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Autore: JoJo    30/12/2007    7 recensioni
“Non l’avrei mai creduta una cosa possibile! Sei riuscita a smarcarti da Roberto!” Cristine fece una smorfia, ravviandosi intanto i biondi capelli con le mani e cercando di contenerli in una coda alta. “Ti prego basta con queste metafore calcistiche. Io odio il calcio!”
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roberto Hongo, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                            Un arrivo inaspettato

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Sentiva l’odore dell’erba arrivare fino alle sue narici e ovattati dai pensieri gli giungevano alle orecchie gli schiamazzi e i richiami dei giocatori durante gli allenamenti. Ogni tanto anche lui stesso urlava rivolto ai ragazzi per richiamarli, correggere gli errori, approfondire un nuovo schema. Ma quel giorno i suoi pensieri erano decisamente rivolti altrove.

Roberto si riscosse non appena la voce allegra di un giocatore lo salutò.

“A domani mister!”

Rispose distrattamente poi osservò per qualche minuto la grande distesa verde davanti a sé, e solo sospirando si girò verso la figura seduta sugli spalti.

La ragazza completamente assorta nella lettura di un alto tomo non sembrava aver notato la fine degli allenamenti della nazionale brasiliana.

“Cris!” la chiamò attirando su di sé il suo sguardo limpido.

Con un gesto secco chiuse il libro e lo mise nella sua borsa, un tascapane color sabbia che doveva essere appartenuto a uno sfortunato soldato, e con passo deciso iniziò a scendere la scalinata che la portava sul campo di allenamento.

“Pensavo non finisse più!” disse alquanto scocciata non appena arrivò davanti all’uomo “Ora mi puoi finalmente portare a casa?Ho ancora i bagagli da disfare.”

Roberto si aggiustò gli occhiali scuri sugli occhi e le fece segno di seguirlo fino alla macchina.

Sapeva già che sarebbe stato del tutto inutile scusarsi: era identica a sua madre, se voleva fare una cosa doveva farla. E se non riusciva nel proprio intento teneva il muso per ore se non giorni. Ma tacere non risolveva certo la questione, almeno non per Cris.

“Io davvero non ti capisco!Sono perfettamente in grado di muovermi da sola anche in una città nuova. Non sono più una bambina, Roberto!”

La ragazza si voleva mordere la lingua subito dopo aver pronunciato il nome dell’uomo, che la guardò storto.

“Cris…” iniziò rassegnato.

“Ok, ok. Recepito il messaggio- disse alzando le braccia in segno di resa e pronunciando la successiva parola in modo impercettibile- …papà!”

 

“Papà?!” chiese stupefatto Carlos Santana mentre si avvicinava ai due, con il borsone in spalla e i capelli ancora bagnati dalla doccia.

Roberto sussultò quando vide il suo migliore attaccante guardarlo perplesso.

“Carlos…Sì, ecco lei è mia figlia Cristine.” Disse additando la ragazza bionda che aveva dinnanzi.

Lei allungò una mano in direzione del ragazzo che la strinse con energia “Puoi chiamarmi Cris.”

“Non ci avevi detto di avere una figlia.” Protestò il giocatore.

“Già. In effetti non era previsto che arrivasse proprio ora in prossimità dei mondiali.”

Cris sbuffò sgranando gli occhi con fare seccato. Sapeva di non essere proprio la benvenuta, ma almeno fingere?

“Senti Rob…papà. Ho sopportato questo campo di allenamento per tutto il pomeriggio, non possiamo andarcene a casa?”brontolò.

Roberto assunse un’aria arrendevole e si congedò dal ragazzo per salire in macchina.

Carlos salutò con un cenno della mano la macchina che si allontanava, pensando a quanto fosse stato strano per tutto il giorno il mister.

Che c’entrasse qualcosa la misteriosa figlia?

 

 

In effetti la causa della sua stranezza era proprio Cristine.

