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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    18/06/2013    3 recensioni
[OriginalShipping/MasaraShipping][HunterShipping/PreciousMetalShipping]
Two-Shots, ho un po' romanzato talune parti dei giochi e rimaneggiato la continuity, i nomi sono quelli originali giapponesi, sia dei pg, sia delle città che dei Pokèmon mentre la timeline segue quella dei remake RF, GL, HG e SS.
"Certo, il Monte Shirogane non era un posto accogliente neppure in estate – e c'era un motivo per cui il professor Ookido non permetteva a chiunque di vagabondare per le sue pendici o per le sue impervie grotte – figuriamoci in inverno, ma Hibiki, che per primo aveva ricevuto il permesso di andare fin lassù, sapeva che sarebbe stata un'avventura, forse la più importante, della sua vita."
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gold, Green, Red, Silver
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Life of Heroes'
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Fandom: Pokèmon Games (HeartGold/SoulSilver)
Rating:
Per tutti
Personaggi/Pairing:
OriginalShipping/MasaraShipping(RedxGreen), HunterShipping/PreciousMetalShipping (Hibiki/GoldxSilver)
Tipologia:
ThreeShot
Genere:
Sentimentale, Fluff, Shonen-ai, Angst
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Satoshi Tajiri e Nintendo, che ne detengono tutti i diritti.
Note:
Ho un po' romanzato talune parti dei giochi e rimaneggiato la continuity, spero di non essermi presa eccessive libertà... I nomi sono quelli originali giapponesi, sia dei pg, sia delle città che dei Pokèmon. La timeline segue quella dei remake RF, GL, HG e SS.

SULLA VETTA

CAPITOLO 1

LA SCONFITTA

A proposito, Hibiki! Vedrò di farti andare al Monte Shirogane.
Si tratta di una montagna alta in cui vivono Pokemon selvatici.

Normalmente è vietato agli allenatori perchè è pericoloso.

Ma tu te la caverai alla grande!

Certo, il Monte Shirogane non era un posto accogliente neppure in estate – e c'era un motivo per cui il professor Ookido non permetteva a chiunque di vagabondare per le sue pendici o per le sue impervie grotte – figuriamoci in inverno, ma Hibiki, che per primo aveva ricevuto il permesso di andare fin lassù, sapeva che sarebbe stata un'avventura, forse la più importante, della sua vita.

Aveva sentito parlare dell'eremita sulla vetta, del ragazzo che si era tirato fuori dalla vita per trascorrere un periodo indefinito di tempo lassù, da solo, in compagnia dei suoi Pokèmon come per voler dimenticare qualcosa o qualcuno.

Hibiki poteva sembrare stupido, forse anche un po' infantile, ma era senza dubbio un buon ascoltatore: e come poteva non esserlo? Aveva attraversato due continenti affidandosi perlopiù alle voci e ai consigli di chi incontrava lungo i sentieri a lui sconosciuti, sapeva che parlare e confrontarsi con altri allenatori, con i Capipalestra e con i semplici viandanti era qualcosa di estremamente utile per andare avanti e non fare passi falsi.

Quindi, da quando aveva sentito nominare, per la prima volta, da Copiona, quel "ragazzo gentile" che le aveva regalato la PokèBambola che amava alla follia, aveva lentamente cominciato a rimettere assieme i pezzi.

Certo... Il Roketto Dan era stato fatto a pezzettini tre anni prima...

E anche lì c'era stato lo zampino di un ragazzo.

Anche Bill lo aveva nominato.

E quasi tutti i Capipalestra – tranne Nina ma era ovvio, Nina probabilmente non l'aveva neppure conosciuto – lo ricordavano con affetto.

"Quella peste mi ha annientato, you know? Sarebbe stato un ottimo soldato in guerra, what a waste. Però sorrideva troppo e sarebbe stato un peccato mortale cancellare quel sorriso con la guerra."

