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Autore: S t r a n g e G i r l    18/06/2013    4 recensioni
«Come si chiama quel ragazzo? Quello lì, col culo da favola, i capelli neri a spazzola e le fossette che si accentuano quando sorride. »
«Derek Hale. »
«Presentamelo. »
E quell'ennesimo ordine imperioso era stato solo il principio del calvario che avevi sostenuto per mesi, ascoltando con le mani contratte sulla cinghia della cartella, sui libri di scuola o i cuscini, le confidenze intime che Kate ti faceva.
Perché era la tua migliore amica e non ti risparmiava mai neppure un dettaglio.
Più di una volta avevi dovuto interromperla a metà racconto per correre al bagno a sciacquarti il viso per evitare che notasse che stavi piangendo e che ogni singola parola era una fitta la costato, una lama che penetrava più a fondo nei ventricoli del cuore.
Lui, il tuo lui, lei se l'era preso.
Genere: Angst, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Kate Argent, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scintille

~Un fuoco a lungo celato diventa un incendio difficile ad estinguere:
un fuoco di cui appare la vampa, agevolmente si spegne.
Confucio.
~




« Kate, vuoi rallentare?! Non riesco a starti dietro! »
Hai il fiato corto, gocce di sudore sulla nuca fra i capelli, il viso cosparso di chiazze rosse e lei è davanti a te di un paio di metri, che allunga ancora il passo, come se temesse di perdersi qualcosa.
« Accompagnami. » ti aveva detto alla fine delle lezioni quel giorno e tu non avevi potuto neppure provare a dir di no. Katherine Argent non conosceva il rifiuto e, difatti, non chiedeva mai. Ordinava categoricamente e basta. E sempre otteneva quel che voleva.
Tu lo sapevi bene.
L'avevi sentita per settimane elogiare le doti di Derek Hale dal banco in fondo all'alula che condividevate a biologia e, alla fine, lei se l'era preso.
Come fosse stato un soprammobile carino in un negozio d'antiquariato.
Ti eri persino congratulata con lei, quando intuisti che la sua caccia era andata a buon fine, da buon'amica.
« Clover, andiamo! Pensavo fossi più atletica! » grida lei senza voltarsi, facendo un cenno d'incoraggiamento con la mano.
Ingoi una boccata d'aria fredda e ti raccogli la massa scura e informe che hai in testa in uno chignon sformato col laccetto che porti sempre al polso, vicino l'orologio.
Dovresti essere a casa a studiare per il compito di domani, a preparare la cena a tuo padre che altrimenti mangerà le zampe del tavolo quando rientrerà dal lavoro, invece sei in mezzo al bosco ad arrancare dietro alla tua migliore amica, mentre il sole scende in picchiata verso l'orizzonte.
Kate, nel frattempo, si è fermata ad aspettarti sbuffando.
I capelli miele le scendono in morbide onde fino a metà schiena ed i suoi occhi sono perfettamente truccati, mente i tuoi hanno a malapena un filo di rimmel: eri in ritardo stamani e non hai potuto perdere troppo tempo a sistemarti.
In fondo, poi, che lo facessi o meno non aveva importanza: essere amica di Katherine significava vivere alla sua ombra.
I ragazzi, in classe come nei corridoi, ti salutavano per cortesia perché eri con lei, perché eri “l'amica di quella strafiga della Argent”, nulla più.
Lo sei sempre stata da quando si era trasferita a Beacon Hills. Eri la sua unica amica, perché le altre erano troppo invidiose del successo che riscuoteva con gli uomini.
A te non era mai importato, non ti dava fastidio. Avevi imparato a volerle bene davvero, anche se era una stronza con la S maiuscola.
Poi aveva adocchiato anche lui, il tuo lui, ed il tuo affetto aveva vacillato.
« Si può sapere dove mi stai portando? » chiedi, piegandoti sulle ginocchia per riprendere fiato.
Hai le mani sbucciate, per esserti aggrappata alla corteccia degli alberi vicino cui passavate per non scivolare sulle foglie umide, e le scarpe di tela infangate.
Kate ti fa l'occhiolino e riprende la sua marcia.
« A farti assistere ad uno spettacolo sensazionale. Ti piacerà, Clò, vedrai. »
Arranchi alle sue spalle e rimpiangi di non aver mai fatto alcuno sport in vita tua; forse ti avrebbe tonificato le gambe rendendole come le sue e allora lui magari avrebbe guardato te.
