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Autore: londra555    25/06/2013    17 recensioni
Santana vorrebbe solo allontanarsi da quello che rimane della sua vita. Vorrebbe semplicemente passare qualche giorno tranquillo in un hotel di provincia.
Invece scoprirà cosa significa trovarsi nel posto giusto ma al momento sbagliato.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Kurt Hummel, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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314

 

Gli occhi di Santana si aprirono di colpo, forse infastiditi dalla luce che penetrava dalla finestra. Sbatté le palpebre confusa guardandosi intorno per alcuni lunghi secondi prima che ricordasse che quella era la sua stanza d'albergo. Contemporaneamente si accorse che indossava ancora l'abito nero della notte precedente e, dopo un primo istante in cui la sua fronte si corrugò per lo sforzo di ricordare come mai si fosse addormentata perfettamente vestita, saltò a sedere con gli occhi spalancati, portandosi una mano a coprire la bocca.

Il suo primo istinto fu quello di sollevare appena la testa e guardare l'armadio alla sua sinistra ma vi si oppose con forza. Si alzò mantenendo lo sguardo sui suoi piedi che si dirigevano automaticamente verso il bagno e, una volta raggiunto, chiuse la porta appoggiandovi le spalle e chiudendo gli occhi mentre prendeva profondi respiri.

Quel posto la stava facendo impazzire.

Non poteva essere spiegato in nessun altro modo. Doveva andare via da lì e doveva farlo in fretta. Non le era mai capitato di avere allucinazioni così vivide. Perché ora, con la luce calda del sole, era certa che di allucinazione si fosse trattato. Soprattutto perché sapeva bene di non aver bevuto la notte prima quindi non poteva dare la colpa all'alcol ma solo all'atmosfera di quel luogo.

Rabbrividì al ricordo di un paio d'occhi di ghiaccio che la scrutavano da lontano.

Scosse la testa decidendo che una doccia sarebbe stata l'ideale per schiarirsi le idee e cancellare quell'immagine.

Quando, poco più di mezz'ora dopo, chiuse alle sue spalle la porta della stanza, ormai tutti i dubbi che, nonostante cercasse di nasconderlo anche a se stessa, quell'incontro potesse essere avvenuto davvero, erano spariti. Poco importava che avesse accuratamente evitato di guardare nell'armadio per paura che, quella maniglia dorata, fosse ancora al suo posto. Brillante e lucida come fosse nuova.

Tutto a causa di quel maledetto hotel.

Continuava a ripetersi mentalmente, mentre scendeva lentamente i gradini che l'avrebbero portata nella hall, che sarebbe dovuta ripartire quella stessa mattina.

Raggiunse l'ingresso e fu grata che non ci fosse nessuno così si diresse verso l'uscita dedicando solo una rapida occhiata alla foto che immortalava Brittany Pierce.

Per un attimo, uno solo, le sembrò che i suoi occhi fossero color ghiaccio, incastonati in quel ritratto in bianco e nero.

Santana scosse la testa, resistendo all'impulso di voltarsi per guardare meglio.

Questa volta, raggiunto il marciapiede, si voltò per andare a destra. Sapeva che, se fosse andata dall'altra parte, avrebbe visto di nuovo il Cotton Club e, stranamente, non voleva rivedere quelle assi inchiodate alla porta e quei mattoni rossi.

Così, dopo qualche metro, persa nei suoi pensieri che non erano coerenti ma solo sensazioni che le producevano uno strano e lieve formicolio della pelle, iniziò a camminare alla ricerca di un posto qualunque dove poter fare colazione con un caffè nero e forte.

-Ci si rivede, straniera! Il mondo è piccolo!

Santana quasi sobbalzò a quella voce ma si riprese rapidamente voltandosi per incrociare lo sguardo sicuro ed il sorriso sornione di David Puckerman.

-Il mondo non è piccolo, questo buco lo è! - rispose secca.

L'uomo rise, per niente infastidito dal suo tono.

-Vedo che ancora non sei stata conquistata dalla magia di questo posto! - disse spalancando le braccia.

-Non credo che possa succedere. Ora, se non ti dispiace, ancora non ho potuto bere un caffè.

-Conosco un posto dove fanno i migliori pancake del Maine.

