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Autore: _Zexion_    25/06/2013    2 recensioni
« Oi, oi, Kagami. Che storia è questa? » Un vizio che non aveva perso, nonostante quei tre anni passati insieme, quello di chiamarlo per cognome.
« Come ho detto. » La voce calma del rosso si interruppe, a metà tra un sospiro e lo spazientito. « Me ne vado in America. »
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Challenge.
Fandom: Kuroko no Basket
Rating: Verde
Genere: One-shot; Suspance; 
Note: Perché sono una persona che si vuole tanto male. Sicuro. Ma avevo l’idea e anche se non è finita come mi aspettavo, non so, FORSE posso dire dopo tanto che non mi dispiace.
Spero che i personaggi non siano usciti OOC e, mh, ho riletto e spero non mi siano sfuggiti errori xD
Detto questo, un’AoKaga giusto per feels.
Buona lettura~

Challenge.


« Oi, oi, Kagami. Che storia è questa? » Un vizio che non aveva perso, nonostante quei tre anni passati insieme, quello di chiamarlo per cognome.
« Come ho detto. » La voce calma del rosso si interruppe, a metà tra un sospiro e lo spazientito. « Me ne vado in America. »

«What’s a soulmate?»


Definire il loro rapporto come quello di una coppia comune era uno sbaglio che i loro amici non avrebbero mai più fatto. All’inizio, la notizia del loro status sentimentale era stato abbastanza scioccante, soprattutto nel suo esser stato tenuto nascosto per più di sei mesi, cosa che implicava vi sapessero stare, insieme per sei mesi.
Come aveva detto qualcuno, probabilmente Tetsu, il loro rapporto era controllato come se all’improvviso avessero messo insieme una tigre ed una pantera, maschi ed abituati a troneggiare, nella stessa gabbia.
Sostanzialmente pericoloso ed inopportuno.
Lì per lì Kagami aveva riso, assicurando che erano più tranquilli di quello che poteva sembrare e tutti si erano calmati, benché un po’ diffidenti. Ma il silenzio di Aomine era stato già da allora sinonimo di stranezze ed, andando avanti nell’osservarli, avevano capito il perché.
Se una coppia normale solitamente usciva per appuntamenti, si divideva i compiti e si sosteneva a vicenda, il rapporto tra quei due era l’opposto. Non che non fossero felici, ma era un rapporto basato unicamente sulla sfida. La sfida di andare avanti, di non arrendersi, di affrontare ogni giornata ed ogni problema, dal più banale al più serio.
Era un rapporto abbastanza alterno tra litigate e momenti tranquilli, pieno di sfide a basket e scommesse stupide, cose non dette per non creare preoccupazioni inutili con conseguenze poco piacevoli.
Forse non era il modo più convenzionale per stare assieme, ma dopo tre anni, tutti avrebbero potuto dire che era il loro modo di amarsi.

«It’s like a best friend but more.
It’s that one person that knows you better than anyone else. […]

« Non capisco. » Riprese Aomine, una mano fatta passare sul volto in maniera stanca, spazientita.
Normalmente una persona come affrontava certe notizie? Di quelle che improvvisamente sembrano cambiare la tua vita?
Non poteva dirlo con sicurezza, ma era certo che quel momento facesse schifo.
« Non c’è molto da capire. Vado in America, torno da mio padre. »
Forse, la cosa che più spazientiva il ragazzo era l’apparente tranquillità di Kagami, intento a ripiegare il grembiule che aveva usato per cucinare. Perché sì, quella notizia era stata lanciata come se nulla fosse mentre finiva di preparare la cena.
Ci furono istanti di silenzio teso ed interminabile, dedito alla riflessione e spezzato in seguito da Kagami stesso.
« Non è improvviso. Parto tra un mese in ogni caso, il tempo di sistemare ogni cosa. » Fu come se dopo quelle parole avrebbe voluto aggiungere altro, ma non un suoni uscì di nuovo da quelle labbra.
Aomine lo osservò attentamente, cercando di capire che cosa stava succedendo. Non che non fosse stato diretto o chiaro, ma era come se gli sfuggisse qualcosa di importante, di essenziale.
« Cosa mi stai nascondendo, esattamente? » Lo vide distintamente fermarsi e si irrigidì, conscio di aver avuto ragione nel suo dubbio. Da fuori non se ne sarebbe accorto nessuno, ma i piccoli tic che solitamente caratterizzavano il rosso quando era nervoso erano presenti.
Lo sguardo fuggente, il piccolo tremolio della mano, le sopracciglia leggermente corrugate, il petto che si alzava ed abbassava più lentamente. Aomine sapeva che non era mai buono riconoscere quei segni, perché significava che non ne sarebbe conseguito nulla di buono.
« … Non ho intenzione di tornare in Giappone. »
Ironicamente, non stava scritto da nessuna parte che riconoscere i comportamenti negativi di una persona ti preparava ad affrontarli.

