A
tutte
le nonne,
esseri
davvero speciali.
The
Plan
– Il piano
Il
tempo era molto più caldo di
quanto ci si aspettasse per il mese di giugno e Harm era contentissimo
di aver
preso due settimane di licenza per godersi quell’improvvisa
esplosione d’estate.
La sera della vigilia del suo ultimo giorno di lavoro, il Capitano Rabb
si
sedette al tavolo per preparare la lista di tutte le sue
priorità per le ferie
imminenti.
-
Mac
-
manutenzione Stearman e volo
-
andare a trovare nonna
-
pulizie di primavera al loft
-
manutenzione e lucidatura
Corvette
-
Mac
Harm
ricontrollò la lista, scuotendo
la testa. Non c’era praticamente alcuna
possibilità di imbattersi in Mac nel
corso dei prossimi 15 giorni. A tutti gli effetti era irraggiungibile.
Improvvisamente, tre settimane prima, si era presa una licenza ed era
semplicemente sparita. Sì, gli aveva mandato un paio di
messaggi, quindi sapeva
che stava bene, ma non aveva altre informazioni in merito.
Decise
di cominciare dalla sua Corvette
e, risalendo la lista, Harm pensò che guidare fino a
Bellevue sarebbe stato un
bel modo per far fare un lungo giro all’auto dopo la
manutenzione. L’ultima
volta che era andato a trovare sua nonna e aveva trascorso del tempo
con lei
risaliva ormai a molti mesi prima. Pianificò di lasciarsi un
giorno o due prima
di rientrare al lavoro, così da non doversi stressare per
completare la lista
delle cose da fare. In questo modo, si sarebbe potuto godere la
compagnia di
Sarah Rabb senza ansia.
Arrivando
al JAG il giorno
successivo, Harm gettò un’occhiata verso la stanza
di Mac. Era ancora buia, le
finestre completamente sbarrate. Un’espressione corrucciata
si formò sul suo
bel viso: dove caspita era finita e cosa stava facendo?
“Signore?”
lo chiamò Bud,
interrompendo i suoi pensieri. “Signore, nessuna notizia dal
Colonnello?”
“No,
Bud” replicò, scuotendo la
testa. “E tu?”
“No,
signore” aggiunse
velocemente. “So che ha parlato con Harriet
martedì scorso quando ha chiamato
per fare gli auguri ad AJ ma non ha detto dove fosse né per
quanto tempo
sarebbe stata fuori.”
Harm
fece un cenno con il capo;
era quello che sapeva già anche lui. “Allora, come
se la cava AJ adesso che ha
sei anni?”
“E’
meraviglioso!” replicò Bud,
sorridendo orgoglioso. “Pensa di essere un ometto ormai.
Adora la bici che gli
ha regalato, Capitano, grazie ancora.”
“Non
c’è bisogno che continui a
ringraziarmi, Bud” disse Harm, avviandosi verso il suo
ufficio. “E’ stato un
piacere.”
Giunto
nella sua stanza, per
prima cosa Harm accese il computer e controllò le sue email,
sperando che lei gli
avesse scritto - ma niente.
Senza
casi in corso e con due
settimane di licenza alle porte, l’affascinante avvocato
passò la giornata a
compilare e archiviare le scartoffie. Non era certo un lavoro
elettrizzante o
impegnativo, pertanto la sua mente si concentrò fin troppo
sulla questione Mac.
Con il passare delle ore, cominciò a chiedersi se non fosse
il caso di dedicare
le ferie alla ricerca del Colonnello MacKenzie. Sì,
c’erano altre cose di cui
si sarebbe dovuto occupare, ma il benessere della donna era la sua
principale
preoccupazione, lo era sempre stato.
Beh,
nella sua testa lo era; le
sue azioni spesso dimostravano il contrario.
Negli
ultimi mesi il lavoro aveva
impegnato molto entrambi. Quando non si trovavano su fronti opposti si
incrociavano
a malapena e le conversazioni erano spesso fredde e tese; come poteva
pensare
che ciò avrebbe trasformato la loro amicizia in qualcosa di
più?
Un
paio di giorni prima che Mac
scomparisse avevano avuto un altro acceso scambio di opinioni a
proposito del
sottufficiale Louis Hunt, accusato di furto. Essendo
l’avvocato della difesa,
Harm sosteneva che il ragazzo aveva avuto una vita difficile e
perciò si
meritava un po’ di clemenza. La risposta di Mac era stata
qualcosa tipo “Com’è
che solo Hunt ottiene questi privilegi?” Harm non aveva dato
molto peso a
quella frase, ma durante la sua assenza era giunto alla conclusione che
la
donna stesse parlando anche di sé stessa.
