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Autore: wislia    27/06/2013    6 recensioni
"Anche i sogni muoiono, e quando accade...beh, quando accade noi moriamo con loro...."
Trama: Un ricco commerciante di Toronto, un compito da svolgere e un piccolo paese del Canada da esplorare. Tutto sembrerebbe essere nella norma, se non fosse per i cittadini estremamente inquietanti che abitano il villaggio. Alejandro, il protagonista, si troverà a dover fronteggiare ragazze scortesi, case dai poteri magici e segreti alquanto improbabili. Ma, sopratutto, capirà che, a volte, anche alla morte c'è rimedio, perché il destino e l'amore ci permettono di salvare e...essere salvati dalla solitudine dei nostri stessi animi.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Cody, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Cody/Sierra, Duncan/Courtney
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Capitolo 1:
Cittadine strane e locandieri inquietanti

Canada, 6 novembre 1857
Pioveva, quella sera. Le tenebre avvolgevano tutta la città e la luna, eterna manifestazione di armonia e serenità, aveva ceduto il posto a un paio di nuvole grigie e stracolme di acqua, che facevano lacrimare il cielo.
La carrozza, a stento, era riuscita a trovare la strada attraversando l’impenetrabile coltre di nebbia e oscurità, raggiungendo Yellowknife, un piccolo paese del Canada.
Alejandro, accomodato sui sedili posteriori dell’elegante mezzo di trasporto, continuava ad osservare, diffidente, la lettera che lo aveva indotto ad allontanarsi dalla città in cui era nato, Toronto.
Lord Wilkinson, vecchio amico di famiglia, gli aveva scritto di essere caduto nella disperata ricerca di una casa lontano dai ritmi della città, ma di non essere riuscito a trovare alcuna abitazione di suo gusto. Così, sapendo dei lunghi viaggi intrapresi da Alejandro, aveva chiesto a quest’ultimo di ricorrere in suo aiuto, trovandogli una villa degna di essere abitata da un Lord. Ma non era tutto. Se il ragazzo fosse riuscito a intraprendere l’ardua impresa, sarebbe stato ricompensato con una grossa cifra di denaro.
Il più piccolo dei fratelli Burromuerto non si sarebbe mai lasciato scappare l’occasione per guadagnare un bel malloppo, perciò, la sera stessa in cui aveva ricevuto la lettera, si era messo in viaggio sulla sua personale carrozza, pronto ad un tragitto lungo e stancante.
Erano passati quattro giorni interminabili, ma, finalmente, nonostante le intemperie date dal gelo e dai temporali, la carrozza era riuscita a inoltrarsi dentro il minuscolo paesino, esplorando i labirinti che i suoi stretti vicoli creavano.
Il mezzo di trasporto frenò e le ruote stridettero sull’asfalto umido e freddo, ricamato da ciottoli e piccole pietre. Il cocchiere si era fermato di fronte ad una locanda malconcia e degradata.
Alejandro osservò per un attimo i vetri appannati e grondati che gli permettevano di scoprire il paesaggio che lo circondava. Niente da fare, il pianto straziante delle nuvole rendeva difficile distinguere qualsiasi cosa si trovasse al di là del vetro.
Il ragazzo strisciò lungo i sedili con la schiena, prima di avvicinarsi allo sportello, afferrare la fredda maniglia e scendere dalla carrozza.
Il cocchiere, uomo in cui Alejandro confidava, lo aspettava sotto la triste ira della pioggia, completamente bagnato, ma ugualmente sorridente e soddisfatto. Il giovane Burromuerto si sorprese dell’ingenuità del suo servitore quando si accorse dell’ombrello nero che egli gli stava porgendo.
Avanzò velocemente verso il cocchiere, allontanandosi dal piccolo tetto sporgente della carrozza che prima gli aveva dato riparo dall’acqua, e afferrò l’ombrello. Biascicò freddamente un “grazie”, per poi superare il servitore e raggiungere la porta di quello che sembrava essere un manicomio, ma in realtà era una locanda. Alejandro, se pur grato al cocchiere per il suo gesto, non avrebbe mai mostrato segni troppo evidenti di riconoscenza, preoccupato com’era a mantenere la sua immagine di cinico e insensibile uomo d’affari.
Pochi passi, e si ritrovò davanti all’alberghetto. Il vetturino era occupato a scaricare le innumerevoli valigie che avevano accompagnato il ragazzo per tutto il viaggio.
Alejandro scrutò con attenzione e disgusto ogni singolo particolare dell’ostello, rabbrividendo al solo pensiero di dover passare la notte in un posto così malconcio e sporco. Lo sguardo vagò dai muri colmi di pietre e nerume, alle finestre parzialmente rotte, per poi andare a finire ad uno squallido cartello di legno sbiadito, che si affacciava sulla strada dondolando. Era appeso ad un gancio presente al dì sopra del portone, e informava i passanti sul nome della dimora.
La Valanga, ecco come si chiamava il posto in cui il giovane Burromuerto avrebbe alloggiato.

