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Autore: compulsive_thinker    18/06/2013    1 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA:
*si nasconde per evitare lanci di pomodori* Sono in ritardo mostruoso, lo so, ma questi esami mi fanno davvero impazzire!
Comunque, eccoci qui... Addio Lòrien e addio a un sacco di altri personaggi! sigh sigh :( Ma ci aspettano ancora un paio di imprevisti prima della fine di questa ff (che avrà un seguito, lo dico già da ora xD)
Enjoy..
C.


Capitolo 18
 
Sam non avrebbe mai smesso di meravigliarsi per la grazia degli Elfi. Avrebbe desiderato rimanere per ore a guardarli, perché anche quando svolgevano banali occupazioni sembravano volteggiare nell’aria senza peso. Molti Galadhrim camminavano avanti e indietro, portando vesti e bisacce, impassibili nella loro serenità distaccata. A Hobbiville un’attività del genere sarebbe stata accompagnata da un vociare confuso, canti, risa mentre a Lòrien tutto si svolgeva nel più assoluto silenzio, quasi che anche il vento cercasse d’insinuarsi tra le foglie senza muoverle.
“Edorel, sei qui. Già pensavo di dover mandare i miei uomini a cercarti!”
La limpida voce di Haldir interruppe la magia dei pensieri dello Hobbit, che seguì i suoi compagni verso i loro giacigli, per fare i bagagli. La ragazza, invece, rispose all’Elfo con un sorriso:
“I tuoi Galadhrim avranno di certo compiti più importanti. E poi, avevo la mia personalissima scorta.”
Aggiunse con un sorriso, accennando ai Mezzuomini indaffarati.
“Dunque, il vostro tempo qui è giunto al termine.”
“Vorrei non dovermene andare.”
“Non sei l’unica a desiderarlo. Molti qui preferirebbero che tu restassi.”
“Se ti riferisci a Umyen, sappi che…”
“Non parlo di lui. Anche se è innegabile che sia uno di coloro che più ti desidererebbero salva sotto la protezione degli Elfi. Mi riferisco a qualcuno che addirittura consideri con sospetto.”
Edorel lo guardò, confusa: possibile che stesse parlando di Galadriel? Aveva dimostrato di conoscerla, era ormai evidente, ma arrivare a temere per la sua incolumità?
“Si tratta di qualcuno a cui sei vicino?”
“Sai a chi mi riferisco. Non ti parlerei, se non fossi preoccupato per la mia regina: c’è qualcosa in te che la preoccupa, posso percepirlo nel modo in cui si comporta, ma allo stesso tempo desidera che non ti succeda niente. Ha chiesto che scegliessi gli uomini migliori per accompagnarvi agli attracchi e che fossi uno di loro.”
“Perché?”
“Non lo so, speravo fossi tu a dirmi qualcosa che ancora ignoro.”
“Io so ancor meno di te! Ho appreso dell’esistenza di Galadriel solo quando sono giunta qui, posso giurarlo.”
“Ti credo, Edorel.”
“Almeno tu.”
Sussurrò lei, gettando un rapido sguardo ad Aragorn, impegnato a discutere sottovoce in elfico con una delle guardie di Haldir. Poi aggiunse:
“È a Umyen che dovresti parlare. Sono certa che sa più di quanto non dica, ma a me non rivelerà mai nulla.”
“Neppure a me. È anch’egli un suddito della regina e uno dei suoi più fidati, non parlerà mai. I segreti che custodisce per lei hanno radici profonde nel tempo.”
“Erano insieme a Eregion?”
“Sospetto di sì.”
“Tutto sembra ruotare attorno a fatti accaduti addirittura all’epoca della mia nascita! Se solo Gandalf non fosse caduto, avrebbe saputo dirmi qualcosa.”
“Mithrandir era al corrente di quanto sta succedendo?”
“Lo è anche Sire Elrond, ne sono certa. Eppure nessuno vuole dirmi nulla!”
“Sicuramente ciascuno di loro ha e ha avuto ottimi motivi per comportarsi così. Spero solo che tu scopra ciò che vuoi sapere, presto o tardi.”
“Ti ringrazio, Haldir.”
Rispose Edorel, con profonda gratitudine per quella creatura così gentile e sincera. L’Elfo rispose con un semplice inchino, poi si allontanò per radunare i suoi Galadhrim.
“Abbiamo sistemato quasi tutto, le tue cose sono in quella bisaccia.”
Quella voce alle sue spalle fece immediatamente svanire il sorriso dalle labbra della ragazza. Si voltò e replicò semplicemente:
“Le prenderò al momento di partire.”
“Ci dirigeremo fino agli attracchi sull’Anduin, al limitare del bosco. Da lì prenderemo delle barche e navigheremo lungo il fiume.”
“E dopo?”
“Ancora non so. Gandalf avrebbe voluto che ci dirigessimo direttamente a Mordor, attraverso l’Emyn Muil.”
Nessuna inflessione. Sembrava che entrambi stessero recitando una sciocca filastrocca, monotona e poco divertente. Si guardarono per qualche istante, la ragazza annuì con simulata accondiscendenza e l’uomo si allontanò senza una parola. Edorel si avvicinò a quello che era il suo giaciglio, dove di tutte le sue cose non rimaneva che una borsa in pelle grigia. Levò lo sguardo verso le cime degli alberi dolcemente mosse dal vento e chiuse gli occhi, per lasciare che quella brezza delicata le scorresse liberamente sul viso.
“Sei pronta per partire?”
Un’altra voce echeggiò nelle sue orecchie, delicata e melodiosa come gocce di pioggia su un tetto di foglie. Si ricordò di quando, anni e anni prima, lo prendeva in giro per la sua parlantina da Elfo, sempre così piacevole tanto che anche i suoi rimproveri non sembravano mai così severi.
“Sì. Almeno credo.”
Non si mosse né aprì gli occhi, non ne aveva bisogno. Sicuramente, Umyen aveva già letto dentro di lei tutto ciò che la preoccupava. O forse, non tutto. Edorel si girò a guardarlo all’improvviso, regalandogli il suo miglior sorriso: non aveva alcun diritto di nominare Aragorn.
“Te la caverai qui? Insomma, non è esattamente come essere tra gli Incantatori.”
L’Elfo rise e rispose:
“L’unica ragione per cui ho vissuto con loro così tanto eri tu, lo sai. Avevi trovato un posto in cui vivere, con creature che ti accettavano per ciò che eri.”
“Lo sono anche ora. La Compagnia è la cosa migliore che potesse capitarmi…”
Replicò Edorel. Dopo appena un attimo di esitazione aggiunse, con voce più dolce:
“Dopo di te, ovviamente.”
Umyen le si avvicinò e prese il suo viso tra le mani.
“Allora non andare.”
“Sai che partirò, qualsiasi cosa tu dica!”
“Non puoi biasimarmi per aver tentato.”
Il sorriso dell’Elfo contagiò anche la ragazza, che replicò:
“Non ho nessuna intenzione di lamentarmi, per questa volta!”
L’improvvisa sensazione di essere osservata le fece voltare impercettibilmente lo sguardo. Gimli discuteva con Legolas a poca distanza, sembrava piuttosto infervorato. Di nuovo quel brivido lungo la nuca, come se qualcuno stesse cercando di oltrepassare ogni sua difesa per arrivare a leggerle nel profondo della mente. Vide gli occhi di Umyen saettare rapidamente verso un punto dietro di lei e si voltò. Incrociò lo sguardo di Aragorn, fisso contro di lei, che non accennava ad abbassarsi, quasi volesse sfidare quello dell’Elfo. Umyen fece per scattare in avanti, ma la voce di Haldir lo fermò.
“È tempo di metterci in marcia. Raggiungeremo gli attracchi prima di sera.”
Gli Hobbit si avvicinarono timidamente agli Elfi, con i pesanti zaini sulle spalle e gli occhi fissi a terra per nascondere il luccichio delle lacrime. Il cuore di Edorel si strinse al vederli così abbattuti e desiderò raggiungerli per confortarli. Si voltò verso Umyen, che le disse:
“Lo so, devi andare. Ti prometto che ci rivedremo, qualsiasi cosa accada.”
La ragazza annuì e lo abbracciò, nascondendo per un momento il volto tra i suoi capelli sperando di ricordarne il familiare profumo fino alla fine di quel terribile viaggio. Poi si voltò e raggiunse i suoi compagni, incamminandosi con loro fuori dalla città, senza voltarsi indietro.
 