Avrebbe guardato te come guarda lei.
Come un lupo affamato.
Ma tu non sei mai stata niente di speciale per risaltare, per attirare l'attenzione.
Sebbene occupassi il banco davanti al suo dalle elementari, Derek alle volte faticava ancora a ricordarsi il tuo cognome.
Servivi solo per copiare i compiti, condividere una merenda e scambiare figurine.
La carta jolly da giocare nei momenti di noia e necessità.
Una volta ti eri tinta i capelli di un biondo platino, che rasentava il bianco, e lui aveva avuto la faccia tosta di chiederti se era la montatura degli occhiali ad essere diversa.
E quando era arrivata Katherine, avevi rinunciato persino a rivolgergli la parola.
Avevi troppa paura s'invaghisse di lei e di quel corpo snello e sodo.
Ma era stata lei a puntarlo, alla fine.
«Come si chiama quel ragazzo? Quello lì, col culo da favola, i capelli neri a spazzola e le fossette che si accentuano quando sorride. »
«Derek Hale. »
«Presentamelo. »
E quell'ennesimo ordine imperioso era stato solo il principio del calvario che avevi sostenuto per mesi, ascoltando con le mani contratte sulla cinghia della cartella, sui libri di scuola o i cuscini, le confidenze intime che Kate ti faceva.
Perché era la tua migliore amica e non ti risparmiava mai neppure un dettaglio.
Il primo bacio -il sapore che lui aveva e che tu avevi sognato per anni-, la prima volta senza vestiti -ogni centimetro del suo corpo che tu avevi potuto vedere soltanto durante gli allenamenti della sua squadra attraverso una maglia sudata e incollata al busto-, i preliminari -il modo in cui godeva chiudendo gli occhi ed emettendo un ringhio basso e sommesso, quasi animalesco-, il sesso -la bravura e la passione che metteva in ogni gesto, la sua audacia e le sue ottime prestazioni, che la tua migliore amica valutava una scala da 1 a 10-.
Più di una volta avevi dovuto interromperla a metà racconto per correre al bagno a sciacquarti il viso per evitare che notasse che stavi piangendo e che ogni singola parola era una fitta la costato, una lama che penetrava più a fondo nei ventricoli del cuore.
« Eccoci. » Kate è ferma, ben piantata su due piedi, di fronte ad una enorme villa di cui non conoscevi neppure l'esistenza.
Ha il giardino curato, la facciata fresca di vernice, tende colorate a ogni finestra e un batacchio alla porta a forma di lupo.
« Wow. Conosci i proprietari? » chiedi e continui ad ispezionare quell'edificio maestoso, riuscendo persino a cogliere le risate di qualche bambino provenire dal retro.
« Sì e anche tu, in realtà. » dice e fruga nelle tasche della sua giacca di pelle rossa alla ricerca di qualcosa.
Ti avvicini di qualche passo all'edificio e ti domandi chi delle persone che conosci ci possa vivere.
« Davvero? Di chi si tratta? »
« Oh, nessuno d'importante; solo quello con cui me la spasso occasionalmente. E' quasi un peccato... »
« Che stai dicendo? Ci vivono gli Hale, qui? » sei sbalordita.
Torni a fissare la villa, cercando un qualcosa che ti dia un indizio sulla presenza di Derek fra quelle mura, ma non c'è nulla che ti aiuti all'esterno.
Solo uno skateboard ed un paio di biciclette appoggiate al fianco del portico.
« Ne sei sicura? Mi sembra così strano... »
« Sono sicurissima, Clover. E ora, sta a guardare: arriva il bello. » mormora con una voce soave, quasi sognante, che ti allarma.
Ti volti verso di lei e noti fra le sue dita un piccolo accendino d'argento, con su inciso lo stesso simbolo del pendente che porta sempre al collo.
« A che ti riferisci, Kate? Se è casa di Derek, perché siamo qui? Non lo sai che ha gli allenamenti oggi? » ti frapponi fra lei e la casa a braccia aperte, non sapendo bene nemmeno il motivo.
Hai solo l'orrenda sensazione che ciò che la tua migliore amica ha definito “uno spettacolo” non sia poi così bello.
