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Autore: tinah    26/06/2013    1 recensioni
"Non era la prima volta che ne mettevano su uno, donne e non, avevano fatto di peggio e mai avevano provato un qualsiasi tipo di sentimento.
Eppure, questa volta, qualcosa aveva scosso l'animo di Mike e, Jason, ne era attratto quanto spaventato."
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aveva accettato e non poteva tirarsi indietro, questo lo sapeva.
Ma poteva fare una cosa veloce, prenderla e portarla da lui, levarsela di torno senza rimanerne poi così coinvolto, no? Infondo nessuno avrebbe mai osato accusarlo, nessuno si sarebbe mai permesso.
Eppure qualcosa lo fermava, forse l’ormai inesorabile vicinanza di quell’auto nera nel cortile, forse la voglia di far tutto con calma e per bene, come aveva sempre fatto. Magari l’avrebbe mandata lì la mattina dopo, accompagnata da uno dei ragazzi.
Nell’oscurità della notte, una figura scese dalla macchina, raggiungendo presto l’interno della casa.
Jason era davanti alla finestra, assorto nei suoi pensieri, quando venne interrotto da Mike, reduce dalla missione.
“Perché ci avete messo tanto?” il tono del maggiore risuonava duro e severo nel silenzio della stanza.
“La strada è lunga, ma non abbiamo avuto problemi, nessuno ci ha visto né sentito” spiegò l’ultimo arrivato.
“Bene.” Jason non distolse gli occhi dal paesaggio notturno che si presentava fuori dal vetro.
“Devo dirti una cosa però – Mike azzardò, catturando lo sguardo di ghiaccio dell’altro – beh… se mai la vedrai, attento ha la capacità di farti provare compassione per lei, così spaventata e fragile. È la prima volta in vita mia che mi accade.” Confessò.
“Che ne sai tu della compassione?” ringhiò Jason.
“Sono pur sempre un uomo e come tale provo anche compassione. – si difese – io ti ho avvertito, poi fai come vuoi.” E così detto, Mike se ne andò, lasciando l’amico sommerso dai suoi pensieri.
Jason si ritrovò perplesso da quelle parole, si domandava come il suo fedele amico avesse potuto provare compassione, che aveva questa ragazza di tanto diverso da sconvolgere così un uomo abituato ad atti ben peggiori di un semplice rapimento? Non era la prima volta che ne mettevano su uno, donne o non, avevano fatto di peggio e mai avevano provato un qualsiasi tipo di sentimento. Eppure questa volta qualcosa aveva scosso l’animo di Mike e, Jason, ne era attratto quanto spaventato.
Dopo aver riflettuto sul da farsi, chiamò a sé Megan, componente della banda, non che sua amante da tempo.
“Megan, vai e bada alla ragazza, starà nella tua stanza per stanotte” ordinò.
“Perché nella mia? Mettila in quell’altra” protestò la mora.
“Non lamentarti – la fulminò con lo sguardo – starà con te e tranquillizzala se è necessario” aggiunse poi, congedando la ragazza con un gesto della mano.
Rimasto solo nuovamente, prese a camminare nervoso per la stanza, guardando di tanto in tanto il cellulare per controllare l’ora o semplicemente per distrarsi dai suoi pensieri così contraddittori.

Era passata ormai un’ora dal ritorno dei ragazzi e Jason moriva dalla curiosità di sapere cosa avesse di speciale questa ragazza, capace di attrarre Luke e di sconvolgere Mike. Se lo chiedeva da quando aveva ricevuto la visita del primo, a cui aveva promesso il suo aiuto per compiere il rapimento, tutto per uno stupido capriccio ma Jason non faceva mai troppe domande.
Preso da questi pensieri, percorse il lungo corridoio che collegava le stanze, raggiunse l’ultima sulla destra e bussò con fare impetuoso.
“Chi è?” domandò una voce femminile fin troppo conosciuta.
“Megan, apri” rispose il ragazzo.
Si udirono dei passi veloci, poi il rumore della chiave girare ed infine la porta si aprì, mostrando in tutta la sua figura la mora, che indossava un pantalone scuro ed una canottiera molto scollata.
“Levati il vizio di chiudere a chiave” commentò Jason entrando nella stanza.
