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Autore: Nischino    08/01/2008    5 recensioni
E' una storia nata per caso, nata grazie alla musica, nata grazie al rock. E' la storia dell'amore, dell'amore per la musica, e dell'amore per la sua musa. E' la storia dell'amore per i Franz Ferdinad. E' la storia dell'amore per Andrew.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Come on home, Jacqueline

Genere:Yaoi

Avvertenze: Non è una song fic vera e propria, la storia può essere letta anche se non avete mai sentito le canzoni citate. Ma vi consiglio di aprire You Tube ed ascoltarle, perchè sono stupente. E fanno venire i brividi. "Come on home" e "Jacqueline".

***

Drag parte con la prima in Do. Ecco, sussurrando, Come on home.
 

“Although my lover lives in a place that I can't live
I kind of find I like a life this lonely
It rips and pierces me, in places I can't see
I love the rip of nerves
The rip that wakes me
So I'm dissatisfied, I love dissatisfied
I love to feel there's always more that I need”

Sentire la voce di Andrew rimbombare tra le pareti graffittate del garage è adrenalina presa mischiata alla vodka non diluita.

Andrew stricca leggermente sull’I love rip. E’ la sua battuta preferita. Lo è da quando lo conosco. E, adesso che ci penso, battendo col piede il ritmo che sto per dare col piatto, questo è il settimo anno che frequento Andrew.

Sette anni dalla nostra prima partita di calcio.

Sei anni dalla nostra prima bravata.

Cinque anni dalla nostra prima sigaretta. L’ultima per me, non per lui.

Quattro anni dalla nascita del nostro gruppo rock.

Tre anni dalla nascita della nostra passione sfrenata per i Franz Ferdinand.

Due anni dai nostri primi pearcing, il mio sul sopracciglio, il suo sulla lingua.

Un anno dalla mia prima scopata.

Con lui.

Ma non importa quanto sia successo, in questi anni di scuole superiori, mozziconi e foto di macchinetta. A me basta solo che non smetta mai di poggiare entrambe la mani al microfono e chiudere gli occhi, prima di leccarsi le labbra e partire con

”So Come On Home
So Come
On Home
So Come On Home
Home!”

 E’ quell’Home che elettrizza Sarah, la chitarrista, che parte con il suo assolo da far girare la testa, mentre Andrew le grida un

“Vai, bambola!” che le fa tirare in un sorriso le labbra colorate di viola.

Le unghie nere ed i capelli fucsia vibrano insieme alle corde della sua Diavolina, mentre solleva un anfibio dai lacci rosa schokking come fanno le vergini durante il loro primo bacio.

Solo che, per lei, il primo bacio è pizzicare le corde di una chitarra. E tutte le volte è come la prima.

”You're where you want to be,
I'm where I want to be
Come on
We're chasing everything we've ever wanted
I replace you easily, replace pathetically
I flirt with any flighty thing that falls my way
But how I needed you
When I needed you.
Lets not forget we are so strong, so bloody strong”

 Altra battuta di Sarah, che si getta in avanti, lasciandosi ricadere i capelli su tutto il viso. Drag fischia in segno di approvazione e Freddie muove un po’ le dita sulle corde, ad improvvisare note che non ci sono ma che lui adora piazzare a caso. E’ fatto così, improvvisa anche quando si tratta di una formula di chimica. E la maggior parte delle volte ci azzecca.

Sarah cicca il La in chiave minore propria sull’ultima battuta e fa una smorfia. Sa che Andrew s’incazzarà come una bestia, per questo. Ma al momento non le frega niente, riprendendo da dove il La si era spento in un suono un po’ troppo acuto.

”So Come On Home
So Come On Home
So Come On Home
Home!”

 
La verità è che amo Andrew come si ama il ghiaccio nei pantaloni la mattina, quando hai appena fatto un sogno erotico e il caldo lo senti perfino sulle punte delle dita.

Andrew mi ha fatto vedere cose che nemmeno facendomi di Maria per un mese avrei potuto solo scorgere. Perché con lui è tutto così.

Anche la ruotine diventa imprevedibile, anche lo zucchero salato ed il sole gelido.

Andrew è un Lucifero espulso dall’inferno e reietto al Paradiso, perché troppo bello, e perché troppo folle.

Il piercing sulla sua lingua luccica al chiarore della lampada al neon bluastra che abbiamo piazzato nell’angolo per creare un’atmosfera che ricordasse quella dei concerti rock che abbiamo visto dal vivo, in Tv e sulla satellitare.

E’ sexy, tremendamente, quando scuote i capelli neri e li fa ricadere sull’occhio verde destro, mentre la collana di metallo rintocca sul suo collo pallido.

Lo è da morire.

”Blue light falls upon your perfect skin
Falls and you draw back again
Falls and this is how I fell”

Conosco Andrew da quando eravamo bambini, ma non credo di averlo mai davvero compreso del tutto. Quello che so di lui è che odora d’incenso, ama le emozioni forti, le montagne russe e scoparmi. Cristo, se ama scoparmi.

Tutto è sesso, per Andrew, e tutto è sesso per me.

E’ grazie a quello se adesso siamo ancora vivi, ancora normali, per niente strafatti nonostante il passato di merda che abbiamo alle spalle.

Una madre suicida io, un padre assassino lui.

Ed è questo che ci porterà al successo.

Non abbiamo più paura di niente.

Se non di perdere l’altro.

”And I cannot forget
And I cannot forget”

 Un po’ come nella Bibbia, un po’ come nei libri di Stephen King, la nostra più grande debolezza siamo noi stessi, e l’amore che proviamo l’un altro.

