Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: Ely_fly    23/06/2013    4 recensioni
Dunque, salve a tutti :)
Sono tornata, stavolta con una song-fic ambientata al liceo.
Garfield e Rachel fanno parte del club di canto e il ragazzo cerca di sfruttare l'occasione per esprimere i suoi sentimenti, con una canzone, appunto. Anzi, più di una. Ma saranno sufficienti ad aprire gli occhi alla ragazza?
Genere: Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Le piaci.»

Garfield si voltò verso Rachel, guardandola come se fosse ammattita.

Erano nel parcheggio ad aspettare Richard, appoggiati alla sua macchina. Erano rimasti in silenzio dalla scenata di Tara nel corridoio, ma adesso finalmente la mora aveva aperto bocca.

«Scusami?»

«Le piaci» ripeté la ragazza, facendo spallucce.

«Come fai a dirlo?» domandò il ragazzo, guardandola allucinato.

«Garfield, è evidente. Ti sta sempre accanto, sta cercando di parlarti da un’intera giornata, stava per scannarmi quando le hai detto che avevi da fare con me…» elencò lei, contando sulle dita affusolate.

«Chi ti voleva scannare, cugina?» domandò Richard, arrivando alla macchina e salutando con un cenno Garfield, ancora scosso dalla notizia.

«Tara Markov. Crede che io ci stia provando con lui» rispose lei, alzando gli occhi sul cugino e ridacchiando sommessamente.

«Sarebbe stato divertente. È da quando abbiamo cominciato a frequentarvi che Victor e Roy scommettono su chi di voi due perderà per prima le staffe» disse Richard, aprendo l’auto e invitandoli a salire.

«Mi fa piacere conoscere gente del genere. Ma dimentichi un dettaglio, Richard. Io non ci sto provando con lui» aggiunse la ragazza, sedendosi sul sedile anteriore e lasciando a Garfield il sedile posteriore. Il ragazzo abbassò le spalle, mogio. Gli sarebbe piaciuto, che Rachel ci provasse con lui.

«Non crederle, Gar. È la prima volta in tutta la sua vita che Rach si apre con un ragazzo che non sia io, quindi le stai simpatico. E lo sanno tutti dove porta l’amicizia tra ragazza e ragazzo» intervenne Ricahrd, guardandolo dallo specchietto retrovisore, mentre faceva manovra. Per tutta risposta la cugina gli rifilò una tremenda gomitata al plesso solare. «Tu pensa a guidare, Richard caro» ringhiò la ragazza. Poi si voltò verso Garfield e gli disse: «Per tua informazione, non ci sto provando con te.»

«Ehm, certo. L’avevo capito» rispose lui, arrossendo leggermente.

«Bene» replicò lei, tornando a guardare davanti a sé.

Il resto del viaggio trascorse con il sottofondo delle chiacchiere di Richard e Garfield, mentre Rachel guardava fuori dal finestrino.

L’auto si fermò davanti all’ospedale. «Capolinea» annunciò Richard, guardando la cugina. «Passerò a riprenderti tra… Un’oretta?»

«Va bene. Grazie, Rich» rispose la ragazza, dandogli un buffetto sulla guancia.

«Ci vediamo dopo, Gar!» salutò il ragazzo, sgommando via.

 

«Salve. Vorrei vedere Arella Roth, sono sua figlia» esordì Raven, alla reception.

«Signorina, sua madre non…» cominciò l’infermiera, ma la ragazza la interruppe: «So in che condizioni si trova mia madre. Ma vorrei vederla lo stesso, se non le dispiace.»

«Ehm… Certo. Prego.»

«Grazie» rispose lei, facendo cenno a Garfield di seguirla.

«Perché l’infermiera non voleva farti passare?» chiese il ragazzo, una volta al sicuro nell’ascensore.

«Quando la vedrai, capirai» rispose lei, cupa, uscendo dall’ascensore e camminando lungo il corridoio.

Si fermò davanti ad una stanza con la porta chiusa ed entrò senza bussare. Titubante, il ragazzo la seguì all’interno.

«Garfield, questa è mia madre, Arella» disse la ragazza, indicandogli una donna in un letto, attaccata ad ogni tipo di macchinario esistente, incosciente.

«Rachel… Io… Che le è successo?» chiese balbettando il ragazzo, cercando di non fissare la donna.

«Puoi guardarla, non ti preoccupare. È stato mio padre. Mia madre si è ribellata a lui quando era ubriaco e lui l’ha picchiata fino a ridurla in coma. Adesso è in carcere per omicidio» spiegò la ragazza, sedendosi su una sedia di plastica accanto al letto.