“Non mi fido di quei deficienti di Mike e company” si giustificò con superiorità.
Il ragazzo spostò i suoi occhi color ghiaccio sulla poltrona in fondo alla stanza, avvolta nella penombra nonostante la fioca luce proveniente dalla lampada su un comodino; lì si scorgeva appena una figura minuta, raccolta in sè stessa.
“Le hai parlato?” chiese rivolto alla ragazza alla sua destra.
“Ci ho provato, non mi risponde se non con un gesto della testa” rispose Megan.
“Almeno il nome lo sai?” continuò il ragazzo come se l’interessata non fosse presente.
“Caroline” affermò semplicemente.
“Caroline – iniziò lui avvicinandosi alla poltrona – bel nome.” Commentò appoggiandosi all’armadio con le braccia incrociate sul petto.
La piccola figura non si mosse, rimanendo con le ginocchia raccolte, le braccia intorno ad esse, e la testa bionda bassa.
“Non mordo mica e non sono neanche tanto brutto, potresti avere la decenza di guardarmi?” Jason si infastidì notando l’indifferenza che quella ragazza mostrava nei suoi confronti.
“Perché dovrei guardare in faccia colui che mi ha rapito? – domandò con un filo di voce – ah giusto, così puoi bearti della paura che provo.” Continuò amaramente, alzando il volto e mostrando due grandi occhi neri, ancora umidi per le lacrime e pieni di paura. Aveva un viso tondo, i tratti delicati, delle labbra carnose e dei capelli mossi che le contornavano il tutto.
“Non mi beo del dolore altrui, tanto meno del tuo, si chiama educazione - ribatté Jason scontrando i suoi occhi azzurri con quelli così scuri della ragazza. – Non ti farò nulla, non ho intenzione di ucciderti”
“E allora dimmi perché sono qui, io non ho fatto nulla” sussurrò la ragazza stringendosi ancora di più nella poltrona.
“Non per mio divertimento, questo è poco ma sicuro. – rispose - non saprai altro ma stai tranquilla” provò a rassicurarla.
“Sono nelle mani di un ragazzo senza pietà che mi ha fatto rapire dai suoi amici, sono chiusa in una stanza con una ragazza che pagherebbe oro pur di non stare qui con me e non so che fine farò, scusa ma non riesco ad essere tranquilla” Caroline venne scossa da un singhiozzo, poi ricominciò a piangere nonostante pensasse di aver finito le lacrime.
Jason si passo una mano tra i capelli, osservando il piccolo corpo scosso dai singhiozzi, capendo il motivo di tanto interesse da parte di Luke: una ragazza così bella, piena di carattere ma allo stesso tempo così fragile da far pena a chiunque.
“Provaci, okay? Devi fidarti” parlò addolcendo il tono di voce, si avvicinò alla porta per poi rivolgersi a Megan. “Lasciale parte del tuo letto, ci starete entrambe, e assicurati che mangi qualcosa, chiaro?” ordinò lasciando la stanza senza attendere una risposta.
Quella ragazza lo aveva turbato, l’aveva vista così indifesa da farlo sentire in colpa; sapeva che era innocente, sapeva che era solo un capriccio per Luke.
Era un po’ di tempo che si domandava il perché avesse scelto quella vita, perché si ostinasse a compiere malefatte, perché passasse il tempo con gente che non sopportava. Vedeva Caroline come un’opportunità per girare pagina, cambiare radicalmente stile di vita, cominciare quella di un ragazzo normale. Dopo tutto era ancora in tempo, aveva solo ventitre anni, no?
Quella fu la notte più lunga e travagliata della sua vita, sentiva un peso dentro, un peso che non lo lasciava riposare, facendolo stare sveglio tra una sigaretta e uno sguardo al cellulare.
Ma nella casa non era l’unico a restar sveglio, c’era Caroline, poche stanze più in là, impaurita e rannicchiata in quella poltrona; aveva provato a distendersi nel letto con quella certa Megan, ma il sonno non aveva intenzione di prendere il posto del terrore, così si era alzata e si era rimessa in quell’angolo, osservando fuori dalla finestra. Pensava e ripensava alle parole di quel ragazzo, indecisa se fidarsi o no, timorosa di sbagliare.