-Lo dubito.

-Seguimi!

Santana si fermò di colpo accorgendosi che non sembrava voler mollare la presa. Chiuse gli occhi prendendo un profondo respiro.

-Senti, David, non mi interessi. Non voglio avere niente a che fare con te! Lasciami in pace, vuoi?

-Un caffè e ti lascio in pace.

-Non puoi semplicemente lasciar perdere?

-No! Mio nonno, che mi ha insegnato tutto ciò che so, non mi perdonerebbe mai per averti lasciata sola!

Improvvisamente, Santana, si concentrò sul sorriso dell'uomo davanti a lei e, prima che potesse capire cosa stesse per chiedergli, le parole lasciarono le sue labbra.

-Gli assomigli?

David aggrottò le sopracciglia confuso da quella domanda. Santana si prese mentalmente a schiaffi, accorgendosi di quanto sembrasse stupido ciò che aveva appena chiesto.

-A mio nonno? Mi hanno sempre detto che ho il suo stesso sorriso.

Santana strinse la mascella mentre un pensiero incontrollato attraversava la sua mente.

Oh non sai quanto sia vero.

Ma fu solo un attimo. Chiuse gli occhi scuotendo la testa e cercando di schiarirsi le idee.

-Tutto bene? Allora, mi concedi questo caffè?

Santana non ebbe la forza per negarsi anche questa volta e si ritrovò ad annuire lentamente. Prima di sapere come fosse successo si ritrovò in un piccolo divanetto rosso anni cinquanta con un enorme piatto di pancake ricoperti di sciroppo d'acero.

-Ora pensi di dirmi almeno il tuo nome? - domandò David bevendo un sorso di caffè – Penso di meritarmelo dopo questa splendida colazione!

-Santana. Santana Lopez.

Disse portando la forchetta alle labbra e, suo malgrado, ammettendo che quelli erano effettivamente i migliori pancake che avesse mai provato.

-Vuoi sposarmi Santana?

La donna quasi sputò quello che stava masticando e lo guardò con gli occhi sgranati.

-Stavo scherzando. Ma comunque volevo provare – disse lui con il solito sorriso dipinto sulle labbra mentre afferrava la forchetta.

-Senti David, grazie per la compagnia. Ma se speri che questo caffè possa aiutarti a finire nella mia camera l'albergo ti sbagli di grosso!

-Va bene anche casa mia!

Santana sbuffò mentre girava gli occhi verso il soffitto domandandosi perché fosse ancora lì. E, subito dopo ignorò la risposta ovvia.

Perché voglio informazioni sul passato di questo posto.

-Sono gay David!

-Oh naturalmente! Ma solo perché ancora non sei stata con me!

Santana si colpì la fronte con la mano lasciando andare un profondo sospiro infastidito.

-Davvero, David? Hai appena detto davvero la battuta più stupida che potessi dire?

L'uomo si passò, imbarazzato, la mano sulla nuca distogliendo lo sguardo.

-Mio nonno diceva sempre che funzionava!

-Senti grazie per il caffè, davvero. Ma ora vado via – Santana si alzò mentre pronunciava quelle poche parole ma la mano di David si strinse intorno al suo polso.

-Va bene. Sono un idiota, è vero! Ma in questo posto non si incontrano spesso nuove persone. Possiamo ricominciare da capo? Piacere, sono David Puckerman e vivo a Newport da quando sono nato.

Santana sollevò gli occhi al cielo ma sorrise e riprese posto. In fondo non aveva finito i suoi pancake ed era sola. Dare una seconda possibilità non era da lei ma, per una volta, avrebbe fatto un'eccezione.

-Va bene David. Ma solo perché non ho finito di fare colazione.

L'uomo sorrise e si rilassò sulla finta pelle del divanetto.

-Allora cosa ti porta in questo posto sperduto, Santana?

-A dire il vero non lo so nemmeno io. Ho lasciato Los Angeles solo perché la mia vita è un disastro! - sbottò allargando le braccia.

-Direi che è un buon motivo.

-Sì, per finire nel peggior posto del mondo!

-Ehi non è tanto male qui!

-Solo perché non sei mai stato al Providence! - sbuffò in risposta.

-Era splendido! - David fece una pausa - Un tempo, almeno. Ora è effettivamente un po' decadente.

