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Autore: Anfa    26/06/2013    0 recensioni
Vorrei cominciare questa introduzione con una piccola premessa: quella che state per leggere è stata in assoluto la mia prima ff ed in realtà all'epoca nemmeno sapevo che lo fosse. Questa breve storia è in realtà il risultato di un paio di anni di gioco su forumfree. Il protagonista di cui leggerete si chiama Kleus di Sagitter ed è un personaggio molto particolare soprattutto per come vive alcuni particolari stati d'animo.
Credo sia estremamente interessante questa premessa sul carattere del protagonista per comprendere il peso delle sue scelte: Kleus era allievo del cavaliere del Leone a cui era profondamente legato da un vincolo quasi "padre-figlio" e che gli ha inculcato un profondo rispetto per la vita e l'onore. Senza dubbio l'essere stato cavaliere di Pegaso prima ancora che Sagitter ha profondamente influito - avendo io interpretato il personaggio molto similmente al manga - a favorire alcuni tratti caratteriali al limite del desiderio di protezione - quasi necessità - verso Athena.
Questo sentimento, tale desiderio è qui - nella ff - però legato ad un terzo pg. Di quest'ultimo pg basti sapere che era un Angelo e che Kleus aveva "proiettato" su di lei la stessa necessità di tutela che aveva per Athena.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corro nella sua dimora calda ma che scopro vuota. Era qui - lo sento - ma ora spalanco le porte del suo regno senza incontrare il mondo senza fine dei suoi occhi è come scomparsa.
La vista mi si annebbia quando volgendo il passo lesto verso l'ultima stanza spero follemente che ella sia lì. Incanto senza tempo; l'ultimo passo frena le mie gambe e la mano trema pur muovendosi poichè spinta dalla speranza che però vacilla come una candela nel vento autunnale.
Il cuore vorrebbe esplodere nel petto - tum - il pomello ed il suo sordo rumore nel momento in cui lo ruoto non mi lasciano dubbi o meglio non mi lasciano altro che un vuoto desolante e nell'anima divampa un senso di gelido terrore. Rimango immobile con l'armatura che mi sembra incredibilmente pesante , ansimo senza riuscire a ragionare: l'uomo che è in me prende il sopravvento concedendosi un urlo che come sangue da una ferita schizza tra le labbra e inonda la casa del suo tremendo sapore. E' il suo nome che con disperazione prende il sopravvento anche tra le pieghe del vento sulle finestre mentre sono sempre le mani che si portano sul viso come a cercare di fermare la follia che sale. Il il timore che ella sia perduta per sempre è troppo grande, non potrei darmene pace.
Partita senza preavviso? No non l'avrebbe mai fatto - la mente si contorce in altre domande - in missione? Scappata da qualcosa? Fuggita da me?
Scuoto il capo, non riesco a trovare sollievo, cerco un segno del suo passaggio ed ora è il cavaliere che tenta di trovare un suo segno mentre l'uomo può solo tacere e lasciare operare la forza celeste che è in lui: orribile presenza.
Un cosmo, smisurato e lontano ma ancora presente nella casa, similmente ad una macchia, mi concede un indizio eppure non c'è sollievo in quella scoperta: non v'è nulla di angelico in ciò che ha rapito l'essere a cui tengo; non posso comunque concedermi il tempo di una strategia, inseguo quel potere che pare essere non lontano dalle colline di Atene ed anche lei è li, percepisco il suo flebile cosmo venire come sopraffatto da forze celesti che persino a me appaiono come incubi nefasti. Non posso che seguire il mio cuore è volare in sua ricerca: spero di sbagliarmi.

...

In volo l'aria pungente del mattino mi taglia il viso ma nulla mi rallenta, nemmeno la pioggia delle terre della mia amata che tra tutte sono le più gelide mentre le ali si agitano convulsamente e quasi perdo il controllo quando la vedo e le carni del viso mi si arrossano, avvampo di ogni cosmico colore: ira d'amore.
L' angelo è lì rinchiuso in una bolla di trasparente fattezza ed il suo viso è rigato da lacrime che fanno bruciare il mio cuore, attorno al piccolo petto una nera aura lentamente sembra divorare la poca aria della prigione ed i suoi occhi lucidi non sembrano accorgersi neanche quando sono praticamente a pochi metri da lei, sta morendo.

Non temo l'uomo che mascherato sembra essere il promotore di quella orrida forza.
Mi lancio tra quelle nere fiamme di morte sfiorandole con il cosmo che profonde l'Eufonia che tutto placa, le ali si agitano disperdendo quelle oscure forze e guardo lei che pare trovare sollievo dal soffio di vita che porto. Tra le braccia, proprio come un piccolo fiore di loto, tengo l'unica cosa che potrebbe distruggere il cuore del Sagittario Dorato; le accarezzo il viso ma la stremante lotta con l'oscurità della morte l'ha stremata e quello sforzo la lascia svenuta.
Digrigno i denti - inesorabilmente rabbioso - e l'adagio poco più in là porgendo lo sguardo alla losca figura. Non ci sono presentazioni è già tempo di intimidazioni.

..Sparisci o perirai.. - il tono è inequivocabile.

