Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: MadnessInk    21/06/2013    2 recensioni
-Mi spiega come faccio a truccarle l'occhio se non lo chiude? Vuole che le trucchi il bulbo oculare?-. E David si limitò solamente a dire:-Trevor, dopo lo show provvedi a licenziare questa dipendente inutile-. -Ma mr. Bowie, che sta dicendo? È la m...- e lui, sbraitando letteralmente: -Taci, fa' quello che ti ho detto!-. A quel punto Mya non resse più.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Allora, eccomi, sono pronto, possiamo andare- disse Trevor scendendo gli scalini e aggiustandosi la cravatta nera. -Finalmente. Andiamo, basta perdere tempo- borbottava Bowie mentre si metteva la giacca. O meglio... tentava di mettersi la giacca, ma non ci riusciva. Non riusciva a centrare la manica con il braccio. Quasi tutto l'atrio aveva gli occhi su Bowie che, nell'intento di infilarsi quella dannatissima giacca, girava intorno a se stesso come un cane che rincorre la sua stessa coda. A salvare il cantante da quella situazione a dir poco dannosa per la sua immagine fu il suo manager, che lo bloccò e gli infilò il braccio nella manica. Bowie lo guardò negli occhi e poi distolse lo sguardo, come uno che sa di aver fatto la figura dell'idiota. I due uscirono dall'albergo e si precipitarono nella Mercedes blu scuro della star.
Messe le cinture di sicurezza i due uomini si guardarono a vicenda. -Tu ce l'hai un piano, vero Trevor? Vero?- disse Bowie. Il manager infilò una mano nella tasca interna della giacca. Ci stette un po', poi tirò fuori un foglio di carta ripiegato su se stesso. Bowie inarcò il sopracciglio, squadrando Trevor e il suo foglietto. Cosa voleva fare con un foglio? Scriverci la lista della spesa? Non ci fu bisogno della domanda di David, Trevor lo anticipò: -Se vogliamo muoverci a Parigi ci serve una cartina-. David annuì, poi mise in moto.
-Dove pensa che sia potuta andare?- domandò Trevor a David che, ovviamente lo fulminò con lo sguardo: -Beh, se lo sapessi non starei qui fermo al parcheggio, non credi?-
-Beh, allora se lei fosse stato Mya, che cosa avrebbe fatto?-
-La risposta non cambia!- sbraitò il cantante. Trevor non perse la pazienza: -Allora... se la licenziassero lei dove se ne andrebbe?- domandò. Bowie ci pensò un po' prima di rispondere: -Beh... in un locale a luci rosse, fra le braccia di qualche bella spogliarellista. Oppure andrei ad ubriacarmi in un bar-. Il viso di Trevor si illuminò: -Di gran lunga la seconda opzione. Ma ci sono un migliaio di bar a Parigi! Direi che è quasi impossibile andare a pescare quello giusto!-. Bowie, in una fase di ira improvvisa afferrò Trevor per il colletto della giacca: -Senti un po', razza di incapace: non ti ho assunto per fare ipotesi, ma per lavorare! Vedi di trovarla!-. Inspirò profondamente. Non poteva essere. Non aveva davvero preso per il colletto della giacca il suo manager. No, non poteva essere così. Lo lasciò qualche istante dopo aver detto quelle parole. Poi abbassò lo sguardo. Certo che la lezione gli era servita! Trevor scese dalla macchina e si precipitò in albergo. Bowie rimase come un pesce lesso. Stette per mandare il manager a quel paese, quando questo ritornò in macchina, dopo qualche minuto, con in mano dei fogli: -L'ho trovata!- esclamò Trevor una volta dentro, chiudendo lo sportello. -Dov'è?- disse agitandosi Bowie, trepidando come un bambino la mattina di Natale mentre apre i suoi regali. Il manager abbassò lo sguardo e grattandosi la testa iniziò a farfugliare qualcosa. -Cosa c'è adesso?- gli chiese il cantante. Trevor sembrò non voler rispondere. David ripeté con più decisione la sua domanda. Trevor iniziò a balbettare: -Beh... in realtà non l'ho trovata, ma ho trovato il luogo dove potrebbe essere andata- e finì la frase alla velocità della luce, poi mise le braccia come a ripararsi da un eventuale colpo da parte di Bowie che, dal canto suo invece, osservava il pover'uomo impaurito. Poi si degnò di dare un taglio alle sue pene: -Portamici-. Il cantante si tolse la cintura: -Guida tu- disse mentre usciva dallo sportello della macchina. E subito Trevor si fiondò al posto di Bowie e, messosi la cinta, schiacciò l'acceleratore.
Non ci volle molto per arrivare nel luogo “incriminato”. Bowie prima e Trevor poi scesero dalla macchina e si trovarono davanti un locale che portava la scritta “Le Péché Mignon”. I due si scambiarono uno sguardo di intesa ed entrarono. La campana di ottone posta al di sopra della porta tintinnò. Dietro al bancone stava allegra una abbondante signora sulla cinquantina, dall'aria molto amichevole. I due uomini si guardarono di nuovo. -Trevor, ma dove mi hai portato?- sussurrò Bowie, rivolgendosi al manager.
-Buongiorno signori- esordì la donna, avvicinandosi ai due uomini che si fissavano terrorizzati, come se lei volesse mangiarseli. La formosa signora continuò: -Accomodatevi, prego. Cosa posso servirvi?-
-Niente, grazie abbiamo già fatto colazione in albergo. Non è vero, Trevor?- fece Bowie al manager, che era rapito dalla moltitudine di leccornie che vi erano nel banco freezer, che aspettavano soltanto di essere mangiate. Bowie continuò: - Lo prenda come un sì. Piuttosto vorrei un'informazione-
-Che genere di informazione?-
-Vede- disse Bowie, tirando fuori dalla tasca della giacca una foto di Mya e mostrandola alla signora -...noi stiamo cercando questa ragazza, Mya Sion. Mi è stato detto che ieri sera è stata qui, in questo bar. Sa confermarmelo? E sa eventualmente dove possa essere andata?-
-Signore, io ieri ho fatto il turno di mattina, il secondo turno l'ha fatto Fabien che ora è nella cucina. Deve chiedere a lui- disse. Poi la donna si volse verso le cucine: -Fabien? Fabien? Vieni qui!-. In meno di una frazione di secondo un ragazzo impacciato e apparentemente inesperto fu di fronte a Bowie e Trevor. Il Duca mostrò la foto al ragazzo che appena la vide sgranò gli occhi.
-Che succede? La conosce? L'ha vista?- disse Bowie. Il ragazzo annuì debolmente, poi continuò -Ieri sera era qui al bar con... Paul McCartney e proprio stamattina era a casa sua, le ho portato io stesso un anello che aveva perso qui-
-PAUL MCCARTNEY?!? Mi ci può accompagnare? Sa, questa ragazza è molto importante per me, devo subito trovarla-
-Io signore, non so se potrei... sa, la privacy...-
-E a chi importa della privacy? Avanti, mi porti a casa McCartney- disse e poi, sottovoce -la pagherò bene se mi condurrà lì-
Il ragazzo era un po' riluttante nell'accettare la proposta, ma alla fine furono in macchina in meno di un minuto e mezzo, bagnati fradici, perché a Parigi già pioveva.

