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Autore: Grey Sandcastle    20/06/2013    5 recensioni
Penelope, 15 anni, di origini cherokee. Da sempre soffre di una grave forma di dislessia, che disprezza profondamente. La sua vita cambia dal momento in cui, alla scuola privata Maine, un alunno di nome Kurt la chiama figlia delle ombre, lasciando nella sua mente un misto di terrore e curiosità.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ade, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Figlia delle ombre

Riflessi nel vetro



"Penelope, svegliati!"
L'urlo di mia madre rimbomba nel corridoio, seguito da un'invitante odore di caffè.
"Ora di prepararsi per la scuola!"
Ah, giusto, l'ennesima scuola nuova.
Con gli occhi ancora chiusi, mi gusto gli ultimi secondi di pace prima dell'inferno.
"Vedi di muoverti!" urla ancora mia madre, ora molto vicino a me. Mi butta in faccia l'uniforme dell'istituto, tira giù bruscamente le coperte e apre le tende, facendo più rumore possibile.
Mi alzo di scatto, rendendomi conto di essere in ritardo. Mi infilo velocemente i vestiti, annodando la cravatta alla bell'e meglio. Corro in cucina e afferro un paio di fette biscottate, saluto mamma e papà con un veloce bacio sulla guancia ed esco.
Dalle scale, sento mio padre urlare: "Pen, vedi di non cacciarti ancora nei pasticci, mi raccomando!", così gli urlo di rimando un "contaci".
Scendo in strada appena in tempo per prendere il pullman, come mio solito, e mi siedo vicino a un ragazzo biondo ed alto, tipo modello norvegese.
"Ciao, cioccolatino", mi dice lui, "stai andando a scuola?"
"Sì." gli rispondo con apparente freddezza; in realtà sto lottando per non arrossire.
"Oh, direi che sei più un gelato al cioccolato!" esclama, poi si corregge: "Anzi, direi un gelato alla nocciola." E con nonchalance si avvicina al mio orecchio, e sussurra: "Mi piace il gelato alla nocciola."
"Ci stai provando,  ma non sai nemmeno il mio nome. Sei proprio un playboy fallito" borbotto.
Lui rimane un po' sbigottito, poi con un'alzata di spalle mi porge la mano, presentandosi come Kurt.
"Penelope", mi presento, cercando di mantenere intatta la mia maschera da regina dei ghiacci.
"E dimmi, Penny" mi chiede, con interesse, "dove vai a scuola, di bello?"
Al che, sbotto: "Primo, non chiamarmi Penny, non sono una monetina. Secondo, smettila di farmi domande, sono le sette e mezza del lunedì mattina. Dammi aria.", e mi giro scocciata dall'altra parte.
In quel preciso istante, riflesso nel vetro dall'altra parte vedo Kurt cambiare per una frazione di secondo. Il suo naso scolpito si accorcia in un grugno, gli occhi si rimpiccioliscono, le orecchie si spostano verso l'alto, dalla bocca, che da carnosa e seducente è diventata una smorfia piena di cicatrici, esce uno sbuffo di fumo. Mi giro di scatto verso di lui, che mi lancia uno sguardo innocente, con i suoi occhi azzurri e normali.
"Che c'è, bocconcino?" domanda.
"Cosa sei?" chiedo, sospettosa.
"Uno studente, ovvio no?" risponde, con aria scettica, "Oltretutto, dovremmo scendere qua."
In effetti, siamo proprio davanti alla Maine, la scuola a cui dovrei andare.
"Un attimo", lo chiamo, alzanzomi, "come fai a sapere che devo scendere qua?"
Da dietro, lo sento dire "Uniforme, nocciolina", ma quando mi giro a cercarlo, lui non c'è più.


