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Autore: allison742    17/06/2013    4 recensioni
- KATE KATE KATE!
- Tutto bene Castle?
- No, assolutamente no! Devi venire qui, presto!
- Calmati! Che succede?
- Corri! C’è qualcuno che cerca di entrare in casa! Muoviti! Non riesco a vedere niente!
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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An endless journey

 
- Abbiamo un caso! – annunciò Kate, appoggiando un fascicolo sulla scrivania di Esposito.
I due colleghi si voltarono, felici di aver interrotto quell’infinita noia che abbracciava agosto.
- Fantastico! Ti prego, dimmi che c’è un morto! – esclamò Ryan, slittando con la sedia fino a loro.
- Vado io in obitorio! – si intromise Espo, strappando i fogli dalle mani del collega.
- Se vi vedesse qualcuno vi spedirebbe in un manicomio! – disse la Gates passando nel corridoio, per poi chiudersi nel suo ufficio.
Kate, dopo un’occhiata d’intesa con la sua squadra, scoppiò a ridere.
- Ci vorrebbe Castle adesso!
- A proposito, come sta?
- Meglio… cioè, è ancora nel letto sotto venti strati di coperte, ma per il resto bene.
- Certo che solo a lui poteva venire la febbre in piena estate! – esclamò Ryan.
Improvvisamente il telefono squillò. Era di Kate.
Esposito lo prese e, nel porgerglielo, vide la bella faccia di Rick in primo piano:
- Come si dice? Dulcis in fabula…
- Ma non era Lupus in fabula? – chiese Ryan.
- E allora in quale era Dulcis?
- Ma per favore!  - esclamò Kate, rispondendo.
- KATE KATE KATE!
- Tutto bene Castle?
- No, assolutamente no! Devi venire qui, presto!
- Calmati! Che succede?
- Corri! C’è qualcuno che cerca di entrare in casa! Muoviti! Non riesco a vedere niente!
- Accendi la luce? – azzardò lei.
- Non posso! L’interruttore è troppo lontano dal letto! Ti prego, devi venire subito!
- Ok, ok. Arrivo, ma tu cerca di stare calmo, d’accordo?
- Grazie. – disse, interrompendo la chiamata.
- Scusate ragazzi, devo andare da Castle, pare che qualcuno stia cercando di entrare in casa.
- Ti serve una mano?
- No, vedrete che sarà un’altra delle sue immaginarie fantasie dettate dalla noia. Ci metterò un attimo, voi cominciate pure con il caso. Ci vediamo dopo!
Si alzò, afferrando le chiavi della macchina.
Prese l’ascensore fino a piano terra e, nell’uscire in fretta, le caddero nella grata.
- Maledizione!  - imprecò, abbassandosi per cercare di riprenderle.
Infilò due dita nella fessura, ma, per quanto sottili, non arrivarono all’anello che teneva unite le chiavi.
Cercò di alzare la grata, ma senza risultato; sembrava saldata. In compenso si ruppe un’unghia.
Sbuffò, spostandosi i capelli appiccicati al viso. Si alzò, andando in cerca del portiere, il quale arrivò con un piede di porco. Niente da fare, il ferro sembrava non voler cedere.
- Non ha un doppione? – propose Cyrus, il portinaio.
- Giusto!  - rispose illuminandosi – Grazie grazie grazie!
Premette di nuovo il pulsante di chiamata, per tornare verso il suo armadietto. Aspettò circa cinque minuti, battendo il piede ritmicamente per l’impazienza.
- Guardi che si è bloccato, Detective! – esclamò un ragazzo, passandole accanto.
Avrebbe voluto urlare. Maledisse il caldo afoso e si diresse verso il vano scale.
Dopo un numero indefinito di gradini – ma sempre troppo alto – arrivò al piano della Omicidi scrollandosi di dosso il sudore.
- Già qui? – chiese Esposito.
- Non dite niente. Non. Una. Parola. – li ammonì, alzando il dito.
Prese il doppione delle chiavi e riscese le scale sotto gli occhi esterrefatti dei detective, cercando di contenere il fiatone.
Salutò con un cenno Cyrus e corse nel parcheggio. Girò le chiavi nella serratura. Le sembrò di entrare in una sauna, nel bel mezzo del deserto all’ora di pranzo.
Le venne un capogiro a causa dello sbalzo termico; l’aria era irrespirabile nell’abitacolo.
Spartì sfrecciando, con i finestrini abbassati.
E fu proprio mentre i capelli le danzavano davanti al volto, che vide due bambini fermi sul marciapiede: dovevano attraversare.
Mossa da compassione frenò delicatamente, lasciandogli le strisce libere. Questi le sorrisero, salutandola, ma mentre erano a metà del loro percorso al bimbo più piccolo cadde il cartone della spesa che aveva in mano. In un secondo la strada si coprì di arance.
Kate si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi e riaprendoli sperando che non fosse vero.
Purtroppo l’asfalto grigio era ancora punteggiato da sfere rosse che rotolavano. Era impossibile passare.
Scese dall’auto e diede una mano ai bimbi a raccoglierle, sentendo in sottofondo il suono di una miriade di clacson.
Li mandò mentalmente a quel paese; avrebbe voluto con tutto il cuore che ci fossero stati loro al posto di quei due bambini.
- Grazie mille, è stata davvero gentile. – ringraziarono, regalandole un sorriso.
Kate li salutò e ripartì, diretta a casa Castle.
Semaforo rosso.
Sbatté le mani sul volante… neanche fosse venerdì 17!
