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Autore: topstiel    23/06/2013    6 recensioni
[ZombieApocalypse!AU, Destiel.]
«Samandriel è stato il primo a morire. E' successo perché un qualche pazzo squilibrato l'ha morso.
Ed ecco quindi che accade, che tutto questo incubo diventa reale, ed è proprio in certe situazioni che sei fottuto. Mio caro amico nulla, cos'ho da perdere?
Le mie pistole? Questi disgustosi fagioli in scatola? Il terrore di essere sbranato nella notte? O, forse, la pazzia che si sta lentamente insinuando in me, costringendomi a monologare la mia vita con un ponte? No grazie, ma io non me ne faccio nulla di tutto ciò. E allora mi butto».
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessuna stagione
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«Samandriel è stato il primo a morire. E' successo perché un qualche pazzo squilibrato l'ha morso
Era proprio all'inizio di tutta questa faccenda, ed ecco che all'improvviso esce fuori la storia del rimanere sigillati in casa per colpa di un qualche virus mortale. Allarme internazionale, dicevano, e tutti l'hanno presa un po' come scherzo; diciamocelo, quanti sono i videogiochi, i libri, i film e i fumetti che trattano l'apocalisse di zombie? Ed ecco quindi che accade, che tutto questo incubo diventa reale, ed è proprio in certe situazioni che sei fottuto.
Sapete, sono sempre stato un tipo tranquillo, un bel po' introverso e, insomma, il tipico ragazzino costantemente preso di mira al college. Ma me la cavavo con la vita, di certo darei di tutto per avere indietro quella temuta tranquillità che in giorni marci come questo non posso far altro che sognare. Quindi, eccomi qui a parlare con il vuoto, in equilibrio su un ponte disastrato, a dare addio a questo schifo.
Non male, no? Voglio dire, alla fine è così: il debole viene schiacciato. 
Se con me ci fosse Samandriel, replicherebbe che sono un tipo forte e che ne ho passate tante, ma la mera verità è che sono proprio inutile, tanto da decidere di suicidarmi una volta perso tutto; ecco il punto, mio caro amico nulla, cos'ho da perdere? 
Le mie pistole? Questi disgustosi fagioli in scatola? Il terrore di essere sbranato nella notte? O, forse, la pazzia che si sta lentamente insinuando in me, costringendomi a monologare la mia vita con un ponte? No grazie, ma io non me ne faccio nulla di tutto ciò. E allora mi butto».
 
Le parole di Castiel riecheggiano forti e si disperdono in cerca di un ascoltatore oltre al ponte, evidemente andando a rimbalzare e disperdersi contro i grattacieli, semi-distrutti e ricoperti di una incerta sostanza verde, che si trovano aldidlà della valle di nulla situata sotto la struttura dove l'uomo è in piedi.
Quest'ultimo sospira, una, due e altre svariate volte, cercando di darsi un briciolo di coraggio per farla finita. 
Sotto l'asse in cui si trova, è poggiata la sua sacca contenente armi, munizioni e quel poco di cibo che gli è rimasto. Davanti al contenitore di quegli oggetti indispensabili per la salvezza, vi è un piccolo cartello rovinato, dove, in caratteri cubitali, vi è chiaramente scritto: "Spero tu abbia più fortuna di me". 
La gamba destra di Castiel oscilla avanti e indietro con fare indeciso, in lontananza si possono udire i gemiti dei non morti e, per un attimo, gli pare di udire diversi spari. In realtà non vi dà molto peso e non si stupirebbe se tutti quei rumori fossero creati dal suo subconscio. 
Ne ha passate così tanto negli ultimi mesi, a cercare disperatamente i suoi fratelli ed altri sopravvissuti, che ormai un paio di vaganti non lo fanno tremare minimamente. (Cosa che nei primi giorni passati da solo succedeva anche fin troppo spesso.)
Prima di decidere di buttarsi una volta per tutte, però, nella mente di Castiel raffiorano tutti i suoi ricordi felici che lentamente sbiadiscono fino a raggiungere quello stesso istante.
Le passeggiate con Anna che lo teneva per mano per non farlo cadere, i battibecchi tra Michael e Luci, i fratelli maggiori, e Gabriel che lo prendeva in braccio e gli sussurrava di non fare molto caso a quei due che se le dicevano di tutti i colori, che erano solo sciocchi e sopratutto di non ripetere mai le brutte parole che uscivano dalle loro bocche; ricorda la nascita di Samandriel, di come di sentì fiero di fare il fratello maggiore dopo essere stato il piccolo della famiglia Shurley per così tanto tempo. Ricorda i litigi con Raphael e le giornate passate a studiare, le prime cotte e gli amori scaduti, l'ammissione all'Università e la tranquilla vita da studente fumaiolo e drogato di caffè.
«Rimani qui, se non torniamo entro una settimana, vattene e non osare venirci a cercare. Corri, cerca un auto funzionante e vattene verso il nord, dove dovrebbero esservi dei centri per sopravvissuti» il tono serio di Michael è l'ultimo vago ricordo che ha della sua sanità. "Ci vediamo, fratellino" aveva aggiunto Gabriel e gli aveva scompigliato amorevolmente i capelli, guardandolo con occhi tristi ed un sorriso che stonava completamente sul suo viso. 
Castiel ricorda come osservava il mondo andare alla rovina dalla finestra del rifugio e di come contava i giorni che passava da solo, a continuare a sperare in un ritorno dei suoi amati fratelli. Una settimana, due, un mese. Solo quando le scorte di cibo erano giunte a termine, aveva deciso di abbandonare finalmente la sua postazione, il fucile tra le mani tremanti e gli occhi rossi per il pianto. 
Tutti quei scombussolati avvenimenti lo hanno portato lì, a letteralmente un passo dalla morte.
 
