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Autore: _Zexion_    16/06/2013    1 recensioni
In un certo senso, Kise capiva che l’orgoglio di Daiki gli impediva di sfidarlo senza mettere tutto sé stesso nella partita e quindi, ora che aveva superato la propria soglia, lasciare un enorme distacco tra di loro.
Capiva anche che era per non offenderlo in qualche modo, o almeno lo interpretava in quella maniera.
Ma mentre pensava sorridendo che sì, doveva essere sicuramente così, era il suo di orgoglio ad essere ferito. Perché in qualsiasi modo la vedesse, per quanto impegno ci mettesse, non importava.
Ad Aomine non sarebbe mai bastato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: It’s not over yet.
Fandom: Kuroko no Basket
Rating: Verde
Avvertimenti:  One -shot
Note:  Non sono nemmeno propriamente sicura di sapere cosa sia, questa cosa. Volevo provare a scrivere, visto il mio blocco perenne che mi fa schifare ogni riga ed è… beh, uscito ciò. Ho riletto, quindi spero non mi siano sfuggiti errori.
Spero davvero di non averli fatti OOC- Nel caso, ditemelo che cambierò gli avvertimenti ;w;
Spero che vi piaccia.
AoKise appena accennata ma presente, avrò scritto tipo un preludio? Chissà. Vi lascio leggere e a voi il giudizio~

It's not over yet.

 
 
Orgoglio:

Che Aomine fosse una persona orgogliosa, Kise lo aveva sempre saputo. Lo aveva capito quando dopo una sconfitta, più precisamente quella che riguardava il suo staccarsi dagli altri a causa del suo talento, lo aveva comunque spinto a guardare con la testa alta davanti a sé.
Nonostante sentisse le persone chiamarlo mostro, offendendolo e continuando ad accentuare quel perenne brusio attorno a lui. Vedeva il suo orgoglio celato sotto il blu della tempesta dei suoi occhi persi dietro qualcosa che amava e che sapeva non sarebbe mai più stato come prima.
Ogni volta che lo guardava, Kise si rendeva conto che lo stava perdendo, allontanandosi da loro e da lui.
Per quanto ci provasse, per quante volte glielo chiedesse, Daiki non lo accontentava mai, restando da parte, saltando gli allenamenti e di conseguenza le sfide che appartenevano solamente a loro.
In un certo senso, Kise capiva che l’orgoglio di Daiki gli impediva di sfidarlo senza mettere tutto sé stesso nella partita e quindi, ora che aveva superato la propria soglia, lasciare un enorme distacco tra di loro.
Capiva anche che era per non offenderlo in qualche modo, o almeno lo interpretava in quella maniera.
Ma mentre pensava sorridendo che sì, doveva essere sicuramente così, era il suo di orgoglio ad essere ferito. Perché in qualsiasi modo la vedesse, per quanto impegno ci mettesse, non importava.
Ad Aomine non sarebbe mai bastato.

Perdono:

La frenesia di ritrovarsi dopo tanto sullo stesso campo di Aomine, come avversari, era palpabile attraverso l’aura che lo circondava, tramite i brividi sulla pelle.
La luce negli occhi, il sudore della pelle. Sentiva che tutto quello, mentre i respiri affannosi si mescolavano solo al primo tempo senza possibilità di prendersela comoda, era una rivincita. Voleva riuscire a sorprenderlo, a fargli capire che era sempre stato un valido avversario.
Il tempo perso ad affinare la propria abilità, a crescere, Kise sapeva che gli sarebbe tornata utile. Non perché l’altro era un mostro, ma perché era un campione inarrestabile.
Lo aveva sempre visto in quel modo e proprio in mezzo a tutto quello, lo aveva capito.
Aomine aveva avuto ragione a non presentarsi, quei giorni alle medie, lasciandolo da solo in palestra ad aspettare, senza che se ne rendesse conto.
Ci sarebbe sempre stato un distacco tra di loro e non a causa delle loro abilità, non solo almeno.
« Ho capito. »
C’era qualcos altro che contava ancora di più, un motivo che gli avrebbe dato una chance di vittoria.
« Smetto di ammirarti. »
Aveva sempre odiato, seppur in piccola parte, quello che Aomine gli aveva fatto provare “rifiutandolo”. Ma ora aveva capito, seppur scomodo dentro, che vi era un motivo, se non era mai riuscito a dare il 100% contro di lui.
Non potevi battere qualcuno che ammiravi, se prima non lo lasciavi andare.