"Aveva una grazia senza pari. Era imbranato con le ragazze della Palestra ma che splendore con il suo Fushigibana..."

"Come posso dire... Era testardo e determinato, ma sapeva quando fermarsi. L'ho conosciuto all'inizio, sono stato la prima parete rocciosa che ha abbattuto a testate sulla sua strada verso la vittoria."

"Quel microbo! L'ho pescato che curiosava dentro la vecchia Villa abbandonata, una volta. Era alle prese con un piccolo Gadi che gli ringhiava addosso mentre le guance del suo Pikachu crepitavano scintille! Te lo dico io, quel ragazzino era una forza della natura."

Hibiki aveva catalogato religiosamente tutte le loro parole nella sua testa, parole che avevano contribuito a rimettere assieme quello strambo puzzle, coronato dalle parole della donna che aveva incontrato a Masara Town: nel vederla in viso, aveva istintivamente pensato alla sua mamma, lontana nella sua ventosa Wakaba, e si era promesso, in quel momento, di raggiungere quel ragazzo, anche a costo di rivoltare tutto il mondo, e riportarlo a casa.

Una follia?

Forse.

Ma d'altronde anche affrontare il Roketto Dan da solo lo era stato, figuriamoci la Lega e poi le Palestre di Kanto che si diceva fossero le più forti dei due continenti.

Di follie ne aveva parecchie al suo attivo, era il Campione di Johto, che diamine!

Incontrare il proprio collega di Kanto non poteva fargli che bene, no?

Eppure, in quel momento, che si trovavano l'uno davanti all'altro, Hibiki provava un'immensa tristezza nel vedere quel volto pallido, emaciato, quel corpo così sottile che abbracciava stretto il suo Pikachu privo di sensi; vederlo lì, inginocchiato in mezzo alla neve, così solo...

Così rotto e sconfitto.

Aveva vinto ma non provava la minima gioia.

Non era quella l'avventura che immaginava.

Dopo aver fatto rientrare in fretta Bakufun, Hibiki saltò giù dalla roccia piatta e s'avvicinò ai due amici stretti l'uno all'altro nella tormenta, si teneva il viso coperto col braccio per evitare la neve negli occhi e arrivò al punto di privarsi della propria giacca per offrirla al ragazzo che, fino a quel momento, non aveva neppure aperto bocca al suo arrivo.

Ricordava bene, oh se lo ricordava bene, l'accoglienza che aveva ricevuto, Hibiki si era stupito nel vederlo di spalle, in mezzo al grido del vento e al nevischio e ancora di più quando, senza neppure aver avuto modo di presentarsi, Red si era voltato, spiandolo da sotto il berretto, e aveva tirato fuori semplicemente una PokèBall.

Non aveva neppure potuto vederne gli occhi e solo in quel momento capiva perchè.

Uno sguardo più spento e vuoto non l'aveva mai visto.

Neppure quello di Silver era così: il suo rivale era sì insofferente e arrabbiato col mondo, ma questi suoi sentimenti erano quello che gli dava la forza, il carburante che alimentava il fuoco che gli ardeva dentro, lo stesso che lo spingeva a combattere, a essere il migliore, a crescere e a maturare oltre il proprio apparente disprezzo per la vita e i Pokèmon stessi.

Evidentemente, quel fuoco non esisteva più per Red.

Tra le sue braccia, Pikachu respirava appena e tremava infreddolito, al punto che Hibiki, in uno slancio, l'aveva strappato al suo allenatore per metterselo sotto la maglietta nel vano tentativo di scaldarlo un po'; nel farlo, il mancato contatto col corpo del suo più fidato amico aveva fatto cadere un paio di lacrime, subito tramutatesi in brina, dagli occhi del Campione di Kanto.

"Non possiamo restare qui fuori, congeleremo!" esclamò Hibiki, cercando di tirarlo su in piedi: "Forza, andiamo dentro!" aveva quasi il sapore di una supplica, la sua voce tremula, mentre lo scuoteva per le spalle.