«Hey, Louganis!» è una voce che lo risveglia da quei pensieri fatti del profumo di caramella che accompagnava costantemente Gabriel e dell'amaro ma piacevole sapore di caffé che continuava a preparare per il padre scrittore sin da una giovane età. 
In realtà, inizialmente Castiel è sicuro che quella voce sia frutto della sua mente, quindi non si volta nemmeno, nonostante tra sé e sé stia rumiginando su chi sia questo "Louganis" e da dove lo abbia tirato fuori il suo subconscio. E' quando però sente parlare di nuovo, che sobbalza e rischia di cadere veramente giù per il ponte. 
«Amico, se vuoi farla finita è meglio ti tiri un colpo alla testa, facile e indolore». Incuriosito e leggermente impaurito, il suicida si gira con movimenti lenti e cauti, ritrovandosi davanti un uomo. 
Quest'ultimo si porta due dita sotto al mento, mimando una pistola. «Non c'è bisogno di cercare di imitare Greg Louganis» aggiunge con quello che può essere definito un ghigno. 
«Non ho la minima idea di chi sia la persona da te citata» replica perplesso Castiel e non può fare a meno di inclinare il capo da un lato assumendo un espressione confusa; questo è un suo tic sin da quando la sua età poteva essere contata su una mano. 
Lo sconosciuto, dall'aspetto sfacciato ed abbastanza menefreghista, si limita a roteare gli occhi al cielo, come se spiegare il riferimento da lui fatto sia un'enorme fatica. «E' un tuffatore» dice semplicemente e con l'indice indica la sacca presente a terra. Castiel nota subito come le sue sopracciglie si aggrottano e i lati delle labbra si piegano verso il basso in un espressione seria. 
«Cosa c'è lì?» domanda, e questa volta è Cas a roteare gli occhi. «Scoprilo da te, io qui sto tentando di togliermi la vita».
Sul viso appena sporco di fango del biondo si dipinge un sorriso compiaciuto e divertito dall'insolenza dell'altro, quindi, senza staccare lo sguardo da lui, si dirige verso il recipiente dall'aspetto logoro ed usato, calcia via il cartello e si mette a sedere a qualche centimetro di distanza dai piedi di Castiel. 
«Sono diversi giorni che non faccio una chiaccherata con qualcuno» dice soltanto ed si appoggia entrambi i gomiti sulle ginocchia, osservando il vuoto con aria disinteressata. «Prima di volare, che ne dici se parliamo un poco?».
Non udendo alcuna risposta dall'altro, sospira pesantemente e si passa brevemente una mano tra i capelli. «Dimmi, straniero, come ti chiami?» Castiel esita un attimo, andando poi a chinare il viso per guardarlo, rispondendogli con un filo di voce: «Castiel. Castiel e basta, se non ti dispiace».
Lo sconosciuto rimane per un lungo attimo ad osservarlo, poi ripete il suo nome a fior di labbra, senza veramente pronunciarlo ad alta voce. «Il tuo nome mi sa di falso, ma non farò domande. Io mi chiamo Dean, Dean Winchester, se può servirti a qualcosa».
Il contatto visivo viene spezzato e Dean, per fare qualcosa, afferra la sacca del suicida e inizia a frugarci dentro, tira fuori tutte le munizioni e con grande soddisfazione si accerta che tutte siano compatibili alle proprie armi. «Allora, Castiel, dura la vita? Cos'è che ti ha fatto decidere che è ora di smettere di dormire con un occhio aperto ed utilizzare un fucile come orsacchiotto di peluche da stringere durante il pisolino?» pronuncia il suo nome con fare sarcastico, facendo scivolare fuori dallo zaino con un sospiro sorpreso una doppietta dall'aspetto quasi nuovo. La impugna saldamente e la punta contro un nemico invisibile, carezzandone la superficie in legno. 
