Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Shichan    03/01/2008    4 recensioni
C’è chi dice che alcuni ricordi, lentamente, lasciano lo spazio ad altri, più freschi e recenti, così vividi che non potranno essere mai dimenticati, finché altri, ancor più vividi, prenderanno il loro posto.
Chissà, forse questo vale davvero per gli esseri umani.
Io, in questo luogo, vicino a tutta quell’acqua di Acid Tokyo che tutti volevano difendere perché fonte di vita, mentre io la maledicevo perché mi costringeva a rimanere lì, fermo ed impotente, ho capito che gli esseri umani per questa loro capacità sono estremamente fortunati.
Loro continueranno a piangere sui ricordi tristi, senza nemmeno tentare o - chissà - senza avere la forza di cancellarli.

Ehm... secondo tentativo di KamuiSubaru, in Kamui pov. E ovviamente, anche questa volta spero di riuscire in qualcosa di leggibile ^^"
[Spoiler manga se non li avete mai visti in trc XD]
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: I personaggi sono copyright delle Clamp ed io li utilizzo per puro scopo creativo (oltre che perché ho scoperto che quando la mia Kamui Mode dorme male, finisce sempre per darmi idee astruse come questa >

Disclaimer: I personaggi sono copyright delle Clamp ed io li utilizzo per puro scopo creativo (oltre che perché ho scoperto che quando la mia Kamui Mode dorme male, finisce sempre per darmi idee astruse come questa >.>)

Note: Allora… sono le 2.52 di notte, non so se mi spiego. Questa è la prima ff che partorisco (perché sì, è stata un parto) non solo in così poco tempo (ho effettivamente iniziato alle 00.24 °° *si rende conto di quanto è drogata*), ma anche sul mio figlioletto *-* Il mio portatile regalo di Babbione Nataleeee *-*

Si accettano consigli per il nome del portatile ù_ù

A parte questo, spero di non essere orrendamente quanto schifosamente caduta nell’OOC. In caso, chiedo venia, avvisatemi e lo aggiungerò negli avvisi ç_ç

Ringraziamenti: Allora… innanzitutto, a tutti coloro che hanno letto le oneshot varie che hanno preceduto questa. Mi scordo sempre di ringraziare T_T *ignorante*

Poi, al mio fratellino Subaru, che ha il 50% di merito per questa cosa perché mi scatena in maniera istantanea la Kamui Mode facendo uscire POV del genere.

Infine, ringraziamento speciale a chi commentò “Growing up” a suo tempo, facendomi aumentare la passione per questi due ^___^

Per la cronaca, chissà che io non riesca in un seguito (non più di una oneshot, nel caso) come Francesca Akira89 aveva chiesto/ipotizzato XD

Detto ciò smetto di tediarvi, e vi lascio alla lettura.

Enjoy ^O^

 

Dream Catcher

 

«My mind always remembers yasashisa no kakera
mune no naka dakishimete
My heart blinded by tears
sasayaka na toki mo
kanawanai itoshisa wo motometeru.»

 

(La mia mente ricorda sempre frammenti di gentilezza
nel petto tu tieni la tua chiusura.
Il mio cuore è legato dalle lacrime
un istante veloce
non serve, è caro cercarlo.)

 

C’è chi dice che alcuni ricordi, lentamente, lasciano lo spazio ad altri, più freschi e recenti, così vividi che non potranno essere mai dimenticati, finché altri, ancor più vividi, prenderanno il loro posto.

Chissà, forse questo vale davvero per gli esseri umani.

Io, in questo luogo, vicino a tutta quell’acqua di Acid Tokyo, che tutti volevano difendere perché fonte di vita, mentre io la maledicevo perché mi costringeva a rimanere lì, fermo ed impotente, ho capito che gli esseri umani per questa loro capacità sono estremamente fortunati.

Loro continueranno a piangere sui ricordi tristi, senza nemmeno tentare o - chissà - senza avere la forza di cancellarli.

Io, differentemente da loro, non è che non riesca a dimenticare. Semplicemente, mi è impossibile.

Forse, poiché io non sono un essere umano, non ne posseggo le caratteristiche, o forse… forse il mio cuore non me lo concede. Sempre ammesso che io ne abbia uno, s’intende.

