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Autore: germangirl    28/06/2013    8 recensioni
Harm ha in programma una lunga lista di cose da fare durante una licenza, ma sua nonna ci mette lo zampino.
Traduzione di "The Plan" di NettieC
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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A tutte le nonne,

esseri davvero speciali.

 

The Plan – Il piano

Il tempo era molto più caldo di quanto ci si aspettasse per il mese di giugno e Harm era contentissimo di aver preso due settimane di licenza per godersi quell’improvvisa esplosione d’estate. La sera della vigilia del suo ultimo giorno di lavoro, il Capitano Rabb si sedette al tavolo per preparare la lista di tutte le sue priorità per le ferie imminenti.

- Mac

- manutenzione Stearman e volo

- andare a trovare nonna

- pulizie di primavera al loft

- manutenzione e lucidatura Corvette

- Mac

Harm ricontrollò la lista, scuotendo la testa. Non c’era praticamente alcuna possibilità di imbattersi in Mac nel corso dei prossimi 15 giorni. A tutti gli effetti era irraggiungibile. Improvvisamente, tre settimane prima, si era presa una licenza ed era semplicemente sparita. Sì, gli aveva mandato un paio di messaggi, quindi sapeva che stava bene, ma non aveva altre informazioni in merito.

Decise di cominciare dalla sua Corvette e, risalendo la lista, Harm pensò che guidare fino a Bellevue sarebbe stato un bel modo per far fare un lungo giro all’auto dopo la manutenzione. L’ultima volta che era andato a trovare sua nonna e aveva trascorso del tempo con lei risaliva ormai a molti mesi prima. Pianificò di lasciarsi un giorno o due prima di rientrare al lavoro, così da non doversi stressare per completare la lista delle cose da fare. In questo modo, si sarebbe potuto godere la compagnia di Sarah Rabb senza ansia.

Arrivando al JAG il giorno successivo, Harm gettò un’occhiata verso la stanza di Mac. Era ancora buia, le finestre completamente sbarrate. Un’espressione corrucciata si formò sul suo bel viso: dove caspita era finita e cosa stava facendo?

“Signore?” lo chiamò Bud, interrompendo i suoi pensieri. “Signore, nessuna notizia dal Colonnello?”

“No, Bud” replicò, scuotendo la testa. “E tu?”

“No, signore” aggiunse velocemente. “So che ha parlato con Harriet martedì scorso quando ha chiamato per fare gli auguri ad AJ ma non ha detto dove fosse né per quanto tempo sarebbe stata fuori.”

Harm fece un cenno con il capo; era quello che sapeva già anche lui. “Allora, come se la cava AJ adesso che ha sei anni?”

“E’ meraviglioso!” replicò Bud, sorridendo orgoglioso. “Pensa di essere un ometto ormai. Adora la bici che gli ha regalato, Capitano, grazie ancora.”

“Non c’è bisogno che continui a ringraziarmi, Bud” disse Harm, avviandosi verso il suo ufficio. “E’ stato un piacere.”

Giunto nella sua stanza, per prima cosa Harm accese il computer e controllò le sue email, sperando che lei gli avesse scritto - ma niente.

Senza casi in corso e con due settimane di licenza alle porte, l’affascinante avvocato passò la giornata a compilare e archiviare le scartoffie. Non era certo un lavoro elettrizzante o impegnativo, pertanto la sua mente si concentrò fin troppo sulla questione Mac. Con il passare delle ore, cominciò a chiedersi se non fosse il caso di dedicare le ferie alla ricerca del Colonnello MacKenzie. Sì, c’erano altre cose di cui si sarebbe dovuto occupare, ma il benessere della donna era la sua principale preoccupazione, lo era sempre stato.

Beh, nella sua testa lo era; le sue azioni spesso dimostravano il contrario.

Negli ultimi mesi il lavoro aveva impegnato molto entrambi. Quando non si trovavano su fronti opposti si incrociavano a malapena e le conversazioni erano spesso fredde e tese; come poteva pensare che ciò avrebbe trasformato la loro amicizia in qualcosa di più?

Un paio di giorni prima che Mac scomparisse avevano avuto un altro acceso scambio di opinioni a proposito del sottufficiale Louis Hunt, accusato di furto. Essendo l’avvocato della difesa, Harm sosteneva che il ragazzo aveva avuto una vita difficile e perciò si meritava un po’ di clemenza. La risposta di Mac era stata qualcosa tipo “Com’è che solo Hunt ottiene questi privilegi?” Harm non aveva dato molto peso a quella frase, ma durante la sua assenza era giunto alla conclusione che la donna stesse parlando anche di sé stessa.

Poi i pezzi si incastrarono: i commenti che aveva fatto, i suoi stati d’animo, persino il periodo in cui era partita. AJ aveva compiuto sei anni… un anno in più rispetto al patto che avevano siglato. Stanca di essersi fatta avanti ed essere rifiutata da Harm più volte, l’istinto di conservazione di Mac aveva preso il sopravvento e aveva deciso che era tempo di combattere o fuggire. E aveva vinto la fuga.