-Solo un po'? Mi hanno dato la stanza 314 dicendo che era la migliore! Immagino le altre!

David sollevò lo sguardo e fece un sorrisino divertito.

-Ah sei nella stanza maledetta?

Santana quasi si strozzò per la seconda volta in pochi minuti. Quando riuscì a smettere di tossire sollevò lo sguardo.

-Cosa?

-Davvero non ne hai mai sentito parlare? Durante gli anni alcune persone sono sparite e l'ultimo posto dove sono state è proprio quella stanza!

-Dici davvero? - chiese con voce ancora rotta Santana.

David si strinse nelle spalle.

-Sì. Ma ovviamente non ti aspettare nessun vero mistero. Secondo me sono persone che sono andate via senza pagare il conto – l'uomo rise – Ma la tua faccia è stata splendida! Avresti dovuto vederla!

-Già – ringhiò in risposta – Molto divertente.

-Comunque puoi trovare qualche articolo nel Newport Tribune. E' il giornale della città. Hanno cercato di sfruttare questa cosa per attirare turisti.

-Direi che non ha funzionato.

David si alzò e le rivolse un sorriso.

-Ora devo andare.

-Cosa? Mi stai lasciando qui?

-Santana, io ho un lavoro!

-Sì ma cosa dovrei fare qui?

David la guardò sollevando un sopracciglio e spalancando le braccia.

-Fai un giro e scopri la città! Vedrai che ti piacerà!

Santana spalancò la bocca mentre l'uomo la salutava con la mano e si allontanava dopo aver lasciato qualche banconota alla cameriera. Finì lentamente il suo caffè guardandosi intorno e qualcosa attirò la sua attenzione. Si alzò accorgendosi che, una parete, era quasi interamente ricoperta di vecchi articoli di giornale. In quel posto erano decisamente tutti troppo legati al loro passato glorioso.

Nonostante ciò Santana si fermò davanti alla prima pagina di una vecchissima edizione del Newport Tribune. I suoi occhi fissavano un primo piano di Brittany Pierce. Era curioso, in quella foto ingiallita dal tempo, sembrava che non stesse guardando l'obbiettivo, ma qualcosa che si trovava oltre. Santana deglutì cercando di combattere il desiderio che le bruciava dentro di sapere cosa stesse guardando. Cosa aveva attirato l'attenzione di quella donna?

Si morse il labbro per cercare, a fatica, di distogliere lo sguardo da quei tratti che stavano diventando fin troppo familiari. Poteva vedere il biondo dorato dei suoi capelli, la pelle chiara ed il ghiaccio dei suoi occhi.

Serrò con forza le palpebre per tagliare fuori quei pensieri. Non poteva sapere di che colore fossero i suoi occhi, né che sfumatura avessero i suoi capelli. Doveva smetterla di credere che un sogno fosse la realtà.

Li riaprì lentamente fissando ancora la foto.

Cosa stai guardando?

Se lo chiese come se la risposta non fosse difficile da ottenere. Come se davvero fosse a solo un paio di passi da lei e Brittany avrebbe potuto risponderle.

E se fosse vero?

Richiuse di nuovo gli occhi e prese un respiro profondo. Quando li aprì cercò di concentrarsi su qualcos'altro. Fissò la data del giornale. Era di un paio di giorni dopo la festa a cui aveva assistito la notte prima.

Non sono stata a nessuna festa, ieri.

Santana lesse qualche riga. Per un attimo si gelò quando lesse che si trattava della festa di fidanzamento per il matrimonio tra Brittany Pierce e Blaine Anderson che si sarebbe celebrato in poco meno di due settimane. Strinse i denti perché lei non avrebbe dovuto saperlo.

A meno che non fossi stata lì davvero.

Continuò a leggere piano, sino a fermarsi su un nuovo nome: Kurt Hummel.

Non aveva senso.

In quel momento si voltò e uscì fuori dalla caffetteria. Prima di rendersi conto di quello che stava facendo arrivò all'hotel Providence. Si fermò davanti alle foto appese e, per la prima volta, non guardò non solo quella di Brittany Pierce.

Si fermò davanti a un immagine ben precisa. La targhetta d'ottone recitava: Kurt Hummel.

