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Autore: Jules_    16/06/2013    1 recensioni
Parole: 1831
Post Season 8
"C'era voluto qualche mese e molti litri di benzina per cercare Castiel, ma alla fine ce l'avevano fatta: era stato rintracciato da un cacciatore vicino a Phoenix, Arizona e aveva trovato riparo tra le rovine di un cantiere distrutto, come un cane abbandonato. "
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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"I Don't Want To Be Useless"


 



C'era voluto qualche mese e molti litri di benzina per cercare Castiel, ma alla fine ce l'avevano fatta: era stato rintracciato da un cacciatore vicino a Phoenix, Arizona e aveva trovato riparo tra le rovine di un cantiere distrutto, come un cane abbandonato.
Quando Dean e Sam arrivarono nel piazzale, quel pomeriggio, trovarono tutto deserto. Era così silenzioso lì che avrebbe messo i brividi a chiunque, ma Dean irruppe tra le macerie dell'edificio e chiamò a gran voce.
“Cas” urlò. Nessuna risposta.
“Cas!” gridò più forte, ma nulla. Intanto Sam iniziava a guardarsi attorno mentre Dean provò ancora.
“Castiel!” A quel punto un'ombra si mosse dietro ad un muro.
“Castiel, sei tu?” Dean si avvicinò, mentre finalmente la sagoma avanzava sempre di più verso la luce.
“D-Dean...?”
La voce era quasi impercettibile ma Dean si mosse comunque verso di lui. Era irriconoscibile: il trench era logoro e strappato e a mala pena si reggeva in piedi. Quando poi il viso fu finalmente visibile, parve come se il sole lo accecasse, le guance erano scavate e fango e polvere ricoprivano come una patina la barba incolta e i capelli ormai cresciuti. La cosa che però colpì di più Dean fu quando riuscì ad intravedere i suoi occhi: quegli angelici occhi blu, ora, parevano come ricoperti da un alone biancastro. Sembravano più vuoti, ma rossi per il sonno che non riusciva a prendere facilmente e, da come li rivolgeva a Dean, pareva sentire tutto il dolore del mondo. Lui aveva capito: per Cas la terra era peggio delle torture del Paradiso, delle pene dell'Inferno e dell'odio del Purgatorio.
Mosse dei passi verso l'amico, barcollante, come se facesse uno sforzo immane, e non appena fu a pochi piedi da lui provò ad allungare la mano, ma si lasciò cadere, stremato. Dean fu subito pronto e lo afferrò prima che toccasse il suolo. Abbassò il volto, cercando quello di Castiel, che intanto provava ad alzare un braccio. La sua mano destra si posò su quella di Dean, che stringeva la sua spalla sinistra. A quel leggero contatto Dean sentì qualcosa di diverso in lui, sentì tutta la sua umanità e subito dopo Cas poté percepire su quella pelle stanca le dita dell'altro premere sempre di più. Alzò lentamente il viso e Dean incrociò gli occhi di Castiel, che ora parvero luccicare. Subito dopo una lacrima percorse quelle occhiaie, per poi schiudere le labbra aride.
“Mi-mi dispiace, Dean”.

 

Dean e Sam portarono Castiel all'Impala, dove si distese sui sedili posteriori e si addormentò subito, stanco morto.
Durante il viaggio anche Sam s'addormentò, ma ogni tanto qualche buca o qualche manovra lo facevano svegliare e quello, senza farsi notare, gettava qualche occhiata a Dean. Non pareva affatto tranquillo; alternava il suo sguardo passando da Castiel alla strada e i suoi occhi lucidi si potevano intravedere anche attraverso le tenebre. Era preoccupato per Castiel o si sentiva in colpa? Qualunque cosa fosse non sopportava vedere il fratello così. Tornò a dormire.
 

