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Autore: Erinys    27/06/2013    1 recensioni
A qualche mese dall'accaduto del Reichenbach, il corpo di Sherlock Holmes viene ritrovato in fondo alle cascate e, per volere del fratello Mycroft, viene celebrato un secondo funerale. John Watson assiste, insieme alla moglie Mary Morstan, attraverso un flusso di pensieri, che lo porteranno, finalmente, a rivelare a sé stesso l'unica grande verità che da sempre si era negato, scoprendo anche qualcosa che lo lascerà senza parole...
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Post Reichenbach
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cera










Fin dal primo momento avevo percepito la peculiarità di quell’uomo: i suoi movimenti sfuggenti, il suo elegante gesticolare, la sua mimica ingannevole –pensava nero, ma faceva trasparire bianco, o viceversa-, il suo enigmatico modo di parlare, il suo sguardo scrutatore… tutto in lui mi suggeriva stranezza, follia, ma anche una certa genialità; non avrei mai immaginato, dopo quel primo, singolo incontro, che Sherlock Holmes potesse rivelarsi anche così crudele, menefreghista, egoista, meschino, manipolatore, bastardo.
Adesso che osservo, da questa panca di legno, nella semi-oscurità di questa piccola parrocchia, il suo corpo disteso, privo di vita giacere in quella bara di legno, riesco per la prima volta a vedere il suo vero volto, sotto quella maschera di genio cinico che era solito portarsi dietro.
Arriva il prete e tutti i presenti si alzano in piedi. Mary, seduta accanto a me, mi scuote leggermente la spalla, indicandomi le persone e facendomi cenno di alzarmi anch’io. Lo faccio, ma avrei preferito di no: da qui riesco a vedere meglio il corpo di Sherlock; avrebbero dovuto lasciarlo giacere sul fondo di quelle cascate, anziché riportarlo alla luce, ma niente da fare: Mycroft ha voluto che esso venisse seppellito insieme al resto della famiglia Holmes, con un funerale degno del nome che portano. Così dobbiamo adesso ripetere il rito funebre… Una volta era più che sufficiente, a mio parere. Quell’uomo, Sherlock, mi ha ingannato e usato finché ha potuto, soltanto dopo la sua morte me ne sono reso conto. Mi aveva promesso che sarebbe tornato, che avrebbe impiegato soltanto pochi minuti a parlare con Moriarty, per mettere fine, una volta per tutte, alle imprese di quel farabutto. E poi non è più tornato.
Avverto il tonfo delle persone sedersi sulle panche, dunque mi siedo anch’io. Mary mi posa una mano sulla spalla e cerca il mio volto, chiedendomi silenziosamente se stia bene; la congedo con un falso sorriso amaro, di chi vuol essere lasciato immerso nella solitudine dei suoi pensieri.
Mary Morstan, mia moglie, l’unica persona che abbia avuto il coraggio di starmi accanto subito dopo la morte di Sherlock, quando neanche io riuscivo a sopportare la mia presenza, quando il mio odio verso di me, per non essere riuscito a impedire la morte di Sherlock, era talmente insopportabile, che in certi momenti avevo pensato anch’io di lasciarmi cadere dalla finestra della mia vecchia camera, in Baker Street, mentre riponevo le cose di lui per portarle via, dove non so: non ho voluto occuparmene. Mary mi ha aiutato anche in questo, a reprimere l’odio nei miei confronti e a perdonarmi per ciò che era accaduto, facendomi arrivare a capire che non era stata colpa mia, che non potevo sapere che sarebbe andata a finire così. Ma dentro di me, tutt’oggi, so che non è realmente così.
In lontananza sento il prete smettere di parlare e, alzando lo sguardo, lo vedo farsi da parte, mentre Mycroft sale sull’altare con un foglio in mano: le sue ultime parole per il fratello. Torno ad abbassare lo sguardo. Non mi interessano le sue parole vuote, altezzose, dettate dalla penna al foglio soltanto da un senso di dovere, e non dall’affetto fraterno che è solito legare due fratelli. Sì, perché ho finalmente compreso che gli Holmes non sono in grado di provare alcun tipo di affetto, neanche quello fraterno. Non sono capaci di provare alcun tipo di sentimento in realtà, oppure non saremmo arrivati a questo punto: non la paura, non la pena, non la lealtà… tutti quegli elementi che avrebbero permesso a Sherlock di non uccidersi, o almeno di farmelo sapere per poter impedirglielo.