Sorrise a se stessa. Era lo stesso giovane uomo che aveva visto la notte prima. O che aveva sognato di vedere. Naturalmente doveva aver visto la foto, pur senza farci troppo caso, e la sua immaginazione unita alla strana atmosfera che circondava quel luogo, avevano fatto il resto.

E allora come sapevi del matrimonio.

Santana scosse la testa. Avrebbe chiuso quella faccenda. E l'avrebbe fatto in quell'esatto momento. E poi, una volta messo ordine nella sua testa, avrebbe fatto le valigie e sarebbe andata via.

Così salì le scale, ignorando il vecchio che era apparso nella hall e l'aveva gentilmente salutata proprio in quel momento. Aprì la porta della sua stanza e si diresse verso l'armadio. Spalancò l'anta e strinse la maniglia dorata, come aveva fatto la notte prima.

Un brivido attraversò la spina dorsale mentre chiudeva gli occhi sentendosi una perfetta idiota.

 

 

La prima cosa che notò, non appena aprì gli occhi, fu il profumo. Nell'aria c'era quell'aria inconfondibile di salsedine ma senza quel retrogusto acre di smog. Santana sollevò la testa lasciando che quella sensazione la cullasse e, solo dopo un attimo, decise di guardarsi intorno.

Andiamo, Santana, questa è la tua stanza d'albergo.

Ed era vero. Era esattamente la sua stanza.

Solo che sembrava brillare.

Tutto era lucido e perfetto, come le foto in una rivista patinata di design. Passò lentamente una mano sul legno della testiera del letto e, mentre il suo sguardo accarezzava lentamente ciò che la circondava, sobbalzò.

Quella non è la mia valigia.

Si avvicinò piano alla sedia che si trovava al lato del letto. No, quella non era decisamente la sua valigia. Era più simile a un baule in pelle scura con una piccola chiusura in bronzo, o almeno così le sembrava. Socchiuse gli occhi e lottò con l'impulso di aprirlo. Si voltò di scatto e si catapultò fuori dalla stanza.

Questa volta non si fermò a guardare i dettagli. Non si fermò ad ammirare il tappeto e l'ascensore che sembravano essere stati appena tirati a lucido. No. Si limitò a dirigersi verso le scale e arrivare al piano terra. Solo allora si fermò di colpo.

Tutto era esattamente come la notte precedente. Mancavano le foto alla parete e c'erano uomini impeccabili nei loro completi chiari da giorno, accompagnati da signore ben vestite, con eleganti cappellini che coprivano le loro perfette acconciature.

Santana si guardò intorno con la bocca spalancata.

Mantieni la calma.

Riuscì a serrare la bocca sperando di non aver attirato troppo l'attenzione. Ma nessuno sembrava fare troppo caso a lei. Tranne una donna che la guardava da lontano con gli occhi socchiusi, come se la stesse valutando. Santana era quasi certa di averla già vista: era lì anche la notte prima. Incrociò i suoi occhi, le sembrarono color nocciola ma, quando si mosse, la luce li colorò di riflessi verdi. Aveva i capelli biondi sotto un cappellino nero che si abbinava perfettamente al suo abito. In quel momento le sorrise, quasi divertita. Come se sapesse qualcosa che Santana ignorava. E poi si diresse verso di lei con passo sicuro, Santana quasi si fece prendere dal panico per un attimo, ma quella donna la guardò con la coda dell'occhio mentre la superava per salire le scale.

-A volte non ti senti come se fossi nel posto giusto ma al momento sbagliato?

Santana si voltò di scatto sentendo quella voce, ma la donna non si fermò. Continuò a salire le scale fischiettando un motivetto che, per qualche motivo, le risultava familiare.

Avrebbe voluto seguirla. Santana l'avrebbe fatto davvero se, in quell'esatto momento un brusio proveniente dalla porta principale non l'avesse fatta voltare di scatto.

Incrociare quegli occhi color ghiaccio le sembrò la cosa più naturale del mondo. Anche se non poteva essere vero. Anche se non poteva essere lì.

Non può davvero essere Brittany Pierce.