Red scosse la testa, sussurrando debolmente quelle che, secondo l'impressione del nativo di Wakaba, probabilmente erano le prime parole dopo tantissimo tempo: "...Sconfitto... Fa male..."

"E' ovvio che faccia male, una sconfitta brucia sempre! Ma puoi sempre risollevarti dalla sconfitta!" la voce di Hibiki era attutita dal gemere violento della tormenta, ma la sua forza dirompente giungeva chiara al cuore di Red.

Dal canto suo, il ragazzo più giovane faticava a comprendere la velocità con cui si erano svolti gli eventi: chi l'avrebbe mai detto che si sarebbe ritrovato a cercare di portare in salvo, probabilmente da sè stesso e dalla sua testardaggine, un quattordicenne che era praticamente una leggenda?

Per non parlare del suo Pikachu stretto a sè, aggrappato testardamente con le zampine e i denti alla sua t-shirt.

La vita era ben strana ma, d'altra parte, quella era solo l'ennesima follia nel suo album.

Esasperato, Hibiki lasciò la presa con le dita intirizzite dal freddo, le sfregò energicamente contro i jeans e riagguantò per il bavero della giacchettina Red: era piuttosto leggero, nonostante tutto, da quanto non mangiava qualcosa di decente?

"Ah, accidenti! Non farmi passare per bugiardo!" gridò esasperato al vento mentre, con uno slancio di forza, era riuscito a caricarselo in spalla: "Ho promesso a me stesso che ti avrei ritrovato e ti avrei portato da tua madre giù da questo dannato monte! Se muori qui, con che faccia potrò scendere?!"

Ma da Red non giunse alcuna risposta, solo un vago mugolio sofferente che solleticava l'orecchio a Hibiki mentre, arrancando nella neve fresca, cercava di raggiungere la grotta: barcollava, faticava e più di una volta era sprofondato, ma non voleva darsi per vinto, non poteva darsi per vinto.

"Senti, Red... Io non voglio morire qui. E credo che neppure tu voglia morire..." mormorò tra sè e sè: "Ti farò un'altra promessa impossibile, riaccenderò quel fuoco che ormai si è spento in te."

Parole coraggiose, le sue, celate dentro il cuore e non pronunciate ma sufficienti per dargli la forza per lo sprint finale mentre, incespicando nei propri piedi, percorreva l'ultimo tratto della sottile striscia di terra che li avrebbe condotti al sicuro delle viscere del Monte Shirogane.

Quando, infine, privo di forze sulla soglia della grotta, Hibiki cadde in ginocchio e poi lungo disteso sul pavimento di pietra gelido, il corpo del Campione di Kanto ruzzolò per qualche metro assieme al suo Pikachu: l'impatto aveva fatto sciogliere la presa non solo di Hibiki ma anche quella che il pokèmon aveva sull'allenatore di Johto, e aveva pure sbalzato fuori dal suo alloggiamento nella cintura di quest'ultimo una piccola PokèBall traslucida, che s'aprì in una luce abbagliante.

Da essa, ruggendo, uscì Bakufun: emanava un dolce tepore, un calore che, istintivamente, anche se esausto, Hibiki aveva riconosciuto con un sorriso grato stampato sulle labbra: "Baku..." bofonchiò, alzando di poco la testa, infreddolito.

Il Pokémon gli si accucciò accanto, cercando di scaldarlo, ma subito l'allenatore lo allontanò con un cenno della mano mentre cercava di strisciare lontano dall'imboccatura della caverna: "S-Scalda lui... Salvalo..." sussurrò con un filo di voce.

Bakufun provò a protestare ma, resosi conto che, forse, sarebbe stato inutile, decretò lui stesso la linea d'azione da intraprendere: raccolto con attenzione il proprio allenatore tra le braccia, lo depositò con cautela accanto a quello che, fino a pochi minuti prima, era stato il loro avversario e che ora avrebbe dovuto proteggere alla pari del proprio partner umano.