Dopo il viaggio in auto Castiel si era ripreso e fu in grado di arrivare al bunker da solo. Lì poté finalmente avere un vero pasto – che divorò interamente – lavarsi e mettersi qualcosa di nuovo, indossando momentaneamente una maglietta di Sam e un paio di pantaloni puliti.
“Sembri strano senza il trench” disse Dean che si dondolava su una sedia all'angolo del tavolo, sorridendo.
Cas si fermò con la forchetta a mezz'aria e lo guardò con un'espressione mista tra lo stupore e la ricerca di approvazione. “Strano? In che senso?”
“Bhe, non è normale vederti così... e poi quei vestiti sono davvero grandi!”
Sam osservava la scena dal fondo del tavolo, sbirciando da dietro il computer.
“Oh beh” riprese Castiel alzando le spalle e tornando a mangiare. “Almeno sono comodi. E puliti” e così dicendo sorrise leggermente in direzione di Dean, che ricambiò cercando subito qualcos'altro da guardare.
“Allora Castiel...” intervenne Sam dopo un po', rompendo il silenzio. “Non vuoi raccontarci nulla di quella notte? Di come...”
“No”. Cas lo bloccò. Pur non essendo più un angelo aveva mantenuto, agli occhi dei Winchester, un aspetto autorevole. Non gli fece più alcuna domanda: Sam tornò al suo pc e Dean iniziò a pulire il suo coltello dondolando sulla sedia.

 