E lo pensava davvero. Ma questo non cambiava le cose. Davanti a lei c'era una donna bellissima che aveva visto per la prima volta in una vecchia foto solo il giorno prima. Ma, nonostante fosse certa che tutto quello non poteva essere vero, non riuscì a fermarsi. Si trovò a camminare verso quella donna che, sorprendentemente, stava guardando lei. Quando fu a un paio di metri si fermò schiarendosi la voce.

Cosa dovrei dire?

-Signorina Pierce, sono una sua grande ammiratrice – Santana si complimentò con se stessa per la sua fantastica prontezza di spirito.

Brittany inclinò la testa e la fissò per un istante.

-Strano, Kurt ieri notte mi ha detto che non sapevi chi fossi.

Santana arrossì immediatamente schiarendosi di nuovo la voce, improvvisamente non era più sicura che fosse stata una buona idea. Anche se fosse solo un'allucinazione. Ma poi le implicazioni di quella frase la fecero sorridere.

-Hai chiesto di me a Kurt? - domandò.

Questa volta fu il turno di Brittany di arrossire, ma solo per un attimo.

-Sì, non ti avevo mai vista prima ed eri alla mia festa di fidanzamento. Ero solo curiosa.

Santana si irrigidì alla menzione del fidanzamento ma riuscì ad annuire piano.

Maledizione, se è un sogno si suppone che debba cadere ai miei piedi! Non sposarsi!

-Mi accompagni? - la voce di Brittany la riscosse.

Così si trovò a seguirla sino al bancone del bar e questa volta chiese una limonata.

-Dov'è Noah Puckerman? - domandò una volta che un giovane che lei non aveva mai visto le servì.

-Oh Puck non lavora qui. E' il barman del Cotton Club. Ieri era qui solo per farmi un favore. Sai è il migliore – sorrise Brittany mentre giocava col suo bicchiere – Lo conosci?

-No, no – si affrettò a rispondere – L'ho conosciuto solo ieri. Ma mi avevano parlato di lui.

-Davvero? Chi?

-Suo ni... - Santana si fermò in tempo fingendo di tossire sotto lo sguardo confuso di Brittany – Nessuno.

La donna davanti a lei la guardò ancora per un attimo ma poi sorrise sembrando divertita.

-Quindi, tu sai chi sono ma io non ti conosco.

-Santana, Santana Lopez.

-E da dove spunti fuori Santana Lopez?

Oh meglio che tu non lo sappia.

-Los Angeles.

-Un lungo viaggio. Cosa ti porta qui, non certo la musica, a quanto ho capito.

Santana si strinse nelle spalle.

-Avevo bisogno di cambiare aria.

-E ci sei riuscita?

Non sai quanto.

-Sì. Potrei dire di sì. Anche se non come mi aspettavo.

Brittany si sporse in avanti accorciando le distanze, Santana smise di respirare mentre guardava come il pollice e l'indice della donna davanti a lei si chiudevano intorno al colletto della sua camicia.

-Sei misteriosa, Santana. Una donna apparsa dal nulla e con uno strano gusto nei vestiti.

Santana deglutì mentre guardava come Brittany si allontanava nuovamente. Più lentamente di quanto fosse necessario.

-Buona giornata, signore.

Santana si voltò riuscendo a distogliere gli occhi da quelli di ghiaccio di Brittany per trovarsi davanti un sorridente Noah Puckerman. Non sapeva se essere felice per quella interruzione che le aveva impedito di allungare la mano per toccare la donna davanti a lei ed assicurarsi così che fosse vera, o se esserne infastidita perché, diciamocelo, per quella giornata ne aveva avuto abbastanza della famiglia Puckerman.

-Puck, è bello vederti.

L'uomo si sporse per lasciarle un bacio sulla guancia e Santana provò una fitta di gelosia irrazionale.

Concentrati, Santana. E' solo un sogno.

Puck si voltò verso di lei e le prese la mano inchinandosi per un impeccabile baciamano. Santana dovette trattenersi dal ridergli in faccia.

-Ci rivediamo, straniera. Ieri sei scappata.

Santana dovette lottare con l'impulso di sbuffare ironicamente. David aveva ragione, suo nonno gli aveva insegnato tutto quello che sapeva.

-Ho dovuto – rispose senza aggiungere altro.

Lui sorrise prima di rivolgersi nuovamente a Brittany.