A Parigi già pioveva, vero, ma sulla strada per il molo il temporale tardava ad arrivare. Nella macchina di Paul e Linda regnava un silenzio tale da poter avvertire i respiri gli uni degli altri. Ogni tanto Paul sospirava e ogni tanto qualcuno tossiva.
Mya distaccò lo sguardo da un qualsiasi punto fisso immaginario che stava fissando insistentemente da una mezz'oretta e lo rivolse a Paul. Lo guardava tramite lo specchietto retrovisore, attentamente, avendo cura di non perdersi neanche un particolare dell'uomo. Né del suo aspetto fisico, né del suo modo di fare. Era cambiato molto dal periodo in cui militava nei Beatles dei '60. La frangia spettinata gli sfiorava appena le tempie e i capelli castani e lucenti si appoggiavano morbidi sulle sue spalle. Niente più completi eleganti, ma per lui camicia a quadri e un jeans ad alta vita. Non aveva più quei modi di fare altezzosi, forse non lo era mai stato, forse era solo John ad influenzarlo. Adesso nei suoi occhi vi era tranquillità, pacatezza, serenità. Come cambiano le persone, almeno fisicamente. A questo pensiero Mya sorrise, poi si rivolse a Paul ad alta voce:
-Paul, perché non ci animi il viaggio? Sembra che sia morto qualcuno. Canta qualcosa, avanti-
-Chi, io? Perché io?-
-Beh, sei tu il cantante qui, non di certo io. E poi ieri sera non hai fatto altro che vantarti di quanto successo tu ed i tuoi amichetti avete ottenuto durante questi anni-
-Ah, la tua è tutta invidia-
-La mia? Ma per cortesia! Piuttosto non cambiare discorso e canta qualcosa. Non necessariamente dei Beatles o tua. Qualcosa di carino-
-D'accordo. Dunque...- rispose McCartney e dopo alcuni minuti attaccò, direttamente dal ritornello: -Oh it's such a perfect day...-. Mya e Linda si accodarono immediatamente -I'm glad I spent it with you...- e tra “Perfect Day” di Lou Reed, “Knocking On Heaven's Door” di Bob Dylan ed inevitabilmente molti brani dei Beatles arrivarono al molo.
-Mya, cara, torna a trovarci quando vuoi- disse Linda, abbracciando Mya, Paul si aggiunse all'abbraccio: -Sì, la vita è dura, ci vogliono gli amici-. Mya socchiuse gli occhi. Era così piacevole quell'abbraccio, così caloroso, profumava di casa.
-D'accordo- disse Mya sorridente, una volta sciolto l'abbraccio -Adesso è ora di andare per me. Grazie per tutto quello che avete fatto per me e per il tempo trascorso insieme. Ho vissuto momenti stupendi con voi-. I tre ci misero un po' a lasciarsi, ma alla fine toccò loro separarsi.
Un cenno della mano e un sorriso di Mya, questo bastò ai coniugi McCartney. O comunque dovettero farselo bastare, poiché la nave stava partendo e Mya era in ritardo. Mya salì, la nave partì e, magicamente, appena lasciato il molo, la nave incontrò la pioggia.

 

ANGOLO AUTRICE:

¡Hola! Chiedo scusa per questa mia assenza che persino a me è sembrata interminabile. Non sapete quanto sono felice di pubblicare questo capitoletto, sperando che sia di vostro gradimento. È un mini-chapter piuttosto... ehm... mini. Mi scuso per eventuali sviste ed errori grammaticali o di altra natura... (correggetemi nelle recensioni o sbaglierò a vita!). Non ammazzatemi se non vi piace, ve ne prego. Mi raccomando leggete, recensite e soprattutto enjoy the chapter!

 

MadnessInk

  
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