*
 
Camminare attraverso il bosco rese tutti tristi e taciturni, poiché sapevano che ogni passo li avrebbe portati più lontano da quella splendida quiete e più vicini all’ombra.
Giunti agli attracchi, vi trovarono tre imbarcazioni elfiche: erano lunghe e strette, di un magnifico legno grigiastro, con le prue intagliate da graziosi arabeschi.
“Troverete dei remi nelle barche, anche se la corrente del fiume è sufficiente a sospingervi verso la vostra meta.”
Disse loro Haldir, mentre con i suoi Galadhrim caricava gli scarni bagagli della Compagnia.
“Grazie, a te e ai tuoi soldati. Vi dobbiamo molto.”
Rispose Aragorn con un lieve inchino, parlando a nome dei suoi compagni che si stavano imbarcando senza una parola. L’Elfo rispose con un cenno del capo, soffermandosi a osservare per un istante quel bizzarro gruppo di viaggiatori da cui dipendevano le sorti della Terra di Mezzo. Certo, lui era un Elfo e avrebbe sempre avuto una dimora a cui fare ritorno, al di là del mare, ma il mondo in cui aveva vissuto per così tanto tempo era parte di lui. Vederlo scivolare giorno dopo giorno nell’abisso del male lo addolorava profondamente, tanto da indurlo a sperare in un esito positivo per quella missione disperata.
Mentre le barche venivano sospinte nell’acqua e il fiume ne prendeva possesso, facendole dolcemente scivolare incontro al loro destino, Haldir di Lòrien si addentrò nuovamente nel bosco, al sicuro sotto le dorate foglie ma con il cuore colmo di preoccupazione.
 
