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Autore: Milla Chan    24/06/2013    3 recensioni
Spin-off di Schooljaar, ma può essere letta autonomamente.
pseudo-Olanda/Danimarca, bambini.
E poi Jan non aveva i capelli biondi come quelli di Camille. Li aveva più scuri, assomigliavano al colore di quelle barrette dolci fatte di mandorle e miele.
Ognuno, per conto suo, era arrivato alla conclusione che l’altro gli piacesse. Gli piacesse come alla mamma piace il papà. Non era nemmeno una conclusione, non si erano fermati a pensare, era solo qualcosa che premeva candidamente sul fondo del cuore.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Belgio, Danimarca, Paesi Bassi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nota:
AU spin-off di Schooljaar, ma può tranquillamente essere letta autonomamente.
Camille è il nome umano che uso per Belgio, Mathias per Danimarca e Jan per Olanda.
Siamo ad Amsterdam. Camille e Mathias hanno 8 anni, mentre Jan ne ha 10 (è ambientata, secondo la cronologia di Schooljaar, nel 1995)
Buona lettura!
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Camille non era affatto pesante. Al contrario, portarla sulle spalle era parecchio divertente, per Mathias. Stava aggrappata alla sua schiena come una scimmietta e sembrava non importarle di avere addosso una vestina.
Da brava bambina quale era, Camille non urlava, non faceva i capricci e non sbatteva i piedi per terra, ma ogni volta che parlava lo faceva in un tono tanto dolce che tutto ciò che usciva dalle sue labbra sembrava oro colato.
Per questo quando gli aveva detto, sbattendo gli occhioni e sporgendo il labbro inferiore con fare innocente: “Mi porti in spalla?”, a Mathias era sembrata una buona idea. Anzi, molto più che una buona idea! Gli era sembrato un dovere da buon principe azzurro. Però Camille non l’aveva mai chiamato così. Era qualcun altro che si riferiva a lui quell’appellativo, a volte. Era suo fratello, era Jan.
Lui vedeva Jan tanto grande -era già al quinto anno!-, ma gli piaceva ugualmente giocare con lui e con Camille, soprattutto perché lo faceva un sacco ridere vedere come bisticciavano e si tiravano i capelli. Anche lui a volte bisticciava con Jan, bisticciavano proprio come i maschi. Si procuravano un po’ di lividi, ma poi erano più amici di prima, anche se le mamme urlavano sempre che sarebbero dovuti andare più d’accordo.
A Camille invece piaceva fare finta di essere contesa tra loro due. Durante i litigi si sedeva vicino a loro e incrociava le gambe con aria superiore.
Camille non era affatto come le altre femmine della classe. Lei giocava volentieri con i maschi ed era davvero simpatica, non piangeva per tutto e, anche se si vestiva con le gonnelline e si comportava bene, era in grado di far star zitti sia Mathias che Jan. Contemporaneamente. Forse c’era una definizione specifica per le persone come lei, ma Matt era ancora piccolo, aveva solo otto anni e la parola più complicata presente nel suo vocabolario forse era conservatorio.

In ogni caso, Mathias continuava a camminare lungo la via soleggiata con la bimba bionda sulle spalle.
Avevano appena lasciato la casa di Camille, un appartamento accogliente vicino al canale. Avevano fatto merenda con la marmellata sulle fette di pane e la mamma aveva detto di andare a trovare Jan dalla nonna. La nonna di Camille e Jan era una brava signora che aveva un negozio di fiori lì vicino e profumava di buono. A Mathias piaceva.
“Jan!”
La bambina vide il fratello davanti alla vetrina e agitò un braccio in aria. Scese dalla schiena del compagno di classe e gli corse incontro facendo svolazzare la gonna a quadri.
Jan teneva in mano un fiore rosso, un tulipano, e rimaneva a testa bassa, a guardare i vasi colorati appoggiati sul marciapiede.
“Jan, ti sei perso la merenda!”
Anche Mathias li raggiunse. Il bambino più grande gli rivolse uno sguardo corrucciato.
“Hai fatto ancora il principe azzurro. Perché fai sempre il principe azzurro?”