[…]Someone who makes you a better person, actually… they don’t make you a better person, you do that yourself. Because they inspire you.[…]

« Se ho capito bene, quindi, mi stai lasciando. »
Kagami non rispose subito a quelle parole, abbassando lo sguardo e stringendo i denti. Era come una perenne fitta al petto che non potevi cambiare, ma alla quale avresti voluto fare a meno.
Le decisioni importanti, lo sapeva, si prendevano in due. Ci si consultava quanto meno, si faceva partecipe il partner e…
« Da quanto lo sai? O da quanto hai deciso, non ho capito esattamente se è una notizia lampo o no. »
La voce lievemente ironica e alterata non lasciavano molti dubbi su come potesse sentirsi Aomine, in quel momento.
« … Da un mese. Lo so da un mese. » Segreti. Erano quelli che molte volte li avevano messi di fronte a problemi, come l’anniversario della morte della madre di Kagami di cui Aomine era all’oscuro o la proposta di un università lontana, dall’altra parte della Regione, di Daiki.
Le cose davvero importanti non se le dicevano sino a che non poteva scoppiarvi una lite.
« Ahhh Bakagami, questo è un colpo davvero basso da parte tua. » Si sentì il risolino di Aomine in sottofondo, perché, in qualche modo, ora vi era di mezzo la fiducia che si erano concessi, quella che Aomine aveva perso per molto tempo verso gli altri ed inevitabilmente verso sé stesso.
« Pensavi di dirmelo quando partivi? »
« Te lo sto dicendo ora. » Il rosso rialzò lo sguardo, deciso a fronteggiarlo guardandolo negli occhi. « Non fare la vittima, Aomine, non è facile nemmeno per me, okay? Non è come se avessi una scelta. »
« Ce l’hai. »
« No. Aomine, ascoltami… » Kagami sussultò sentendo le mani sbattere contro il tavolo e riconobbe che lo sguardo di Aomine puntato su di sé, non era nulla di piacevole.
« Ce l’hai, dannazione, solo che non vuoi prenderla! » Rimasero in silenzio per un attimo, avvolti dalla tensione.
Kagami era, per Aomine, qualcosa che a parole non si poteva spiegare. Gli aveva dato la forza di credere di nuovo nel basket, in un futuro con esso. Gli aveva restituito i sentimenti che aveva perso un giorno di tanti anni addietro.
Non sarebbe mai caduto nel vortice della disperazione se Kagami se ne fosse andato, non si sarebbe disperato né perduto, tanto meno avrebbe mai sostenuto di non farcela in sua assenza. Sarebbe andato avanti come aveva sempre fatto, senza l’aiuto di nessuno.
Quella che lampeggiava nella testa di Aomine, a conti fatti, non era la paura della solitudine, con la quale aveva convissuto a lungo.
Era la paura di perdere Kagami.

[…]A soulmate is someone who you carry with you forever.[…]


Passarono diversi minuti, pesanti da sopportare, prima che Taiga riprendesse la parola.
« Anche tu hai una scelta. »
Aomine alzò lo sguardo, strizzando leggermente gli occhi, confuso, con il rimbombo sordo del cuore nelle orecchie. Odiava sentirsi così volubile e debole verso qualcuno che gli stava dicendo addio.
« Cosa? » Ciò che si lesse negli occhi rossi di Kagami fu la speranza, piccola, di chi voleva crederci ma non riusciva a convincersi che sarebbe potuto accadere.
« Aspettami. »

