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Autore: asyphx    27/06/2013    1 recensioni
Adorava il modo in cui il suo cuore cominciava a battere forte all’interno del suo petto, gli sembrava che non esistesse altro rumore oltre al suo battito e questo lo eccitava.
Era quasi meglio del sesso, era nettamente meglio di una lotta contro qualcuno nella sua palestra, questo era il meglio, era l’emozione più forte che riusciva a sentire, che lo faceva sentire vivo.
Il problema era proprio questo, aveva bisogno di sentirsi vivo, di sentirsi fondamentale, aveva bisogno di far qualcosa per dire solamente di averlo fatto, per segnare una ‘x’ su ciò che avrebbe dovuto fare.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Ryan Butler
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Primo Capitolo - Scusa.


 

"Una vita senza avventura è probabilmente noiosa,
ma una vita in cui si lascia che l'avventura assuma qualsiasi forma
sarà sicuramente breve."

 








Il silenzio circondava quella casa desolata.
Sembrava che quella dimora fosse deserta, ma c’era qualcuno, c’era la sua vittima
Justin appoggiò la testa alla porta davanti a sé, era alla disperata ricerca di qualche rumore che gli desse il via libero per scappare da quel luogo che gli aveva semplicemente creato problemi, ma sapeva che avrebbe dovuto finire l’incarico datogli.
Avrebbe dovuto evitare di andare in quel posto, di intraprendere un’avventura del genere.
Che gli era passato per l’anticamera del cervello quando aveva accettato di entrare in quella casa?
Avrebbe dovuto evitare qualsiasi legame con la banda del suo fratellastro, ma per colpa della noia, alla fine, si era ritrovato a fare un lavoro per loro.
Adorava il modo in cui il suo cuore cominciava a battere forte all’interno del suo petto, gli sembrava che non esistesse altro rumore oltre al suo battito e questo lo eccitava.
Era quasi meglio del sesso, era nettamente meglio di una lotta contro qualcuno nella sua palestra, questo era il meglio, era l’emozione più forte che riusciva a sentire, che lo faceva sentire vivo.
Il problema era proprio questo, aveva bisogno di sentirsi vivo, di sentirsi fondamentale, aveva bisogno di far qualcosa per dire solamente di averlo fatto, per segnare una ‘x’ su ciò che avrebbe dovuto fare.
Ed ora era in quella casa, nello stesso posto in cui si trovava un componente dei Bane, una banda del paese vicino che aveva fatto un ‘dispetto’.
Will Tomgh aveva derubato la sorella del capo della banda di suo fratello, i Frenzy, e questo non era piaciuto a loro e per questo avevano chiamato Justin, sapendo che si divertiva fare robe del genere e lo avevano incaricato di massacrare di botte quel ragazzo di cui gli avevano dato la foto.
Non ci aveva messo tanto tempo per trovarlo, gli erano bastati alcuni contatti, un buon caffè, la via delle prostitute e lo aveva visto entrare in questa casa mal ridotta.
Avrebbe voluto scappare, sentiva che quel Will stava impugnando una pistola, una calibro 38, aveva sentito il rumore nel momento in cui l’aveva caricata.
Perché si era ridotto in quella situazione? Perché si trovava lì? Sua madre e suo padre non avrebbero voluto vederlo in una situazione del genere.
Poi sentì dei passi davanti alla porta, in tre secondi la spalancò, facendolo cadere per terra, in modo da fargli perdere la pistola.
Un attimo dopo si ritrovò a tirare calci e pugni su quel corpo muscoloso e rigido che si torceva per il dolore.
Tirò un calcio sulle costole.
Tirò un pugno sul naso.
Poi un altro calcio ed un altro pugno ancora, fino a che perse conoscenza.
Justin si tolse il passamontagna che aveva indossato per non farsi riconoscere e senza stare a fissarlo, con poco respiro, velocemente uscì da quella casa, andò a prendere la macchina e caricò il corpo incosciente su questa.
Portò il giovane fino ad un’altra villa oramai vuota e lo mise sotto una libreria distrutta.
Ruppe qualcosa intorno a lui, poi salì al piano di sopra e ruppe il pezzo di pavimento che stava esattamente sopra Will, in modo tale che pensasse di essere caduto.
Alla fine si avvicinò al letto che c’era in quella stanza, lo disfò un po’, strappò un cuscino e mise dl profumo di fragola su quello restante, poi prese il biglietto che aveva fatto scrivere da una della banda e lo mise sul letto.
Il bigliettino era un pezzo bianco, un foglio della stampante di casa sua e ci avevano scritto sopra: Grazie per la serata, xx.
Finito di mettere a posto la scena che aveva creato per far sì che la vittima non si rendesse conto di ciò che gli era successo, uscì da quel posto, salì sulla sua macchina e compose il numero del suo fratellastro.
«Fatto il lavoro » disse semplicemente, con il suo tono serio, tenendo lo sguardo sulla strada, stringendo forte il volante.
 