A casa, quella sera, Harm aveva accantonato tutti i suoi piani, decidendo di andare a cercare Mac. Afferrò una cartina della zona e cercò di capire dove fosse potuta fuggire. Non si chiese da chi fosse andata, dopo tutto lui era l’unico a cui si sarebbe rivolta…. O almeno così aveva funzionato in passato.

Considerato che era partita da tre settimane e che non era mai rientrata a casa in questo periodo, escluse che fosse in un posto vicino, forse oltre un raggio di 100 miglia. Non aveva usato il passaporto – un suo contatto nella CIA glielo aveva confermato – quindi  voleva dire che era da qualche parte negli Stati Uniti.

New York? Caotica, movimentata 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sicuramente un posto dove andare se ti vuoi distrarre o se non vuoi pensare a nulla.

California? Sole, relax, uno stile di vita più quieto, sì, era una possibilità.

Florida? Calore, gente anziana… ma c’era quel centro NASA che Mac aveva detto di voler visitare. La Florida avanzò al numero uno della sua lista.

Quando stava per chiamare i suoi contatti e organizzare i voli per la Florida, squillò il cellulare.

“Ciao mamma!” disse continuando a studiare la mappa.

“Ciao figliolo” replicò la donna. “Hai sentito la nonna di recente?”

Harm smise di guardare la mappa e prestò attenzione alla telefonata. Non era da sua madre andare dritta al punto.

“No, l’ultima volta è stato il mese scorso” rispose. “Perché? Sta male?”

“Non lo so...” disse Trish. “Le ho parlato poco fa e non mi è sembrata la solita.”

“Le hai chiesto come stava?” replicò Harm, ripiegando la mappa.

“Ha solo detto che era stanca e che non mi dovevo preoccupare per lei” riportò Trish e Harm fece un cenno di assenso con il capo: tipico di sua nonna.

“Beh, pensavo di andarla a trovare la prossima settimana ma non c’è ragione per cui non possa farci un salto domani” disse. “Non le ho detto che sarei andato perché non volevo che ci sperasse troppo… e, a dir la verità, se le avessi telefonato sapevo che mi avrebbe fatto la paternale sul fatto che non la chiamo spesso, tanto vale essere lì di persona e beccarmi la ramanzina completa.”

“Beh, allora fallo e chiamami domani per dirmi cosa succede” disse Trish, mostrando chiaramente la sua preoccupazione.

“Certo, mamma” replicò Harm.

Dopo una lunghissima conversazione con sua madre, Harm trascorse ciò che rimaneva della notte a preparare i bagagli e a sistemare il frigo, non volendo trovare un muffa party nel suo cibo al suo rientro.

Preoccupato per sua nonna dopo la telefonata della madre, Harm partì per Bellevue molto presto, fermandosi a metà strada per fare colazione. Visto che si era messo in viaggio all’alba, giunse alla fattoria poco dopo le otto.

Per tutta la vita, Harm aveva considerato quel posto come casa sua, pertanto non si formalizzò a bussare alla porta principale e ad aspettare una risposta. Si diresse verso la porta sul retro, dette un paio di colpetti prima di gridare “ciao nonna” e poi fu sorpreso dal turbinio di attività che udì.

“Nonna?” la chiamò a gran voce ancora una volta, entrando nella cucina.

“Harmon?!” disse lei, arrivando dalla sala da pranzo ancora in camicia da notte. “Non ti aspettavo.”

“Lo so” disse, andando verso di lei per abbracciarla. “Sorpresa!”

“Dovresti avere di meglio da fare che sorprendere una vecchia signora” disse lei, abbracciandolo a sua volta.

“Non sei vecchia, nonna, sei ancora una ragazzina” disse Harm, baciandole la guancia.

“Sempre il solito adulatore” fece la nonna, accarezzandogli la guancia. “Allora, che ci fai qui?”

“Un nipote non può andare a trovare la propria nonna senza un motivo?” le chiese sorridendo, cercando di riaccompagnarla verso la sala da pranzo.

“La storia ti contraddice, Harmon” replicò, rifiutandosi di muoversi.

“Se lo vuoi sapere, mamma mi ha chiamato ieri sera. Era preoccupata per te” riportò Harm. “Avevo comunque intenzione di venire qui la prossima settimana, ho solo anticipato la visita.”

“L’ho già detto a tua madre e lo dico anche a te: sto bene” disse, lo spirito indomito ancora intatto.

“OK” disse lentamente, “ti credo”.

“Bene, comunque non è molto appropriato che tu sia qui” disse la donna, cercando di accompagnarlo verso la porta.

“Perché no?” chiese, decisamente molto sorpreso: dopo tutto lui era il suo ragazzo, il suo golden boy. Guardando dietro di lei, vide due tazze e due piatti sul tavolo: aveva chiaramente interrotto una colazione per due… e considerato che sua nonna era ancora in camicia da notte, cosa che non accadeva a meno che non fosse malata, poté giungere solo a una conclusione.

