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Autore: OneWingedAngel    01/01/2008    2 recensioni
Per cosa è stato veramente edificato il Castello dell'Oblio dall'Organizzaione XIII? Grazie al potere di Naminè e del Castello è possibile recuperare i ricordi perduti della vita passata dei Nessuno. Rivedremo Xemnas Zexion e Vexen quando ancora erano chiamati Xehanort Ienzo ed Even e non erano altri che i tre assistenti più geniali di Ansem il saggio.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vexen, Xemnas, Zexyon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Pologo

KH: BOOK OF MEMORY

 

Prologo.

 

La figura incappucciata  si fermò davanti al portone gigantesco del castello dell’ oblio.

“Aprite, sono io” disse una voce profonda e autoritaria da sotto il cappuccio. Non aveva urlato. Non ce n’era bisogno.

Le porte bianche si spalancarono a comando pochi istanti dopo l’ordine dell’incappucciato.

L’uomo entrò senza esitazione nella bizzarra costruzione, fermandosi giusto un istante per ammirarla nella sua interezza.

Era davvero una strana costruzione, sembrava sfidare le leggi della fisica.

Beh, dopotutto grazie a quella costruzione avrebbero sfidato ben più che qualche semplice legge, pensò l’uomo entrando a passo deciso.

Una volta entrato nel grande salone bianco dell’entrata si tolse il cappuccio facendo fluire dei lunghi capelli argentei.

Davanti a lui due figure comparvero dal nulla attraverso un varco immerso nell’ oscurità.

L’uomo non si scompose. Non era affatto sorpreso da quello che vedeva.

Si limitava ad osservare con discreta curiosità l’interno immacolato e impersonale dell’edificio.

Dai colonnati e dai muri tutti uguali e asettici non trapelava nessuna emozione.

Era coerente , dopotutto, con la mente che l’ aveva creato: un edificio senza un cuore, come senza un cuore erano le tre figure ammantate di nero che si erano date appuntamento nel salone d’ingresso.

 

I due nuovi arrivati si inchinarono con riverenza all’uomo dai lunghi capelli bianchi.

“Benvenuto Xemnas, nostro superiore.” Disse Zexion togliendosi anch’egli il cappuccio.

“Benvenuto.” Recitò  la voce fredda e nasale di Vexen.

Xemnas con un cenno della mano autorizzò i suoi sottoposti ad alzarsi.

“Allora, è tutto pronto?” domandò.

“Certo, come avevate richiesto.” Rispose Vexen mellifluo.

“Bene, portatemi dalla bambina.”

I due annuirono col capo e cominciarono a fare strada. Portarono il loro leader sempre più in alto nella costruzione attraverso interminabili piani tutti uguali fra di loro, tutti senz’anima, senza cuore.

 

Quando arrivarono a destinazione Xemnas potè  notare che la camera della bambina era uguale a tutte le altre, di un bianco immacolato e innaturale. L’unica cosa che la distingueva dalle altre erano alcuni disegni infantili appesi alle pareti come dei quadri, e un gabbia d’oro appoggiata su un tavolino che conteneva una bambola a forma di bambina.

“Naminè – chiamò Zexion pacato – vieni qui, da brava.”

La bambina, che fino ad un momento prima stava china sul suo blocco a disegnare,alzò lo sguardo che incrociò quello di Xemnas.

Gli occhi azzurri, i capelli biondi e un vestitino bianco e senz’anima come tutto attorno a lei.

Sarebbe proprio una scena triste, pensò il superiore, se solo potesse provare tristezza.

Ma comunque non doveva preoccuparsi, quella bambina sembrava soltanto triste, ma neanche lei poteva esserlo.

I Nessuno non possono provare sentimenti, si possono comportare come se ne fossero in grado, ma la loro non può che essere soltanto una mera imitazione di ciò che è un cuore.

I quattro viaggiarono fino nei meandri del castello. I sotterranei al contrario dei piano sopraelevati erano avvolti dalle tenebre ma altrettanto inespressivi.

Arrivarono ad una grande sala circolare con un tavolo piccolo e rotondo al centro.

“Appoggia le tue mani qui” ordinò Zexion a Naminè indicandole uno spazio livellato sul tavolo.

La bambina obbedì spaventata.

“Bene, ora procediamo.” E così dicendo il burattinaio mascherato estrasse il suo libro delle illusioni e lo collocò sul tavolo davanti a Naminè.

“Signori…” invitò gli altri ad avvicinarsi e ad unire le mani su quello strano dispositivo, come durante una seduta spiritica.

“Cosa dovrei fare io?” chiese incerta la bambina.

“Oh è semplicissimo, cara mia” disse Vexen “Vedi l’intero castello è stato progettato e realizzato aspettando unicamente questo momento. Tutta la struttura del castello infatti è un gigantesco meccanismo col solo scopo di amplificare i tuoi poteri.”

“I miei poteri?”

“Certo, tu sei la strega dei ricordi. Ora grazie a te noi potremmo rivivere i ricordi di quando ancora eravamo esseri completi, e proiettarli sotto forma di ologramma grazie al libro delle illusioni di Zexion!” concluse felice lo scienziato, ma la bambina sembrava ancora dubbiosa.

“Ma io posso far rivivere solo i ricordi di un cuore, e voi, come me, non ne avete più uno.”

“CREDI CHE NON LO SAPPIA!? Piccola insolente il mio piano….” Sbottò adirato Vexen, ma la sua sfuriata fu fermata da un gesto di stizza di Xemnas.

“Abbi fiducia – disse il Superiore – Questa stanza speciale in cuoi ci troviamo è il fulcro della struttura, e facendo confluire qui tutto il potere del castello dell’ Oblio, potremo riuscire a evocare i ricordi residui dentro di noi, anche se siamo Nessuno. Tu però non pensarci, appoggia le mani all’apparecchio, e cerca di fare quello che fai sempre, con la massima concentrazione, al resto penserà il castello stesso.”

Naminè riuscì a calmarsi e annui verso il capo dell’organizzazione.

“Va bene” Appoggiò le mani sull’apparecchio, chiuse gli occhi, e si concentrò.

Fu più facile di quanto pensasse. Sentì semplicemente le memorie dei tre nessuno invaderla completamente, inondarla, annichilirla. La forza e la prepotenza con cui i ricordi spingevano per uscire dalla cavità vuota che quei tre avevano al posto del cuore fu così grande che la bambina si spaventò, temendo di esserne distrutta.

Ma quando pensava di non farcela la stanza si illuminò, gli ingranaggi cominciarono a muoversi e a far confluire la forza del castello in quell’unico punto.

“Ecco – disse Xemnas – finalmente, le tre menti più geniali che abbiamo mai servito sotto Ansem il saggio torneranno alla luce.”

Le pagine del libro delle illusioni cominciarono a riempirsi piano piano, e al principio di tutto apparvero tre nomi.

“Xemnas, Vexen, Zexion” lesse quest’ultimo, ma poi cambiarono “Xehanort, Even, Ienzo.” Lesse.

E la luce li inghiottì tutti e quattro.
  
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