Le vedi riflessa una luce sinistra negli occhi blu e, per la prima volta, hai paura di lei.
« Lo so perfettamente. Difatti ho scelto questa giornata di proposito: cosicché lui non possa intervenire. Arriverà quando sarà troppo tardi. Soffrirà come un cane ed io poi gli darò il colpo di grazia. » Kate apre l'accendino e fa scorrere il dito sulla rotella.
Una piccola fiamma, che dall'arancione sfuma nel blu, si sprigiona con qualche scintilla e lei l'osserva rapita.
Tu arretri, le gambe che tremano come pure la voce.
« Che intenzioni hai? Perché vuoi fargli del male? E perché vuoi che io assista a questa follia? Dammi quell'accendino! » parli con un tono dapprima spaventato, poi terribilmente serio e categorico.
Ti senti quasi in colpa per averle strappato il ruolo qualche istante, ma poi ti convinci che non importa: la tua amica fa discorsi insensati e temi che sia sotto l'effetto di una qualche strana droga o allucinogeno, perciò devi portarla via di lì prima che faccia del male a se stessa e ad altri.
« Sono dei mostri, Clover. Tutti loro lo sono. La mia non è pazzia, è una fede. La mia famiglia caccia quelli come Derek e i suoi parenti da generazioni. Loro uccidono persone innocenti e restano impuniti. Io non posso permetterlo! » Ti prende un polso con la mano libera e ti trascina con sé, fino davanti il cancello d'ingresso.
Tu non vuoi, provi a far resistenza, ma Kate è più forte di te.
Lo è sempre stata.
« Osserva, amica mia. Il fuoco purifica ed è uno dei pochi modi che conosciamo per ucciderli; guarendo e rigenerandosi con una velocità inumana è davvero difficile porre fine in maniera definitiva alle loro sudicie esistenze. »
Tu hai gli occhi sbarrati fissi sui vasi di gerani che sputano dalle finestre al primo piano.
Torci il braccio, cercando di farti lasciare, ma sei troppo debole e Kate sembra ipnotizzata dalla fiammella dell'accendino e dai suoi discorsi vanesi.
« Ma che diavolo dici? Derek non è un mostro! Smettila, sei pazza! » gridi e allora lei si volta furibonda verso di te e non ti sembra più un angelo, bensì un'anima dannata portata alle soglie della follia.
« Io volevo condividere con te la verità. Ti consideravo mia amica e credevo mi avresti spalleggiato e ti saresti unita alla causa. »
« Io non voglio diventare un'assassina! » con la mano libera le dai uno schiaffo in pieno viso e Katherine sputa a terra, schifata.
Ti lascia, spintonandoti all'indietro, e tu cadi pesantemente di schiena, sbattendo le scapole sulle radici sporgenti di una quercia.
Gemi e la tua vista si cosparge di puntini troppo luminosi per essere stelle, anche se il cielo si è già imbrunito e una mezza luna fa capolino alla tua destra.
Kate si inginocchia alla tua altezza e ti accarezza il viso con una maschera di riprovazione e compassione ad alterarle i lineamenti.
E' bella e spietata al contempo e tu, involontariamente, ti chiedi se Derek la troverebbe affascinante anche in quel momento, in procinto di uccidere tutta la sua famiglia.
Chiudi gli occhi mentre lei ti parla; sai che la risposta sarebbe un muto assenso. Lui la ama.
« Avevo sperato che la tua intelligenza ti avrebbe condotto verso la giusta direzione: quella che seguo anche io. Mi sbagliavo. Sei una delusione, Clover. »
Si rimette in piedi e si sistema una ciocca di capelli come se fosse la cosa più naturale del mondo.
La vedi fare un cenno a due tizi comparsi dal nulla, che reggono una tanica di benzina in ogni mano, e annaspi.
Fa sul serio, Kate, e non è un brutto incubo.
I pizzichi non funzionano e non basteranno a salvare le vite innocenti degli Hale, lo sai bene.
Digrignando i denti per il dolore, strisci verso l'alto sorreggendoti alla corteccia dell'albero alle tue spalle e poi ti butti contro la tua ex migliore amica, gridandole di fermarsi.
La atterri e l'accendino vola lontano, spegnendosi in aria prima di toccare terra.
Katherine impreca, rotola sotto il tuo corpo e sguscia via, portandosi poi dietro di te.