Diciamo che, in teoria, avere la figlia per casa era una cosa che aveva sempre desiderato ma arrivare ad applicare la cosa in pratica…

Il momento in cui aveva bussato alla sua porta armata di bagagli e decisa a restare con lui per un po’ non era decisamente il migliore.

Cavolo, qui si stava parlando dei mondiali e lui era l’allenatore!

Ma non era sempre stato lui che, quando andava a trovarla le chiedeva insistentemente se voleva trasferirsi da lui?

Cristine era nata diciannove anni prima, frutto di un fugace amore durante una sua trasferta in Inghilterra. Sua madre, oh se se la ricordava! Una donna stupenda con dei riccioli d’oro al posto dei capelli e degli smeraldi che le brillavano nello sguardo.

E Cris, ora che se la ritrovava davanti cresciuta, era identica a lei. L’unica cosa evidente della sua paternità erano i suoi occhi di un grigio cupo, proprio come i suoi.

Sembrava tutto perfetto diciannove anni prima, quando Cris era in fasce e l’amore fra lui e Mary sembrava infinito.

Purtroppo quell’idilliaco ritratto di famiglia era destinato a spezzarsi. La sua passione per il calcio lo spingeva ad abbandonarle spesso per incarichi ricevuti anche dall’altra parte del mondo. E un giorno accadde che rimase abbandonato lui stesso.

Non era stato doloroso. Tra lui e la madre di Cristine non c’era amore e separarsi era stato naturale. Ma per la bambina era stato uno strazio: andava a trovarla più che poteva all’inizio, per poi ridursi a vederla solo durante le vacanze natalizie e quelle estive. Decisamente non era tagliato per fare il padre.

Ma l’estate prima Mary si era risposata e pareva proprio che questo John non andasse a genio a Cris.

Così l’aveva chiamato e gli aveva chiesto se poteva trasferirsi da lui fin quando non riusciva a sistemarsi da sola. Oramai aveva diciannove anni e si sentiva in grado di vivere da sola, ma economicamente non era ancora autosufficiente.

L’unica cosa che aveva saputo risponderle era stato un flebile sì. Cos’altro avrebbe potuto fare? Voleva dimostrare di esistere come padre, che anche lui l’avrebbe aiutata come aveva fatto sempre e costantemente Mary in questi anni senza di lui.

Ora dunque nella stanza a fianco alla sua, percependo a stento la sua presenza da quanto era silenziosa e riservata, avrebbe soggiornato Cris, sua figlia.

Ma era davvero in grado di fare il padre?

 

Cris sopirò lasciandosi andare sul suo letto, il suo nuovo letto.

Sorrise pensando a come erano cambiate le cose. Sua madre si era sposata con un uomo che lei odiava, ed ora loro due, insieme al di lui figlio ugualmente odioso, si preparavano a formare una nuova famiglia. Quella che a lei era sempre mancata.

“Ironia della vita!” si disse ad alta voce.

In fondo, come poteva lamentarsi della propria situazione? Aveva abbandonato la grigia Inghilterra per il luminoso e colorato Brasile, ed ora viveva con il suo famosissimo padre.

Certo che la regola che Roberto le aveva imposto era più dura di quanto pensasse.

Il giorno precedente, alla soglia dell’immenso appartamento che possedeva all’utlimo piano di uno dei grattacieli del centro di San Paolo, le aveva detto “Ti faccio solo una richiesta, Cris. Dovrai chiamarmi papà. Sai quanto ci tengo.”

La faceva facile, lui. Papà. Due misere sillabe che non riusciva per niente ad associare a Roberto Hongo. L’uomo che aveva preferito seguire un pallone di cuoio piuttosto che vedere i suoi primi passi.

Fece spallucce. Ormai era lì e avrebbe dovuto assecondarlo nelle sue pretese paterne. In fondo aveva numerosissimi arretrati.

Si rigirò sopra le lenzuola verdi. Davvero simpatico da parte di Roberto farle mettere le lenzuola con la bandiera della sua nuova nazione. Rise fra sé per un po’, per poi addormentarsi, determinata a vivere al meglio la sua nuova vita.

 

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