L’interno della locanda non sembrava essere migliore dell’esterno. Ragnatele, polvere e sporcizia erano di casa in quel luogo freddo e umido. Alejandro avrebbe preferito di gran lunga avere le ali, così da non sporcarsi le suole delle scarpe su quel pavimento dalle mattonelle luride.
La stanza in cui era stato “accolto” era veramente piccola. L’arredamento consisteva in minuscolo divano dalla pelle squarciata, un tavolino la cui gamba si sarebbe potuta staccare da un momento all’altro, un camino in procinto di spegnersi, ben rasente al muro e quasi nascosto da una scrivania verde scuro, e infine il locandiere, che, inizialmente, Alejandro aveva scambiato per un manico di scopa.
Era un uomo alto, ricoperto da un sottile involucro di pelle pallidissima che a stento riusciva a coprire le ossa. I vestiti neri si mimetizzavano con la sporcizia che ricopriva i muri, rendendo la sua figura simile a quella di un vampiro, creatura che Alejandro aveva conosciuto solo nei libri di Bram Stoker. I suoi occhi, scuri e impenetrabili, lo scrutavano dall’alto in basso, inducendo il ragazzo a sentirsi parte dell’ombra di chi lo sovrastava. Infine, la testa lucente e pelata del locandiere rendeva ancor più inquietante la sua presenza nella piccola stanza.
Rimasero per un minuto buono a fissarsi, cercando di entrare l’uno nei malvagi e segreti pensieri dell’altro, finché, finalmente, un sibilo lontano e stridulo non invase il vuoto della camera.
<< Posso aiutarvi? >> chiese elegantemente l’uomo che sembrava essere venuto dalle tenebre. Persino la sua voce profonda faceva tremare le anime dei malcapitati.
<< Sì. >> rispose deciso il ragazzo, << Vorrei una stanza in cui passare la notte. >>.
Per un attimo, il locandiere sembrò esser stato preso in contropiede da quella rivelazione.
<< Una stanza? >> ripeté l’inquietante uomo.
<< Sì…Una stanza. >> ribadì seccato il giovane Burromuerto.
Una folata di vento oltrepassò la spaccatura creatasi sul vetro di una delle finestre, sottolineando il fastidioso silenzio che per qualche secondo sovrastò le due figure.
<< Oh…>> ansimò infine il locandiere, << E’ da tanto tempo che non abbiamo ospiti. Sapete…Non capita mai che qualcuno arrivi da un paese lontano per visitare Yellowknife, o, almeno, non succede più, ormai…La gente preferisce andarsene da qui…>>.
Alejandro rabbrividì, chiedendosi il perché di quelle parole così ambigue e vaghe.
<< Capisco. >> si limitò a dire.
<< Ma ora…Potrei avere le chiavi per una stanza? >>.
L’uomo annuì, avvicinandosi velocemente verso la scrivania ed estraendo da uno dei suoi cassetti lo strumento richiesto.
Raggiunse nuovamente Alejandro e glielo porse.
<< Ecco a voi. Le stanze sono da quella parte. >> lo informò, alzando un dito per indicare una porta che il ragazzo, dapprima, non aveva notato.
<< Grazie. >> comunicò il giovane, voltandosi per andarsene.
Qualche passo verso l’entrata del corridoio, poi un altro richiamo.
<< Aspettate. >> lo fermò il locandiere.
Alejandro non si voltò neanche. Rimase in attesa di altre parole, con il carico di valigie in mano.
<< Vi consiglierei, comunque, di andarvene al più presto. Non è molto prudente restare qui. >>.
Il ragazzo inarcò le sopracciglia, scosso da una scintilla di angoscia. Senza rispondere, si inoltrò nel lungo androne che ospitava le varie stanze, già deciso a compiere al più presto il suo dovere, ovvero trovare una casa per il suo amico lord Wilkinson, così da allontanarsi rapidamente da quello strano paese.

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Note d’autrice
Dopo mesi e mesi di riflessione e tentativi malriusciti di scrivere un inizio decente per questa storia, sono tornata a tormentarvi con le mie paranoie!
Ebbene sì, finalmente sono riuscita a postare una sottospecie di introduzione alla mia seconda FF, che sarà di genere totalmente diverso rispetto alla prima.
Ricapitolando…Il fascinoso e misterioso Alejandro si trova in un paesino inquietante, con case inquietante, strade inquietanti, locande inquietanti e locandieri inquietanti! Insomma…un incubo!
Fino ad adesso, però, non è che sia successo un granché, perché questo era –diciamo- un breve prologo. Può sembrare che la storia inizi in modo un po’ banale e che non ci si possa aspettare nulla di originale, però vi prometto che il seguito sarà molto particolare, ho già sotto controllo la trama e, di conseguenza, so già come andrà a finire. Detto questo non tolgo di essere un po’ in ansia e spero che sarà di vostro gusto!
Il titolo, come molti sapranno, l’ho rubato ad un film e ad una canzone –che adoro e ascolto continuamente, nonostante dia il senso di una catastrofe apocalittica- omonimi, ma la trama è del tutto diversa!
Ci saranno anche storie d’amore, i pairing li ho specificati e poi…beh, insomma, ci saranno colpi di scena e probabili OOC, anche se spero di attenermi con particolare attenzione ai reali caratteri dei personaggi
. Ora smetto di assillarvi…Grazie per aver letto, spero di avervi incuriosito almeno un po’!
Al prossimo chappy!!
Wislia

  
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