Castiel lo guarda dall'alto per un momento, poi il suo sguardo torna a vagare nell' orizzonte. «Il mio nome non è inventato. Inoltre, perché dovrei parlare della mia vita ad uno sconosciuto che si annoia?»
«Perché sono carino» è l'immediata risposta del Winchester, il quale sta già mangiucchiando una mela trovata tra gli altri oggetti abbandonati dall'altro. «E non hai nulla da perdere, o sbaglio?».
Cas non risponde, ammettendo mentalmente che ha decisamente ragione su entrambe le cose. Quindi, dopo essersi schiarito la voce con un colpo di tosse, inizia a parlare: «Sono rimasto solo. Tutti i miei parenti e amici sono sicuramente morti e io-- be', guardami! Non ho alcuna speranza di sopravvivere. Perché continuare a soffrire se posso farla finita e andarmene col cuore in pace in Paradiso?».
Dean volta immediatamente il volto verso l'alto per poterlo guardare. Il silenzio regna nell'area, nonostante in lontananza è possibile udire il vago suono dei gemiti e i sbuffi affamati di un'orda di zombie che si sta avvicinando con passo lento. «Ti ho giudicato male» dice con tono aspro dopo aver rimosso tutti gli strumenti e le scatolette di cibo dentro il proprio zaino. «Voglio dire, hai un aspetto da persona intelligente, ma lasciatelo dire, il modo con cui ragioni è proprio banale e da vigliacchi» l'altro si mette in difensiva alle sue parole, facendo per replicare, ma Dean lo zittisce con un'occhiata truce, alzandosi in piedi. «Sai cosa faccio, ora?» domanda il più alto dei due e Castiel teme improvvisamente la sua incolumità quando lo vede tirare fuori dalla tasca dei jeans rovinati una pistola. 
«Sparo. Non a te, ma al vuoto. In questo modo attirerò l'orda a cui sono appena sfuggito qui. Cosa fai? Scappi per metterti in salvo o ti butti?».
I due rimangono a guardarsi e Castiel ha un espressione attonita sul volto, gli occhi sgranati e le labbra schiuse. «Mi butto» afferma dopo averci pensato e non può fare a meno di sobbalzare sorpreso quando il biondo spara effettivamente, centrando un bidone presente al lato di quella parte del ponte, perforandolo. La cosa che lo stupisce di più, però, è la presa dell'altro sul suo braccio e, in un attimo, si ritrova a correre assieme a quello sconosciuto decisamente svitato, e le urla disperate dei non viventi diventano gradualmente più alte e vicine.
 
 
Angolo dell'autrice.
Non sono morta, tranquilli. 
Cioè, non credo interessi a qualcuno, ma whatever.
Ecco che me ne torno con un'altra AU mentre devo finire un'altra raccolta e ah, mi odio. 
Quindi yep. 
Dovreste togliermi i miei numeri di Walking Dead, i gameplay di The Last of Us e Supernatural, perché sono questi i risultati quando metto tutto insieme alle due di notte. 
Ad ogni caso, fatemi sapere cosa ne pensate, perché se questa idea è abbastanza stupidainutilebanaleschifosa, chiedo venia e la smetto. 
 
Peace out, bitches. 
   
 
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