Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Liddell    26/06/2013    2 recensioni
«Sherlock!» chiama di nuovo, sbuffando. «Guarda che se ti sei di nuovo incastrato lì sopra io non vengo a prenderti, hai capito? Sher…»
«Mickey!»
Si blocca, perplesso. Sbircia tra i rami, ma del fratellino non c'è nessuna traccia. «Dove sei?» chiede allora, aggrottando la fronte.
«Stai guardando dalla parte sbagliata!» Sherlock sembra allegro, brutto segno.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

SUPERHERO








"Sometimes being a brother is even better than being a superhero."
- Marc Brown 

 





Violet Holmes non è una donna particolarmente attenta. Le abilità di osservazione dei suoi figli di cui tanto va fiera sono di sicuro opera dei geni - in ogni senso - di Siger Holmes: lo sguardo che ogni tanto scorge negli occhi di Mycroft, il maggiore dei due, ricorda di averlo visto anche negli occhi grigi di Siger, prima che morisse. Il punto è che non è una madre snaturata, no, semplicemente ogni tanto… si perde.

Per inciso, ha l'abitudine a perdersi Sherlock, il più piccolo.

Mycroft è in biblioteca, come al solito. Bussa piano, accostando la porta, e mette dentro la testa. «Tesoro, hai visto tuo fratello?» chiede, guardandosi attorno. E' quasi sicura che non sia lì - Sherlock non ha la stessa passione per la letteratura di Mycroft, preferisce star fuori a studiare gli insetti o quel che diavolo combina in giardino - ma chiedere non costa niente, ed ha già guardato nella camera dei ragazzi senza successo.

Mycroft si raddrizza con una smorfia, stiracchiandosi nella luce del primo pomeriggio. «Non è in cucina?» chiede senza troppo interesse.

«A quanto pare no» risponde. «Non è neanche qui, vero?»

«No.»

«Oh… Signore, dove sarà andato a cacciarsi, adesso?» Si mordicchia il labbro, pensierosa. Non è propriamente agitata, nonostante i suoi cinque anni Sherlock Holmes è già un piccolo genio e non teme che si sia ficcato nei casini, ma il non averlo in giro per casa la preoccupa, e Mycroft sembra non darsi pena più di tanto. «Non è che potresti staccare gli occhi da quel libro ed aiutarmi a cercarlo?» chiede, vagamente seccata.

Mycroft si stiracchia ancora. E' piuttosto alto per la sua età, altra caratteristica che deve aver ereditato da Siger, considerando lo scarso metro e sessantotto di sua madre, e dimostra molto più che i suoi diciassette anni. Sbadiglia, chiude il libro e si alza con tutta la calma del mondo. «Non devi preoccuparti, sarà andato a giocare fuori» dice con noncuranza. «E sto studiando, non è che potresti…»

«No, non posso. Va' a cercare tuo fratello, Mycroft, non farmi arrabbiare.»

Il primogenito di casa Holmes non protesta, ma in cuor suo preferirebbe risponderle "no" e tornare al suo libro. Ha un'interrogazione imminente e non importa che abbia la media del dieci in tutte le materie, non vuole perdere qualche ora di studio prezioso per cercare quella peste di ragazzino: eppure quella è sua madre, e per quanto sia seccato non riesce a disobbedirle. «Vado» brontola, sistemandosi la camicia gualcita. «Vado» ripete con un sospiro. Esce, passandole davanti. Attraversa il salotto nello stile vittoriano che tanto detesta, raggiunge la porta e la spalanca. Il sole è alto, fuori, fa quasi caldo. Non si era neanche accorto che fosse così tardi, probabilmente è quasi ora di pranzo. «Sherlock!» chiama, guardandosi intorno, ma di suo fratello neanche l'ombra. La villetta non è molto grande e non ci sono molti posti dove un bambino alto un metro scarso può andare a ficcarsi, giusto?

L'albero di mele in fondo al giardino attira la sua attenzione. Ogni tanto va ad arrampicarsi lì sopra, che sia lì anche stavolta?

«Sherlock!» chiama di nuovo, sbuffando. «Guarda che se ti sei di nuovo incastrato lì sopra io non vengo a prenderti, hai capito? Sher…»

«Mickey!» Si blocca, perplesso. Sbircia tra i rami, ma del fratellino non c'è nessuna traccia. «Dove sei?» chiede allora, aggrottando la fronte.

«Stai guardando dalla parte sbagliata!» Sherlock sembra allegro, brutto segno.

Gira su sé stesso, lentamente, cercandolo dappertutto, fino a guardare in direzione della casa. E gli viene un colpo, quando la minuscola sagoma di Sherlock, seduto sulla grondaia a quattro metri di distanza dal terreno, agita la mano nella sua direzione, sorridente. «Ciao!»