La Compagnia aveva appena lasciato gli attracchi, quando da un’ansa del fiume spuntò una meravigliosa imbarcazione in legno chiaro, che aveva la forma di uno splendido cigno dalle ali spiegate. A bordo, pochi rematori e i Sovrani di Lòrien, giunti per offrire un ultimo pasto e un augurio di buona sorte ai viaggiatori. Nonostante la squisitezza dei cibi elfici, persino gli Hobbit mangiarono controvoglia, sentendosi troppo oppressi dall’imminente partenza. Sulla tavola regnava uno strano silenzio, interrotto solo dalle comunicazioni indispensabili, che venivano sussurrate per non turbare la quiete del momento.
Poco dopo il banchetto, quando già la Compagnia si apprestava a risalire sulle grigie imbarcazioni per sfruttare le ultime ore di sole, la regina Galadriel parlò:
“Un lungo e oscuro cammino vi attende. È mio desiderio cercare di alleviarlo, con quanto è in mio potere fare.”
Li convocò quindi uno alla volta, presentando i propri saluti e un regalo a ciascuno di loro. Lasciò per ultima Edorel e, quando la ebbe davanti, si costrinse a dire:
“So bene ciò che vorresti da me, ma non posso darti la verità. Spero che un giorno saprai perdonarmi e capirmi. Questo è tutto ciò che posso fare per te.”
Le tese un sottilissimo foglio, che la ragazza srotolò con cura. Era un antico ritratto, eseguito da una mano forse non esperta, ma attenta a cogliere i dettagli e le emozioni. Raffigurava la regina Galadriel, con in braccio una bambina sorridente, di circa due anni, con folti capelli bruni e occhi neri. Poco dietro a quell’immagine di calma gioia, si stagliava un’altra figura: era senza dubbio la donna di pietra, ma aveva splendidi capelli argentei e occhi blu. La sua espressione era come incupita da una nube, velata da una profonda tristezza e i suoi lineamenti ricalcavano perfettamente quelli di Edorel.
“Questa sono io. E questa siete voi, Maestà. E la donna di pietra è…mia madre?”
“Il suo nome era Meridan, io la conoscevo.”
“Perché si è tramutata in pietra?”
“Soffriva di un dolore insopportabile, da troppo tempo.”
“A causa mia?”
“Tu non hai nessuna colpa. Mi auguro che questo ti basti, per il momento.”
La ragazza annuì con un inchino e fece per allontanarsi.
“Edorel, aspetta ancora un momento!”
Galadriel le si avvicinò e la abbracciò. Il delicato profumo delle bianche vesti della regina rievocò vividamente alla mente di Edorel un’altra scena, un altro abbraccio. Neve. Una bambola di pezza abbandonata sul davanzale.
“La neve è neve, io sono Edorel e lei è Galadriel.”
La voce della ragazza giunse incerta persino alle sue orecchie. La regina la guardò con un sorriso quasi commosso e disse:
“Dunque ricordi.”
“Chi sono, Galadriel?”
“Sei chi sceglierai di essere, Edorel.”
“La neve è neve, non può scegliere di essere pioggia o vento!”
“In te c’è tanto ancora da scoprire, nulla è deciso. Scegli con cura e potrai essere tutto ciò che vorrai!”
La ragazza strinse ancora per qualche istante le braccia attorno alle spalle della regina, con il volto appoggiato alla sua spalla, assaporando quel contatto quasi materno che aveva soltanto immaginato per tutta la vita, poi risalì sulla barca con gli altri, che si guardavano sbalorditi dalla scena a cui avevano appena assistito.
Ripresero immediatamente a navigare l’Anduin, trasportati dalla corrente, gli occhi fissi alle sagome di Celeborn e Galadriel che si facevano sempre più piccole e si confondevano con la foresta circostante.
“Cosa darei per poter tornare indietro!”
Esclamò Gimli, riponendo al sicuro il dono che gli aveva fatto Galadriel.
“Il tempo di Lòrien sta volgendo al termine, credo che nessuno di noi vi tornerà. Ne conserveremo almeno il ricordo.”
Aggiunse Legolas, guardando avanti per paura che rivolgere lo sguardo indietro avrebbe fatto mancare la sua determinazione a continuare la missione.
Su tutti quanti pesava la separazione da quel luogo così antico e pieno di pace, tanto che non poche lacrime vennero asciugate di nascosto o si persero nel calmo corso dell’Anduin.
 
  
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