La mia mente, tanto allora quanto adesso, non ha mai dimenticato: non ha cancellato il perché siamo qui, l’incontro con quel cacciatore, il viaggio in questo mondo che forse un po’ ci assomiglia.

Privo di speranza, come me.

Pieno di illusioni, come te.

Perché questa pioggia acida che cade ormai da quindici anni, non ha motivo di fermarsi proprio adesso.

E allo stesso modo, io non ho motivo di sperare che le situazioni, i ricordi, il cosiddetto dolore…scompaiano.

Tu, invece… continui a crederci, vero? Che le intenzioni di quel tipo non sono cattive.

Ci credi come un bambino che crede alle favole, ma non ti sei accorto di essere cresciuto nel frattempo, e di non essere più nell’età in cui si crede alla magia, alle leggende, al principe azzurro o alla fata buona che verrà a salvarti ogni volta che ce ne sarà bisogno.

Non puoi permettertelo, Subaru, esattamente come gli abitanti di Acid Tokyo non possono permettersi di lasciare i loro rifugi credendo scioccamente che gli basterà pensare intensamente che la pioggia non corroderà i loro abiti, perché ciò avvenga davvero.

Non si può credere nei miracoli, non più.

E allo stesso modo, non è più tempo di vivere nelle illusioni.

Di ricordi… non posso rimproverarti di vivere influenzato da loro, poiché io per primo pecco della stessa colpa. Nella mia mente, rivivo il passato moltissime volte e forse anche più del necessario; ricordo ogni volta che, sorridendo in maniera dolce, mi ha rivolto parole gentile che il mio cuore non può dimenticare. Parole e gesti che mi hanno fatto sorridere e di cui sono sempre, tacitamente stato grato; parole e gesti che, a modo mio, ho sempre tentato di ricambiare.

Non siamo simili, in questo.

Non parliamo allo stesso modo, non facciamo gli stessi gesti per dimostrare l’affetto o il senso di protezione verso le cose e, soprattutto, verso le persone. Ironico, visto che siamo gemelli, non credi?

Io… non pretendevo che tu mi ringraziassi per l’affetto che ti dimostravo.

Volevo solo che te ne accorgessi e che mi assicurassi, in qualsiasi modo, che non ne eri infastidito.

Eppure, malgrado tutti quei frammenti di gentilezza che mi permettevi di raccogliere, uno ad uno, trovandovi il conforto di cui ogni volta avvertivo il bisogno… tu mi hai chiuso il tuo cuore.

Forse, perché uno come me non avrebbe mai potuto capire.

Forse, perché sapevi che io non sono esattamente come te.

Forse, temevi che ti giudicassi, o magari, hai temuto che io ti scoprissi. In caso, contrario, sarebbe stato il tuo primo segreto.

Per la prima volta, non ci sarebbe stato nessun “noi”.

Subaru… su molte cose avevi ragione: ti ho giudicato. Anche se solo per un istante, anche se solo all’inizio, io l’ho fatto. E, così come eri sempre stato in grado di capire non solo le mie reazioni momentanee, ma anche quelle non ancora manifestate, avevi visto giusto nel credere che ti avrei scoperto.

E no, Subaru, io non ti capisco.

Non ci riesco, e non voglio riuscirci: perché ogni maledetta volta che il tuo sguardo incrocia il mio, così come in passato, io mi chiedo perché.

Perché lui?

Perché proprio lui fra tanti?

Ed ogni volta, non so darmi una risposta; forse perché non sei tu stesso in grado di darmela, o magari, io non sono in grado di comprenderla nemmeno se resta immobile davanti ai miei occhi.

Ma c’è una cosa, Subaru, una sola che hai sbagliato.

Non siamo gemelli solo nell’aspetto.

Quando ci infuriamo, entrambi mostriamo quello che siamo; mostri, ci chiamano gli umani e non credo che, a volte, questo giudizio si discosti troppo dalla realtà.

Preferiamo un silenzio che ci lasci al nostro dolore, ai nostri pensieri, piuttosto che un pianto disperato, che ci permetta di sfogare ogni minima goccia di rancore insieme alle lacrime.

Eppure, una sera di molto tempo fa, dopo la prima volta che lo hai incontrato… tu hai pianto, Subaru.

Allora, mi voltai, rimanendo come un vigliacco dietro l’angolo, non più forte di quel coraggio - o parliamo di irresponsabilità? - che mi aveva permesso di attaccare quel cacciatore prima che accadesse l’irreparabile.