E anche quel Pikachu aveva bisogno di essere protetto: li radunò tutti e tre contro di sé, aumentando gradualmente il tepore e l'intensità delle fiamme della propria schiena cosicchè non solo quella porzione di ambiente si scaldasse ma anche tutta la grotta: sarebbe servito tutto il calore possibile.

E difatti, quando, al proprio risveglio, Hibiki si trovò col viso premuto contro il corpo di Bakufun addormentato, pieno di energie e non più infreddolito, il ragazzo sentì un moto di gratitudine avvolgergli il petto: "Grazie amico, sapevo di poter contare su di te..." sussurrò con una lieve carezza sul muso di Baku mentre cercava di sgusciare dalla presa che il Pokémon aveva su di loro; Red e Pikachu erano ancora fuori combattimento e qualcosa gli diceva che ci sarebbe voluto ancora un bel po' prima che si svegliassero.

Con una rapida occhiata al PokéGear, si accorse di quanto tempo fosse passato.

"Accidenti, è trascorso un giorno intero!" borbottò mentre si alzava in piedi: "Dovremmo scendere di qui e alla svelta!" proseguì nelle sue elucubrazioni mentali, massaggiandosi la testa dolorante per la scomoda dormita, "Ma come facciamo?"

Volare era fuori discussione, non avrebbe messo a repentaglio la vita di Ikki, il suo Ho-Oh, in quella tormenta perenne, e sarebbe stato difficile scendere con Red privo di sensi, e questo non solo perchè non era certo di essere in grado di trasportarlo ma anche perchè aveva il sentore che spostarlo non avrebbe fatto altro che aggravarne le condizioni fisiche.

"E se provassi a chiamare qualcuno...?" borbottò tra sè e sè, scoccando un'occhiata preoccupata al ragazzo a pochi passi da lui: "Chi posso provare a convincere a raggiungerci qui...?"

§§§

Green entrò nello studio del nonno senza neppure bussare e incurante di ciò che quest'ultimo stesse facendo: "Nonno, cosa vuol dire che hai permesso a quel moccioso di salire sul Monte Shirogane?!" sbottò il giovane CapoPalestra.

Seduto alla scrivania dove teneva il computer, l'anziano ricercatore alzò la testa: "Green, ti sembra il modo di entrare?" chiese Ookido con espressione severa, "Ho sentito i guardiani per il passaggio al Monte Shirogane che hai dato il permesso a quel ragazzino di salirci!" continuò imperterrito il nipote, "A cosa pensavi quando glielo hai permesso?! Vuoi che faccia la fine di Red?!"

"Green, adesso calmati!"

Ookido-sensei s'alzò in piedi e fermò il fiume di parole con un semplice gesto della mano: "Hibiki-kun ha battuto la Lega, ha tutte le carte in regola per poterci salire e diventare più forte."

"Hai mandato quell'idiota di Red lassù per lo stesso motivo e sono tre anni che di lui non si sa più nulla!" e Green sottolineò le proprie parole frustrate con un pugno contro la parete più vicina: "Per quello che ne sappiamo, è morto! Vuoi che un altro marmocchio ci rimetta la pelle?!"

"Non ne abbiamo la certezza, Green. Anche per questo motivo ho permesso a Hibiki-kun di andare lassù ad allenarsi. Se Red-kun è ancora lassù, e ho forti speranze che sia così, lui lo troverà. E sono certo che lo convincerà a scendere."

"Come fai a esserne così sicuro?"

"Da quando sei così pessimista, Green?"

Il CapoPalestra sbuffò, infilandosi le mani in tasca: "Da quando quell'idiota ha smesso di dare notizie di sé perfino a sua madre e a Lance, rinunciando a tutto come il peggiore dei codardi."