Proseguì al verde, cercando di fare più sorpassi possibile per non perdere altro tempo.
Al bivio decise di prendere la strada più breve e meno trafficata per arrivare al loft. Ad oggi si sta ancora chiedendo perché mai prese quella scelta.
Si imbatté in un incidente in piena regola: un frontale, due ambulanze, tre auto dei carabinieri, entrambe le corsie bloccate.
Sbirciò nello specchietto per vedere se era ancora in tempo a fare la retro; troppo tardi, era seguita già da tre macchine.
Le veniva solo da piangere. Appoggiò la testa sul volante, cercando di mantenere la calma e di non pensare al caldo.
Dopo venti minuti riuscì a sfilarsi da quel disastro, e arrivò al loft.
Parcheggiò, e in un attimo fu davanti al portone: chiuso.
Appoggiò le mani ai vetri bollenti per scorgere il portiere, niente.
Bussò più volte, ma non ottenne risposta. Poi si ricordò di avere una copia delle chiavi nel vano porta oggetti. Lo afferrò ed entro, respirando l’aria fresca dei condizionatori. Fece di corsa le scale, per paura di rimanere bloccata in ascensore: dopo una giornata del genere non era da escludere.
Aprì piano la porta del loft.
- Rick? Ci sei? – chiese sussurrando, ricordandosi della sua chiamata in preda dal panico.
- Shhhh! Vieni Kate, ma fai piano.
Si mosse con cautela verso la camera da letto, mentre cominciava a prendere abbastanza sul serio la situazione.
- Rick?
- Sono qui! – vide, nella penombra, un braccio spuntare da dietro il letto vuoto.
Si avvicinò e si accucciò vicino a lui.
- Poi mi spiegherai perché per me c’è un chilometro tra casa e il distretto, mentre per te ce ne sono trecento. Ci hai messo un’infinità di tempo!
Kate lo fulminò con lo sguardo, senza degnarlo di una risposta.
Lui, intimorito, cercò di rimediare:
- Tempo che mi è servito tantissimo. L’ho identificato Kate, l’ho visto. Quello che voleva entrare in casa, che faceva tutti i rumori strani alla finestra.
- E’ dentro o fuori? – chiese, estraendo la pistola.
- E’ ancora fuori per fortuna. Ma mi sono nascosto per sicurezza. – sussurrò.
- Ok… e l’hai visto bene?
- Abbastanza.
- Bene, se devo affrontarlo voglio sapere almeno una cosa: è grande e grosso?
- No, non direi… nella media. Ma come affrontarlo?! Che pensi di fare?
- Ti proteggo no? Mi hai chiamata tu.
- Giusto, ma stai attenta. Poterebbe essere pericoloso.
Kate impugnò meglio la pistola, togliendo la sicura.
- Al tre, ok?
Rick annuì, mostrando il pugno.
Alzò il primo dito:
- Uno… due… aspetta Kate!
- Che c’è?! – chiese spazientita. Odiava quando qualcuno interrompeva la sua concentrazione.
- Quando ti alzi, non muoverti troppo, potrebbe volare via. Ecco, ricomincio: uno… du…
- Scusa,scusa, potresti ripetere per cortesia? – chiese, cercando con tutta se stessa di mantenere la calma.
- Ho detto che potrebbe volare via… e tutto sarebbe stato inutile, non credi? – rispose, come fosse ovvio.
- Volare via?! Di chi stiamo parlando esattamente?
- Un gufo Kate, c’è un gufo assassino fuori dalla finestra! – disse, serio.
- UN GUFO?! – urlò alzandosi di colpo, accendendo la luce.
Il volatile si dileguò all’istante, abbandonando il davanzale di casa Castle.
- Ecco, l’hai fatto scappare! – borbottò.
- Ascoltami bene, mi hai chiamata e sono uscita di fretta per te. Talmente in fretta che sono cadute le chiavi nella grata; ho cercato di riprenderle, e nel mentre mi sono rotta un’unghia. – gli mostrò il dito, cominciando ad agitarsi – poi Cyrus mi ha consigliato di usare il doppione che, però, avevo nell’armadietto. Ho aspettato per minuti l’ascensore, finchè mi hanno avvisato che era rotto. Mi sono fatta chilometri di scale a piedi, ho preso le chiavi e sono entrata in macchina. Stavo per evaporare. Ho messo in moto e, sempre di fretta per te, sono partita. Mi sono imbattuta in due bambini che hanno rovesciato una scatola di arance, rotolavano da tutte le parti. Li ho aiutati, e, come ringraziamento, mi sono beccata una miriade di clacson. Ho proseguito tra semafori rossi, fino al frontale, che ha tenuto due corsie bloccate per venti minuti. Finalmente sono arrivata sotto il tuo palazzo, ma la porta era chiusa. Ho bussato incessantemente, finchè mi sono resa conto di avere le chiavi, con le quali ho aperto. Ho fatto altre infinite rampe di scale fino al loft. Entro e la prima cosa che mi sento dire è che ci ho messo tanto ad arrivare. Estraggo la pistola pronta ad affrontare un uomo “nella media”, come tu hai detto, e invece?  Tutto per cosa?!
 - Per me? – azzardò lui, facendosi piccolo piccolo.
- NO! Per un gufo! – rise, sarcastica e incredula, mentre nei suoi occhi si poteva scorgere l’inferno - UNO STUPIDO GUFO!






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Note dell'autrice

Ok gente, vi siete "lamentate" che scrivevo solo cose tristi, dunque ecco qui una ff più divertente! Ahaha ;)
Spero almeno di avervi strappato un sorriso.
Vi voglio bene

Un bacio, Giuli

   
 
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