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Autore: FeatherJoshua    16/06/2013    3 recensioni
[Creepypasta]
Non ci rendiamo mai conto di quanto le cose siano palesi, e quando invece lo facciamo...
ci accorgiamo che forse sarebbe stato meglio assecondarle.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gold, Red
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Déjà-vu.

Il mio nome è Gold, e sono un allenatore di Pokémon.
Ho cominciato la mia avventura qualche anno fa, quando il Prof. Elm mi diede il mio primo pokémon, Cyndaquil, oramai evoluto in Typhlosion. Pian piano, viaggiando in lungo e in largo per tutta Johto, ho collezionato una ad una tutte le otto medaglie della regione, fino ad arrivare addirittura a diventare il nuovo campione. Ho anche esplorato la regione di Kanto, collezionando tutte le sue medaglie. Riuscii anche, scalato il Monte Argento, a sconfiggere quello che era considerato, fino ad allora, il più grande Pokémon Master: Red.
Dopo aver fatto tutto ciò, potete ben capire che non mi rimanevano molti obiettivi; certo, dovevo ancora completare il Pokédex, ma io cercavo azione, e personalmente non mi importava nemmeno molto di catturare quanti più pokémon possibile.
Decisi quindi, nonostante la mia evidente superiorità, di risfidare la Lega Pokémon, e tutto ebbe inizio.

Mentre parlavo con i Superquattro, e persino con il Campione, Lance, uno strano senso di déjà-vù mi assillava: non aveva nulla a che fare con le battaglie: d'altronde non usavo gli stessi pokémon, e il mio stesso modo di combattere era diverso, in quanto l'avventura a Kanto e la scalata sul Monte Argento mi avevano, in qualche modo, temprato. Ma allora cosa poteva essere?
Vinsi con facilità. Alla fine arrivò il Prof. Oak, e Lance mi portò di nuovo nella Sala d'Onore.
Tornai a casa, ma quella strana sensazione non dava segno di volersene andare; più tempo passava, più cercavo di non pensarci, più si faceva intensa.
Non dissi nulla a nessuno, nemmeno a mamma, o al prof. Elm; d'altronde, non avrei nemmeno saputo cosa dire.
Passò una settimana, e finalmente mi decisi a risfidare nuovamente la lega pokémon: dovevo capire che cosa fosse quella sensazione, e non vi era posto migliore per farlo che il luogo da cui tutto era iniziato.
Sconfissi Pino, Koga, Bruno, Karen. Uno dopo l'altro, con facilità, e la sensazione si faceva sempre più forte, quasi tangibile, seppur rimanesse così tremendamente indefinita.
Infine, sconfissi Lance. Ancora una volta, subito dopo la sconfitta del campione, arrivarono Lori e Oak.
E lì, improvvisamente, capii tutto.

Tutti, compresi mamma, non facevano che ripetersi. Dicevano sempre le stesse cosa, ripetendosi all'infinito. E ciò era davvero strano.
Nella mia testa risuonava una sola domanda:
«Perché?»
Volevo spiegazioni. Forse era solo una mia impressione, tramutatasi in paranoia; forse era una cosa normale…
No. Doveva esserci qualcosa sotto.
Ma a chi potevo chiedere, se tutti non facevano che ripetere sempre la solita nenia?
Effettivamente, forse una persona c'era. L'unica persona che non mi aveva mai rivolto la parola. L'unica persona che forse si era segregata proprio perché lo aveva capito da tempo.
Dovevo tornare sul Monte Argento.

Red se ne stava lì, nello stesso luogo in cui lo avevo trovato l'ultima volta, in piedi, troneggiando sulle due regioni dalla vetta di quel monte ostile, come un re nella sua roccaforte.
Mi avvicinai lentamente, mentre lui seguiva i miei passi con gli occhi, brillanti come rubini.
Ero a due passi da lui e, con parole tremolanti, chiesi:
«T-Tutti… dicono s-sempre le stesso cose… s-si ripetono di c-continuo… io… io non capisco...»
Red sorrise.
I suoi occhi, per un istante, si illuminarono di un rosso temente macabro che indietreggiai di un passo, urtando qualcosa di squamoso.
Mi voltai di scatto, e mi ritrovai davanti il Charizard di Red, con gli occhi iniettati di sangue. Feci un passo indietro, mi guardai attorno, e notai che ero letteralmente accerchiato dai pokémon dell'allenatore, tutti con quello sguardo così spaventoso…
Istintivamente presi le mie pokéball, ma non si aprivano.
Di nuovo, rivolsi lo sguardo a Red, che sorrideva malignamente.
Sentii dei passi. I pokémon si stavano avvicinando a me, caricando i loro attacchi più potenti. Ma non c'erano solo loro: lentamente, vidi comparire tutte le persone che avevo incontrato durante l'avventura. La mamma, il prof. Elm, il prof. Oak, Franz, Bill, Lori, tutti i Capipalestra e i Super4, persino le Kimono Girls, accompagnati dai vari allenatori con cui avevo combattuto, e i vari passanti con cui avevo parlato.
Tutti avevano gli stessi occhi iniettati di sangue, ed avanzavano, armati dei loro pokémon, pronti ad attaccarmi.
Feci un passo indietro, e sentì Red parlare, per la prima volta.
Pronunciò solo una parola.
La sua voce era estremamente metallica, come quella di un robot.
Già, un robot. Lo capii solo in quel momento. Ecco perché tutti ripetevano sempre la stessa frase: erano tutti robot, programmati per dire quello e nient'altro. Red era stato il primo, il prototipo, che non avrebbe mai dovuto parlare, a causa della sua voce troppo metallica per un essere umano. E io ero l'unico umano.
O almeno pensavo di esserlo.

«RESET
 

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*Pokémon Versione Oro*
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