«Papà è tornato a casa» esclamò il piccolo Jay che stava giocando al lego in giardino, cercando di fare un castello, ma che non aveva minimamente quella forma.
Il piccolo si alzò e corse verso Justin, saltandogli addosso, stringendo le sue piccole braccia intorno al suo collo.
Il padre lo tirò su da terra e gli fece fare l’aeroplano come gli piaceva tanto fare.
Dopo poco accorse la piccola Elisabeth, la quale a fatica sapeva correre, ma che voleva andare da lui, che per una settimana non aveva visto.
Sentendo quelle urla, agitata, Carrie scese le scale, aveva paura che fosse successo qualcosa, eppure quando uscì da casa, vide solamente il suo fidanzato con in braccio i loro figli che li faceva giocare.
Trattenne a fatica le lacrime, per una settimana era rimasta senza sue notizie, si era ritrovata, di nuovo, con i suoi figli, senza sapere dove fosse, senza sapere se stava bene o no.
Velocemente corse verso la sua famiglia, con le lacrime agli occhi, il collo rigido, i pugni stretti con le nocche bianche ed appena Justin posò i piccoli, vedendo la sua bellissima ragazza, lei gli tirò un pugno sulla pancia.
«Lurido stronzo» gli sussurrò all’orecchio, per far sì che i piccoli non sentissero, mentre fingeva di abbracciarlo visto che si stava contorcendo per il dolore.
Non disse niente altro, si alzò e tornò a sistemare casa, cercando di trattenere  le lacrime, ma che dopo poco cominciarono a scorrere sul suo viso.
Era un misto di lacrime, lacrime di rabbia, ma soprattutto di felicità, felicità perché era tornato a casa, perché stava bene, perché non era successo nulla di orribile e disastroso.
Cominciò a mettere a posto il letto del piccolo Jay, posando ordinatamente gli orsacchiotti che aveva.
Ogni volta che stava male e si sentiva sola, cominciava a mettere a posto l’intera casa, a pulire i pavimenti e a ristrutturare parte delle stanze.
Sentì i passi di Justin che si avvicinavano e lentamente sentì il suo calore, le sue braccia circondargli i fianchi per stringerla contro il petto.
Rimasero tutti e due in silenzio, avevano sentito tutte e due la mancanza l’uno dell’altro, avevano avuto paura, sopportato in silenzio, ma come al solito erano insieme, uno vicino all’altro e non c’era bisogno di stupide parole per far capire cosa stavano provando.
«Ho avuto paura» sussurrò Carrie cercando di trattenere le lacrime, sentendo il suo mento muoversi velocemente.
Jus la fece voltare verso di lui, aveva bisogno di vedere la sua infinita bellezza.
«Scusami, mille volte scusami, ti prego» sussurrò poggiando le sue labbra sulla fronte coperta dalla frangia.
La giovane si strinse fra le braccia dal suo amato, era quel posto in cui ogni volta riusciva a sentirsi protetta, in cui riusciva a sentirsi a casa e soprattutto imbattibile.
«Ogni volta chiedi scusa, ma tu parti, te ne vai senza dire nulla, sparisci per giorni ed io rimango sola, con i nostri figli che chiedono disperatamente del loro padre. Io ho bisogno di te, odio non sapere dove sei tu, odio l’idea che ci sia un rischio di perderti» sussurrò guardando negli occhi l’uomo della sua vita, il ragazzo che gli aveva rubato il cuore.
Justin ogni volta si sentiva in colpa, ogni volta sentiva il bisogno di dirle la verità, ma poi non lo faceva, come avrebbe potuto dirle che aveva bisogno di una scarica di adrenalina ogni tanto? Come?
«Mi hanno chiamato all’ultimo dal lavoro, sono partito per Londra appena ho potuto e non sono riuscito a chiamarti, scusa, amore» rispose a quelle lacrime, cercando di trattenere quella voglia di dire la verità.
Tutti e due sapevano che non era vero, ma stavano zitti, forse perché entrambi sapevano che era meglio ogni tanto mentire per il bene di tutti quanti, l’importante era poi tornare insieme.












Angolo Autrice:
Spero che come primo capitolo vi sia piaciuto, anche se non ha ancora nulla di molto speciale.
E' la prima storia che scrivo su Jus, ma la seconda in generale, la prima che ho scritto è sui One Direction, quindi, nel caso foste interessati, la trovate sul mio profilo.
Ci terrei molto in una vostra opinione, sia positiva che negativa, proprio per sapere ciò che sbaglio o che devo migliorare o se la storia vi intriga.
Spero in vostre recensioni.
Un bacio,
asyphx.
P.S. Nel caso voleste farmi leggere vostre storie, datemi pure il link ed appena potrò, passerò a leggerle.

  
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