Nessun tentativo di negoziazione, ordine e forse già clemenza nel non attaccare subito quell'essere che aveva tentato di porre fine alla vita dell'angelo. Mi preparo a mani serrate, non temo lo scontro anzi lo bramo ma forse non dovrei venendo intaccato dal sentore che il cosmo del terribile essere sia al di sopra delle mie già grandi possibilità. Non c'è spazio ad ogni modo per i ripensamenti, ci guardiamo mentre i cosmi ardono: entrambi capiamo che non uscirò vincitore da quello scontro ma egli sa - pur non comprendendo - che non mi tirerò indietro e ride di me. Non vacillo, devo salvarla.
In un attimo mi privo dell'armatura - ciò che di più prezioso posseggo tra le cose - per apporla su di lei difatti l' armatura sa cosa fare: se portata da qualcuno che non sia il legittimo cavaliere di Sagitter si muove automaticamente con chi la indossa verso il nono tempio.
La mia amata non può vedere quello che accade, forse lo impedirebbe e tuttavia non può e non potrebbe nemmeno piantandomi gli occhi ricolmi d'amore, come spilli, nel cuore. Eccola dunque che parte simile a tuono verso la mia Ateniese dimora : sono pronto a difendere la sua fuga.

Stringo l'arco tra le mani e l'uomo oscuro trae dal suo manto una lunga e sottile mano che si fa tramite di un potere devastante. Una nera luce l'avvolge, devo indietreggiare, mi brucia le carni, sanguino ma devo tendere l'arco e opporre la mia unica e senza dubbio autodistruttiva difesa.
Un ultimo pensiero - non voglio morire, non lontano dalle sue braccia - ma se per la sua salvezza devo: non mi tirerò indietro.
Ogni goccia del mio celeste potere è racchiusa ora nell'arco ed in una freccia: la prima e unica che abbia mai incoccato ed è giusto che sia così poichè per ciò che più si ama si da quello che più ci è caro.
Sembro vaneggiare e la mente vacilla, forse per colpa del dolore che ora mi opprime i sensi. Intanto nelle mani dell'essere una nera lancia si staglia simile a scogliera dinanzi al mare che vuol essere il mio cosmo.
Entrambi sappiamo che se lei dovesse giungere ad Atene sarebbe salva poichè il nono tempio non è così facilmente raggiungibile; sospiro, sono pronto, non appena scoccherò la freccia solo la volontà mi terrà nella posizione che si concerne ad un cavaliere ed infine cadrò. Si va, si muore!

Kyai!

Come tuono di Zeus la freccia si distacca dall'arco e la vista mi si appanna, tremo ma dura tutto un'istante difatti sento il cosmo del losco riversarsi sul mio attraverso la sua arma che trafigge l'aeree e non solo. Una esplosione senza confini ne scaturisce e si propaga attorno a me che già sono in ginocchio e mi reggo all'arco. Un cratere, egli è illeso, nel mio petto vibra la sua lancia. Non sento dolore, sono cavaliere e il mio corpo è forgiato per non ascoltare le proprie lamentele.
Ancora un secondo, alzo lo sguardo, egli lotta con la mia freccia, si, è illeso ma il dardo continua a tentare di trafiggere il male palesatos: posso darle ancora tempo, il mio unico pensiero è alla fuga di lei. Con la lancia puntata in petto mi sollevo come in un folle delirio e allungo le braccia lasciando che le mie stelle si spengano pur di dar alla freccia un ultimo vibrante sussulto a cui difatti seguono alcuni secondi di assurdi rombi tra scintille e lapilli di nere fiamme; infine un urlo, naufragare di speranze e la freccia si disintegra mentre io ritorno con le ginocchia a terra, tossisco vita.

Perdo sangue, troppo per salvarmi ora, le labbra sono anch'esse baciate da quel vitale liquido ma sorrido, ella è vicina alla salvezza, non riesco a parlare.
Certo intanto è che ora lui - il mostro - mi è addosso e con crudeltà sfila, facendo forza con i piedi sul mio cuore, la lancia dal petto mentre io non posso che cadere e baciare la terra rossa del mio stesso sangue. Mi chiede perchè, perchè dare la vita per salvare una vita, l'arco mi è accanto e non voglio morire ma forse Athena mi chiama a sè, devo tradire però le sue attese ancora per qualche minuto e fare sempre affidamento sulla forza del desiderio di salvarla. Titanico mi risulta lo sforzo quando i piedi si puntano sul terreno e con i ranni scatto in avanti per cercare di offendere lui con la mia sola mano nuda -nessuna risposta gli verrà concessa. Quello comunque scuote il capo come a dare merito alla mia follia ma senza pietà spegne ogni tentativo: la nera asta ritrova il suo posto tra le mie carni e non posso più respirare, sento oramai la morte vicina, una luce brilla dinanzi a me ma le vedo solo per un istante mentre cado: la dorata armatura è giunta nel mio tempio, Ella è salva, sono felice anche se forse stupido è il mio stato d'animo, gioisco e le labbra si atteggiano a festa.
Senza remora alcuna il nero cavaliere mi sfila una seconda volta la lancia puntuta dal petto e io sento ogni singolo centimetro della lama uscire dalla pelle. Continuo a sorridere senza sosta, proprio come egli mi colpisce con la sua arma celeste fino a quando capisce che in me la vita è oramai spenta e l'anima ha il corpo abbandonato.
Sono martoriato e le vesti altro non sono che stracci impregnati di sangue, egli però non può più nulla, io son morto con il sorriso: Ella è Salva.

  
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