E dietro quell’angolo, ti osservai piangere.

E piansi anche io, legando il mio cuore a quelle lacrime, cosicché quello stesso cuore e i sentimenti che custodiva, non venissero ad interferire nel momento meno opportuno.

Forse, Subaru, io quella notte sono diventato quello che sono adesso.

Alcuni continueranno a definirlo “mostro”.

Altri, semplicemente una persona altezzosa - e forse non sono nemmeno lontani dalla realtà - chissà.

E forse, solo per alcuni, sarò semplicemente Kamui.

Per te… chissà.

Forse, per te, sono solo un impiccio.

E non ho la forza, di cercare un momento del passato per convincermi che non è o non sarà così.

Non ha importanza.

Anche se fosse solo un istante, e tuttavia bastasse a convincermene… non posso cercarlo.

Ho chiuso quello che chiamate “cuore”, e non ho intenzione di riaprirlo.

Ha un prezzo troppo caro, che in alcun modo sono in grado di pagare.

 

«Ah hoshi wo kazoete
nemureru you ni
anata ni tsutsumarete.»

 

(Ah mi fissi appena
come una calamita
legandomi, pensandomi.)

 

Eppure lo so, che non c’è nessuno che io possa biasimare per questo.

Nessuno, se non la debolezza che da sempre mi porto dietro; è solo colpa mia. Tutto.

Il tuo incontro con lui: se solo io non mi fossi allontanato, tu non saresti rimasto solo, e se così fosse stato, probabilmente quel giovane che, silenzioso, sedeva da solo, non ti avrebbe incuriosito.

Sotto quell’albero di ciliegio, chissà, forse non avresti intravisto nessuno, perché voltandoti con me e allontanandoti, non vi avresti nemmeno prestato troppa attenzione.

Non ti saresti avvicinato, né gli avresti rivolto la parola.

Non avresti continuato ad incontrarlo perché affascinato da quel suo unico occhio che vedeva.

E non saresti finito fra le sue braccia.

Mia è la colpa di quel tuo sguardo perennemente triste, del dolore così forte che non riesci a nasconderlo nemmeno tu che, insieme a me, sei un esperto del nascondere la natura non solo della persona che sei, ma anche dei pensieri che si celano nella tua mente.

Un tuo sorriso, può essere l’espressione della tua gentilezza, così come il monito di un attacco quanto mai prossimo.

Sì. Una volta eri così e, se solo io fossi stato meno cieco, lo saresti ancora.

Perdonami, per non essermene accorto.

Per non aver visto che quando si parlava di lui, la luce nel tuo sguardo cambiava.

Scusami, se non ho notato che la tua espressione quando ti chiedevo “va tutto bene?” o “notato nulla di insolito?” si innervosiva, contraendo quei lineamenti che dovrei conoscere come, se non meglio dei miei.

Mi dispiace.

Mi dispiace di non essermi accorto di quanto fossi felice, Subaru.

Se me ne fossi reso conto, avrei potuto stroncare quella felicità prima che potesse radicarsi troppo nel tuo cuore fino a renderlo cieco.

Non dirmi che va tutto bene, non scusarmi, perché quello che io ti chiedo, è un perdono che non voglio mi venga concesso, in modo tale che nessun nuovo ricordo cancelli quello che fa di me l’unico ad aver sbagliato, l’unico che è la causa di quel dolore che non riesci più a cancellare dal tuo viso.

Per quanto tu possa guardare altrove, per quanto tu possa arrabbiarti, per quanto tu possa sorridere.

È sempre presente.

E basta un solo sguardo perché io mi senta irrimediabilmente attratto, senza possibilità di scampo, come se non avessi altra scelta che cadere nella trappola perfetta, che non scopri finché non vi sei caduto.

Mi legherai sempre, anche solo con un semplice pensiero a me rivolto.

Continua a guardarmi, e incolpami di tutto ciò che ti è accaduto.

 

«I wanna be your dream catcher
kokoro no oku sakanai hana wo,
itsu no hi ka shinjite.
I wanna be your dream catcher,
ima hajimete umarekawaru,
Fly again.»