Poi
i pezzi si incastrarono: i
commenti che aveva fatto, i suoi stati d’animo, persino il
periodo in cui era
partita. AJ aveva compiuto sei anni… un anno in
più rispetto al patto che
avevano siglato. Stanca di essersi fatta avanti ed essere rifiutata da
Harm più
volte, l’istinto di conservazione di Mac aveva preso il
sopravvento e aveva
deciso che era tempo di combattere o fuggire. E aveva vinto la fuga.
A
casa, quella sera, Harm aveva
accantonato tutti i suoi piani, decidendo di andare a cercare Mac.
Afferrò una
cartina della zona e cercò di capire dove fosse potuta
fuggire. Non si chiese
da chi fosse andata, dopo tutto lui era l’unico a cui si
sarebbe rivolta…. O
almeno così aveva funzionato in passato.
Considerato
che era partita da
tre settimane e che non era mai rientrata a casa in questo periodo,
escluse che
fosse in un posto vicino, forse oltre un raggio di 100 miglia. Non
aveva usato
il passaporto – un suo contatto nella CIA glielo aveva
confermato – quindi voleva
dire che era da qualche parte negli Stati
Uniti.
New
York? Caotica, movimentata 24
ore su 24, 7 giorni su 7, sicuramente un posto dove andare se ti vuoi
distrarre
o se non vuoi pensare a nulla.
California?
Sole, relax, uno
stile di vita più quieto, sì, era una
possibilità.
Florida?
Calore, gente anziana…
ma c’era quel centro NASA che Mac aveva detto di voler
visitare. La Florida avanzò
al numero uno della sua lista.
Quando
stava per chiamare i suoi
contatti e organizzare i voli per la Florida, squillò il
cellulare.
“Ciao
mamma!” disse continuando a
studiare la mappa.
“Ciao
figliolo” replicò la donna.
“Hai sentito la nonna di recente?”
Harm
smise di guardare la mappa e
prestò attenzione alla telefonata. Non era da sua madre
andare dritta al punto.
“No,
l’ultima volta è stato il
mese scorso” rispose. “Perché? Sta
male?”
“Non
lo so...” disse Trish. “Le
ho parlato poco fa e non mi è sembrata la solita.”
“Le
hai chiesto come stava?”
replicò Harm, ripiegando la mappa.
“Ha
solo detto che era stanca e
che non mi dovevo preoccupare per lei” riportò
Trish e Harm fece un cenno di
assenso con il capo: tipico di sua nonna.
“Beh,
pensavo di andarla a
trovare la prossima settimana ma non c’è ragione
per cui non possa farci un
salto domani” disse. “Non le ho detto che sarei
andato perché non volevo che ci
sperasse troppo… e, a dir la verità, se le avessi
telefonato sapevo che mi
avrebbe fatto la paternale sul fatto che non la chiamo spesso, tanto
vale
essere lì di persona e beccarmi la ramanzina
completa.”
“Beh,
allora fallo e chiamami
domani per dirmi cosa succede” disse Trish, mostrando
chiaramente la sua
preoccupazione.
“Certo,
mamma” replicò Harm.
Dopo
una lunghissima
conversazione con sua madre, Harm trascorse ciò che rimaneva
della notte a
preparare i bagagli e a sistemare il frigo, non volendo trovare un
muffa party
nel suo cibo al suo rientro.
Preoccupato
per sua nonna dopo la
telefonata della madre, Harm partì per Bellevue molto
presto, fermandosi a metà
strada per fare colazione. Visto che si era messo in viaggio
all’alba, giunse
alla fattoria poco dopo le otto.
Per
tutta la vita, Harm aveva considerato
quel posto come casa sua, pertanto non si formalizzò a
bussare alla porta principale
e ad aspettare una risposta. Si diresse verso la porta sul retro, dette
un paio
di colpetti prima di gridare “ciao nonna” e poi fu
sorpreso dal turbinio di
attività che udì.
“Nonna?”
la chiamò a gran voce
ancora una volta, entrando nella cucina.
“Harmon?!”
disse lei, arrivando
dalla sala da pranzo ancora in camicia da notte. “Non ti
aspettavo.”
“Lo
so” disse, andando verso di
lei per abbracciarla. “Sorpresa!”
“Dovresti
avere di meglio da fare
che sorprendere una vecchia signora” disse lei,
abbracciandolo a sua volta.
“Non
sei vecchia, nonna, sei
ancora una ragazzina” disse Harm, baciandole la guancia.
“Sempre
il solito adulatore” fece
la nonna, accarezzandogli la guancia. “Allora, che ci fai
qui?”
“Un
nipote non può andare a
trovare la propria nonna senza un motivo?” le chiese
sorridendo, cercando di
riaccompagnarla verso la sala da pranzo.