Ognuno era nei pensieri dell’altro, lui era in balia di quegli occhi così impauriti e pieni di innocenza, lei catturata dalle sue parole.

La mattina arrivò e con lei una giornata solare.
Jason, non avendo chiuso occhio, fu il primo a raggiungere la cucina per godersi un po’ di caffè accompagnato dalla sua solita sigaretta. Megan fece il suo ingresso, nel suo pigiama minuscolo, ed un sorriso malizioso sul volto.
“Come sta?” domandò il ragazzo, stretto nella sua maglietta nera.
“Buongiorno anche a te – ribatté infastidita la ragazza – non ha né dormito né mangiato” rispose poi.
“Vai a prenderla e portala qui, cerca di essere carina” ordinò stupendo la mora, che sbuffò sparendo dietro la porta.
Caroline ci pensò molto prima di accettare, la paura non l’aveva abbandonata ma la fame era tanta, non avrebbe resistito molto chiusa in quella stanza e in più non voleva far irritare ulteriormente il rapitore.
Mise piede nella grande cucina, trovandosi sotto gli occhi la grande figura maschile intenta a sbuffare il fumo fuori dalle labbra. La sera precedente non era riuscita ad osservarlo bene, ma ora si trovava davanti un ragazzo alto e moro, due diamanti al posto degli occhi ed una carnagione estremamente chiara.
Al contrario, Jason, trovò davanti a sé una minuscola bionda, con la carnagione abbronzata ma delicata e due occhi neri come la pece.
“Buongiorno - la salutò lui, ma lei non rispose. – ti conviene mangiare qualcosa se non vuoi morire di fame” così dicendo le indicò qualche pacco di biscotti posato malamente sul tavolo.
“Tanto in un modo o nell’altro morirò, no?” la bionda si sedette, fissando con disprezzo il ragazzo.
“Te l’ho già detto, non morirai, né qui né in nessun’altro posto e non per mano mia, smettila di dire queste cose” ribadì con tono fermo il moro, speranzoso che lei percepisse quanto, anche lui, si trovava scomodo in quella situazione.
Lei non accennò una risposta, limitandosi ad addentare timorosa un biscotto, prima di sobbalzare alla vista del resto della banda fare ingresso in cucina: li riconosceva, erano coloro che l’avevano trascinata di peso dentro la macchina.
“Ehi Jason, da quando gli ospiti mangiano con noi?” domandò perplesso Kurt, sedendosi di fronte a Caroline che si limitava ad evitare quegli sguardi.
“Da quando l’ho deciso io” rispose il moro, sorseggiando il suo caffè.
“Finché sono così carine a me sta bene” commentò Lee, dando una leggerà gomitata a Mike che osservava la ragazza con diffidenza.
“Lee, non la devi neanche sfiorare, sono stato chiaro?” ringhiò Jason, assottigliando lo sguardo per intimorire l’amico che pensò bene di tapparsi la bocca.
Caroline aveva assistito alla scena con i brividi che si ostinavano a percorrerle la schiena, chiedendosi come mai quel ragazzo avesse tanto interesse a proteggerla.
“Quando la portiamo da Luke?” chiese Mike che aveva affiancato l’amico accendendosi una sigaretta.
“Più tardi, ci penso io, devo chiarire un paio di cose con quello stronzo” rispose Jason, continuando ad assaporare il caffè.
“L-Luke? – la voce tremante di Caroline attirò l’attenzione di tutti – quel Luke?” ripeté, con gli occhi color pece puntati su Jason.
“Lo conosci?” domandò lui, incuriosendosi dei retroscena di quella storia.
“D-diciamo di sì… - annuì incerta – l’ho incontrato spesso fuori dalla mia scuola” spiegò meglio, tornando con lo sguardo basso.
“Fammi indovinare – s’intromise Kurt – lui ci ha provato e tu non gli hai dato retta” osservò la ragazza con sguardo divertito.
Caroline annuii incerta, domandandosi se fosse successo altre volte, quando i suoi pensieri vennero interrotti da un rumore improvviso: Jason aveva sbattuto sul piano di marmo la sua tazza rossa.
“E’ sempre la stessa storia, non ce la faccio più” borbottò stremato.