"Ti sei mai chiesto perchè abbia acconsentito ad andare lassù? La mia era stata solo una proposta, non un obbligo, eppure lui non ha aperto bocca, ha semplicemente annuito ed è partito senza neppure salutare nessuno. Ti sei mai chiesto perchè?"

Green fece per ribattere ma, in effetti, non sapeva come rispondere: era vero, non si era mai chiesto il perchè di quella partenza così repentina.

Semplicemente, un giorno, si era svegliato e aveva trovato sua sorella alla porta della Palestra di Tokiwa con un messaggio per lui da parte di quel cretino del suo amico d'infanzia ed eterno rivale, poche righe per dire che sarebbe partito per il Monte Shirogane e che non sapeva quando sarebbe tornato.

Parole senza alcuna emozione, le sue, appuntate disordinatamente su di un foglio stropicciato e strappato sui bordi, parole e basta che sembravano voler mettere un muro altissimo tra loro.

Era vero, si erano sfidati per tutta Kanto, si erano affrontati alla Lega e lui ne era uscito sconfitto e frustrato, ma non avrebbe mai voluto che le cose finissero così.

Non era questo quello che desiderava.

Non voleva che Red se ne andasse.

Non capiva perchè avesse voluto andarsene.

E non l'aveva mai capito.

"No." ammise Green, ritornando alla realtà: "Non ci ho mai pensato."

Ookido-hakase sospirò per poi fare cenno al nipote di sedersi: "Tu e Red-kun siete cresciuti assieme, eravate entrambi orfani e, forse, anche per questo vi siete così affezionati l'uno all'altro quando eravate piccoli. Ricordo che eravate inseparabili." aggiunse l'anziano ricercatore, "Ma poi, crescendo, vi siete allontanati e siete diventati rivali. E' normale crescere e cambiare, anche maturare, ma c'è una cosa che tu non hai mai capito, Green, e non parlo solo degli inizi della tua storia come Pokèmon Trainer."

Lo sguardo triste e malinconico del nonno metteva Green a disagio ma quest'ultimo s'impose di non lasciar trasparire nulla dal proprio viso: "Cosa sarebbe?" chiese lui con tono insofferente.

"Non hai mai davvero capito i sentimenti di Red-kun."

Per un attimo, Green sentì distintamente il cuore balzargli in gola e il fiato mozzarglisi nel petto: "Cosa intendi?" domandò con voce lievemente vacillante, "Che sentimenti?!" la sua voce s'alzò di un'ottava mentre si alzava in piedi per avvicinarsi al nonno e troneggiare su di lui con gli occhi che saettavano da una parte all'altra.

Ookido-hakase restò impassibile: "Fui io ad accompagnare Red-kun fino alle pendici del Monte Shirogane, fui l'ultima persona a vederlo e fui l'ultima persona a cui parlò."

"Sei davvero sicuro, ragazzo?"

Red annuì, scoccando un'occhiata affettuosa verso Ookido-hakase mentre Pikachu gli mordicchiva giocosamente un orecchio: "Sì, grazie di tutto... Si prenda cura lei di mia madre... Da quando papà è morto... Credo le faccia piacere ogni tanto avere compagnia..."

"Sarà fatto, Red-kun... Ma, sei sicuro che sia giusto non dire nulla a Green? E' pur sempre..."

"Hakase... Green ha fatto la sua scelta, io non sono mai riuscito a dirgli nulla ed è meglio così. Sarebbe stato peggio se gli avessi parlato e mi avesse respinto..."

"Io manterrò la promessa di non dirgli nulla ma, quando sarai pronto, scendi e torna a casa. Le porte saranno sempre aperte per te, ragazzo. Lo sai, questo, vero?"

Red sorrise all'indirizzo del suo mentore poi, calcandosi meglio il berretto in testa, alzò la mano: "Arrivederci, ojiisan!" disse, prima di mettersi a correre verso la caverna più vicina.

