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Autore: kingpin    25/06/2013    0 recensioni
Nella notte in cui il vecchio anno cede il passo a quello nuovo, una ladra professionista è impegnata con l'ultimo dei suoi contratti di lavoro. Le istruzioni fornite dal misterioso Committente comprendono informazioni utili, ma sono fin troppo precise. È una situazione insolita, fa sorgere il dubbio che quello non sarà il solito furto su commissione a cui lei è abituata.
Storia dinamica, dai ritmi serrati e ricca di azione. Un colpo di scena dopo l'altro, il racconto spezza le certezze del lettore, mentre l'ipotesi del proverbiale lieto fine si allontana sempre di più man mano che si scorrono le pagine.
(la pronuncia del titolo è "cromìa")
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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    La porta si apre, io spengo la torcia e mi accuccio a terra dietro la scrivania, non mi viene in mente nessuna mossa più furba.
    La luce dell’ufficio si accende, per un istante resto abbagliata e sono costretta a socchiudere gli occhi.
    Drizzo le orecchie e mi concentro per non farmi sfuggire neanche il più minimo rumore.
    Passi. Sarà Meehan?
    In lontananza, i fuochi d’artificio ancora rimbombano a tutto spiano.
    Il cuore mi batte a mille per la pessima sorpresa appena ricevuta. Stavolta mi sono davvero lasciata sorprendere con le mani nella marmellata e... Dannazione, alzo lo sguardo e vedo quella cazzo di cassaforte ancora aperta! Cazzo, cazzo!
    I passi si fermano.
    L’ha vista anche lui.
    Sarà uno dei gorilla? Un controllo di routine dell’ufficio del suo capo? Ora che è qui non può non aver visto lo sportello aperto, dovevo chiuderlo! Ma avrei fatto troppo rumore, e comunque non ho neanche avuto il tempo di pensarci.
    Colgo lo scatto di un bottone a pressione e l’inconfondibile suono di sfregamento che produce una pistola quando viene estratta da una fondina di cuoio.
    Deglutisco, mi impongo di restare lucida.
    Posso farcela, devo solo ragionare con calma... Non sa che sono ancora qui. Devo intervenire prima che possa dare l’allarme. Avrà una radio? Se correrà via a chiamare i suoi amichetti potrò svignarmela in qualche modo prima che ritorni... Ma non si sta muovendo. Verrà qui a controllare la cassaforte? Mi devo preparare a questa eventualità.
    Faccio per mettere l’anello al sicuro in qualche tasca, ma questo cazzo di abito da sera non ha nessuna dannata tasca. Lo infilo al mio anulare destro, ma nonostante il guanto che indosso il mio dito è troppo sottile. Riprovo con il pollice e sono soddisfatta di come tiene.
    Il gorilla di Meehan riprende a muoversi.
    Ok, sono abbastanza calma ora. Sono calma, se sono calma posso farcela. Devo fare il punto della situazione, capire cosa sta facendo per agire di conseguenza. Sono in vantaggio, ho dalla mia l’elemento sorpresa. Posso farcela.
    Mi faccio coraggio e con cautela mi alzo quanto basta per poter dare una veloce occhiata oltre la scrivania.
    È proprio il Pistolero del terrazzo il tizio che è venuto a controllare l’ufficio.
    Il bastardo magari mi stava cercando da quando me la sono svignata da lì. Si muove con circospezione verso la scrivania dietro la quale mi sono nascosta, con in pugno una SIG Sauer semiautomatica di qualche tipo, presa weaver a due mani.
    Vuole controllare la cassaforte, ma non sa se la stanza è sicura, allora procede con calma e si guarda intorno in ogni direzione.
    E poi mi vede, cazzo!
    Faccio appena in tempo a ricacciare la testa al coperto, che il primo proiettile esploso dalla SIG mi fischia a pochi centimetri di distanza e si pianta nel muro. Un altro colpo, poi un altro e un altro, non riesco a contarli. Tutta la roba che stava sulla scrivania mi cade addosso colpita dalle pallottole. Cazzo! Il gigantesco iMac vola giù e mi colpisce il fianco. Vaffanculo Meehan, vaffanculo il Pistolero! Vaffanculo l’anello! Vaffanculo la Apple!