“Che t’importa? Tu stai al suo gioco, tanto ti paga, no?” osservò Megan, concentrata sulle sue unghie.
“Chi se ne frega della paga, come se ne avessi bisogno – sbotto Jason – io mi sono stancato di metterci la faccia solo perché una ragazzina non gliela da! - si avviò a grandi passi verso la porta, intento a raggiungere la sua stanza – Caroline, tra dieci minuti ti voglio pronta per uscire, chiaro?” ordinò con tono duro per poi sparire nel corridoio.
La bionda tremò a quelle parole, maledicendosi per aver anche solo un istante creduto alle rassicurazioni del moro, avrebbe dovuto immaginare che parlava solo per farla stare buona ma che ora l’avrebbe portata dritta da Luke. Si maledisse anche per aver risposto con quei suoi modi da stronza, quel giorno fuori scuola, a quel ragazzo che sembrava solo uno sbruffone innocuo ma che ora si era rivelato essere il fautore del suo rapimento.
Rassegnata al suo destino, si fece trovare pronta davanti la porta, con Mike al suo fianco a farle da cane da guardia, quando Jason la raggiunse indossando una giacca di pelle nera e afferrando le chiavi di una macchina, poste sul ripiano di legno all’entrata.
Senza fiatare raggiunsero una Jaguar nera, diversa da quella che aveva portato la bionda il giorno prima, Mike fece per aprire la portiera posteriore per far salire la ragazza ma venne fermato dal maggiore “Falla sedere davanti, tu rimani qui, con Luke me la sbrigo da solo” e con queste parole salì a bordo, accomodandosi sui sedili di pelle scura aspettando che anche Caroline fosse entrata.
In totale silenzio, la bionda osservava il paesaggio sfrecciare intorno a loro, non riconoscendo le strade che stavano percorrendo, isolate tra la campagna.
Jason, di tanto in tanto, osservava con la coda dell’occhio la ragazza, soffermandosi su quei lineamenti da poco cambiati, trasformandola in una donna, e sui gli occhi stanchi, spenti, vuoti dalle troppe lacrime versate.
Caroline, sapeva di essere osservata ma si ostinava ugualmente ad ammirare i lineamenti duri del suo rapitore, la mascella squadrata, il naso sottile come le labbra rosee e gli occhi di ghiaccio; in un’altra occasione avrebbe pensato quanto fosse bello ma in quell’istante si domandava solo il perché quel ragazzo avesse scelto una vita tanto orribile, si chiedeva cosa ci trovasse di appagante nell’essere temuto da tutti e nel vedere la gente soffrire sotto i propri occhi. Dovette, però, smettere di pensare quando l’elegante macchina si fermò nel cortile di una grande casa, sussultando per i brividi di paura che le attraversarono la schiena, facendole venire voglia di rannicchiarsi su quel sedile e rimanere lì a piangere, pregando solo che tutto quello fosse un incubo.
“Rimani qua – Jason spense il motore, slacciando la cintura di sicurezza – fossi in te non proverei a scappare” lanciò uno sguardo duro ai ragazzi seduti fuori dalla casa, intenti a fumare e ad osservare curiosi la macchina.
Il moro scese, non prima di aver lasciato la ragazza al sicuro, con un finestrino abbassato per lasciarle aria, poi raggiunse la porta, accennando dei saluti al gruppo e, puntando l’indice verso la macchina, si raccomandò “Tenetela d’occhio, ma non osate sfiorarla” poi chiuse la grande porta alle sue spalle.
“Jason, amico – un Luke sorridente lo accolse – cominciavo a domandarmi che fine avessi fatto” si riempì il bicchiere di un liquido che sembrava essere whisky.
“Ieri sera era troppo tardi per portartela, spero di non averti procurato fastidi con questo ritardo” parlò serio Jason, osservando schifato la quantità di alcolico che l’altro stava buttando giù.
“Ora dov’è?” domandò Luke, asciugandosi con il dorso della mano una goccia sulle lebbra.
“Nella mia macchina, qui fuori” rispose freddo.