[…]The person who knew you and accepted you, before anyone else did.
Or when no one else would.[…]


Quando ti dicono che l’amore può far pazzie non è un sinonimo, un modo di dire od altro.
E’ una realtà inconfutabile, qualcosa che ti è addosso prima ancora che te ne accorgi perché aspetta solamente di venire fuori quando meno te lo aspetti, sorprendendo te stesso e il tuo partner.
Fu così per Aomine e per Kagami. Uno sorpreso e confuso, l’altro che, con quel suo sciocco sorriso tentennante sul volto, scrollava le spalle come se gli avesse appena detto che aveva dimenticato di portare fuori il cane quando tutti sapevano che lui, dei cani, aveva solamente paura.
« Come, scusa? »
« Non voglio privarti della tua vita qui, Aomine. Io so che là mi ritroverò bene, in un modo o nell’altro. Ma chiederti di seguirmi… non sono così pazzo. Stiamo insieme da tre anni, ogni giorno è una sfida, con che coraggio potrei farti cambiare Nazione per… me? »
Ci fu una pausa, in cui Daiki sciolse la presa stretta sulla superficie di legno del tavolo, perplesso.
« Stai dicendo che non sei sicuro di stare con me…? Bakagami, questa cosa è assurda. Mi stai chiedendo di aspettarti. » Come se ci fosse rimasto male, ma più che altro sorpreso dal ragionamento altrui, finì per sospirare, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato nel cervello altrui.
I primi dubbi li aveva avuti durante la prima partita che avevano affrontato l’uno contro l’altro, vedendo come non rinunciasse per niente anche dopo una sconfitta così crudele.
« L’America è qui a due passi. Potremmo vederci poco, ma sono solo ore di aereo. Non è un altro pianeta. »
Stupido, assurdo, inconcludente. Quel discorso faceva acqua da tutte le parti, iniziando dalla consapevolezza che passare più tempo lontani avrebbe potuto cambiare ogni cosa.
E forse fu proprio quel pensiero a far realizzare ad Aomine la situazione nella sua pienezza e quando lo fece, semplicemente, rise.
« Oi, davvero? Sei davvero così stupido, Bakagami? » Kagami sorrise, scrollando le spalle di rimando, sapendo che l’altro aveva capito perfettamente ciò che aveva tentato di dirgli all’inizio.
Perché erano fatti così, simili l’uno all’altro ed al tempo stesso diversi.
Avevano imparato a convivere nel loro rapporto pieno di insidie, dimostrando così che due specie diverse potevano farlo, accettandosi. Gli altri gli avrebbero detto come al solito che erano due stupidi incomprensibili, ma loro avrebbero continuato a fare di testa loro, come sempre.
Fidandosi.

[…]And no matter what happens, you will always love them. And nothing could ever change that.»


« Che c’è, hai paura di perdere, Ahomine? » Con passo lento Kagami si era avvicinato, con quel suo solito modo di fare pieno di convinzione che no, non sarebbe stato lui ad incassare la sconfitta, non quella volta.
Non importava se si erano già sfidati, se era stato stracciato, ci avrebbe provato sino alla fine.
« Stai andando in America. » Ricapitolò Aomine, guardandolo avvicinarsi senza muoversi.
« Ah-ah. »
« Non credi di voler tornare e mi stai abbandonando qui, perché sei così idiota da non invitarmi, quando magari potrei anche accettare. » Kagami alzò un sopracciglio incredulo, posando dunque una mano sul bordo del tavolo, restando fermo a pochi passi da Aomine.
« Ma non vuoi lasciarmi. » Ed il rosso scosse il capo. « Vuoi sfidarmi a restare assieme. »
« Se non te la senti… » Una piccola incertezza, lieve, che Daiki avrebbe sempre colto in quel tono di voce, abituato a sentirlo in tutte le tonalità.
Non gli diede modo di dire altro, a conti fatti.
Poco dopo portò una mano dietro la testa di Kagami, che si lasciò trascinare verso di lui, le labbra che si sfioravano.
« Oi, oi, Bakagami. Che storia è questa? » Recitò le stesse parole dell’inizio, ma stavolta con un ghigno strafottente a vestirgli il volto. « Ti faccio vedere io con chi hai a che fare. »


  
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