¤

Ecco fatto, quindi, sono già riuscita a perdermi. Ben fatto, Pen.
Vago senza meta nei corridoi della Maine, una scuola immensa. Mi ritrovo davanti ad una classe, con un cartellino giallo attaccato alla porta. Magari c'è scritto che aula è.
Provo a leggerlo, ma le lettere vibrano e si scambiano di posto, impedendomi la lettura. La chiamano dislessia. E' frustrante, preferirei essere analfabeta, almeno i professori capirebbero quando gli dico "non riesco a leggere". E invece no, per colpa di questa malattia sei costretto a fare la figura dell'idiota, che legge cane al posto di acne.
"Mi scusi, signorina, cosa ci fa lei in giro?" dice una voce acuta dietro di me.
Mi giro e mi trovo davanti una vecchietta raggrinzita, appoggiata a un bastone.
"Oh, chiedo perdono. Mi sono persa." rispondo, intimorita.
Lei mi scruta con aria sospettosa, alza le spalle e mi fa cenno di seguirla.
"Allora," dice, rompendo un silenzio imbarazzato, "non sei di queste parti, vero?"
"Beh, diciamo sì e no. Entrambi i miei genitori sono cherokee, quindi non sono strettamente americana, giusto?" rispondo, imbarazzata.
"Tecnicamente sei molto più americana di tutti noi messi assieme." poi assume un'aria pensierosa, "sì, questo spiega la tua carnagione olivastra e il naso... Sì, molto cherokee."
Si ferma d'un tratto, davanti a una porta. "Eccoti arrivata. Divertiti a storia!" e mi scocca un'occhiata severa.
"Grazie" dico timidamente, ed entro.


¤

Esco dalla classe di storia dopo due interminabili ore. La professoressa mi ha presentato alla classe, poi mi ha fatto sedere vicino a un ragazzo biondo, che solo più tardi ho realizzato fosse Kurt. Ho letto alla classe un passo di Omero, o almeno ho tentato: dopo cinque minuti di imprecazioni, di scusate e balbettii, la professoressa mi ha fatta andare al posto tra le risatine generali. Tipico.
Durante la spiegazione Kurt mi ha passato un bigliettino, con scritto in una grafia sbilenca "nell'intervallo puoi seguirmi? Devo parlarti.".
Per questo ora sono dietro di lui, e non ho idea di dove mi stia portando.
Dopo qualche minuto di camminata, ci fermiamo in un campo da basket deserto.
"Allora, bocconcino" dice, con la sua voce seducente, "Da dove posso iniziare, con te?"  chiede, anche se mi sembra una domanda più rivolta a se stesso.
Si avvicina, fa un giro attorno a me e si ferma alle mie spalle. Posso sentire il suo respiro sul  mio collo, un respiro così calmo e... Insolitamente caldo, con una leggera sfumatura di zolfo.
"Potrei, hmmm..." mormora, "Potrei iniziare con queste piccole manine alla nocciola, vero dolcezza?". Poi mi scocca un'occhiata di fuoco. Letteralmente, nei suoi occhi ci sono fiamme.
"Oh, beh, io dovrei andare in classe, sai... Sta per finire l'intervallo" balbetto, sottraendo la mia mano alla sua presa e arretrando di parecchi passi verso l'entrata.
"Allora non capisci, cioccolatino?" dice, "E' inutile che tenti di scappare, figlia delle ombre, ti avremmo comunque trovata... E uccisa."
E così Kurt inizia a cambiare forma. Si getta a quattro zampe, e nel momento in cui si strappa i vestiti vedo la sua pelle diventare di uno sgradevole verde bottiglia. Con un urlo di dolore alza le braccia, e quando le riappoggia a terra erano diventate delle vere e proprie zampe, con tanto di artigli acuminati. Il naso si piega in un orribile grugno. L'intero corpo, attraversato da spasmi, diventa più grosso. Era diventato la creatura del riflesso.
Quello che era Kurt alza gli occhi porcini su di me, e con una voce quasi proveniente dall'oltretomba annuncia: "Vediamo se riesco a scioglierti, gelato alla nocciola", e vomita un fiume di fuoco.


 
  
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