“Oh no, eccola qui” un sorriso malizioso spuntò sul viso dell’altro, mentre osservava qualcosa oltre le spalle di Jason, che dovette voltarsi sperando che non fosse davvero la ragazza
“Già, eccola” lanciò uno sguardo duro alla bionda, bloccata per un braccio da uno dei compagni di Luke.
“Caroline, Caroline – il ragazzo superò Jason, mandando via lo scagnozzo e avvicinandosi al volto della ragazza – ora non mi rispondi più in quel modo eh” la guancia liscia venne accarezzata dalla grande mano a cui Caroline si sottrasse, tenendo lo sguardo basso.
“Luke, dobbiamo parlare” Jason attirò l’attenzione dell’amico che non ritirò il braccio dal fianco della giovane.
“Dimmi pure, se proprio è urgente” il sorriso ebete non aveva lasciato neanche per un secondo il viso di Luke, il quale aveva il vizio di bere fin dalla mattina.
“Direi di sì, mi sono stancato di stare ai tuoi giochetti, non m’importa quanto sei disposto a darmi, la prossima volta te la cavi da solo” Jason mantenne un tono calmo, nonostante avesse una gran voglia di spaccargli la faccia. Non lo aveva mai sopportato ma conveniva ad entrambi essere soci, per questo aveva sopportato lui e i suoi capricci.
“Oh andiamo, non ti sei neanche sporcato le mani, di che ti lamenti?” domandò l’altro, avvicinando ancora di più Caroline al suo fianco.
“Ne ho piene le palle dei tuoi capricci con le ragazze, ok? Mi sono stancato di rapire gente perché tu non scopi da settimane – ringhiò – non so come la pensi tu, ma se io vivo questa vita, la vivo con qualche valore e sicuramente non mi metto a stuprare le ragazze” il moro si avvicinò pericolosamente all’altro, staccandolo dall’esile corpo della bionda.
“Ma chi sei? Mio padre? Io faccio quello che voglio e se tu non mi vuoi aiutare, farò da solo” erano così vicini che i loro petti si scontravano mentre le mani di Luke si erano aggrappate al colletto della giacca di Jason.
“Non ti conviene toccarmi, lo sai” il maggiore parlò a denti stretti, Luke allentò la presa, consapevole che se lo avesse anche solo sfiorato, lui gli avrebbe scagliato addosso ogni banda della città.
“Puoi andare, abbiamo finito, no?” Luke gli indicò la porta. Jason esitò un attimo prima di andarsene, quando le sue iridi incontrarono quelle spaventate della ragazza ancora tremante per il contatto con Luke.
“Sì, ma lei viene con me” mise delicatamente la mano sulla schiena di Caroline per poi avviarsi verso la porta.
“Non penso proprio” Luke afferrò per un braccio Jason, ricevendo un rapido pugno in pieno naso, facendo sussultare la bionda che udì il rumore della cartilagine rotta.
“Non provare a perseguitarla ancora, non ti far vedere mai più intorno alla sua scuola, non devi neanche più rivolgere parola a nessuna ragazza lì dentro, sono stato chiaro?” Jason osservò il corpo dell’altro a terra, le mani sul volto e qualche imprecazione in bocca; sapeva che gli avrebbe dato retta nonostante non ricevette nessuna risposta. Senza guardare in faccia a nessuno, raggiunse la sua macchina, curandosi che Caroline salisse con lui, per poi partire a tutta velocità ripercorrendo la strada verso il centro della città.
La ragazza, ancora scossa da tutto quello che era appena accaduto, si chiedeva che ne sarebbe stato di lei ora che era di nuovo nelle mani di Jason, forse più rassicuranti di quelle di Luke.
“Riesci a dirmi dove abiti?” gli occhi di ghiaccio si soffermarono sul suo viso quando la macchina si fermò ad un semaforo.
“Quattordicesima strada” sussurrò appena, osservando come il moro tornava a fissare attento la strada di fronte a lui.
Una volta fermi davanti casa, Caroline si trovò indecisa se scappare dentro casa o ringraziarlo per averle salvato la vita, così dopo un sospiro timoroso si ritrovò a sussurrare un “Grazie” ricevendo un accenno di sorriso da parte del ragazzo.
