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Autore: Poppy    30/12/2007    1 recensioni
Le loro labbra sono così vicine che ogni respiro è un bacio detto sottovoce… Narciso ha gli occhi del colore delle foglie, così belli, profondi, mentre si baciano e le dita di Loren accarezzano i riccioli e le mani di Narciso si stringono sulle sue spalle, non vogliono mollare la presa, neanche quando il fiato manca o i minuti passano senza fretta. E’ il paradiso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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storia di natale

Ah, lo so che avrei dovuto aggiornare le altre due storielle, ma entrambe mi sembravano ben poco natalizie e così in meno di una giornata vi ho sfornato questa mia, tutta nuova. Spero che vi piaccia!

Controllate questi due, compariranno ancora ^_-! (Narciso si pronuncia Narsiso, eh xD!)

Buona lettura!

 

 

Loren è sempre stata una persona pacata.

Non è incline a comportarsi impulsivamente, pensa sempre mille volte prima di agire, ponderando le alternative e scegliendo l’opzione migliore.

Ci sono però certe situazioni in cui l’opzione migliore è, beh… impossibile da mettere in atto. Ci sono molte ragioni che giustificano questo enorme, sbagliato, negativo buco nei programmi della mente tanto razionale e ordinata di Loren.

Il tutto si può riassumere in una parola: Narciso.

Quel… ragazzo.

Da quanto tempo lo conosce, uhm? Da quanto?

Neanche due settimane.

In quindici giorni Narciso gli ha definitivamente messo in subbuglio la vita.

E no, neanche dopo il Valium e tre bicchieri di scotch Loren può lasciarsi andare su quel divano nemico e guardare, con un occhio che non sia assassino, la famiglia di Narciso affaccendarsi per tutta la casa.

E’ veramente troppo impegnato a fissare il liquido ambrato. A commiserarsi. A sospirare. E cavoli, se non fosse nel centro di un’incasinata preparazione del cenone di Natale, in quel momento una lacrimuccia starebbe solcando la sua pallida guancia.

Ebbene sì, ha tutti i diritti di piangere.

Due stupende, lunghe, solitarie settimane di vacanza in montagna programmate da un anno…. Tutto giù dal cesso. Espressione non tanto fine ma calzante.

Per cosa, poi?

Per quel dannato spagnolo, è evidente.

Gli viene la pelle d’oca solo a pensare a quel momento di due settimane prima, quando Narciso era precipitato a rotta di collo nella sua vita.

E se si dice precipitato, non sarà di certo per caso. Perché Narciso non è un ragazzo normale, d’altronde chi lo potrebbe essere con un nome del genere?, e di conseguenza le sue azioni non sono comuni, solite, abituali.

Sono caotiche, imprevedibili, strane, senza senso, incoerenti… Loren continuerebbe all’infinito.

 

***

 

Stava scendendo da un caldo e caro taxi, sciarpa attorno al collo, guanti, custodia e spartiti in mano: tutto come al solito. Il taxista non era ancora partito, contava ancora i soldi, che sfiduciato, ma Loren stava quasi per incamminarsi.

Un rumore metallico, il taxi era oscillato.

Un’ombra sulla testa.

Un improvviso peso addosso.

Loren era caduto per terra, senza capirne il motivo, con un uomo addosso.

Il tizio si era scostato quasi subito, aiutandolo con fretta a raccogliere i fogli ormai sparsi per terra.

- Scusa scusa scusa… - stava mormorando, la faccia china, prima che il taxista inferocito non lo prendesse per la giaccia e lo tirasse con forza in piedi.

- E tu cosa credi di fare?! Hai saltato sopra il mio taxi, hai investito un cliente!

Loren guardò la scena tutt’occhi.

L’uomo, capelli ricci scuri, affrontò l’uomo inferocito con un’espressione degna di una star. Veramente pochi attori avrebbero potuto esprimere tutta la tragicità di un bambino ammalato, abbandonato dai genitori il giorno del proprio compleanno, come quel ragazzo. Davvero commovente. Neanche Al Pacino… che espressività.

Poco importava se quegli occhi dolci erano usati per strappare un po’ di tenerezza ad un taxista alterato, se Loren fosse stato un regista avrebbe subito scritturato il tipo per la parte del piccolo Oliver Twist.