 

(Voglio essere il tuo cattura sogni
la parte interna del cuore di un fiore che non fiorisce,
sperando in ogni giorno.
Voglio essere il tuo cattura sogni,
adesso nasce per la prima volta e cambia,
volando ancora).

 

Mentre io, osservandoti, continuerò a ripetermi che ormai, non posso più scappare.

Posso continuare a portarti da un mondo all’altro, illudendomi così non solo di proteggerti ma, facendolo, di affievolire quel peso che io stesso ho contribuito a spostare sulle mie spalle.

Non per pietà verso di te.

Ma per pietà verso me stesso.

Quel me stesso che, seduto davanti all’acqua che ti imprigionava, la malediva per avergli tolto la persona per lui più importante, e al tempo stesso la pregava di tenerla con sé ancora.

“Ancora un po’”.

“Dammi più tempo”.

E per cosa? Semplice. Per respirare.

Respirare e convincermi, di nuovo, che c’era ancora speranza che tu non lo incontrassi mai più, e lo cancellassi dalla tua esistenza, come un avvenimento casuale di poca importanza. E sapendoti preda di un sonno dal quale non ti svegliavi, ho pensato molte volte… che ciò potesse accadere.

Formulando il patetico pensiero di chi non sa più cosa fare, perso in qualcosa di estremamente più grande di lui, sebbene non se ne renda conto.

Ti prego… cancellalo. Cancella quell’uomo dalla sua mente.

Ti prego.

Ti prego.

Ti prego.

E, alla fine, la mia preghiera forse è stata esaudita.

Quando ti sei svegliato, nella tua mente Seishiro non c’era più, forse.

Ma non avevo considerato che tutti i tuoi sentimenti, e forse ogni parte di te, è continuamente rivolta a lui.

Forse, Subaru… forse anche mentre dormivi, mentre dormi tuttora… l’hai incontrato.

Nei tuoi sogni, ne sono certo… tu devi aver incontrato molte volte Seishiro.

Leggende di questo mondo in cui ora ci troviamo, parlano di una figura chiamata “cattura sogni”, così potente da scegliere i sogni di una persona e sottrarglieli.

Vorrei avere lo stesso potere, se davvero questa creatura esistesse.

Vorrei poter essere il tuo cattura sogni ed essere in grado di trovare ogni parte che parla di lui, che te lo mostra ora in un ricordo reale, ora in uno fittizio, e cancellarla.

Eppure, non è possibile; non è nemmeno detto che qualcosa del genere esista.

È sbagliato sperare di diventare qualcosa che non esiste? Sperare di divenire privo di sentimenti al punto di non poter nemmeno soffrire?

È patetico invidiare la vita degli altri?

Degli esseri umani, che rispetto a noi hanno una forza così inferiore che spesso la loro stessa vita ne paga le conseguenze, spegnendosi al primo incontro con una forza estremamente maggiore che non gli lascia altra via di scampo, se non quella della resa.

Degli animali, forti solo dell’istinto, e che per questo se anche possiedono ricordi, non hanno la ragione a guidarli ed ordinarli al punto da renderli a volte importanti, altri indispensabili.

È davvero così patetico, per uno come me, ambire alla stessa vita semplice di un fiore o, ancor meglio, del cuore di un fiore che è destinato a non sbocciare mai, così da non dover temere né la pioggia, né il vento?

Senza paura di bearsi del calore del sole, di cui sentirà l’assenza come un assetato soffre per mancanza di acqua?

Se è patetico, non è una novità che io lo sia.

Voler essere tutte queste cose… non è forse tipico di una natura egoista come la mia? Come la tua?

Non sei forse così anche tu?

Chi sento piangere la notte?

Chi sento invocare un nome che ho imparato ad odiare con ogni fibra del mio essere?

Chi continua a perseguire il suo desiderio, senza curarsi di quelli degli altri?

Tu, Subaru.

E questo, si chiama egoismo.

Ed è stupido quanto lo è il mio, di me che spero ancora in chissà quale cambiamento, in chissà quale miracolo. Ogni giorno, senza sosta; ogni notte, senza eccezioni, mi chiedo se questa è quella in cui smetterai di pensarlo, o dopo la quale io mi sveglierò e tu, come in passato, sorriderai con gentilezza chiedendomi quanto ancora intendo dormire, o quando smetterò di infilarmi di nascosto nei letti altrui.