 


Era passato ormai un mese dal rapimento, Caroline era tornata a vivere la sua vita, non prima di aver denunciato il fatto e aver visto Luke su tutti i giornali, venendo a sapere che era già stato schedato dalla polizia e che aspettavano solo altre prove per arrestarlo.
Un po’ le dispiacque quando, non essendoci più nessun pericolo per le ragazze della sua scuola, lei non aveva più visto nessuno della banda di Jason fuori dall'edificio, dentro le loro auto nere; strano a dirsi ma le davano un senso di sicurezza.
Quando decise di raccontare tutto alla sua migliore amica, lei la prese per pazza per non aver raccontato anche quei dettagli alla polizia nonostante, in fondo, anche a lei la faceva sentire meglio la presenza di quelle macchine fuori dalla scuola ma non glielo avrebbe mai confidato, come non le avrebbe mai rivelato di aver conosciuto già in passato Jason, vecchio amico di suo fratello.
Caroline, così, seppe solo qualche notizia in più su quel ragazzo: venne a sapere che tutti erano a conoscenza di quella presenza in città e della sua potenza, ma che non aveva mai procurato grandi danni agli abitanti con ingiustizie o omicidi di innocenti. Tutti si limitavano a stare zitti, forse per timore o forse per non curanza, quando, misteriosamente, qualcuno spariva. Caroline capii ogni cosa, capii che Jason era solo un ragazzo alle prese con l’ordine della sua città che teneva a preservare i propri valori ritenendo necessario proteggere ciò che gli apparteneva; si domandava anche il perché lei non sapesse nulla, almeno fino a quell’accaduto.
Per questo si sorprese quel giorno, quando vide la sua Jaguar nera posteggiata di fronte alla scuola, non capiva perché era tornato a controllare nonostante Luke non desse più problemi.
Si sorprese ancora di più quando, dopo tre volte che vedeva solo la sua macchina, un giorno vide anche lui, appoggiato ad essa con gli occhiali da sole scuri ed una sigaretta tra le labbra; non riuscì a spiegarselo nemmeno lei dove trovò il coraggio di avvicinarsi e salutarlo, proponendogli un giro e risalendo su quell’auto che una volta la spaventava. Jason si domandava come potesse fidarsi di lui ma era piacevole la compagnia di quella ragazza e stare con lei lo rendeva felice; Caroline era consapevole che, ciò che l’attraeva di lui, era la misteriosità del suo sguardo, la bellezza e sicuramente quell’aria da cattivo ragazzo qual era ma sapeva anche che, se solo avesse scavato un po’, dietro a tutto quello si nascondeva un ragazzo d’oro.
Forse anche per quello che, ora, è seduta con lui sul divano della grande villa, abbracciati davanti ad un semplice film per festeggiare il loro terzo anniversario.
In tre anni insieme sono cambiate così tante cose: Jason ha cambiato vita, lasciando da parte rapimenti e omicidi per entrare nella polizia, utilizzando il suo sangue freddo per uno scopo sincero e soprattutto legale; Caroline, invece, dopo essersi diplomata, ha iniziato a studiare medicina, sperando un giorno di diventare un grande chirurgo.
Così, sulle note di una colonna sonora, si scambiano uno sguardo, consapevoli di essersi salvati a vicenda. 







 

Salve a tutti :))
Allora, questa è la prima one shot originale che pubblico e di cui vado abbastanza fiera (cosa molto rara per me)
quindi spero vi sia piaciuta. 
L'idea mi è venuta a scuola, un po' di tempo fa, mentre la professoressa stava spiegando
il capitolo dei Promessi Sposi, il cui argomento era proprio il rapimento di Lucia,
così, invece di seguire la lezione, mi sono ritrovata a fantasticare su un Innominato dei giorni nostri.
E' rimasta incompiuta per un bel po' di tempo, fino a due giorni fa,quando ho deciso di terminarla,
superando le mie aspettative.
Ho fatto il banner e ho deciso di pubblicarla, sperando che attragga voi quanto ha fatto con me.
Vi ringrazio se siete arrivati a leggere fino a qui, vi ringrazio ancora di più se vi sta balenando in testa
l'idea di lasciarmi una recensione c:
Mi dileguo dopo avervi lasciato qualche contatto dove potete trovarmi:


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bye bye xx

  
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