«Tuo padre le ha fatto questo?» domandò stupito.

«Sì. Non è mai stato il tipo di padre amorevole e inoltre era drogato e alcolizzato. Certo non il massimo» rispose lei, con un tono che non le apparteneva.

«No, direi di no. Tu come hai fatto a scappare?» chiese il ragazzo, pentendosi subito di quel che aveva detto. «Scusami, sono stato un maleducato. Non dovevo chiedertelo, ritiro quello che ho detto!» si scusò in fretta.

«No… Va bene. Visto che ormai sei qui, posso anche raccontarti tutto. Io sono scappata perché mia madre è intervenuta quando lui ha cercato di colpire me. Mi ha visto in balia di quel mostro ed è intervenuta, facendomi uscire dalla porta sul retro. Io sono corsa da Richard e loro hanno chiamato la polizia. L’hanno salvata da morte certa, anche se adesso si trova in questo stato. Per colpa mia» mormorò la ragazza, la cui voce si spezzò quando pronunciò l’ultima frase.

Garfield si voltò a guardarla e vide che aveva gli occhi lucidi. Senza pensarci due volte, l’abbracciò, sussurrandole: «Piangi pure. Non devi dimostrare nulla a nessuno.»

La ragazza si abbandonò sulla sua spalla, in lacrime e singhiozzò tra le sue braccia per qualche minuto, che parve durare un secondo e un’eternità nello stesso tempo.

«Garfield… Grazie» sussurrò la ragazza, quando finalmente si liberò dall’abbraccio.

«Di niente, si vede che ne avevi bisogno. Non puoi tenerti sempre tutto dentro, sai? Ogni tanto fa bene sfogarsi» replicò il ragazzo, sistemandosi la t-shirt, tutta spiegazzata.

«Ma io mi sfogo. Tutte le volte che non mi sento a posto, faccio una sessione di allenamenti con Richard, gli sfondo due o tre punching ball e dopo mi sento un po’ meglio» ribatté seria la ragazza.

«Ehm… Non credo che quello sia il modo migliore per sfogarsi. Cioè, non sempre. A volte piangere fa bene» spiegò Garfield, continuando a tenere lo sguardo fisso su Arella.

«Non ho mai trovato nessuno disposto a consolarmi mentre piangevo. Quindi ho semplicemente smesso di farlo» commentò dura Rachel, irrigidendo la mascella.

«Adesso hai me» si lasciò sfuggire il ragazzo, alzando lo sguardo su di lei e realizzando con orrore cosa avesse appena detto. «Cioè, sì, insomma… Se te la senti, sai dove trovarmi.»

«Mi… Mi farebbe piacere, grazie» rispose lei, imbarazzata, con l’ombra di un sorriso sul viso.

Tra i due calò un lungo silenzio, che venne rotto soltanto quando Rachel allungò una mano verso la madre e iniziò a parlarle in una strana lingua che Garfield non riuscì a capire. Tuttavia decise di rispettare il momento che la ragazza stava avendo e rimase in silenzio. Dopo qualche minuto, la ragazza cominciò a cantare sommessamente le parole di una canzone, che Garfield riconobbe prontamente. Come non riconoscere Alanis, d’altro canto.

 

You, you who has smiled when you’re in pain
You who has soldiered through the profane
They were distracted and shut down

So why, why would you talk to me at all
Such words were dishonorable and in vain
Their promise as solid as a fog

And where was your watchman then?

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

Il dolore di Rachel si rifletteva nelle parole della canzone e il ragazzo non si stupì di sentirgliele dire. Doveva essere stato terribile, per lei, vedere sua madre crollare in quel modo davanti a qualcuno di cui si fidava.


You, you in the chaos feigning sane
You who has pushed beyond what’s humane
Them as the ghostly tumbleweed

And where was your watchman then?

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

Arella, evidentemente, aveva dato tutto per la figlia. Anche la sua vita, o quasi. E Rachel si sentiva in dovere di ripagarla. Garfield quasi si sentì male, pensando al legame che quella ragazza all’apparenza così forte e coraggiosa aveva con la madre.

 

Now, no more smiling mid-crestfall
No more managing unmanageable
No more holding still in the hailstorm

Now enter your watchwoman

I’ll be your keeper for life as your guardian
I’ll be your warrior of care, your first warden
I’ll be your angel on call, I’ll be on demand
The greatest honor of all, as your guardian

 

Sì. Lei sarebbe stata la sua guardiana. Per sempre.

 

Quando la canzone finì, la ragazza si alzò, prontamente imitata dal biondo e con un saluto alla madre, uscì dalla stanza.