- Mi spiace veramente tanto… - miagolava – Mia sorella, incinta… e il mio gatto, morto! Avevo molta fretta…

L’autista lo fissava.

- Ah, ma sì, certo. – balbettò.

Non aveva capito niente, di sicuro, ma nessuno poteva rimanere indifferente davanti a quel faccino. Ino, poi mica tanto; un uomo di un metro e ottantatre non ha un visino, ha una faccia. Era dura però a spiegarlo ad un taxista, che stava bloccando con la sua deficienza mentale il traffico interno di New York, troppo incantato dagli occhi magnetici di un tipo che passava per la strada.

E che, dopo aver sciorinato un altro paio di scuse a caso, acciuffò la manica del cappotto di kashmire bianco di Loren.

- Ehi, ma che stai facendo? – aveva urlato lui, non appena raggiunto il consolatorio, sebbene sempre grigio, marciapiede.

- Ti tolgo dalla strada. Ti porto al sicuro. Ti offro un caffè. – aveva risposto lui prontamente – Possibilmente in questo ordine.

 

***

 

E da lì Loren non se lo era più scrollato di dosso.

Narciso è una piovra gigante, che con i suoi tentacoli ti toglie ogni via di fuga.

Narciso è pericoloso. Loren lo ha capito subito, sin da quando gli ha confessato il motivo di quel salto del taxi.

Voleva fare colpo su Loren, ovviamente.

Anche Loren quando vuole fare colpo su una persona le salta addosso dal cofano della macchina. E’ assolutamente normale.

Con le giuste possibilità, e con una persona davvero speciale, Loren addirittura salterebbe dalla cima di un palazzo. Tanto per stupire un po’ di più, o per fare un buco maggiore nel cemento.

Perfettamente normale, no?

NO!

Narciso è pazzo, gli manca qualche rotellina, tra quei bei ricci di sicuro si nasconderà una vite.

Altrimenti non si spiegherebbe il suo comportamento assurdo.

Non è da persone intelligenti, adulte, sedersi su qualcuno pur di non farlo partire.

Non è normale farlo per ore.

Loren non trova neppure le parole per descrivere cosa è successo in quella sequela interminabile di minuti.

Oppure le trova ma il risultato è comunque troppo

 

***

 

Era da una settimana che Narciso infestava casa sua come un virus particolarmente resistente agli antibiotici. Loren non riusciva a liberarsi di lui, lo seguiva ovunque. A lavoro, in banca, a fare la spesa.

E il bello è che faceva pure dei commenti, si sentiva in dovere di dire la sua come adottato inquilino della casa.

- Ma come, non lo prendi il latte? Ecco perché sei sempre così pallido… dovresti ingerire più calcio!

Loren stringeva i denti, spingendo il carrello e osservando da sotto il cipiglio gli scaffali.

- Il cioccolato! Uhm, ti prego, facciamo la cioccolata staseraa!

Quella sera, discorrendo del più e del meno con in mano una tazza di Ciobar, era saltato fuori l’argomento.

- Come lo passi il Natale?

- Come mi pare. Lo sai che potrei chiamare la polizia?

- E mi incriminerebbero per chiacchierata pericolosa? No dai, dove lo passi?

- In vacanza. Ma non hai altro da fare? Un lavoro?

- Ho preso due settimane di ferie per conquistarti con tutta calma. Dove vai?

Loren non aveva potuto tergiversare a lungo, alla fine aveva desistito alle lamentose richieste di Narciso.

- Vai in montagna? Da solo? Il giorno di Nataleee?!

Loren aveva agitato una mano per aria, il resto del corpo troppo in depressione per dare un segno di vita.

- Ma, e il cenone? I regali? L’albero?

- E’ stato un anno stancante. Ho bisogno di questa vacanza. Da solo.

La voce di Narciso si era drasticamente abbassata.

- E’ triste, però…

Un secondo di silenzio, in cui Loren, il viso nascosto in un cuscino, ebbe molta paura.

Sentiva il cuore battere.

Poi un respiro e un’esclamazione.

- Allora starai con me!

Loren alzò leggermente la testa. Rise.

- Tu scherzi.