Che provino solo a portarmelo via, e brucerò fino all’ultimo centimetro di questa Terra di mezzi uomini. Perché sono un duro, un duro che è pronto a spaccare la faccia a tutti i figli di papà che si trova tra le mani, un duro che non abbassa lo sguardo davanti a nessuno, un duro che quando lo vedono per strada le ragazzine sussultano dei suoi capelli fissati col gel di un biondo evidentemente ossigenato e dei suoi anelli borchiati.

Però sono anche un orso innamorato. Un orso che farà di tutto per proteggere il suo Andrew, e non permettere mai più a nessuno di farlo soffrire.

”Come on home
So come on home
So come on home
But don't forget to leave”

La canzone si conclude con le poche battute di Andrew. Si poggia sul microfono e sospira.

“Ottimo, baby” gli dice Drag, sorridendo tutto fossette “Per oggi io stacco. Ho algebra e Divina Rottura di Cazzi, domani, e se non prendo almeno un 3 e mezzo mia madre mi impicca per le palle fuori dalla finestra”.

Così dicendo pigia il pulsante di chiusura della tastiera ed esce dal garage. Sarah e Freddie lo seguono, ed io rimango appoggiato al sedile della mia batteria. La mia bambolina.

“Vuoi che vada anche io?” chiede Andrew. Lo sa che, a volte, mi piace restare solo nel garage sgangherato, a battere nel buio qualche ritmo sconnesso. E’ solo così che riesco a pensare.

“Dammi la prima di Jacqueline, poi andiamo dove vuoi tu”.

Lui sorride, leggermente e si scosta i capelli dalla fronte.

Jacqueline è la nostra canzone, è il nostro modo di dirci “Ti amo”.

Perché non lo diremmo mai ad alta voce, non lo diremmo mai davanti a qualcun altro che non sia il nostro riflesso in uno specchio un po’ rotto.

Ma dire Jacqueline, come quella volta sotto la pioggia torrenziale di un temporale di fine Agosto, vuol dire Ti amo. Ed è un modo tutto nostro, per farlo, un modo da duri.

Un modo speciale.
 

 ”Jacqueline was seventeen
Working on a desk
When Ivor
Peered above a spectacle
Forgot that he had wrecked a girl
Sometimes these eyes
Forget the face they're peering from
When the face they peer upon
Well, you know
That face as I do
And how in the return of tha gaze
She can return you the face
That you are staring from”


Quella volta era fine agosto, pioveva già da un’ora quando decidemmo di tornare a casa nonostante non avessimo nemmeno un ombrello.

Ci coprimmo ognuno con la propria cartella, tremando ed imprecando.

Per non pensare allo stato in cui saremmo arrivati al mio appartamento, improvvisammo una canzone a caso. E Jacqueline fu la prima a venirci in mente.

 “It's always better on holiday
So much better on holiday
That's why we only work when
We need the money”

 Non sono mai stato bravo a cantare, ho una voce troppo bassa,roca e stonata come un campana non accordata. Sempre che si possano accordare le campane.

Andrew, al contrario, lo fa divinamente, senza che gliel’abbia insegnato nessuno.

Sotto il portone me lo fece notare, lo rimproverai perché, bè, sono fatto così. Sempre il migliore in tutto.

Lui si mise a ridere ed io, per farlo arrabbiare, gli diedi uno strattone. Perse l’equilibrio e la sua cartella finì in una grande, grossa, grigiastra pozzanghera.

“Era nuova, Theo!” mi rimproverò, ma non si abbassò per raccoglierla.

Restò lì, sotto la pioggia, ad infradiciarsi come un pulcino. Orgoglioso, come sempre, dovevo essere io a tirarla su. Ma non lo feci. Orgoglioso pure io.

Però mi faceva tenerezza, un po’ troppa, vederlo così, imbronciato e un po’ seccato, tutto inzuppato. Allora spostai la mia cartella, dalla mia testa, sulla sua. E mi avvicinai, per non bagnarmi troppo. Fu allora, ad un millimetro dalle sue labbra, che lui alzò lo sguardo, un po’ sconcertato, un po’ sorpreso, un po’ confuso. Un po’ tutto quello che non era mai stato, ne per me, né per nessun altro.

 “Gregor was down again
Said come on, kick me again
Said i'm so drunk
I don't mind if you kill me
Come on you gutless”

Mi sussurrò sulla bocca. Lo fece dolcemente, lentamente, fuori tempo e senza voce.

La canzone più bella che io abbia mai sentito. Le parole più dolci che mi furono mai mormorate.

“I'm alive
I'm alive
I'm alive
And how i know it
But for chips and for freedom
I could die”.

E credo di aver fatto del mio meglio anch’io, nonostante il riferimento alle patatine che, mai in quel momento, avevo amato di più.

E dunque fu Jacqueline. E poi, la nostra prima volta, su radio Vasco, davano Come on Home. Perciò, per noi, fu “Come on home, Jacqueline”.



eHm...

Bene, bene, bene...questa è la prima ff originale che pubblico su EFP, probabilmente perchè la ritengo una  storia un po' banale e per nulla significativa. Però, mentre la scrivevo, ho provato un'emozione, e spero che sia accaduto lo stesso anche a voi. Come avrete notato non è una vera song-fic ma sono i versi di due canzoni dei Fred Ferdinand, gruppo che ho scoperto grazie al mio cuginetto, e che mi ha immediatamente colpita per l'originalità dei desti.
Ammetto che ho scelto Jacqueline come canzone-dichiarazione per la frase sulle patatine fritte ^^"...
Spero che la storia vi sia piaciuta, e che lascerete a questa povera autrice un po' rock, un po' metal, un po' pop e un po' bluse un commento, possibilmente che non sia un insulto. Ma le critiche costruttive sono più che ben accette.
   
 
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