Fu di nuovo nell’ascensore, che Garfield osò rompere il silenzio: «Ehm… Che lingua era?»

«Romeno. Sia mia madre sia sua sorella, ossia la madre di Rich, sono originarie della Romania. Sia io che lui parliamo correttamente romeno, grazie a loro» rispose Rachel.

«Wow. Mi piacerebbe un sacco imparare tante lingue…» sospirò il ragazzo.

«Ed è per questo che segui i meravigliosi corsi di Frau Singer?» chiese la ragazza, in un tono che si sarebbe potuto definire scherzoso.

«Anche» ammise Garfield, evitando accuratamente di dire che aveva basato la sua scelta dei corsi sulle sue scelte, tranne poche eccezioni, come giapponese, cui aveva preferito il cinese. «E tu, invece? Credo che di lingue tu ne sappia già a sufficienza, no? Quante ne parli?»

«Dunque… Inglese, francese, romeno, italiano, tedesco, un po’ di russo, qualche cosa di spagnolo e giapponese» replicò la ragazza, contando sulle dita.

«Wow, sul serio? Mi daresti lezioni?» domandò senza potersi trattenere.

«Ehm…» rispose lei, colta alla sprovvista.

«Tranquilla, sto scherzando. Prego» disse, aprendole la porta a vetri dell’ospedale.

«Grazie» mormorò lei, passandogli davanti e notando quanto fosse cresciuto dall’ultima volta in cui gli aveva parlato insieme. Parlato seriamente, cioè. Il che doveva essere almeno un anno e mezzo prima. Dopo c’era stata tutta la storia di Jason (solo pensare a lui la faceva infuriare di nuovo) e l’arrivo di Tara e i due si erano un po’ allontanati.

 

Una volta fuori, la ragazza mise mano al cellulare e contattò il cugino, per sapere dove fosse.

Garfield aspettava poco distante da lei, guardando il traffico scorrere in strada.

Rachel stava appunto salutando il cugino, quando davanti ai due ragazzi comparve nientemeno che Jason Todd in persona. «Guarda chi si vede» mormorò maligno, fermandosi davanti a loro.

«Jason. Cosa vuoi?» chiese gelida Rachel, irrigidendosi.

«Passavo di qua, ti ho visto e ho pensato di fare un salutino alla mia ex-ragazza, ti spiace?» domandò lui, mellifluo.

«E se ti dicessi di sì?» replicò la ragazza, senza dare segni di ripresa.

«Non ti crederei. Lo sappiamo bene tutti e due, che effetto ti faccio, Rach tesoro» rispose il ragazzo, con un tono che non lasciava presagire nulla di buono.

«Novità dell’ultimo secondo, Jason: non mi fai più quell’effetto. Mi disgusti e basta. E non chiamarmi tesoro» ringhiò Rachel, dirigendogli addosso tutta la sua rabbia.

«Eppure, tesoro, fino a poco tempo fa non avevi problemi, quando lo facevo. O mi sbaglio?» ridacchiò lui, avvicinandosi a lei.

«Non provare a toccarmi» esclamò lei, allontanandosi. Il ragazzo, però, fu più veloce e le prese rapido il polso, trascinandola poi verso di lui. «Ma come, tesoro? Così mi ferisci, lo sai?»

«Lasciami andare immediatamente, brutto porco schifoso!» strillò Rachel, cercando di liberare il polso.

«No, no, Rachel. Che cattiva ragazza che sei, non dovresti usare certe parole, non si adattano alle ragazzine di buona famiglia» mormorò lui, in tono paterno, serrando sempre più la presa.

Si stava avvicinando sempre di più, era ad un centimetro dal viso della ragazza… Stava per baciarla… Rachel chiuse gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime e attese il contatto.

Contatto che però non avvenne, perché Garfield, vedendoci rosso, aveva tirato un pugno dritto dritto sul naso di Jason, ottenendo di allontanarlo da lei. «Ti ha detto di lasciarla» commentò secco, guardando il ragazzo con i suoi penetranti occhi verdi.

«Cos…?» balbettò il moro, tastandosi il naso e sentendo colare del liquido caldo. Con rabbia si alzò e si gettò sul ragazzo biondo che gli aveva fatto quello e che, per di più, era lì insieme alla sua ex.

Garfield semplicemente si spostò, andando accanto a Rachel per vedere se stesse bene e in quel modo Jason finì lungo disteso sul marciapiede. Quello era troppo. Con un ringhio selvaggio si alzò e stava per caricare di nuovo, quando un altro ragazzo si parò davanti a lui, più muscoloso e ben piantato di Garfield. Lo riconobbe subito: Richard Grayson, chi altri?