Quella sera nessuno aveva voglia di preparare un altro letto, così Dean cedette il proprio a Cas, costringendo se stesso a dormire sul divanetto della camera. Fortunatamente, abituato a dormire su qualsiasi superficie, non ebbe difficoltà e cadde subito nel mondo dei sogni. Per quanto riguarda Cas, ora era sdraiato a faccia in su e fissava il soffitto. Pur essendo umano ormai da più di tre mesi, non riusciva ancora a capire quel processo strano che era il sonno: fino ad allora lui rimaneva sveglio fino a che non si sentiva esausto e sveniva, poi si risvegliava come se gli avessero ricaricato le batterie, pieno di energie. Ed è così che si sentiva ora. Non riusciva a dormire, e aveva deciso di guardarsi attorno. Doveva ammettere che quelle armi appese al soffitto lo facevano rabbrividire. Un'altra cosa che lo incuriosì, però, fu una fotografia. Si alzò per andare a guardarla meglio: era una vecchia foto di Dean, da piccolo, con sua madre. Si ricordava di Mary. Si ricordava di come gli chiese di vegliare su Dean già da quando era in fasce, su quel bambino che pareva così felice e spensierato in quello scatto. Si voltò in direzione del divano: cosa aveva fatto? Gli sembrava come se avesse rotto una promessa fatta. Aveva rovinato tutto. Come poteva vegliare su Dean ora se non era più un angelo? Sul suo viso comparve lentamente un'espressione di tristezza e senso di colpa, quasi involontaria. Voleva veramente poter rimediare. Ma come poteva, ora? E mentre stava ancora pensando si avvicinò al divano dove l'amico era sdraiato, accovacciandosi sulle ginocchia per riuscire a vederlo in viso. Ora notava quanto fosse cambiato quell'uomo dal bambino della foto: era cresciuto, cresciuto nel peggiore dei modi, con la certezza che i mostri erano reali; era come se non fosse mai stato il ragazzino spensierato di quella fotografia. E più ci pensava, più sentiva come qualcosa smuoversi in lui: Castiel, l'angelo del giovedì, ancora inesperto nel gestire le emozioni umane, era spinto da un sentimento irrefrenabile, dall'impulso. Il suo sguardo esaminava la pelle di Dean, quelle lentiggini nascoste, seguiva le rughe che si notavano appena, per poi arrivare alle sue labbra. Era così assorto dalla loro forma così marcata, osservava l'aria entrare ed uscire ed inconsciamente mosse la mano verso di loro, come a volerle toccare. Non appena se ne rese conto, la ritirò: cosa avrebbe pensato se si fosse svegliato? Se lo chiedeva sinceramente, senza paura, non ne aveva la minima idea. Il fatto era che più guardava quel volto e più sentiva il bisogno di avvicinarsi, di fargli sentire che c'era.
Si ricordò della prima volta che lo incontrò. Lui non se ne rese neanche conto, ma Cas era lì a sollevarlo dall'inferno. Si chiese se fosse ancora rimasto qualche segno sulla sua pelle. D'istinto posò leggermente e delicatamente il suo palmo sulla spalla sinistra di Dean. Quello, al contatto quasi impercettibile, fece un leggero movimento e si strinse sempre di più sul fianco, distendendo la fronte dapprima corrucciata. Castiel sorrise e, senza pensarci due volte, diede un bacio leggero sulla sua tempia, come il bacio di una madre che si cura del figlio. Dean non si mosse, come se non avesse sentito nulla. A quel punto Cas non fece in tempo ad alzarsi del tutto che tornò a posare lo sguardo su quelle labbra, ancora insoddisfatto. Si mise all'altezza del suo viso, con il naso che quasi sfiorava quello dell'altro. Poteva sentire il respiro caldo dell'amico sulla sua pelle, mentre lui non osava quasi respirare per paura di svegliarlo. Ma ormai non gli importava: qualcosa dentro di lui gli diceva che era quello che voleva, quindi che male c'era? Chiuse gli occhi e, avvicinandosi, diede un bacio alle labbra di Dean, lasciando che si sfiorassero appena. A quel tocco Dean spalancò gli occhi e guardò esterrefatto davanti a sé, ma non si mosse. La sua prima espressione di rabbia si tramutò presto, abituandosi a quel contatto. Stettero così, con le labbra premute le une contro le altre, per un minuto buono, quando Cas si allontanò. I suoi occhi blu incrociarono quelli del Winchester. Da subito Dean non sapeva cosa dire, perso in quegli occhi che avevano acquistato di nuovo la vita inspiegabilmente.
“...Cas?” disse perplesso quando tornò in sé.
Castiel rispose come se non fosse accaduto nulla, senza nemmeno muoversi e rimanendo a dieci centimetri da lui. “Si, Dean?”
“Che cosa...” ma non andò avanti. Le parole gli morirono in gola, non sapeva che tono usare. Non sapeva cosa pensare, sentiva come qualcosa nello stomaco che non riusciva a comprendere. Non sapeva cosa dire. Guardava il vuoto attraverso le labbra di Castiel e fu solo quando tornò a guardare i suoi occhi che gli venne spontaneo mascherare tutto. Corrucciò le sopracciglia e alzò l'angolo della bocca cercando di assumere un'espressione di disgusto, schiarendosi la voce. “Che cosa stai facendo, amico?”
A quelle parole Cas si sentì inspiegabilmente morire dentro e deglutì, serrando le labbra. Era come se improvvisamente il tono di voce di Dean, quelle parole, facessero sembrare quel suo semplice gesto imbarazzante. La vergogna e la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato riempirono la testa di Castiel, che ritirò la mano e, abbassando gli occhi, fece per alzarsi.
“Scusa...” riuscì solo a sussurrare, non riuscendo a capirne nemmeno il motivo.
Dean si pentì subito di aver usato quel tono.
“Cas” riuscì a mala pena a dire mentre l'altro era quasi arrivato al letto.
Castiel si voltò. “Si, Dean?”
Dean riusciva a mala pena a guardarlo in viso senza sorridere. Si trattenne. Chiuse tutto con un piatto “Buona notte, Cas” e voltandosi dall'altra parte del divano.
“Buona notte, Dean” sussurrò Castiel sdraiandosi sul letto.
Si sentiva così stupido, ora. E perchè mai? Aveva fatto solo quello che voleva e si sentiva in dovere di fare. Quindi perchè quelle parole risuonavano nella sua testa così dure? Provò a chiudere gli occhi cercando di riprendere sonno, ma invano. Avrebbe voluto solo sotterrarsi o farsi perdonare. Ma come? E fu allora che gli venne l'idea.
Fu come svegliarsi senza uscire da un sogno, non capiva bene quello che stava facendo, si alzò dal letto di scatto, senza accorgersi che erano passate delle ore, prese una sedia, la mise vicino al divano di Dean e si sedette lì, a guardarlo. Non voleva essere inutile, voleva vegliare su di lui ancora e ancora, proteggerlo. Rimase così tutta la notte, anche quando senti gli occhi bruciare per il sonno, non si mosse, lui rimase.

La mattina dopo fu così che Dean lo trovò, addormentato sulla sedia. Non disse nulla, aveva capito. E prima di alzarsi, sorrise.






JuliaDream
Ok, questa storia era da un po' nella mia testa e MI DISPIACE perchè non è il massimo ma ok.
Volevo fare qualcosa che mettesse in evidenza Cas e il suo rapporto così innocente con le emozioni umane e di come si sentisse in colpa nei confronti di Dean, di come volesse rimediare ma non riuscivo a metterlo giù bene. Forse non è scritta molto bene, diciamo che sembra più una sceneggiatura. Mi piacerebbe dirigere una scena così, ma sarà impossibile quindi mi limito a provare a scriverci fanfiction. 
Spero che a qualcuno piaccia, ecco. Grazie.
Jules

  
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