È finito quel tempo, sono spariti quei giorni, lo sai tu e lo so io.

Ne siamo coscienti in quel desiderio che in te rinasce ogni giorno, e in quella speranza che in me muore appena nata, cambiando in altri desideri, in altre tacite richieste.

Permettetemi di ucciderlo.

Fatemelo incontrare.

Richieste che non conosco altro che l’odio che rivolgo a lui, e che a lui non è forse mai stato destinato.

Non dall’inizio.

 

«My heart never surrenders
kodomo datta koro no
massugu na manazashi wa kawaranai.


Ah mitsumeru dake
jishaku no you ni
omoi wo tabaneteku.»

 

(Il mio cuore non si arrende mai,
il tempo dove è bambino,
lo sguardo dritto non cambia.

Ah mi fissi appena
come una calamita
legandomi, pensandomi.)

 

Te lo ricordi, fratellino? Ricordi quando eravamo bambini?

Io, ancora oggi, riesco a conservare in qualche parte della mia memoria ricordi che spero di non riuscire mai a cancellare.

Non sono molto ricchi di particolari eppure… sento di non volermene assolutamente separare.

Ricordo un giardino: verde, con diversi alberi.

Ricordo una casa, grande e dal tetto spiovente.

Ma non ricordo fiori, nel giardino, né altalene ai rami di un albero particolarmente grande.

Mi sfuggono cose come il materiale della porta, o il colore del muro di casa: a dire il vero, non sono nemmeno certo di non stare confondendo quella che credo la casa di quando eravamo bambini, con qualcuna che magari potrei aver visto in questo nostro - o dovrei dire mio? - errare senza meta.

Ogni mio ricordo di quel tempo… è fermo ad un bambino, è fermo a te.

Tu che sei mio fratello.

Tu che sei il mio gemello, per il quale non esiterei a dare la mia vita, o a renderla la vita di un assassino.

Tu che sei la persona che più amo, e quella che più mi fa male vedere.

Non riesco a posare lo sguardo su di te.

Eppure, non posso fare a meno di farlo.

Non riesco a non pensare che è colpa mia tanto quanto lo è tua.

Ma non posso evitare di convincermi che sia solo dalla mia parte, quella colpa.

Vorrei che tu non fossi così importante per me… solo che…

…non ci riesco.

È lì, sai? Quel cuore che solo tu ormai riesci a raggiungere con un solo sguardo o con una sola parola.

È fermo a quel ricordo che ho di te, che ho di noi, e al quale si aggrappa per non svanire del tutto.

Il cuore di quel tempo, non riesce ad arrendersi e chissà, magari… magari non ci riesco nemmeno io.

Eppure sono convinto che se solo tu me lo dicessi… se solo tu mi dicessi di smetterla, io potrei riuscirci. Dico sul serio.

Se tu mi urlassi di smettere di fare il bambino capriccioso, di smettere di essere la tua ombra ovunque vai, senza mai fermarmi di fronte a nulla, né ai tuoi desideri che fin troppo facilmente intuisco, né alle tue richieste sussurrate con una voce carica di quella tristezza che odio quanto quel cacciatore che te la fa provare; se tu mi dicessi che basta, non posso avere la pretesa di controllare oltre la tua vita, io chinerei il capo e sarei costretto ad accettare quelle tue parole a prescindere dai miei desideri.

Perché fare il contrario, significherebbe perderti.

E non ce la faccio, Subaru, proprio no.

Non di nuovo, non più di così.

E invece tu, non alzi mai la voce, non ti arrabbi e continui a lasciarmi in questa dannata situazione, che vede me a capo di tutto.

Un mio gesto comprometterà te? Me? Quei due fratelli?

Le mie mani, di quale sangue saranno sporche alla fine? Del suo? Del mio?

Dimmelo.

Dimmelo.

Quando ti chiedo cosa vuoi fare, rispondimi.

Quando ti chiedo dove vuoi andare, dimmelo.

Quando ti chiedo quanto ancora vuoi andare avanti così, spiegamelo.

Parla.

Parla.

Parla, cazzo.

Smettila di giocare, Subaru.

Perché per quanto il mio sguardo non si scosti mai da niente, rimanendo sempre dritto di fronte a me…

…non riesco più ad avanzare.

Non capisco più né cosa vuoi, né cosa voglio.