Ti pianta un ginocchio a metà schiena e ti afferra per i capelli, pulendosi la bocca sporca di fango col dorso della manica della giacca.
Strizzi le palpebre e qualche lacrima ti scende sulle guance.
Se fossi stata più forte, se fossi stata più attenta ai segnali, se fossi stata meno concentrata sul dolore per il tuo amore impossibile, se non fossi stata sua amica, se non le avessi presentato Derek, se, se, se...
« Piccola stupida. » sputa sprezzante, prima di spingere verso il basso la tua testa.
Sbatti violentemente contro il suolo e i suoni si spengono per primi, seguiti dagli odori e dai i colori.
Infine, solo il vuoto.

Qualcosa di caldo scivola sulla tua guancia.
E' così caldo che fa quasi male.
Brucia, ustiona.
In confronto è un dolore meno intenso, ma ti fa venire in mente quello provato il giorno in cui Kate ti disse, sorseggiando del succo alla mela, che Derek le aveva confessato di amarla.
Tu ti strozzasti con il boccone di pollo che avevi appena infilato in gola e lei sorrise, liquidando la questione.
A lei non interessava, tu, invece, ti saresti tagliata volontariamente una gamba se fosse servito a ricevere una sua dichiarazione.
Il calore si ripete e stavolta ti colpisce sul dorso della mano sinistra.
Ed assieme a quello arriva una sferzata di fumo che ti fa tossire.
Apri gli occhi e li richiudi di scatto, scivolando indietro sui talloni.
Davanti a te c'è un muro di fuoco vivo, che vomita scintille e vampe bollenti, le stesse che ti hanno svegliato.
Ti lacrimano gli occhi per via dell'aria satura di cenere e strisci all'indietro, spaventata, ricordando d'improvviso il ghigno di Kate e i suoi propositi.
L'ha fatto davvero, realizzi attonita.
Le fiamme stanno divorando la villa degli Hale poco a poco.
Non ci sono già più le tende colorate alle finestre, il tetto è una groviera e sulle pareti si aprono buchi che sembrano ferite provocate da palle di cannone.
Singhiozzi, coprendoti la bocca con le mani sporche, e arretri ancora.
Vorresti avere un cellulare per chiamare il 911 e dare l'allarme, ma tuo padre non se lo può permettere e, perciò, tu non l'hai mai chiesto.
Kate lo aveva.
Kate aveva ogni cosa.
Kate aveva anche Derek ed il suo amore, ma non le era bastato.
Non l'aveva mai voluto davvero. L'aveva usato per raggiungere i suoi scopi e tu ti senti in parte anche sua complice per non averla ostacolata.
Ti alzi barcollando in piedi e fai qualche passo, cercando di orizzontarti sulla direzione da prendere per tornare in città, e solo allora lo noti.
E' carponi a terra, davanti quello che era l'ingresso di casa sua, le mani affondate nel terriccio molle, i capelli scompigliati dal vento ardente, i vestiti logori e bruciacchiati di chi ha provato a far irruzione nella casa, presa d'assalto dall'incendio, per salvare qualcuno, ma non c'è riuscito.
Ti avvicini a lui piano, come se temessi di disturbarlo.
Il fuoco continua a divorare il legno senza sosta e tu non hai nemmeno la forza di guardarlo mentre è all'opera.
Ti bruciano gli occhi.
« Derek? » lo chiami, protendendo una mano verso di lui.
Sembra non sentirti, non si muove.
« Derek? » riprovi, sfiorandogli la spalla.
Ed è un istante, il tempo che impiega il tuo cuore a scivolare nello stomaco: ti ritrovi sbattuta contro la corteccia di un albero in modo rude.
L'aria esce dai tuoi polmoni di colpo e fatica a rientrare, mentre tu alzi la testa e ingoi un grido.
Di fronte a te non c'è Derek.
C'è un mostro.
Ha gli occhi di ghiaccio, i canini lunghi come zanne di un predatore, artigli ricurvi sulle dita, orecchie affusolate e appuntite.
Non hai idea di cosa sia, ma ringhia di gola a pochi centimetri dal tuo viso e ha una mano serrata sulla tua trachea.
Cerchi con le dita annerite di fargli allentare la presa, ma la bestia ti solleva da terra ed emette quello che sembra un ululato.
