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Autore: AlfiaH    23/06/2013    1 recensioni
Doveva essere una FrUs. Ambientata durante la guerra d'indipendenza, sulle rive dell'Hudson. L'esercito americano ha appena vinto la battaglia di Saratoga e i francesi decidono di scendere in guerra al loro fianco.
Ripeto: doveva essere una FrUs.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yeeh! Viva le friendship! No, okay, questa fic è passata dall'essere una FrUs
all'essere una UsUk,
all'essere una FrUk al diventare il nulla più totale.
Eniuei, spero possiate piacciarla lo stesso ;w;
Enjoy!



Love For The Ideals


Foglie raggrinzite e giallastre ondeggiavano al ritmo della danza dettata dal vento, viaggiavano, portavano notizia del variare delle stagioni, risvegliavano gli uomini dai sogni, li invogliavano a non aspettare il tempo perché il tempo non li stava aspettando e mai si sarebbe abbassato ad aspettarli. Alcune, dalle sfumature brune e rossicce, andavano ad adagiarsi sul acqua del fiume e quasi pareva emettessero sospiri di sollievo e di stanchezza, fremiti e sbadigli e si lasciassero trasportare dalla corrente, rinunciando finalmente alla vita dalla quale erano state vigliaccamente strappate. Allo stesso modo, per ogni vita abbandonata i rami piangevano, spogliati, stridevano e si sfregavano tra loro per scaldarsi, si lamentavano per l’ingiustizia e agognavano ancora una volta l’amato ritorno dell’amata Primavera, madre premurosa e crudele che li avrebbe accolti e accuditi prima di abbandonarli ancora al loro destino.
Eppure, per quanto l’autunno si ostinasse a soffiare tra gli alberi  ingialliti delle pianure di Saratoga, sull’Hudson, sui soldati, sugli accampamenti improvvisati, non riusciva e non sarebbe mai riuscito a ghiacciarne gli animi, sicchè essi più che mai ardevano di gioia e di colori, di musica e di festa.
Un’altra battaglia era stata vinta.
E mentre da una parte c’era chi lanciava in terra fucili e moschetti, giacche di divise sudice e sporche di sangue inglese e americano, contenti e speranzosi di poter tornare vivi dalle loro famiglie, c’era chi invece stava lentamente ed inevitabilmente perdendo la propria.
America, lanciata da qualche parte l’arma graffiata, camminava tra i suoi uomini a testa bassa, come il peggiore degli sconfitti, le labbra serrate, i pugni chiusi e un grande macigno sul cuore. Non aveva davvero voglia di fare discorsi come invece tutti si aspettavano, né sulla riportata vittoria, né su tutti gli ideali che li avevano portati fin li che ora gli pesavano incredibilmente sul petto. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, che non sarebbe stato facile, ma ora come ora voleva solamente sdraiarsi da qualche parte, spegnersi per un po’ e risvegliarsi affianco ad Inghilterra. Voleva guardarlo dormire e respirare piano, beatamente, voleva scendere in punta di piedi per non svegliarlo e rotolare rovinosamente per terra facendolo ridere. Voleva sorridergli e chiedergli scusa per essere inciampato ancora. Si passò una mano sanguinante sugli occhi, non poteva permettersi di frignare, semplicemente voleva chiuderli per un po’ e scacciare quelle immagini dalla sua testa. Era la prima guerra a cui prendeva parte e ne era già altamente stufo, l’euforia iniziale aveva lasciato solo un grande posto vuoto nel suo cuore che si allargava sempre di più ogni volta che nella sua mente un Inghilterra cadeva nel fango. L’eroe che ammirava tanto, quello incrollabile, quello invincibile, quello che sembra così grande da lontano e immenso da vicino. Il vociare dei soldati inoltre lo feriva. Era l’unico a soffrire così tanto? Davvero a nessuno importava? Allora più che mai si sentì un bambino travestito da uomo che si diverte a rompere i giocattoli e poi li rivuole indietro. Non poteva. Niente ripensamenti, niente rimorsi, quello che stava facendo era giusto. Anche se faceva male. Una mano bloccò il suo percorso, poggiandosi sulla sua spalla sporca di terra. Sgranò appena gli occhi cielo, sorpreso, incontrando quelli blu scuro del francese che lo guardava con aria visibilmente confusa, mascherata da un sorriso comprensivo. Scosse leggermente la testa come a volerla liberare dai pensieri e finalmente realizzò chi si trovava davanti.