-Sei qui per l'intervista? - chiese.

-Sì, Blaine è al Cotton con Kurt. Sai che non gli piacciono queste cose. Manda sempre me.

-I giornalisti sono noiosi. Fanno sempre le stesse domande, non trovi? - sogghignò lui.

-Già, e sono sempre quelle sbagliate.

Il sorriso che si scambiarono i due fece sentire di troppo Santana. Come se stessero parlando di qualcosa di preciso che lei non poteva capire. Come se fossero più che semplici frasi di circostanza e che dietro ci fosse qualcos'altro. Scosse la testa.

La mia fantasia è senza controllo.

-Parli del diavolo...

Santana si voltò per guardare nella direzione che indicava Puck con la testa e vide due uomini in abito beige che camminavano verso il loro tavolo.

Non le ci volle molto per capire che erano i giornalisti. Dopo i saluti presero posto in un tavolo vicino e, quello più alto estrasse dalla borsa una grossa macchina fotografica nera.

-Il dovere mi chiama – disse Brittany mentre si alzava – Ti lascio con Puck.

Santana si trovò ad annuire mentre la guardava allontanarsi lentamente. Un lieve sospiro abbandonò le sue labbra.

-Quindi Santana, ti fermerai a lungo con noi?

La donna sobbalzò, era troppo presa nell'osservare le labbra di Brittany che si muovevano per rispondere alle domande che le venivano poste, per accorgersi che l'uomo aveva preso posto al suo fianco.

-Non credo.

-Ma è davvero un peccato! Sai mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio.

Santana sollevò gli occhi al soffitto incredula. Non era stato sufficiente David, adesso doveva anche affrontare il secondo Puckerman della giornata.

-Non credo ci siano possibilità che questo avvenga – tagliò corto.

-Magari potresti venire stanotte al Cotton Club. Potrei farti cambiare idea.

Santana scosse la testa con un ghigno. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo per un sacco di ragioni, la più importante tra tutte era che, improvvisamente, non le sembrava più tanto improbabile che quelli fossero davvero gli anni '20 e non una sua allucinazione. E, se così fosse stato davvero, non erano gli anni adatti per sbandierare certe informazioni. Ma, stranamente, si sentiva particolarmente sicura di quell'uomo. Così si sporse appena per stringere la sua cravatta.

-Non credo che tu possa farmi cambiare idea.

-E perché no?

-Perché decisamente preferisco le donne.

Puck, dopo un attimo di sorpresa, dettata da quella confessione così diretta, sorrise di nuovo.

-Solo perché non sei mai stata con me!

Santana lasciò andare la sua cravatta con uno sbuffo. Poi si sentì osservata e si voltò trovando, come sospettava, lo sguardo di ghiaccio di Brittany puntato su di lei. Solo allora si accorse che il fotografo stava per scattare la foto. Ma Brittany non guardava l'obbiettivo. No, lei stava guardando Santana.

Ed improvvisamente questa fu certa che quella era la foto che aveva visto pubblicata in quel giornale.

Un brivido attraversò la sua schiena.

-Devo andare.

-Cosa? Aspetta, Brittany ha quasi finito! - cercò di fermarla Puck.

-Non posso.

-Ci rivedremo?

-No! Sì... non lo so.

Si voltò per fermarsi subito dopo e riguardare Puck puntandogli il dito contro.

-Oh un'ultima cosa! Non osare dire a nessuno che quella stupida frase funziona sempre!

Puck la guardò confuso mentre lei si dirigeva verso le scale. Anche allora poteva sentire lo sguardo di Brittany. Ma, di nuovo, aveva bisogno di fuggire.

Così salì le scale e raggiunse la sua camera. Entrò e si diresse con passo deciso verso l'armadio. La maniglia era lì, lucida e dorata, che l'aspettava.

Chiuse gli occhi e la strinse facendo solo due passi.

 

 

 

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Vorrei davvero ringraziarvi per l'entusiasmo che avete per questa storia, vi abbraccerei tutti uno per uno per ringraziarvi!!

Spero davvero che continui ad intrigarvi, visto che aggiungiamo altre informazioni e personaggi.

Di nuovo (e non sarà mai abbastanza quindi continuerò a dirvelo) GRAZIE!

A presto!

  
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