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Autore: Laylath    16/06/2013    5 recensioni
Era da quando avevano iniziato a lavorare insieme che due sabati al mese si concedevano quelle sfide.
Perché si può parlare con gli sguardi, con i fiori, con le lettere, ma poche e scelte persone hanno il loro linguaggio più intimo tra l’odore di polvere da sparo del poligono di tiro.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Havoc, Riza Hawkeye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Il poligono di tiro era vuoto, come sempre durante quell’ora del sabato pomeriggio.
Tutti i soldati fuggivano a godersi le ore di libertà del finesettimana, lasciando quel posto così pregno di polvere da sparo e così stranamente silenzioso senza il rimbombare degli spari. L’atmosfera era così calma, si potevano sentire i respiri, il rumore degli stivali sul pavimento di cemento, il minimo movimento della mano sulla pistola.
La pistola: per ogni soldato era uno strumento indispensabile per svolgere il proprio mestiere. Tutti erano stati costretti a venirci a patti una volta nella vita e tutti avevano sparato in quel poligono, cercando di colpire quel bersaglio dalla forma umana che sembrava così distante.
Per la maggior parte dei soldati erano esercizi necessari, per non perdere la mano, la mira, l’abitudine. Per altri era un modo di scaricare l’adrenalina, la tensione, ma già questi erano molto di meno.
E poi c’era quella sceltissima elite: quelli per cui la pistola era uno stile di vita ed ogni proiettile sparato era veicolo di milioni di emozioni e frammenti di anima. Non per narcisismo, per compiacimento, esibizionismo: semplicemente perché alcune persone riuscivano ad esprimere la parte più profonda di loro stessi in quel modo.
Forse perché la pistola non ti fa domande, non ti giudica: chiede solo di essere maneggiata con cura. Trovare l’affiatamento con lei significa colpire quel bersaglio alla perfezione, millimetro dopo millimetro, sempre più vicino al centro.
Sfiorare quel grilletto, sentire quanto e quando premere, quando il tuo occhio sa che la canna è puntata al posto giusto. Trovare quell’attimo di perfezione, quel battito di cuore dove puoi realizzare il colpo perfetto.
E poi assaporare il colpo, sentire il rinculo che vibra nel tuo corpo come un amante troppo irruento ma a cui tu ormai sei abituato e sai come prenderlo, e ti piace. Ed il risultato di quella perfezione è davanti a te, in quel foro, in quel punto vitale del bersaglio.
Durante il tuo lavoro sei stato costretto a sparare a persone e non bersagli. Lì non provi le belle sensazioni che ti avvolgono al poligono di tiro: provi solo senso del dovere, dispiacere… soprattutto all’inizio. Con l’esperienza impari anche a ferire senza uccidere, a meno che non sia strettamente necessario. Una sorta di patto per trovare maggior pace con se stessi, anche se sai benissimo che non funziona sempre così.
 
“Direi che è un pareggio netto, tenente. - annuì compiaciuto Havoc osservando con attenzione i bersagli – Dieci centri per me e dieci per te. Ma siccome sono gentiluomo ti concedo la vittoria”
Riza si levò le protezioni dalle orecchie e dagli occhi, sorridendo di rimando al suo collega
“Non c’è bisogno di tanta cavalleria, sottotenente. Apprezzo il gesto, ma il pareggio è un risultato che mi soddisfa pienamente”
“Come preferisce, signora”
Iniziarono entrambi a riporre via le loro pistole. I loro gesti erano metodici e precisi, ma non per questo privi di quello che si poteva definire affetto nei confronti di quel concentrato di metallo freddo.
Un’amante di cui conoscevano qualsiasi curva, qualsiasi rientranza e che aveva appena concesso un grandioso risultato.
Riza alzò lo sguardo su di Havoc e gli occhi azzurri di lui le sorrisero gentilmente.
Era da quando avevano iniziato a lavorare insieme che due sabati al mese si concedevano quelle sfide al poligono di tiro. Riza non si ricordava nemmeno come era iniziata, forse era stato Havoc a volersi confrontare la prima volta: del resto loro erano i cecchini più bravi del Quartier Generale dell’Est.
Sta di fatto che ormai da anni si svolgeva quello che era un rito: senza nemmeno bisogno di chiedere conferme, o darsi appuntamenti: loro alle sei del pomeriggio dei sabati dispari erano là, da soli, come se tutti gli altri sapessero che quel palcoscenico in quel momento era solo per i migliori, uno accanto all’altra.
Uno sguardo rapido, un annuire impercettibile ed iniziava la loro sfida: dieci round da dieci colpi ciascuno.
E quasi sempre pareggi.
Se vinceva uno voleva dire che l’altro aveva qualche problema. Quel risultato mancato parlava più di mille parole.
Avevano imparato anche a riconoscere quei minuscoli segni di nervosismo: Riza muoveva leggermente il polpastrello sul grilletto, oppure inclinava di pochi millimetri il collo a sinistra. Jean tendeva a tenere il braccio sinistro più teso del destro, privando l’equilibrio della perfezione giusta, oppure cercava una presa troppo forte sul calcio della pistola.
Una ragazza con cui era andata male, il colonnello eccessivamente fuori controllo, qualche litigio con i colleghi, preoccupazioni per qualcosa. Le motivazioni potevano essere le più svariate.
Ma nessuno di loro due ne parlava mai, non era necessario.
“Oggi serata fiacca, eh tenente?”
“Quel bersaglio oggi non ne voleva sapere, vero sottotenente?”
Solo frasi simili, dette con un mezzo sorriso carico di comprensione e conforto. Nessun abbraccio, nessun gesto carino: non ne avevano bisogno. Bastava aver scaricato la tensione, consapevoli che accanto c’era una persona che parla lo stesso linguaggio, che ha il medesimo amante.
Perché Jean Havoc e Riza Hawkeye erano cecchini; ed erano anche le persone su cui il colonnello faceva maggior affidamento, seppur in maniera differente. E dunque avevano bisogno l’uno dell’altra.
E due volte al mese, il sabato pomeriggio, queste due anime affini si concedevano quei momenti di estrema intimità.
Perché si può parlare con gli sguardi, con i fiori, con le lettere, ma poche e scelte persone hanno il loro linguaggio più intimo tra l’odore di polvere da sparo del poligono di tiro.
  
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