«Sherlock!» gracchia, con la gola secca per il panico. «Che cosa – che – che stai facendo lassù?! Scendi immediatamente, io…» «Ah…» Sherlock ride, un po' imbarazzato. «Volevo vedere come si vedeva da quassù, ma non riesco più a scendere» dice, dondolando le gambe magre oltre il bordo della tettoia.

«Da quanto sei lassù?!»

«Un'ora e mezza» risponde, preciso come sempre.

«Un'ora e--»

«Con chi parli, Mycroft?» chiama sua madre da dentro.

«Con nessuno, mamma!» strilla nel panico.

«Hai trovato Sherlock?»

«S-Sì, sì, mamma, tranquilla, è con me!»

«Sapevo che avrei potuto contare su di te, tesoro! Fallo rientrare, è ora di pranzo!»

Mycroft la ignora, rivolgendo lo sguardo più odioso che riesca a mettere su, rivolto al fratellino. Spera che gli arrivi tutto, nonostante la distanza. «Sei davvero impossibile» sibila. «Stai fermo lì, vengo a prenderti.»

Sherlock annuisce, sembra che abbia capito, ma Mycroft è sicuro che mentre gira attorno alla casa per arrivare sul retro gli verrà in mente qualche altra sciocchezza da fare e si muoverà, probabilmente andando a sedersi dove lui non può raggiungerlo. Borbottando, prende la scala dal ripostiglio e la pianta contro la tettoia del portico. «Sherlock!» chiama, sperando che sua madre non lo senta. «Sto venendo lì, okay?»

Suo fratello non risponde, e con uno sbuffo comincia a salire. Non soffre di vertigini, grazie al cielo, ma è comunque una bella scalata per uno che non è affatto atletico come dovrebbe. Si issa sulla tettoia con una certa fatica, ed i capelli ricci di Sherlock sbucano da dietro il caminetto di mattoni scuri, indicandogli la sua posizione. Con un altro sbuffo si avvicina, camminando adagio sulle tegole scivolose. «Ancora mi chiedo perché ti do retta» borbottò. «Sher, dammi la mano, avanti.»
Il bambino fa una smorfia strana. «Devo camminare?» chiede, come se la sola idea gli sembrasse stupida. «Sai che potrei cadere?»

«Quasi comincio a pregare che accada, così impari a farti venire queste idee assurde» brontola, tendendo la mano. «Coraggio, vieni qui. Posso sapere che ci fai quassù?»

«Te l'ho detto, volevo vedere come si vedeva da qui» disse con una scrollata di spalle. «Ma non ho pensato a come sarei sceso. Immagino di non aver fatto i conti con la mia bassa statura, non trovi?» Mycroft ignora il modo in cui ha espresso il concetto. Sherlock legge anche troppi libri per uno della sua età, e che abbia usato quell'espressione a cinque anni non lo sorprende affatto. È un tipo sveglio, anche se tende a non avere la minima percezione del pericolo come le sane persone normali. «Dammi la mano» ordina di nuovo, e stavolta il fratello obbedisce. Tira su le gambe dal bordo e si arrampica su, fino a prendere la mano che gli viene tesa. Mycroft lo tira a sé ed aiutandosi con la mano libera lo guida verso la scala, tenendogliela ferma mentre scende. Con la coda dell'occhio vede che la grondaia è lievemente scostata dal muro, e sospira. «Ti sei arrampicato da lì, vero?» chiede.

Sherlock annuisce, aspettando docile che anche lui sia sceso, prima di sorridere. «È stato divertente» dice, spolverandosi i pantaloni. «La prossima volta devo trovare il modo per scendere senza aver bisogno del tuo aiuto.»

«Se ci riprovi ti ci lascio, lassù.»

Sherlock ride, forte. «Non lo faresti mai!» dice, ridendo.

Mycroft lo guarda. Sospira. Stupido. Stupidi occhi blu, stupidi capelli ricci, stupidi pantaloni e bretelle, stupido fratello! Se non gli volesse così bene non sarebbe un problema che si cacciasse in tutti quei guai. Dannato fratello. Dannate emozioni. Non riuscirà mai a liberarsene, né di uno né delle altre.

Sospira di nuovo e gli scompiglia i capelli. «Stai lontano dal tetto» lo ammonisce, prima di lasciarlo andare. «E non dire niente alla mamma.»

Sherlock annuisce. «Promesso» dice.

Mycroft lo guarda correre via e si chiede in quale delle sue tante vite ha peccato tanto da meritarsi una peste simile.

Se non gli avesse voluto così bene l'avrebbe lasciato su quel tetto, garantito.




----------------------------------------------------------------------------------------------------------



Questa fic non ha un perché. Naturalmente è OOC perché non so tenere al guinzaglio un chiwawa, figuriamoci uno Sherlock Holmes di cinque anni con le bretelle, e naturalmente è priva di senso - come ogni altra. Ma grazie per aver letto!
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Liddell