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Autore: LimoneMenta    17/06/2013    2 recensioni
Mariacarla, Arianna, Simone e Alberto sono quattro amici che frequentano il liceo classico a Torino. Alberto sembra un ragazzo svogliato, indifferente. Invece ha una passione, il Museo egizio, in particolare la statua di una principessa. La statua però non è destinata a restare così per sempre.
Un grazie in anticipo a chi recensirà!!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Allora, non vi avevo detto che sarebbe stato emozionante?!»                                           
A dirla tutta le uniche emozionate sembravano essere solo l’insegnante e la guida.   Il gruppo di studenti non la pensava esattamente come lei: ormai il Museo Egizio non suscitava più l’interesse di una volta. La maggior parte di visitatori era composta da turisti, attirati li perché il Museo Egizio di Torino era il più grande al mondo dopo quello del Cairo.                                                                                                     Ma ai nostri studenti non interessava granché. Chi guardava il cellulare, chi mangiava di nascosto e chi fingeva di fare domande solo per mostrare che era attento, nella speranza di ricevere un buon voto per alzare un po’ la media disastrosa che si ritrovava in Storia.
In fondo al gruppo c’era un ragazzo con le cuffiette dell’MP3 nelle orecchie che pareva distratto e si guardava intorno svogliato, come il resto della classe. In realtà le cuffie erano spente: stava ascoltando tutto attentamente e lanciava occhiate di soppiatto alla guida intenta a spiegare.                                                                       
  Stava parlando di una statua: rappresentava una principessa, morta all’età di sedici anni. Alberto rabbrividì: anche lui aveva sedici anni, frequentava la seconda superiore. Vicino alla statua c’era piedistallo su cui era scritta una breve didascalia.
 
 "Questa è la statya di Akiri, Principessa egizia della 4° dinastia del 1° Regno. Si narra che la principessa fosse stata scelta dal dio Anubi come sua sposa, ma che ella avesse rifiutato. Il dio adirato, avrebbe tentato di scagliare una maledizione sulla fanciulla, ma il padre Tutankensethamun, l'avrebbe trasformata in una statua, donandole la vita eterna.
 
“La vita eterna”. Cavolo, era un bel po’ di tempo. Alberto conosceva bene quella statua: quasi ogni giorno, andava al museo e si sedeva davanti alla principessa. Ormai aveva fatto amicizia con il custode Roberto (detto Bob) che lo lasciava girovagare anche dopo l’orario di chiusura pur di avere un po’ di compagnia.                                             
 Era quello il momento che Alberto preferiva per rappresentare ogni oggetto del museo sul suo blocco da disegno. La statua di Akiri, però, aveva un blocco tutto suo. Non era una statua come le altre, aveva qualcosa di diverso, anche se non sapeva spiegarsi cosa. Quando la osservava, gli sembra sempre che il suo sguardo lo seguisse in ogni suo movimento. La guardò fisso e ne esaminò ogni dettaglio: indossava una tunica bianca molto scollata e lunga fino alle caviglie, a collo portava una larga collana d’oro e pietre preziose, ai polsi tantissimi braccialetti. Aveva i capelli lunghi e castani, gli occhi verdi. La guida disse che le donne venivano rappresentate con la carnagione chiara mentre gli uomini avevano la pelle più scura. In realtà avevano tutti la pelle olivastra. La professoressa fece segno di proseguire e Alberto si allontanò con il suo gruppo, mentre lo sguardo della principessa Akiri lo accompagnava silenziosamente.
 