Il filo dei ricordi del Professore s'interruppe improvvisamente per il singulto soffocato di Green, che aveva sgranato gli occhi con la mano alla bocca: "Io... Io..." balbettò, "Tu non sapevi nulla, Green, nessuno te ne fa una colpa." concluse l'uomo con uno sguardo comprensivo, "Ora capisci perchè ho permesso a Hibiki-kun di andare lassù?"

Pur comprendendolo, Green sentiva che era sbagliato.

"Perchè non lo hai permesso a me? Se davvero è così, allora avrei potuto far scendere quell'idiota all'indomani della sua partenza!"

"E tu pensi che ti avrebbe dato retta? Green, Red-kun si sentiva confuso, aveva bisogno di tempo e tradire la promessa che gli avevo fatto non mi sembrava il modo migliore per iniziare il suo processo di guarigione e di comprensione di sè. Hibiki-kun è molto simile a lui, è la persona ideale per aiutarlo."

"E perchè quell'idiota non ha mai pensato di parlarmi?! Era sempre lì a blaterare stronzate, mi stava appiccicato come uno Shellder alla coda di uno Yadoran!"

Entrambi trascorsero lunghi minuti in silenzio, poi Green gettò per terra la sedia e uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Quando lasciò il Laboratorio, la prima cosa che fece fu precipitarsi in volo a Tokiwa, entrare in palestra e ordinare sia al custode che ai singoli allenatori presenti di sloggiare, poi salì nel proprio appartamento, agguantò il vecchio zaino che usava quando si metteva in viaggio, ci buttò dentro una manciata di cose alla rinfusa, soprattutto medicine e scorte di cibo e nel giro di una ventina di minuti era già fuori da lì, con lo sguardo fisso sulla vetta che si ergeva in lontananza.

"Pigeot!"

Dalla cintura, staccò la PokèBall corrispondente e da essa uscì il suo fido compagno, che laciò un grido al cielo ormai avvolto dal crepuscolo e stava per salirgli in groppa quando sentì lo squillo del PokèGear al polso, c'era una chiamata in arrivo; pur tentato di ignorarlo, però, non ne fu in grado nel momento in cui riconobbe il mittente con un groppo in gola.

"Ragazzino, dove accidenti sei?!" sbottò mentre rispondeva.

Dall'altra parte si udì una scarica di statico, come se la linea faticasse a prendere, poi...

"G...Green-...an. Sono Hi...iki."

"Lo so chi sei! Dove ti trovi?! Sei sulla vetta del Monte?!"

All'interno della grotta, Hibiki esultò mentalmente: "Sì, sono quassù, ma ho bisogno di aiuto! Red-san..."

Della risposta del più giovane, Green aveva capito poco e niente, tranne "quassù" e "Red-san", ma era sufficiente: "Non muoverti da lì, hai capito?! Non muovetevi e aspettami! Sto arrivando! E tieni in vita quell'idiota finchè non arrivo, sono stato chiaro?!" era preoccupato, sì, ma anche esaltato mentre saltava in groppa al Pokémon e gli dettava con urgenza gli ordini, "Portami all'inizio della Champion Road, non mi importa se il nonno non mi ha dato il permesso di salire, noi andremo lassù ad ogni costo!"

Con un ultimo grido soddisfatto, Pigeot spiccò il volo verso la gigantesca sagoma oscura del Monte.

Lassù, sollevato e rassicurato per la telefonata appena conclusasi, Hibiki si lasciò scivolare contro il muro della caverna e poggiò il mento sulle proprie ginocchia raccolte contro il petto: "Va tutto bene, Baku. Stanno arrivando i soccorsi, dobbiamo solo resistere ancora per un poco..." disse a bassa voce, rivolgendosi al proprio starter insonnolito, "Red-san, ti restituirò la voglia di vivere, è una promessa." aggiunse, sorridendo appena all'indirizzo del quattordicenne ancora privo di sensi.

   
 
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