« La-lasciami. De-devo andare. I-io... »
Spalanca le fauci ed emette un verso terrificante che fa colare altre lacrime dai tuoi occhi stanchi e provati.
Scalci, ma non gli fai alcunché.
Noti però, con quel briciolo di lucidità che ancora ti resta, che indossa vestiti bizzarramente umani.
Una giacca di pelle nera, jeans scuri e una maglietta della squadra della tua scuola con il numero 4.
Annaspi, cercando aria, e scruti quel volto animalesco alla ricerca di una conferma ai tuoi sospetti.
Non può essere, eppure...
« De-Derek... » biascichi a fatica.
E d'improvviso sei a terra, in ginocchio, le mani alla gola come se potessi aiutarti a prendere più ossigeno con le dita, e gli occhi puntati in alto, verso la bestia.
Emette dei versi gutturali e bassi più e più volte. Trema, ulula con tale intensità da provocarti una fitta alle orecchie, poi crolla di fronte a te.
E sai che è il tuo nome che stava invocando prima. Più e più volte.
Come una preghiera.
« Derek... » gracchi debolmente e protendi una mano verso il mostro che non è più tale.
Sotto il tuo sguardo incredulo, gli occhi tornano umani, gli artigli si ridimensionano, i canini si ritraggono e davanti a te, ora, c'è solo il ragazzo che ami annientato.
Sta piangendo, è disperato come non lo hai mai visto e tu gli asciughi le lacrime coi pollici, parlando a voce bassa per calmarlo.
« Vieni qui. Shhh. Andrà bene, andrà bene vedrai. » e pur sapendo di mentire, perché niente sarebbe andato più bene da quel momento in poi, lo tiri a te e lo culli.
Lo stringi al petto, non potendo fare nient'altro per lenire la sua sofferenza se non condividerla.
E Derek si aggrappa ai tuoi vestiti con angoscia, col tormento di chi non sa darsi pace per essere ancora vivo.
Dovresti avere paura di lui, dovresti dare ragione a Kate che insinuava che lui e la sua famiglia fossero tutti dei mostri, ma non riesci a far altro che confessargli quanto in realtà lo ami.
Perché lui, ne sei sicura, non ha mai ucciso, non ha mai versato una goccia di sangue innocente.
Lo conosci da prima ancora che imparasse a scrivere, da quando disegnava foreste con i pastelli a cera e si riempiva le braccia con i tatuaggi trovati nelle patatine.
Non è lui il mostro, no.
Lui è il bambino spaventato dalle storie di paura che gli raccontava la mamma prima di dormire; lui è quello da salvare, da se stesso soprattutto.
Gli alzi il viso, lo baci e lui ricambia, poi però ti sfugge dalle labbra quella verità scomoda che non riesci a nascondergli.
Vuoi che trovi pace, che smetta si soffrire.
« E' stata Kate. » mormori muovendo appena la bocca.
Sai che ha sentito, sai che correrà a darle la caccia subito dopo averti messa al sicuro.
Annuisce e si lascia stringere ancora, mentre l'alba sorge, le fiamme mordono i carboni del primo piano di casa Hale e le sirene della polizia sopraggiungono.






Io ho un serio problema, ragazze.
Un serio problema che ha persino un nome di battesimo: NOEMI.
Da quando la conosco mi ha già attaccato non so quante manie (spesso compulsive), quante fisse per personaggi, serie tv e libri e giuro che se non l'adorassi, la strozzerei.
Cosa c'entra questo sfogo con l'OS che avete appena letto?
Semplice: Teen Wolf è l'ossessione più recente che mi ha trasmesso.
Ho finito la prima stagione in due o tre giorni (lavorativi, in teoria) e sono già alla seconda.
Adoro un po' tutti i personaggi della serie, ma Derek con quel suo passato oscuro e doloroso, ha mosso le mie dita.
E poi mi stuzzicava l'idea che avesse avuto una storia con quella stronza di Kate.
Beh, questo è quello che ne è venuto fuori sommando il tutto. Spero davvero di non avervi annoiato.
Ultimamente mi piace la seconda persona...bah :S
Passo e chiudo.
Un bacio ed un abbraccio a tutte coloro che lasceranno due paroline *-*

Ellie.

 

   
 
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