“La
storia ti contraddice, Harmon”
replicò, rifiutandosi di muoversi.
“Se
lo vuoi sapere, mamma mi ha
chiamato ieri sera. Era preoccupata per te”
riportò Harm. “Avevo comunque intenzione
di venire qui la prossima settimana, ho solo anticipato la
visita.”
“L’ho
già detto a tua madre e lo
dico anche a te: sto bene” disse, lo spirito indomito ancora
intatto.
“OK”
disse lentamente, “ti
credo”.
“Bene,
comunque non è molto
appropriato che tu sia qui” disse la donna, cercando di
accompagnarlo verso la
porta.
“Perché
no?” chiese, decisamente
molto sorpreso: dopo tutto lui era il suo ragazzo, il suo golden boy. Guardando dietro di lei, vide
due tazze e due piatti
sul tavolo: aveva chiaramente interrotto una colazione per
due… e considerato
che sua nonna era ancora in camicia da notte, cosa che non accadeva a
meno che
non fosse malata, poté giungere solo a una conclusione.
“Nonna,
mi stai nascondendo
qualcosa?” le chiese con una falsa formalità.
“No”
rispose velocemente, ma il
panico sul suo volto diceva chiaramente il contrario.
“E
invece sì” disse con un
sorrisetto. “Camicia da notte, colazione per due…
hai “compagnia” nonna?” Le
guance di Sarah Rabb arrossirono al pensiero. “Hai un aspetto
molto colpevole…”
continuò, usando la stessa frase che lei stessa gli aveva
detto in più di
un’occasione.
“Harmon,
non ne voglio parlare…”
disse severamente.
“Diventerà
il mio nuovo nonno?”
chiese con una risata che gli procurò un ceffone pungente in
pieno volto. Avrà
anche avuto 78 anni ma nessuno poteva permettersi di parlarle in quel
modo.
“Scusa,
nonna” disse, portandosi
la mano al volto. “Non avevo nessun diritto di dirti quelle
parole.”
“No,
infatti” replicò lei,
sbarrandogli il cammino. “Pensavo di averti insegnato a
rispettare gli
anziani.”
“Lo
hai fatto, nonna” disse lui,
abbassando la testa.
“Come
osi infamare il mio amore
per tuo nonno!” continuò. “Se ne
è andato da tanto tempo ma questo non
significa che io abbia smesso di amarlo.”
“Mi
dispiace, nonna” si scusò di
nuovo.
“Sono
molto delusa da te” disse,
scuotendo la testa. Quelle parole, come sempre, gli fecero provare un
profondo
senso di gelo.
Rammaricandosi
per il
comportamento dell’intruso che aveva disturbato la loro
piacevole e quieta
colazione, l’ospite della nonna entrò in cucina.
“Sono
io la compagnia di Sarah”
disse Mac e gli occhi di Harm volarono verso di lei.
"Mac?!"
esclamò lui,
non sapendo cos’altro dire.
La
nonna spostò lo sguardo
dall’uno all’altra. “Metto su il
bollitore.”
“Cosa…?
Come…? Quando…?” balbettò
il Capitano, non sapendo bene cosa chiedere.
“Sono
stata invitata. Ho preso la
macchina e sono venuta qui. Sono qui da tre settimane” disse
Mac, stringendosi
ancora di più la vestaglia.
“Ma
come?” riuscì a dire Harm;
per quanto ne sapeva, Mac e sua nonna non si erano nemmeno mai parlate.
“Ti
ho chiamato in ufficio tre
settimane fa” disse la nonna, prendendo un’altra
tazza dalla credenza.
“E
il nuovo sottufficiale mi ha
passato la chiamata per errore” continuò Mac.
“E
quando ho capito che stavo
parlando con Sarah MacKenzie sono rimasta molto stupita”
disse la nonna. “Era
gentile e affabile e… come le ho detto in quel momento,
triste.”
Harm
guardò verso Mac e aspettò
che lei continuasse.
“Abbiamo
chiacchierato a lungo”
disse Mac. In effetti la nonna di Harm era la persona più
facile con cui
parlare che avesse mai conosciuto. Il tempo trascorso con lei aveva
fatto
miracoli per la sua anima, il suo giro vita e la qualità del
suo sonno.
“E
l’ho invitata a venire qui e a
stare un po’ con me” disse la nonna, porgendogli
una tazza.
“E
così sono venuta” disse Mac,
ritornando nella sala da pranzo mentre la nonna portava il
tè appena fatto e
una scatola di biscotti.
“Perché
non me lo hai detto?”
chiese, rivolgendosi a nessuna delle due in particolare.
“Non
c’era bisogno che tu lo
sapessi” replicò la nonna, facendo cenno a Mac di
riprendere il suo posto a
tavola.