Serro istintivamente le mani, in due pugni dalle nocche biancastre; Mary lo nota subito, e delicatamente posa leggera la sua mano sulla mia. Cerca ancora il mio sguardo, e stavolta so di non poterla congedare come in precedenza, per cui fisso i miei lucidi nei suoi. Non so cosa vi stia leggendo, ma si alza e fugge via, lasciandomi inerme con gli occhi di tutti a fissarmi, occhi che tornano a guardare l’altare non appena Mycroft si schiarisce la voce.
Anche Mary, alla fine si è stancata di me, e non posso darle torto. Per tutti questi mesi non ho fatto altro che pensare a Sherlock e a me stesso, trascurandola e maltrattandola. Le ho perfino gridato che avrei preferito che vi fosse stata lei al posto di Sherlock, in fondo a quelle cascate, subito dopo essere tornati da Reichenbach; ero diventato un mostro, e lo sono ancora. Sherlock mi ha trasformato in quel mostro, Sherlock è la causa di tutti questi mali. Sono quasi contento che sia morto in questo momento, eppure è l’unica persona che vorrei qui, al mio fianco, adesso, per farmi abbracciare e farmi dire che va tutto bene, che è tornato, che è stato tutto soltanto un incubo, per…
I presenti si alzano in piedi, facendo cigolare le panche: è il momento del saluto finale. Uno per volta, tutti si dirigono verso la bara per dare l’ultimo saluto a Sherlock; io resto volutamente l’ultimo della fila, alzandomi con calma e distendendo le pieghe dei pantaloni, come se, così facendo, potessi allontanare anche tutto il rancore e la rabbia, e poter salutare in pace il mio amico per l’ultima volta.
Finalmente giunge il mio turno. Mi avvicino alla bara a capo chino e, una volta arrivato, resto così per qualche secondo: non ho il coraggio di guardarlo, di vedere il suo volto dormiente con la consapevolezza che, però, non si risveglierà mai più. Vorrei urlare, fuggire, essere un’altra persona in questo momento, ma non posso perché tocca a me, e soltanto a me. Così alzo gli occhi e il cuore comincia a correre furioso nel petto: è Sherlock, semplicemente Sherlock, anche se con gli occhi chiusi e l’espressione più rilassata del solito, è lui, proprio come lo ricordavo. E per me questo è un sollievo, perché temevo di dimenticare il suo volto, un giorno, e invece, in questo momento, sento di poterlo ricordare per sempre. Mi concentro ancora maggiormente sul suo viso, sui suoi tratti: lui è bello come sempre, di quella bellezza mascolina ma elegante, virile ma anche delicata. Allungando una mano, nel vano tentativo di acchiappare quella bellezza, vado a toccare i vestiti sul suo petto, risalendo lentamente fino al collo, sfiorandolo soltanto, e lì mi fermo.
Lo guardo ancora e poi ancora, e gli occhi mi si riempiono sempre più di lacrime, che non potendo essere ancora trattenute dall’argine dei miei occhi, sgorgano, bagnandomi le guance.
«…soltanto un incubo, per… poterti baciare e dirti che ti amo, Sherlock.»
E’ stato soltanto un flebile sussurro, che il mondo non ha percepito, ma mi sento più leggero, come se mi fossi liberato di quel peso che da tempo opprimeva il mio cuore, di quel velo nero che Mary doveva aver visto tutte le volte che mi aveva guardato negli occhi in quegli ultimi mesi, o forse in quegli ultimi anni, che alla fine l’avevano fatta fuggire via.
E mentre mi accingo ad allontanarmi dalla bara, per lasciare la, oramai, deserta parrocchia, scrutando per l’ultima volta il volto di Sherlock, lo accarezzo, ripetendogli un “ti amo” appena accennato.
Esco fuori, defilandomi dal gruppo di persone fuori dalla parrocchia, e, mentre cammino verso una meta non ben definita, avverto qualcosa darmi fastidio sotto l’unghia dell’anulare destro, la mano con la quale avevo accarezzato il volto di Sherlock poco prima.
Dall’unghia, ne esce fuori della cera color carne 1, e dalla mia bocca esce un leggero mormorio che porta il nome di Sherlock.









Nella prima storia, “La casa vuota”, nel libro “Il ritorno di Sherlock Holmes”, nella quale si narra, appunto, il ritorno di Sherlock dopo l’avventura di Moriarty, Sherlock utilizza una riproduzione in cera per ingannare Moran e poterlo così arrestare. Ho fatto, dunque, riferimento a ciò nella storia.










Angolo dell'autrice
Salve, sono tornata con una nuova one-shot. 
Che dire? Grazie per aver letto, e spero che vi sia piaciuta (o che non vi abbia fatto troppo schifo)!
A presto!
   
 
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