Non sono infallibile, mi dispiace.

E malgrado ogni tuo sguardo mi possa incatenare e farmi credere che no, non ho scelta che non sia questa, io ho smesso di credere che quando mi guardi, il tuo pensiero sia fisso su ciò che i tuoi occhi vedono.

Subaru, non siamo più bambini.

Non possiamo prenderci in giro in eterno.

…vero?

 

«I wanna be your dream catcher
donna kanashimi ga otozuretemo
mamoritai anata wo
I wanna be your dream catcher
ima hajimete tsuyoku nareru
Fly again.»

 

(Voglio essere il tuo cattura sogni,
da ogni tipo di visita del dolore
tu amorevolmente mi proteggerai.
Voglio essere il tuo cattura sogni,
adesso con forza si è abituato per la prima volta,
volando ancora.)

 

Forse, il vero problema, è che da allora non siamo mai cambiati.

Né da quando eravamo bambini, né dal giorno di quel vostro incontro.

Anche allora, quando ti vedevo triste, desideravo essere in grado di cancellare via qualsiasi cosa causasse quell’espressione a cui non sapevo dare un nome, ma che sentivo di odiare tanto.

Perché faceva star male il mio fratellino.

Perché mi privava del suo sorriso.

E allora, mi dicevo, io l’avrei cacciata via, qualunque cosa fosse.

Perché ero certo che qualora fosse accaduto a me, tu mi avresti protetto, proprio come avevamo promesso…

 

«Subaru, Subaru!»

«Kamui… ma che hai fatto?! Perché sei ferito alle mani?!»

«Mi sono solo sbucciato e comunque non fa mica male!»

«Ma…ma anche se non fa male…»

«Ho picchiato la terra! Adesso non ti farà più fare quell’espressione!»

«…Eh?»

«Massì, la terra! Eri seduto a terra con la faccia triste… scommetto che ti ha trattato male, no? E allora l’ho picchiata! Ora non ti darà più fastidio, sono sicuro.»

E quel Subaru bambino non può che abbracciare il suo fratellino, che nella sua ingenuità non ha esitato un attimo a farsi male per proteggerlo.

Anche se il dolore non lo sente.

Anche se la terra, non ha fatto proprio nulla di male.

Malgrado tutto, lui è felice.

Perché Kamui, di certo, lo aiuterà sempre.

E lo promette, Subaru: anche lui, aiuterà sempre Kamui.

 

…ma forse, quella promessa, tu non riesci più a ricordarla.

Forse, perché non ce la siamo fatta a parole e chissà, magari quella di proteggerti, è una promessa che ho fatto solo io.

In fondo, voler proteggere a tutti i costi qualcuno dal dolore, è un po’ come essere il “cattura sogni” di cui parlano qui, non credi? Io ho avuto conferma di poterlo essere, dopo il tuo incontro con lui e dopo il tuo risveglio.

Quel cuore che si era ripromesso di esserci sempre, per poi smarrirsi quando nei tuoi occhi aveva scorto qualcosa che per la prima volta in vita mia non riuscivo a comprendere di te, ritrovandosi nel dolore di saperti vicino eppure incapace di sentire qualsiasi richiamo, qualsiasi preghiera o grido, e perdendosi, di nuovo, senza pace, quando ti sei svegliato… quel cuore, può ancora farcela.

Se continuo a tenerlo, benché sia inutile, solo per racchiudere il mio desiderio e il mio odio, custodendoli finché mi aiuteranno a camminare a testa alta, allora andrà bene.

L’ho pensato, quando ti sei svegliato ad Acid Tokyo.

Adesso che il mio cuore è abituato a non essere più quello che può scrutare la tua anima, che può sapere e capire tutto di te… di certo, andrà bene.

Sai, fratellino, se anche è vero che io non ho capito più quella parte di te che volevo mi fosse costantemente rivolta, è anche vero che in quello stesso istante, forse… a te è accaduto altrettanto.

Com’è stato, non riuscire più a decifrare cosa c’era dietro lo sguardo della persona che avevi sempre compreso di più e che, per contro, aveva sempre fatto lo stesso con estrema facilità?

Come hai fatto a non accorgertene?

Come hai fatto a non vedere altro?

A volte credo sia stato normale, altre maledico entrambi per aver permesso che succedesse.

Eppure… ironico, vero?