-          France… Che ci fai qui?
-          Ciao anche a te, Amerique! Hai cominciato a prendere i modi sgarbati di Angleterre!
-          No, io… Sono solo un po’ stanco. Sono felice di vederti! – Alfred enfatizzò ricambiando il sorriso dell’altro e invitandolo ad entrare nella sua tenda provvisoria. Francis era sempre stato il peggior nemico del suo tutore e si era sempre guardato bene dal tenersene alla larga, ma non potè mai negare la simpatia che provava nei suoi confronti, era sicuro che sarebbero diventati buoni amici, un giorno.
-          E così la piccola colonia ha deciso di spiccare il volo? – Francia domandò all’improvviso spezzando il silenzio che si era venuto a creare. Ovviamente Alfred non colse l’ironia della domanda e annuì appena.
-          Già.
-          Voglio allearmi con te.
Quelle quattro parole fecero sobbalzare l’americano. Se si fosse alleato con lui, Arthur non l’avrebbe mai perdonato. Eppure in parte ne fu contento. Francia era un alleato forte, insieme a lui non avrebbero impiegato molto a vincere. Intanto però il vuoto nel petto continuava a crescere. Si prese qualche minuto per pensare, non sapendo cosa rispondere. Quindi optò per la domanda più ovvia.
-          Perché?
-          Perché aiutare le piccole colonie come te a crescere e la mia specialità – ridacchiò maliziosamente – e poi vedere Angleterre soffrire è soddisfacente… - detto ciò, accavallò le gambe, come se avesse messo in essere il progetto della sua esistenza, una cosa tanto scontata quanto assolutamente deliziosa.
-          Eh? Lo odi così tanto?
-          Ma Amerique, al contrario! Anche io ho sofferto quando hai preferito la sua… Cucina, se cucina si può definire. Oppure quando mi ha portato via Canada. Oggi a me, domani a te, è così da prima che tu nascessi, cher. Ci divertiamo a farci del male a vicenda.
Il suo sorriso sembrò farsi malinconico tutt’un tratto, come se si fosse appena reso conto della crudeltà delle sue parole. Ormai la loro era diventata una routine, un gioco, un passatempo, non ci facevano nemmeno più caso, si odiavano a prescindere, i nemici dell’uno erano gli amici dell’altro e viceversa. Non c’era nulla di divertente in tutto ciò. La sua espressione però mutò ancora e si fece incredibilmente apprensiva vedendo quella triste del più giovane. Gli si avvicinò un pò e gli posò una mano sui capelli con dolcezza, scompigliandoglieli appena.
-          Non preoccuparti, non farai la nostra stessa fine, lui non ti odierà mai.
America non ebbe il coraggio di risollevare il volto e lasciò che qualche lacrima gli scivolasse giù dagli occhi sotto lo sguardo intenerito del francese.
-          Come fai a saperlo?... Era davvero arrabbiato con me…
-          Perché ti vuole bene, cher. E tu ne vuoi a lui. Questa guerra non cambierà i vostri sentimenti. – Francis fece spallucce quasi teatralmente, come al solito – quasi ti invidio, sai?
-          Mh? E perché? – Alfred domandò sbattendo le palpebre, sorpreso dall’affermazione dell’amico. Nessuno avrebbe voluto essere al suo posto in quel momento.
-          Perché non si è mai battuto tanto per me!
Il francese si portò una mano sul cuore e l’altra sugli occhi fingendo di asciugarsi fiumi di lacrime con un verso straziante. Fu veramente contento di sentire la famosa risata dell’americano invadere l’aria. Era davvero un bravo ragazzo. Sorrise all’idea. Si, sarebbe stato un buon amico.
-          Sarà un piacere combattere al tuo fianco, France!
-          Sarà un piacere combattere per i tuoi ideali, Amerique.
-          freedom, equality and brotherhood?
Francis ricambiò il sorriso uscendo dalla tenda e si mise una mano sul petto socchiudendo gli occhi.

-          liberté, égalité, fraternitè. 
  
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