    La gragnola di colpi s’interrompe, tintinnii di bossoli sul pavimento.
    Bastardo dal grilletto facile, hai un tiro istintivo davvero rapido... Ti darò io qualcosa a cui sparare.
    Agguanto il monitor con computer intergrato da quattromila sterline, che sono sicura mi ha appena stampato un bel livido sulle reni, e lo lancio oltre il lato sinistro della scrivania.
    Il Pistolero coglie subito il movimento e d’istinto spara un altro paio di colpi nel già defunto iMac, prima di rendersi conto che non ha colpito quello che in realtà aveva intenzione di colpire.
    Nel frattempo io sono già scattata fuori dall’altro lato della scrivania, lontano quanto basta dalla linea di fuoco. Il Pistolero ovviamente mi vede e aggiusta il tiro.
    Mi spara ancora addosso, ma io mi sono già buttata dietro un divano rivestito di lucida pelle nera, fuori dalla sua visuale.
    Le pallottole si piantano nell’intelaiatura del mobile, il bastardo sta ancora sparando alla cieca... E infine si sente il click che tanto aspettavo: fine del caricatore, baby.
    Emergo da dietro il divano sfilandomi dai capelli uno dei due spilli che tenevano a posto il mio chignon. Lo impugno fra l’indice e il medio, con il pollice che lo tiene bloccato, e carico il colpo portando la mano sopra la spalla destra.
    Muovo il braccio in avanti di scatto e apro le dita: la bacchetta, che in realtà è uno spiedo metallico più appuntito di una dannata siringa, vola a tutta velocità verso la faccia del Pistolero. A una distanza del genere non posso fallire.
    Ma il bastardo si rende conto del pericolo in tempo e alza il braccio sinistro davanti alla testa. Il senbon gli si pianta nella manica del completo gessato, e le sue dita ritornano alla cintura per recuperare un caricatore pieno da inserire nella pistola.
    Scavalco il divano con un balzo e in un istante gli sono addosso.
    Lui ricarica la SIG e fa scattare in avanti il carrello, ma prima di riuscire a puntarmela addosso io faccio perno con il piede destro e roteo il corpo slanciando in aria la gamba sinistra. Colpisco la pistola con il tallone e gliela faccio volare via dalle mani, continuo ad assecondare la mia rotazione, poggio a terra il piede sinistro, alzo la gamba destra e lo colpisco allo stomaco con un calcio che farebbe impallidire un centravanti brasiliano.
    L’ormai ex-Pistolero accusa il colpo, viene sbalzato all’indietro e barcolla ancora un paio di passi per allontanarsi. Nemmeno un lamento di dolore, ma so che quel salutino che gli ho appena fatto l’ha sentito forte e chiaro.
    Sfilo il secondo senbon dai capelli e lo stringo con mano ferma. Senza più alcun sostegno la mia acconciatura chic mi crolla sulle spalle; vorrei almeno raccogliermi i capelli a coda di cavallo perché non mi intralcino, ma non c’è tempo. E comunque non ho con me un elastico. Mi muovo verso il Pistolero con lo spiedo pronto a colpire, silenzioso e letale, quando lui fa emergere da qualche tasca un coltello a farfalla. Lo apre, fa scattare in fuori la lama e richiude subito l’impugnatura, senza perdersi in nessuna di quelle acrobazie da circo che fanno sempre nei film.
    Impugna l’arma con la lama rivolta verso l’alto e si mette in posizione da combattimento con la mano sinistra in avanti, aperta. Tecniche di combattimento Kali? È un veterano di qualche unità per operazioni speciali? Comincio a pensare che questa faccenda non si risolverà molto facilmente.
    Il mio primo senbon è ancora piantato nel suo braccio come un cipresso solitario, lui si comporta come se non sentisse nulla. Del sangue macchia il suo vestito gessato e gocciola per terra lungo il metallo dell’ago. E il bastardo sorride. Mi fissa e sorride. Si sta divertendo.
    Mi fermo. Ricambio lo sguardo. Ma non il sorriso. 
 

   
 
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