Tu, ancora oggi, sei ancora troppo cieco per vederlo.

 

«I feel something sneak in to me,
It surprises me,
Opens me.

I wanna be your dream catcher,
kokoro no oku sakanai hana wo,
itsu no hi ka shinjite.
I wanna be your dream catcher,
ima hajimete umarekawaru,
Fly again.»

 

(Sento che qualcosa s'insinua in me,
mi sorprende,
mi apre.

Voglio essere il tuo cattura sogni,
la parte interna del cuore di un fiore che non fiorisce
sperando in ogni giorno.
Voglio essere il tuo cattura sogni,
adesso nasce per la prima volta e cambia,
volando ancora.)

 

Io, me ne accorsi tempo fa.

E ne ho paura ancora adesso: non credo nel sentimento che dici di provare per quel cacciatore.

Ma credo nel fatto che i sentimenti come l’odio e la rabbia possono portare chiunque a diventare il peggior reietto che abbia messo piede in questo o in altri mondi.

Perché quell’odio l’ho provato.

Più di quanto ne provo oggi, ogni volta che le nostre strade si incrociano a quelle di quel maledetto.

Persino più di tutto quello provato la prima volta che vi ho visti, e tu eri fra le sue braccia.

Molto di più.

Un odio covato in così breve tempo, da distruggere l’anima e che a te sono riuscito sempre a tenere nascosto; d’altra parte, Subaru, ci sono molte cose che tu ormai non puoi più vedere chiaramente.

Molti, direbbero che sei fortunato, sai?

Fu quel tipo d’odio, quel qualcosa che si insinua dentro di te ad una velocità che non ti permette di fare niente per impedirglielo, nemmeno con il più grande degli impegni. Ti sorprende, così dal nulla, e ti fa aprire gli occhi su quel te stesso che credevi di conoscere e che invece scopri essere nient’altro che il riflesso distorto di quello che hai sempre sperato di apparire o di diventare.

Ha rotto in mille pezzi il riflesso di fratello che poteva sorreggerti in qualunque situazione.

Ha distrutto in frammenti la figura che vedevo di un me stesso abbastanza forte, o forse abbastanza e basta, che potesse darti tutto quello di cui avevi bisogno.

Mi ha consumato in pochi istanti e profondamente come se ci avesse impiegato degli anni.

Tsk, sono felice per te, Subaru, che sei riuscito a non accorgerti di un sentimento simile nemmeno quando era palesato agli occhi del mondo.

 

«Subaru-san…?»

«Mh? Dimmi, Sakura-chan.»

Sorride di nuovo, come se tutto andasse bene.

«Va davvero tutto bene?»

Però lei se ne accorge ugualmente. Ha viaggiato con qualcuno che nasconde le cose molto meglio di lui.

«Kamui è molto arrabbiato con me. E ha ragione.»

Lei osserva suo fratello. Eppure, non capisce.

«Kamui-san… deve essere arrabbiato?»

«Non è che debba necessariamente, ma è giusto se lo è.»

Criptico, eppure non è solo quello che lei non capisce.

«A me… era sembrato solo preoccupato.»

«Lo era.»

Ovvio che lo fosse.

«E lo è tuttora.»

Avresti il coraggio di dire che non dovrebbe?

«Ma Kamui è anche furioso con me, come lo è stato anche in passato. In fondo me lo merito. In realtà, lui non mostra mai quando è arrabbiato, ma io me ne accorgo ugualmente.»

«Perché siete gemelli?»

«Sì. Perché siamo gemelli.»

 

Forse, ti saresti spaventato.

O, peggio ancora, avresti continuato a chiedere cosa c’era che non andava, ottenendo niente altro che una risposta cattiva, che solo con il tempo ho imparato a non rivolgerti, controllandomi.

Non è ciò di cui hai bisogno.

Ed io non voglio darti cose inutili.

Oltretutto, quel tipo di odio, fu uno di quei sentimenti che nacque e cambiò abbastanza rapidamente da non permettermi di commettere nessuna di quelle che definiresti “azioni sconsiderate”, fratellino.

Tu mi hai tradito.

Hai tradito il mio affetto, la mia fiducia.

Hai tradito la promessa, hai tradito il passato che abbiamo vissuto e il futuro che avremmo potuto vivere.

Mi hai tradito e hai mentito.

