le buste a terra. - Diamo una sistemata a ‘sto posto -

 

 

- Ehi Yamato? -

- Che vuoi? -

- Sai, stavo pensando che potremo scambiarci una promessa -

- Che promessa?? -

- Ritornare qui tra…diciamo sei anni! Beh? -

- Perché proprio sei? -

- Semplice, perché oggi è il sei luglio! -

 

 

- Non ricordavo fosse così piccola questa casa - osservò Taichi entrando nella ristretta abitazione di legno e foglie.

- Non è stretta. Siamo noi che siamo cresciuti - scrollò le spalle Yamato, seguendolo a ruota all’interno.

Era vuota, così come l’avevano lasciata, forse un po’ più polverosa. Eppure riuscì ugualmente ad accendere emozioni andate perdute da tempo. Il loro tempio dell’amicizia.

- Forse hai ragione tu, Yamato -

Il biondo si voltò a fissare l’amico, colpito dal tono di voce quasi nostalgico utilizzato, e sentì qualcosa stringergli il cuore nello scorgere un’espressione triste in viso. Avrebbe potuto chiedergli il motivo di una simile reazione, se solo non fosse certo di sapere già la risposta. Abbassò il capo, sentendosi ad un tratto dispiaciuto a sua volta, ma con Taichi non si è mai giù di morale per troppo tempo.

- Ehi, perché non proviamo ad accendere un fuoco? Non so tu, ma io sto gelando! - e per dar credito alle sue parole si strinse un po’ di più nel giubbotto blu notte.

- Okay - alzò le spalle Yamato, anche se in realtà si sentì piuttosto sollevato di poter cambiare discorso. - A patto e condizione, però, che tu stia lontano dai fiammiferi. Non sia mai che appicchi il fuoco a tutto il bosco! -

- Ma lo sai che quando ti ci metti sei più spiritoso di Jyou che canta sotto la doccia?!? -

- Dai?! -

- Dico sul serio! -

- Puah! -

 

 

- Allora, prometti Yamato? -

- Prometto -

- Bene, prometto anch’io -

- … -

- … -

- Taichi? -

- Sì? -

- E se litighiamo? -

- In tal caso ci tireremo un cazzotto a testa per appianare i conti e verremo lo stesso -

 

 

- Ah, va già molto meglio! - Taichi si stiracchiò le braccia, seduto sul tronco di un albero morto.

- Uhm - mormorò in risposta Yamato, pensoso. - Che ore sono? -

L’altro gettò un’occhiata all’orologio da polso prima di rispondere. Le fiamme del fuoco acceso nel cerchio di pietre scoppiettavano vivaci, innalzando un leggero fumo grigio.

- Sono le sei meno dieci. Mancano ancora venti minuti - disse infine, ben sapendo cosa sarebbe successo di lì a breve.

O meglio, cosa avrebbero dovuto fare di lì a breve.

 

- Ho sentito Koushiro ieri sera - esordì ad un tratto il castano, guadagnandosi subito un paio di occhi azzurri su di sé. - Avresti dovuto sentirlo! Pare che Mimi l’abbia costretto ad andare a casa sua a cena e che lui per l’imbarazzo ha iniziato a fare pasticci su pasticci‼ Ma ce lo vedi Koushiro che balbetta impacciato?! -

Taichi scoppiò a ridere, sguaiato, mentre Yamato si limitò ad una risata contenuta. Dopotutto, nonostante i notevoli cambiamenti caratteriali, rimaneva ancora il ragazzino introverso di Digiworld.

- Sì, già… - Ishida trasse un profondo respiro.

Non poteva più rimandare, adesso era arrivato il momento di affrontare una volta per tutte quella situazione.

- Senti Taichi, io volevo scusarmi per la storia di Sora e… - iniziò, ma l’altro lo fermò con un gesto della mano.

- Non ce n’è bisogno, Yamato - disse, alzando lo sguardo per puntarlo in quello dell’amico. - Dico davvero -

- È solo che… -

Perché doveva essere così difficile per lui spiegare i propri sentimenti?!

Alzò lo sguardo, di nuovo, e stavolta senza più abbassarlo. Di fronte a lui c’era il suo miglior amico e tra meno di venti minuti sarebbe arrivato il momento che aspettavano da ben sei anni. Non poteva farsi vincere dalle proprie debolezze, non in quel momento almeno.

- Certe volte penso ancora di essermi comportato male con te, fidanzandomi con Sora. Dopotutto…tu ne eri innamorato -

Taichi lo scrutò in quelle profonde macchie cerulee, aperte per essere lette solo a pochi, e senza neanche rendersene conto scosse la testa.

- Non lo so se lo ero davvero, infondo -

- Che intendi dire? - domandò spiazzato Yamato.