Era sabato e Alberto trascorse quel weekend come tutti gli altri: solo lui e Akiri, che ancora una volta era diventata il soggetto dei suoi schizzi. Quella volta il ritratto di Akiri era frontale e Alberto ne aveva appena terminato il volto. Dall’ingresso giunse la voce di Bob, il guardiano, e di alcuni ragazzi che volevano entrare nel salone.                                                                                                                   « Non potete entrare, questo weekend il Museo è chiuso per lavori, vado a prenderla io la tua sciarpa».                                                                                                  
Una voce che Alberto conosceva molto bene, ribatté :« Primo: quello è un foulard. Secondo: è di seta, ha la minima idea di quello che vale?»                                              
La voce si fece più vicina, e Alberto capì che si trattava di Mariacarla, una sua compagna di classe. Tentò inutilmente di nascondersi, ma la ragazza arrivò, e non era da sola: con lei c’erano anche Simone e Arianna!                                                
 «Alby! Che fai qui?»                                                                                                           
Alberto balbettò un po’ mentre trovava una scusa accettabile per la sua presenza lì. «Bè, ecco…il custode, Roberto, è un mio amico e sono venuto a salutarlo. Piuttosto, che ci fate voi qui?!».                                                                                              
Nel frattempo erano arrivati anche Simo e Ari, che lo guardavano incuriositi. Mariacarla riportò l’attenzione su di lei: «Abbiamo dimenticato qui il mio foulard e siamo tornati a riprenderlo. Sai quanto costa un foulard di seta?!»                               
 Alberto sentì comunque Arianna bisbigliare che il foulard l’aveva dimenticato solo lei; ma Mariacarla non se ne accorse.                                                                                         
«Ad ogni modo, tu cosa ci fai qui? È sabato!» intervenne Simone.                                  
Alberto impallidì e cominciò a balbettare, ma Arianna prese incuriosita il blocco. Lui provò a fermarla più in fretta che poté, ma era troppo tardi.                                       
«No! Quello no! Lascialo stare!»                                                                          
Mariacarla guardò prima lui poi il blocco avidamente, lo strappò dalle mani dell’amica e cominciò a sfogliarlo.                                                                                     
«Ma sono disegni di una ragazza! Ah! Chi è questa?»                                                      
Simone e Arianna si allungarono a sbirciare. Alberto sperò con tutto sé stesso che non la riconoscessero, pur avendo la statua dietro le spalle.                                           
  «Ma io la conosco! È la statua che abbiamo visto ieri. Questa!»                                      
Ecco, speranza finita in fumo. Simone si voltò a indicare la statua.                                  
Arianna continuò a sfogliare il blocco: «Perché la disegni così tante tante volte?»             
Alberto sospirò e si riprese il blocco. «Passo qui tutti i pomeriggi a disegnare gli oggetti del museo. Poi, un giorno ho visto questa statua e da allora la disegno tutti i giorni. È una fissazione.» Lanciò il blocco sulla panca.                                                                                        
 «Bé - disse Simone ridendo e facendosi avanti – vorrà dire che per fartela passare, questo ce lo prendiamo noi!» e detto ciò prese il blocco in mano. Alberto, nel tentativo di trattenerlo, si protese verso il taccuino ma Simone glielo sfilò dalle mani, così tagliò un dito con la carta e inciampò. Si appoggiò alla statua per non cadere, ma le sporcò di sangue una spalla. Restarono tutti con il fiato sospeso: credevano ci fosse un allarme o qualcosa di simile. Sicuramente se si fosse attivato ad Alberto non sarebbe più stato concesso di frequentare il museo anche fuori dall’orario d’apertura.                                                                                            
Non accadde niente. Assolutamente niente.                                                                   
«Fiiuuu, ci è andata bene!»                                                                                                    
«Già, pensa se ci fosse stato un antifurto…»                                                                    
 «Sì, ma perché non c’è? Insomma, se questa statua è qui vuol dire che è preziosa, no?»                                                                                                                           
 Alberto non stava neppure ascoltando. Tirò un sospiro di sollievo. Forse troppo presto.                                                                                                                               
  «Ehi, guardate!»                                                                                                                 
«Cosa?»                                                                                                                            
 «Quello!»                                                                                                                          
  «Oh cavolo!»                                                                                                             
 Alberto si voltò di scatto verso la statua. «Cosa…? Oh mio…»                                          
Quando Alberto si era appoggiato alla statua, aveva sporcato con le dita insanguinate un disegno sulla spalla, forse un tatuaggio.  Ora il sangue non c’era più e il disegno aveva cominciato a brillare.                                                                      
«Ma che diavolo succede?»                                                                                               
«Taci! Vuoi che ci sentano tutti? Parla più piano!»                                                             
«Ragazzi non per interrompervi – sussurrò Arianna – ma credo che ci sia un problema. Guardate le sue dita.» Alberto non credeva ai suoi occhi: lentamente, al posto dell’argilla, la statua si stava ricoprendo letteralmente di pelle umana! Non solo: anche gli abiti, prima solo dipinti erano diventati di vera stoffa, così come i gioielli di pietre preziose.                                                                                                      Era diventata una persona in carne ed ossa. Anche se non aveva ancora capito cosa stava succedendo, Alberto trovò che Akiri non fosse mai stata più bella.
  
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