«Jason. Quanto tempo dal nostro ultimo incontro» commentò incolore il ragazzo, fissandolo.

«Grayson. Non si può dire che tu mi sia mancato» replicò l’altro, arrabbiato.

«Nemmeno tu. E anche l’ultima volta che ci siamo visti, mi sembrava di averti detto di non osare avvicinarti a mia cugina» disse il ragazzo con gli occhi celesti, minaccioso.

«Dimentichi un particolare, Grayson. All’epoca io e lei stavamo insieme, era lei che voleva che io mi avvicinassi» ribatté Jason, con un tono che lasciava sottoindendere molte cose.

«Questo lo credi tu, Jason. Sai, ho sempre ammirato la tua sicumera. Ti ha sempre portato a crederti il dio del mondo, non è vero? Bè, è ora che tu capisca qual è il tuo posto» sibilò Richard, alzando un pugno e rifilandolo nuovamente sul naso a Jason. «Spero che ora il messaggio ti sia chiaro. Non. Toccare. Rachel. Mai più» continuò, con una certa cattiveria nella voce. Dopodiché gli voltò le spalle e spinse la cugina e Garfield in macchina. Partì sgommando, lasciando dietro di loro il ragazzo a massaggiarsi il naso e a lanciare insulti a Rachel.

 

«Bel destro, Gar» si complimentò il moro, una volta a distanza sufficiente per rallentare e guidare come una persona normale.

«Grazie» replicò l’altro, rivolgendo la sua attenzione a Rachel, che si era fatta piccola piccola sul sedile. «Rachel, tutto bene?»

«Sì. Richard, puoi lasciarmi da Jessica?» rispose lei, incolore, spostando la sua attenzione sul cugino alla guida, che annuì e qualche secondo dopo svoltò a destra, depositandola davanti ad una comunissima casa a schiera.

«Passo a prenderti?» domandò il ragazzo.

«No, mi riaccompagna Jess. Grazie, a dopo. Ciao, Garfield» disse lei, sempre in tono incolore, avvicinandosi al patio e suonando il campanello. Fu soltanto dopo averla vista entrare che Richard ripartì.

Garfield, intanto, era slittato davanti e i due ragazzi ora si trovavano affiancati, entrambi silenziosi.

Dopo qualche minuto, Garfield osò aprire bocca: «Credi che Jason si avvicinerà di nuovo a Rachel?»

Richard sospirò profondamente, poi disse: «Se lo conosco, per un po’ la lascerà in pace. Ma dopo tornerà all’attacco. L’ho sempre detto a Rachel, che razza di tipo fosse, ma lei non ha mai voluto credermi. Questo fino a qualche mese fa, quando se ne è accorta di persona. Ma ha continuato a stare con lui, sperando che fosse solo una fase. Rach è la persona più ricca di speranza che io conosca. Ma tutto questo non le può fare troppo bene ed infatti quell’idiota l’ha mollata, seguendo i consigli dei suoi amici. Ma credo che tu lo sappia, no?»

«Sì, infatti» rispose cupo il biondino.

«Garfield… Mia cugina ti piace, vero?» domandò ad un certo punto il moro, cogliendo il compagno di sorpresa. Vedendolo in difficoltà, lo rassicurò: «Tranquillo, non c’è nulla di male. Lo so che non la faresti mai soffrire. E se dovessi farlo, stai pur certo che ti troverò, ovunque tu vada e te la farò pagare.»

«Sì, certo!» rispose l’altro, quasi mettendosi sull’attenti.

«Allora ti devo chiedere l’enorme favore di proteggerla. Rachel è fragile, molto fragile. Lo è sempre stata, ma da quando sua madre è stata ridotta in quello stato, lo è diventata ancora di più. Tra un anno io andrò al college e non potrò starle sempre accanto come ho fatto finora. Quindi dovrai farlo tu, d’accordo?»

«Conta pure su di me» rispose serio Garfield, indurendo lo sguardo.

«Grazie, Gar. Sei un amico» lo ringraziò il moro, prima di chiedergli: «Qua devo girare a destra, giusto?»

«Sì e poi di nuovo destra. Perfetto, grazie del passaggio. Ci vediamo domani» salutò il biondo, scendendo dall’auto e ricevendo un saluto simile.

Lo guardò allontanarsi, poi si ritirò in casa, pensoso.

Quella sera fece sogni piuttosto strani, in cui comparve una ragazza dai capelli scuri implorando il suo aiuto.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: Ely_fly