- Beh, Sora è stata l’unica ragazza con la quale ho instaurato un rapporto, prima di Digiworld. E a Digiworld pensavo davvero che potesse essere la sola con cui avrei mai potuto iniziare una storia, però una parte di me era ancora troppo immatura per farmi avanti. Poi a quindici anni lei ti ha portato quella torta fatta da lei(3) e io ho pensato che infondo era giusto che andasse a finire così. Però ci ho messo un po’ a capire che dopotutto non era solo immaturità a spingermi indietro con lei - Taichi sospirò, senza tuttavia distogliere lo sguardo da quello dell’amico. - Io a Sora voglio bene. Abbiamo condiviso troppe cose insieme per poter rinunciare mai a lei e forse per questo all’inizio ti ho un po’ odiato. Ma Yamato, io e lei siamo legati e niente potrà mai spezzare questo legame -

Ishida abbassò e alzò un paio di volte il capo, come a voler dire che lo sapeva, e allo stesso tempo senza dover dire niente. È più facile parlare quando non si è interrotti, questo lui lo aveva capito su di sé.

- Sora è il mio alter ego, ma sei tu che ama e forse è meglio così. Io non avrei mai saputo renderla felice perché non avrei mai saputo amarla come la ami tu -

 

Il cuore di Yamato sussultò a quelle parole.

Diavolo, era così orgoglioso di quel ragazzo da quegli impossibili capelli castani. Ed era il suo miglior amico.

 

- Grazie, Taichi -

 

 

- Sono esattamente le sei e zero nove di mattina(4) -

- Uhm -

- Allora, tra sei anni esatti, alle sei e zero nove in punto, ci faremo trovare qui -

- Alla Digihouse -

- Sì, e riapriremo questa scatola -

- Okay -

- E ci giureremo eterna amicizia -

- Anche se è sdolcinato? -

- Beh, per una volta non credo che ci ucciderà -

- Per una volta, hai ragione Taichi -

- Spiritoso come sempre! Allora, d’accordo Yamato? -

- D’accordo -

 

 

- Sono le sei - esordì ad un tratto Yamato.

- Allora direi proprio che possiamo iniziare a scavare - sorrise di rimando Taichi, alzandosi in piedi per afferrare le due vanghe poggiate distrattamente lì a terra.

Quando l’aveva chiesta al padre, il signor Yagami l’aveva guardato male preoccupandosi che il figlio non volesse invischiarsi in qualche scorribanda notturna e c’era voluta tutta la calma di Hikari per convincerlo a prestargli quelle due pale.

 

- E stavolta vedi di non far fare tutto a me, Yamato! -

- Cosa?! - il biondo era senza parole.

Insomma, aveva fatto tutto lui sei anni prima‼

- Dai, scherzo! - Taichi però non stava dicendo sul serio, ma ciò gli fece fare una bella risata.

 

- Certo che potevi scavare pure di meno! Ma quanto profonda l’ha fatta ‘sta buca? - a fugare il silenzio poco dopo fu di nuovo Taichi, già stanco di usare il badile.

La croce di legno, intanto, giaceva inerme in un angolo. Era stata un’idea di Yamato, quella, in modo da non dover tappezzare poi tutto il terreno di buche solo per ritrovare una scatola sepolta sei anni prima. In un primo momento Taichi aveva pensato fosse una cosa stupida, adesso con il senno di poi doveva ammettere che era stata l’idea migliore di tutti i secoli.

- Ecco, la sento - disse invece Yamato, facendo leva sulla pala per dissotterrare del tutto la scatola.

- Ehi, è la stessa! - esclamò genuino Taichi quando, davanti ai suoi occhi estasiati, apparve il colore dell’indaco.

Il biondo scosse il capo all’affermazione, spossato, tuttavia non perse energia e in un attimo erano di nuovo attorno al fuoco con la scatola tra loro.

- Dai, aprila - esortò con l’emozione nel cuore Yamato.

Yagami annuì, gettandogli un’occhiata ricolma di gratitudine quasi che l’altro si fosse appena offerto di regalargli la sua moto nuova, e con mani tremanti rilevò il coperchio. L’odore acre di chiuso inondò le loro narici, ma i loro occhi incantati erano tutti puntati sul contenuto dello scrigno fortuito.

- Dio, credevo di averli persi! - esordì ad un tratto Taichi, mentre le sue mani riportavano alla luce i suoi primi occhiali da aviatore(5).

- Se li vedesse Daisuke, di sicuro li vorrebbe pure lui! - ironizzò Yamato, un po’ per scaricare la tensione e un po’ perché d’istinto il pensiero era andato al leader della seconda schiera di digiprescelti.