- No, affatto. – scosse il capo Narciso, negli occhi una scintilla minacciosa. – Non prenderai quell’aereo, a costo di legarti al letto!

- Non ci credo. Il mio volo è fra undici ore, ho tutto il tempo per fare le valigie. E tu non me lo puoi vietare! Non mi puoi legare.

Narciso gli si avvicinò e le sue labbra erano tanto vicine che con un lieve movimento del collo Loren sarebbe stato completamente suo…

- Uhm, ok, non ti lego. Ma solo perché incatenato ad un letto mi fai venire in mente pensieri poco casti. – ghignò – Mi siederò sul tuo stomaco.

Loren alzò un sopracciglio.

- Smettila di scherzare.

Un peso però lo colpì. Di nuovo.

Narciso si era accomodato sulla sua pancia.

- Sei pesante! Togliti!

- No.

Loren si agitò sulla poltrona. Gli pizzicò i fianchi. Sbuffò.

- Toglitiii!

- No. Dov’è il telecomando? Inizia la mia soap-opera preferita!

 

***

 

Non erano poi passate così tante ore, si intende, e Loren sarebbe partito in ogni caso. Spagnolo pazzo o meno.

Peccato che quando ci si mette la sfortuna…

- Si avvisano i gentili clienti che tutti i voli sono stati cancellati, causa maltempo. Ripeto: tutti i voli sono stati cancellati, causa maltempo.

- Ma non è possibile! – aveva ringhiato Loren, due valigie grosse quanto una casa, un Narciso e un bambino con il moccio al naso che lo guardavano spaventati.

- E’ un anno, un maledettissimo anno che ho prenotato questo voloooo! Aaarg! Adesso pretendo che qualcuno mi porti, non mi interessa della bufera di neve! Voglio andare in vacanzaaa…

Narciso gli si era avvicinato mooolto lentamente, un’espressione cauta sul volto.

- Loren, caro, non ti preoccupare. – Aveva titubato un istante nel momento in cui Loren aveva soffermato lo sguardo incandescente su di lui. Poi aveva ripreso:

– Passeremo un buon Natale, insieme, io e te. Che ne dici?

Loren aveva pensato a tutte le possibili alternative e in meno di un secondo aveva scelto.

Tra Narciso e la sua famiglia… a Natale… meglio Narciso!

 

***

 

I giorni passarono in un lampo, complice Narciso che non lo aveva lasciato solo un attimo, portandolo a destra e a manca come se fosse stato il suo animaletto da compagnia.

Prima il centro commerciale, poi alla pista da pattinaggio, un paio di film al cinema, al ristorante messicano e dopo a quello italiano, che a Loren piaceva così tanto. Il tutto in meno di tre giorni.

E infine eccola, la Vigilia di Natale.

Narciso era tutto pimpante quando lo era venuto a prendere direttamente sotto casa. Aveva aspettato che Loren avesse finito di prepararsi e poi lo aveva portato, vulcano di entusiasmo, a casa dai suoi genitori e dai fratelli.

Loren si sentiva tanto fidanzata alla prima cena con i suoceri e la sensazione non gli piaceva per niente, anche se alla fine era stato presentato come l’amico. Dalle occhiate ricevute dalle sorelle di Narciso era evidente che non era il primo amico spuntato in quella casa…

Soprassediamo, questa era la parola d’ordine del momento.

Dopo un paio di minuti, in cui gli si pararono davanti una ventina di persone, con nomi, facce, accenti diversi, Loren fu sicuro di essersi già dimenticato tutto.

Grandioso.

 

***

 

Ed ecco ritornare la situazione iniziale, con Loren seduto sul divano, in mano uno scotch e gli occhi annebbiati.

Forse ha già bevuto troppo, ma non è colpa sua se il nonno di Narciso gli riempie il bicchiere ogni tre minuti e se, davvero, ha bisogno di dimenticare di essere ancora in vita.

Il pensiero della montagna gli frulla nel cervello da almeno un paio d’ore, in bella compagnia con la domanda del secolo: “Ma io, che cavolo ci faccio qui?”.

L’espressione felicemente pazza, o pazzamente felice, di Narciso non aiuta per niente, perché allora è un altro il pensiero che, alla sua vista, inizia a dominare tutti gli altri: “Cosa ho fatto di male, io?”