“Eeh? Non è vero.”
Camille corse entusiasta in negozio a salutare la nonna e Jan allungò una mano a tirare piano i capelli color grano di Mathias.
“Ti piace Camille? Sei pazzo.”
“Non mi piace tua sorella!” esordì subito, strabuzzando gli occhi mentre allontanava la sua mano dai propri capelli.
“Bravo. Sai, in quinta lo capirai, le donne sono una fregatura.”
Mathias guardò annuendo i vasi di fiori, pieno di meraviglia, come se avesse appena avuto un’illuminazione grazie alle parole del bambino. A quanto pareva, Jan aveva avuto tantissime fidanzatine. Se ne intendeva, lui.
Mathias vide il fiore rosso comparire davanti al proprio naso e alzò lo sguardo, incontrando gli occhi verdi di Jan. Erano davvero strani, i suoi occhi. Un colore così limpido che neanche l’acqua dei canali riusciva a brillare allo stesso loro modo. Erano belli e freschi, come giocare a palla in aprile, con il sole che splende timido e la neve che si scioglie agli angoli delle strade.
“Perché ti piacciono i fiori? Sono da femmine.”
Jan strinse i denti e gli colpì il naso con quello stesso tulipano. Non gli fece affatto male, ma il gesto bastò a zittirlo.
“... Questo è per te.”
Il bambino lo prese in mano e alzò perplesso le sopracciglia. “Perché?”
Jan spostò un sasso con un piede e guardò il canale, imbronciato.
“Perché i fiori hanno dei significati.”
“Eeh? In che senso?”
“Per esempio il giglio significa purezza, la margherita pazienza. E questo è un tulipano, cioè...”
Mathias scoppiò a ridere prima che potesse finire la frase e questa volta a colpirlo non fu un fiore, ma la sua mano ben aperta, dietro la nuca. Riaprì gli occhi lucidi di dolore e vide il bambino serio e accigliato.
“... Significa che sei stupido.” concluse a denti stretti.
Mathias rimase a lungo con gli occhi puntati su di lui e lo sentì fare un debole verso infastidito, probabilmente per intimargli di smettere, o almeno di spiegargli perché lo stesse fissando con tanta sorpresa.
Jan indietreggiò di un passo quando vide le mani di Mathias allungarsi e posarsi sulle guance. Spalancò gli occhi e urlacchiò quando questi iniziò a tirarle senza alcuna pietà e senza alcun preavviso.
“Quando ti arrabbi ti vengono le guance da scoiattolo, sono morbidissimeee!”
Mathias gli sorrise radioso e Jan sospirò rassegnato, assottigliando lo sguardo mentre si lasciava pacificamente impastare le guance come un gatto assonnato.
Jan non cercava una spiegazione al profondo istinto di protezione che sentiva nei confronti di Mathias. Non era neanche sicuro se fosse effettivamente nei confronti di Mathias o della sorellina, in realtà.
Anche Mathias aveva problemi a capire che razza di amico fosse Jan. Jan non era un amico, non era nemmeno qualcuno da seguire ciecamente perché più grande e non era neanche il fratellone della sua compagna di classe. Non solo. Proprio non capiva. Non era poi tanto diverso da Camille, avevano gli stessi occhi. Insomma, no, quasi: quelli di Jan non erano certo da bambina, si vedeva! E poi Jan non aveva i capelli biondi come quelli di Camille. Li aveva più scuri, assomigliavano al colore di quelle barrette dolci fatte di mandorle e miele.
Ognuno, per conto suo, era arrivato alla conclusione che l’altro gli piacesse. Gli piacesse come alla mamma piace il papà. Non era nemmeno una conclusione, non si erano fermati a pensare, era solo qualcosa che premeva candidamente sul fondo del cuore.
Mathias strinse le braccia attorno alle sue spalle mentre sentiva i capelli scompigliati dalla sua mano.
Andava bene così.
I pensieri astratti erano ancora difficili da elaborare. Non gli servivano tulipani rossi per avere dichiarazioni d’amore. 
   
 
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