- Già, hai proprio ragione - ne convenne subito anche l’altro, ridacchiando, prima di notare un’altra cosa brillare dal fondo della scatola. - Guarda, la tua armonica -

Taichi la estrasse dalla scatola prima ancora che l’altro gli chiedesse qualcosa, ben conscio del fatto che Yamato non avrebbe mai osato rimuoverla da lì dentro. Quindi, con un sorriso sincero, gliela porse e attese la manciata di secondi necessari a Yamato per metabolizzare la cosa.

- Non…non ricordavo di avercela messa - mormorò, stentando lui per primo a riconoscere la propria voce.

Neh, non è che stava diventando un sentimentale credulone?!

 

- Dai, fammi vedere se sei ancora capace di suonarla! - lo sfidò Taichi, consapevole che quello era l’unico modo per convincerlo a suonare, intanto che s’infilava i suoi buffi occhiali a uso collana.

 

 

- I miei occhiali da aviatore e la tua armonica preferita -

- Umpf. Era proprio necessario? -

- Così sarà più divertente, no?! Tra sei anni riapriremo la scatola e ci ricorderemo degli oggetti che adesso adoriamo di più -

- Già, è proprio divertente… -

- Oh, Yamato! Tanto lo so che l’idea ti piace‼ -

 

 

- Ci tenevi proprio tanto a quell’armonica, eh? - chiese il castano una volta che la melodica canzone finì.

Yamato era così bravo a suonare… Certe volte lo invidiava per questo, ma ovviamente non glielo avrebbe mai detto.

- Come tu tenevi a quegli occhiali - rispose con finta nonchalance il biondo.

Taichi sorrise. Ad un tratto aveva voglia di alzarsi e gridare al mondo: guardatelo, questa testa bionda è il mio miglior amico! Ma, accidenti‼, lui non era un sentimentale!

 

- Taichi? -

- Sì? -

- Sei l’amico migliore che abbia mai avuto. Anche se…anche se non te l’ho mai detto -

Sorrise.

- Anche tu sei il mio miglior amico, Yamato. Per sempre -

- Per sempre - approvò con un sorriso imbarazzato il biondo. - Anche se è sdolcinato? -

- Oh, soprattutto perché è sdolcinato! -

 

Dedicata alla mia best, Sae‼

 

 

 

 

 

[Digimon e i suoi personaggi non mi appartengono ma sono © copyright del rispettivo autore e della casa. Non vengono ivi da me utilizzati a scopo di lucro ma per puro diletto.]

 

(1) Non è una data casuale, ma il giorno in cui la mia best Sae ha lasciato la sua prima recensione ad una delle mie fanfic, permettendo così alla nostra amicizia di nascere. Grazie per questo, tex!

(2) Gli Urawa Red Diamons sono una squadra del Giappone

(3) Chi non si ricorda dell’episodio della festa di Natale?! In particolare mi riferisco a quando Taichi incita Sora ad entrare per consegnare il pacco (contenente appunto una torta preparata da lei) a Yamato e a dichiararsi a lui.

(4) Anche questo non è un orario casuale, ma è l’ora in cui la mia best ha lasciato la recensione!

(5) Gli occhiali a cui mi riferisco non sono quelli che consegna poi a Daisuke e che hanno accompagnato Taichi per tutto il primo viaggio a Digiworld. In realtà compaiono sempre in Digimon 1, nell’episodio in cui lui si rivede da piccolo sopra una bicicletta. Comunque ho una foto, per chi ne fosse interessato!

 

 

 

Allora, tanto per iniziare mi rendo conto che questa fanfic non c’entra niente con il Natale, ma è ugualmente il mio modo personale per fare un piccolo pensierino “natalizio” alla mia best! Sorellina, questa è per te e per la nostra amicizia, nata proprio grazie a quella recensione. Ti voglio bene mia best! Forse è un po’ poco, però mi è venuta fuori di getto e non ho saputo resistere. Ma ti ricordi quando hai commentato per la prima volta una delle mie storie?! Cielo, sembrano passati secoli da allora!

Okay, adesso sto parlando proprio come Taichi!

Tornando a noi e alla storia, premetto che non voleva essere molto lunga ma poi le parole sono venute fuori da sole e spero solo di non aver fatto un pastrocchio con le scene! Non sapevo come fare a velocizzare il tempo per soffermarsi sulle cose più importanti‼ Spero la apprezzerete ugualmente, io ci tengo molto perché oltre che dell’amicizia di Taichi e Yamato, parla un po’ anche dell’amicizia mia e di Sae. Cielo quanto sono sdolcinata‼

Bene, adesso invece sto parlando come Yamato!

Non mi resta che rinnovarvi (di nuovo!) i miei auguri per il Natale appena passato e per l’Anno Nuovo‼

Baci a tutti!

Memi J

 

  
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