E’ tutta colpa di Narciso.

Se non fosse per quel matto di uno spagnolo in quel momento Loren sarebbe a casa sua, a passare da solo la Vigilia di Natale, ok, ma pur sempre in silenzio. E non in mezzo alla terza mondiale fatta di antipasti al tonno, cuginetti rompiballe e carta regalo.

E’ da due settimane che va avanti questa storia; Loren si fa abbindolare, basta una mezza parola di Narciso e zac!, Loren lo serve come se un potente marchingegno alieno gli stesse controllando il cervello.

Non può essere altrimenti, gli alieni lo hanno rapito e gi hanno inserito qualcosa nella testa, sicuro.

Diversamente non si spiega perché ogni volta che Narciso gli sorride, il suo cuore perda un battito. O perché sente sempre la necessità di farlo sorridere, di essere lui la causa della sua gioia.

Loren non conosce Narciso, o almeno non così bene da provocare tutti quegli strani effetti.

Innamoramento latente, bello. Non puoi più sfuggirgli ormai, dall’istante in cui ti è piombato addosso dal cofano del taxi sei diventato suo.

Amen.

 

***

 

No!

Loren cerca di scuotersi dal torpore che lo sta avvolgendo.

Accanto e tutto intorno a lui l’agitazione è a mille; le sorelle di Narciso sono indaffarate a preparare il tavolo, la mamma, la nonna e le zie stanno in cucina e non ne usciranno fino al momento X.

I bambini giocano, sparsi per la casa.

Gli uomini stanno seduti sul divano, a bere e a parlottare. Loren, sebbene circondato, non può fare a meno di sentirsi solo.

Ad un certo punto Narciso lo prende per un gomito e lo porta all’ingresso. Gli fa indossare a forza il cappotto e lo spinge fuori di casa, al freddo.

Poi lo raggiunge, ovviamente, mica lo abbandona!

- Stavi andando in coma, Loren! Penso che l’alcool e il caldo ti avrebbero dato il colpo di grazia se non fossimo usciti subito a prendere una boccata d’aria!

Loren inspira ed espira, poi si stringe nella giaccia.

Il freddo incomincia a imporporargli le guance e i pensieri, ora, sono un po’ meno viziati.

- Sei ancora vivo? – gli chiede Narciso, sporgendosi un poco con un sorriso.

- Si…

- E… ti stai divertendo?

Loren esita un secondo prima di parlare, e quell’istante di incertezza traspare sul suo viso.

- Oh, lo sapevo. – esclama Narciso, aggrottando la fronte con fare arrabbiato – Sei troppo raffinato per gente come noi… - Poi sospira, riprendendo subito la calma, e dice:

- Mi dispiace. Avevo tanto voluto che tu non andassi in montagna per non farti restare da solo, e adesso, anche se non sei lassù… rimani pur sempre solo.

A Loren occorrono un paio di istanti per riprendersi.

- Vuoi dire che sei arrabbiato con te stesso… ma perché? Insomma, cosa te ne frega se passo bene o no il Natale? Non ci conosciamo quasi…

- Mi interessa eccome! Sei una brava persona e tutti dovrebbero stare con qualcuno di caro, a Natale!

- Ma non è così importante! L’anno scorso tu non c’eri, e io sono stato benissimo lo stesso! Me la sono cavata ugualmente, da solo!

Un minuto di silenzio e dopo:

- Non hai un buon rapporto con i tuoi, vero?

- Non ci parliamo da anni.

- E i tuoi amici?

- Ognuno ha la sua famiglia, a Natale.

Loren si volta improvvisamente da una parte, evitando di guardare gli occhi dolci di Narciso. Non potrebbe affrontarli, ora, con quel groppo in gola che rischia di farsi strada fino ai suoi, di occhi.

Osserva svogliatamente il fiato condensato e le luci delle case che risplendono nel buio.

E’ un sollievo e una tortura insieme quando Narciso gli mette una mano sulla spalla.

- Mi sono chiesto in queste due settimane… – Sussurra lui - …perché un uomo bello come te stesse sempre da solo. All’inizio pensavo ad un carattere difficile, ma standoti un po’ accanto ho trovato che sei adorabile! –

Gli accarezza affettuosamente un braccio.