Coraggio:

Una cosa certa, in tutti gli sport così come nella vita reale, era che dopo una sonora sconfitta dopo aver dato il meglio di te, per incontrare la persona che ti aveva battuto, richiedeva molto coraggio.
Certamente, non credeva che Aomine fosse indifferente a quel loro incontro, ma comunque per l’altro era qualcosa che non aveva dichiarato una sconfitta. Aveva vinto, come sempre, anche se nonostante tutto poi aveva notato quello sguardo verso di lui, quel pugno stretto.
Kise sentiva tuttavia, che poteva riprovarci in quel momento. Ricominciare, ripartire da dove erano rimasti, perché non si può cancellare qualcosa se oramai è accaduta.
Quando lo vide arrivare, dunque, indossò il suo miglior sorriso agitando una mano.
« Aominecchi! Da questa parte! »
Lo vide sollevare lo sguardo ed istintivamente corse verso di lui, fermandoglisi davanti e, seppur con un po’ di imbarazzo, salutarlo di nuovo, pronto a quel pomeriggio assieme ed ad ogni eventualità si presentasse.
« Oi, Kise. »
« Uh? »
« Non so cosa tu abbia fatto, prima di venire qui. » Lo sentì dire, prima di allungare una mano verso il proprio viso, toccandosi la guancia in un punto, sorridendo poco dopo.
« Ma qualcuno dovrebbe dirtelo. Hai della panna. » Esclamò, picchiettando il dito su quel punto. « Proprio qui. »
E prese a camminare, andando avanti.
Kise arrossì di consapevolezza poco dopo, dandosi dello stupido e pulendosi la guancia, seguendolo direttamente e lamentandosi.
Gli ci era voluto davvero molto coraggio, per invitarlo. E Aomine sembrava comportarsi come al solito.

Vendetta:

A suo discapito, Kise scoprì che Aomine crescendo era diventato decisamente molto più dispettoso del solito e certamente senza troppi peli sulla lingua. Certo, non che si aspettasse qualcosa di diverso dalla sua presenza, ma comunque certe battute lo avevano messo a dura prova pur essendo un ragazzo.
Il culmine probabilmente era stato nel momento in cui,  pensando di riuscire a fargli uno scherzo come si doveva – di quelli infantili degni di un bambino delle elementari – gli aveva detto, vedendolo uscire dal bagno, che aveva la cerniera dei pantaloni aperta, alludendo a cose decisamente… personali.
Per tutta risposta, ed avrebbe dovuto saperlo visto che gli chiedeva sempre per messaggio di fargli fare l’autografo di una modella molto… svestita, Aomine gli aveva sorriso sornione alludendo a cose ben peggiori delle sue, da fare insieme.
Seppur lo avesse detto scherzando, Kise si rese conto che, contrariamente a tutto quanto, la sua reazione avrebbe potuto essere più mascolina, se non avesse boccheggiato incapace di rispondere prontamente.
Benché la brutta figura, tuttavia, aveva passato un intero pomeriggio cercando il momento adatto per la vendetta perfetta, provando di tutto e di più e rimanendo fregato ogni volta.
Alla fine sulla via del ritorno verso casa aveva sospirato, attirando l’attenzione altrui.
« Ti sei così annoiato? »
« Uh? No… è che… » Ci aveva messo un po’,  a decidere, ma alla fine aveva confessato tutto. Partendo dal suo tentativo di vendetta, sino a tornare indietro alla partita, alle medie. Aveva raccontato più del necessario, sfogandosi e sentendosi in colpa, ma senza fermarsi un attimo, pensando che forse poteva risultare imbarazzante alla vista dei passanti. « Aominecchi, sostanzialmente, dovresti prenderti le tue responsabilità! » Aveva dunque esordito, in mezzo al discorso. I pugni stretti e lo sguardo fisso, sebbene il solito tono che solo lui poteva fare.
« Ok. » E, se si fosse reso conto di ciò che aveva detto, forse avrebbe capito prima la risposta di Aomine.
« … Eh? »
Quest’ultimo aveva ripreso a camminare, mani in tasca e passo tranquillo, senza rispondere. Di rimando, Kise lo aveva seguito.
« Oi! Aominecchi! Cosa intendevi prima!? »
Forse non aveva ottenuto la propria vendetta quel giorno, Kise. Ma probabilmente era riuscito ad avere qualcosa di più.
Anche se, a dire la verità, non era sicuro che il modo di prendersi cura di lui di Aomine avrebbe potuto piacergli. Ma certamente avrebbero potuto lavorarci.
  
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