Bugiardo.

Bugiardo.

Bugiardo.

Traditore ed egoista.

Menefreghista.

Non ti è interessato nulla di come io avrei potuto prenderla, anzi, in quell’abbraccio così caldo sono sicuro che non ci hai nemmeno pensato!

Tanto Kamui, il mio gemello stupido e tonto, non si accorgerà mai di questi incontri se io non gliene parlo… lo hai pensato, non è forse così?!

Senza vergognartene, tornando da me come se nulla fosse accaduto, come se non ci fossero segreti!

E cosa avrei dovuto pensare, quando l’ho scoperto rovinandoti i piani?

Pretendevi anche che non ti giudicassi! E come, eh?!

Dovevo abbandonarti e dirti in faccia che quello e avevi fatto mi aveva inflitto il peggior dolore fra i pochi che posso provare, dopo che quello fisico mi è precluso.

Dovevo dirti parole di disprezzo.

Di sdegno.

Avrei dovuto mostrarti il più possibile quanto tu mi avessi deluso.

Bugiardo, traditore, egoista…

…e fu allora, che lo pensai e mi sentii urlarlo nella mia stessa mente.

 

Ti odio.

 

Ti odio.

Ti odio.

Ti odio.

Ti odio.

 

Eppure, la mia debolezza fu il nostro legame di sangue.

Ho provato nei tuoi confronti un’immensa rabbia, Subaru… ma non potevo permettermi di provare anche l’odio verso la persona che, malgrado tutto, era per me la più importante di tutte.

 

Ti odio… più di chiunque altro. Ma sei mio fratello, perciò… non posso odiarti.

 

Odia Seishiro.

Questo mi sono detto.

Odia Seishiro, e continua ad amare incondizionatamente Subaru.

Se io non ti amassi… probabilmente tenterei di ucciderti.

E a quel punto, io stesso potrei morire.

Per questo, non voglio che tu veda la mia rabbia.

Potresti individuarne la vera causa.

Per questo io sono felice che tu non riesca più a distinguere con chiarezza i miei sentimenti.

Vi leggeresti bugie troppo dolorose per entrambi.

Proprio per questo, Subaru… non voglio che nessuno sfiori più il mio cuore.

Chissà quante ferite ci troverebbe, ormai…

Quindi va bene così, fratellino.

Io resto a guardarti e ti trascinerò via da lui ogni volta che potrò, finché avrò il fiato per scappare da un luogo all’altro, fra dimensioni di cui mai, né io né te, avremmo potuto immaginare l’esistenza.

Tu… non guardare.

 

«Kamui-san…»

Chissà che vuole quel ragazzino da te?

«Io… ecco…»

Qualunque cosa sia, che si sbrighi a dirla e si allontani dall’acqua in cui è imprigionato Subaru.

«…non è all’acqua che miriamo, glielo giuro!»

E ora perché diamine urla?

«Mh.»

«C’è solo una cosa che io… devo recuperare ad ogni costo.»

Già, ne sai qualcosa.

«E proteggerò la principessa finché non l’avremo recuperata!»

Sì, è una storia che hai già sentito, questa del proteggere qualcuno.

«Perciò, io…!»

«Vattene.»

«Eh…?»

«Se quello che stai cercando non si trova qui, vattene.»

«…»

Sia lode, almeno tace.

«Lei non sa cosa significa.»

Bene, il ragazzino vuole morire giovane.

Per questo ti volti con chiari propositi dipinti in faccia, la stessa dalla quale nemmeno chi vive con te da due anni riesce a carpire nulla.

Lui, sembrava aspettarselo. Ti fissa con quell’aria decisa che un po’ ti sorprende, sebbene non lo dimostri.

«Se come credo lo sa fin troppo bene, non serve dire che non me andrò finché non avrò raggiunto il mio obiettivo.»

Lo fissi.

Per pochi secondi.

Sono solo delle fottute belle parole.

«Sparisci.» gli intimi.

Di tuoi riflessi distorti e del passato, ne hai già visti fin troppi.

 

Non guardare, Subaru.

Lo farò io per te.

 

«Subaru, va tutto bene?»

«Cosa? Sì, perché?»

«...»

Bussano alla porta.

«Vado io.»

«Perché non riesco a capirti più, Subaru…»

 

 

   
 
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