- Un ragazzo tanto grazioso non dovrebbe mai stare dai solo.

Loren sente gli occhi pizzicare.

- E’ la vita che isola.

- Ma è sempre la vita che unisce.

Narciso gli stringe le spalle con un braccio e pondera.

- Sai, Loren, è stata proprio una bella coincidenza incontrarci quel giorno, non ti pare? Io stavo scappando da un tizio a cui avevo per sbaglio rigato la macchina e cosa mi trovo davanti? Un uomo da infarto, steso sotto di me. Ora puoi capire bene perché non ti abbia più lasciato andare!

- Quindi il salto del taxi non era solo un metodo per accalappiarmi? –

Narciso scoppia a ridere.

- Non esattamente, no.

- Allora non sei poi così pazzo…

Narciso boccheggia tra lo scioccato e il finto offeso.

- Mi credevi matto?

- Beh, mi hai praticamente pedinato per due settimane…

- E adesso la pensi uguale?

Loren lo studia. I suoi occhi brillano come stelle in quella notte, lo osservano divertiti, aspettano con gioia quel qualcosa che Loren non è più disposto ad attendere o a rifiutare.

Sorride.

- No, suppongo di no.

- E che opinione hai di me? – chiede lui, un po’ malizioso.

Loren allunga il collo.

Le loro labbra sono così vicine che ogni respiro è un bacio detto sottovoce…

Narciso ha gli occhi del colore delle foglie, così belli, profondi, mentre si baciano e le dita di Loren accarezzano i riccioli e le mani di Narciso si stringono sulle sue spalle, e non vogliono mollare la presa, neanche quando il fiato manca o i minuti passano senza fretta.

E’ il paradiso.

 

***

 

- Amoreeee. Sei pronto? Dobbiamo andare!

La testa di Loren spunta dall’uscio della camera da letto.

- Mi sto preparando, Narciso, dammi un attimo! Intanto i tuoi aspettano!

- Si, ma non vorrei che iniziassero ad aprire i regali senza di noi… - borbotta Narciso accomodandosi pesantemente sul divano.

Un minuto e Loren è infine davanti a lui in tutto il suo splendore; maglione di kashmire bianco, jeans, e i lunghi capelli biondi sciolti.

Narciso adora quando li tiene così, gli viene voglia di metterci una mano dentro, o di tirarglieli mentre fanno l’amore o di accarezzarli nel piacere del dopo.

- Sei stupendo, amore mio. – gli sussurra sulla morbida pelle della guancia, poco prima di dargli un bacio.

- Uhm, grazie. – ronfa lui. – Tu sei pronto?

- Nato pronto, io.

- Certo. Hai preso i regali?

- In macchina… - risponde brevemente, troppo concentrato a immergersi totalmente nel profumo di Loren. Affonda il naso nel collo e inspira, per poi mordere.

- Ahia!

Narciso sorride impossessandosi della vita del suo amante e stringendolo possessivamente contro di sé.

- Narciiiso… - mugola Loren ai piacevoli assalti. – Dobbiamo andare. Siamo in ritardo…

Narciso continua a baciare e a leccare, sentendo a metà le fievoli proteste di Loren. Gli accarezza la schiena e quando le sue mani arrivano un tantino più in basso, il suo caro ragazzo non riesce più a trattenersi e si inarca contro di lui.

Ormai Loren ha perso ogni controllo. I baci sono famelici, le carezze piene di passione ed è un gemito quello sulle sue labbra nel momento in cui Narciso lo spinge rudemente sul divano e posiziona il corpo sopra il suo.

Poi Narciso lo guarda maliziosamente, strusciandosi contro di lui.

- Sicuro di non aver cambiato idea? In fondo siamo in ritardo, dovremmo essere già sulla strada…

Loren ringhia e gli afferra i riccioli con una mano, portando ferocemente le sue labbra sulle sue. Lo bacia e senza fiato poi risponde:

- Sono tre anni che arriviamo in ritardo al cenone dei tuoi, un Natale in più o uno in meno che differenza fa?

 

 

 

 

Buone feste e buon anno ^.^!!

 

  
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