“Avrei
voluto sapere che stavi
bene” disse a Mac.
“Ti
ho mandato un sms” replicò.
“Ti ho detto che stavo bene.”
“Beh,
allora avrei voluto sapere
dove eri” continuò. “Ieri sera mi sono
seduto a fare una lista di tutti i posti
in cui pensavo saresti andata e stavo per trascorrere le mie due
settimane di
licenza a cercarti. Non mi sarei mai aspettato di trovarti
qui.”
“Se
tu mi avessi chiamato nelle
ultime tre settimane, Harmon” disse la nonna severamente,
“te lo avrei detto.
Non era un segreto.”
Harm
scosse la testa; due contro
uno: non aveva alcuna possibilità di vincere su nessun
fronte.
Finendo
il suo tè, la nonna si
scusò dicendo che sarebbe andata a fare una doccia e a
cambiarsi, mentre Mac si
mosse sulla sedia, a disagio, sotto lo sguardo silenzioso di Harm.
“Hai
intenzione di parlare?” chiese
la donna, giocando con la sua tazza.
Un
centinaio di domande
affollavano la sua testa: come aveva potuto fargli questo? Non sapeva
quanto si
era preoccupato? La loro amicizia non valeva di più? Poi una
rivelazione lo
colpì.
“Stai
bene?” le domandò. Dopo
tutto, nient’altro contava se lei non stava bene.
“Sto
molto meglio adesso” disse
sotto voce. “Tua nonna è una donna straordinaria.
E’ stata la medicina di cui
avevo bisogno.”
Harm
fece un cenno di assenso con
il capo: non c’era niente di più vero.
“Possiamo parlarne?” le chiese e Mac fece
spallucce. “Beh, forse non subito ma possiamo parlarne prima
o poi?”
“Parlare
di cosa, in
particolare?” gli chiese, volendo sapere se fossero sulla
stessa lunghezza
d’onda.
“Parlare
del motivo per cui sono
sempre un idiota quando si tratta di te,” disse lui con un
rimorso sincero.
“Tengo davvero tanto a te,” continuò,
mentre lei si irrigidì. “Io… ti voglio
davvero bene,” disse, non ancora pronto a dire la parola con
la “a”. “Ma ho
difficoltà a fartelo sapere e a dimostrartelo.”
Mac
annuì: lo sapeva già.
“Ma
non voglio che continui ad
essere così,” riprese, con coraggio crescente.
“AJ ha compiuto sei anni questa
settimana ed ero sicuro che, per questa data, il piccolo MacKenzie-Rabb
sarebbe
stato almeno in viaggio. E non perché avevamo quel patto o
per il ticchettio di
un orologio biologico, ma perché avevamo tirato fuori la
testa dalla sabbia e
accettato la realtà che noi due siamo innamorati
l’uno dell’altra.”
Gli
occhi scuri di Mac si
sollevarono per incontrare quelli azzurri splendenti di lui.
“Avevo
pensato qualcosa di
simile,” confessò. “Ma tu non sembravi
assolutamente interessato all’idea.”
“Lo
sono da tempo e sarò sempre
interessato a te e a un futuro con te,” le disse, prendendole
la mano.
L’anno
in cui AJ compì 8 anni,
Harm e Mac si recarono nuovamente a Bellevue. Dalla vacanza di Mac
lì due anni
prima, ci erano andati insieme due volte all’anno e la nonna
era felice di aver
visto sbocciare la loro relazione. Questa visita era particolarmente
speciale:
era per l’ottantesimo compleanno di Sarah Rabb. Non solo
avrebbero trascorso la
giornata con lei, ma le avrebbero portato per la prima volta il loro
bambino.
Jack Harmon MacKenzie-Rabb, alla tenera età di cinque
settimane, avrebbe
incontrato la donna che i suoi genitori adoravano incondizionatamente e
che,
come loro stessi scoprirono anni dopo, non aveva parlato con Mac per
errore
quel giorno in cui l’aveva invitata alla fattoria, ma aveva
chiesto espressamente
di lei. Il suo piano era di fare qualsiasi cosa per vedere suo nipote
felice e
aveva funzionato alla perfezione.
Nota
della traduttrice:
Le
repliche di JAG su Giallo mi hanno
riportato indietro nel tempo e hanno fatto rinascere la mia passione
per questa
serie, così mi sono messa a leggere le storie su
fanfiction.net ed è proprio lì
che ho trovato questo racconto delizioso. L’autrice
è stata così carina da
autorizzarmi a tradurlo in italiano. Questo è il link alla
storia originale:
http://www.fanfiction.net/s/9415091/1/The-Plan
Grazie
a chi di voi mi ha dedicato un po’ del
proprio tempo ed è arrivato fino qui.
Baci,
Germangirl