“Nonna, mi stai nascondendo qualcosa?” le chiese con una falsa formalità.

“No” rispose velocemente, ma il panico sul suo volto diceva chiaramente il contrario.

“E invece sì” disse con un sorrisetto. “Camicia da notte, colazione per due… hai “compagnia” nonna?” Le guance di Sarah Rabb arrossirono al pensiero. “Hai un aspetto molto colpevole…” continuò, usando la stessa frase che lei stessa gli aveva detto in più di un’occasione.

“Harmon, non ne voglio parlare…” disse severamente.

“Diventerà il mio nuovo nonno?” chiese con una risata che gli procurò un ceffone pungente in pieno volto. Avrà anche avuto 78 anni ma nessuno poteva permettersi di parlarle in quel modo.

“Scusa, nonna” disse, portandosi la mano al volto. “Non avevo nessun diritto di dirti quelle parole.”

“No, infatti” replicò lei, sbarrandogli il cammino. “Pensavo di averti insegnato a rispettare gli anziani.”

“Lo hai fatto, nonna” disse lui, abbassando la testa.

“Come osi infamare il mio amore per tuo nonno!” continuò. “Se ne è andato da tanto tempo ma questo non significa che io abbia smesso di amarlo.”

“Mi dispiace, nonna” si scusò di nuovo.

“Sono molto delusa da te” disse, scuotendo la testa. Quelle parole, come sempre, gli fecero provare un profondo senso di gelo.

Rammaricandosi per il comportamento dell’intruso che aveva disturbato la loro piacevole e quieta colazione, l’ospite della nonna entrò in cucina.

“Sono io la compagnia di Sarah” disse Mac e gli occhi di Harm volarono verso di lei.

"Mac?!" esclamò lui, non sapendo cos’altro dire.

La nonna spostò lo sguardo dall’uno all’altra. “Metto su il bollitore.”

“Cosa…? Come…? Quando…?” balbettò il Capitano, non sapendo bene cosa chiedere.

“Sono stata invitata. Ho preso la macchina e sono venuta qui. Sono qui da tre settimane” disse Mac, stringendosi ancora di più la vestaglia.

“Ma come?” riuscì a dire Harm; per quanto ne sapeva, Mac e sua nonna non si erano nemmeno mai parlate.

“Ti ho chiamato in ufficio tre settimane fa” disse la nonna, prendendo un’altra tazza dalla credenza.

“E il nuovo sottufficiale mi ha passato la chiamata per errore” continuò Mac.

“E quando ho capito che stavo parlando con Sarah MacKenzie sono rimasta molto stupita” disse la nonna. “Era gentile e affabile e… come le ho detto in quel momento, triste.”

Harm guardò verso Mac e aspettò che lei continuasse.

“Abbiamo chiacchierato a lungo” disse Mac. In effetti la nonna di Harm era la persona più facile con cui parlare che avesse mai conosciuto. Il tempo trascorso con lei aveva fatto miracoli per la sua anima, il suo giro vita e la qualità del suo sonno.

“E l’ho invitata a venire qui e a stare un po’ con me” disse la nonna, porgendogli una tazza.

“E così sono venuta” disse Mac, ritornando nella sala da pranzo mentre la nonna portava il tè appena fatto e una scatola di biscotti.

“Perché non me lo hai detto?” chiese, rivolgendosi a nessuna delle due in particolare.

“Non c’era bisogno che tu lo sapessi” replicò la nonna, facendo cenno a Mac di riprendere il suo posto a tavola.

“Avrei voluto sapere che stavi bene” disse a Mac.

“Ti ho mandato un sms” replicò. “Ti ho detto che stavo bene.”

“Beh, allora avrei voluto sapere dove eri” continuò. “Ieri sera mi sono seduto a fare una lista di tutti i posti in cui pensavo saresti andata e stavo per trascorrere le mie due settimane di licenza a cercarti. Non mi sarei mai aspettato di trovarti qui.”

“Se tu mi avessi chiamato nelle ultime tre settimane, Harmon” disse la nonna severamente, “te lo avrei detto. Non era un segreto.”

Harm scosse la testa; due contro uno: non aveva alcuna possibilità di vincere su nessun fronte.

Finendo il suo tè, la nonna si scusò dicendo che sarebbe andata a fare una doccia e a cambiarsi, mentre Mac si mosse sulla sedia, a disagio, sotto lo sguardo silenzioso di Harm.

“Hai intenzione di parlare?” chiese la donna, giocando con la sua tazza.

Un centinaio di domande affollavano la sua testa: come aveva potuto fargli questo? Non sapeva quanto si era preoccupato? La loro amicizia non valeva di più? Poi una rivelazione lo colpì.

“Stai bene?” le domandò. Dopo tutto, nient’altro contava se lei non stava bene.

“Sto molto meglio adesso” disse sotto voce. “Tua nonna è una donna straordinaria. E’ stata la medicina di cui avevo bisogno.”

Harm fece un cenno di assenso con il capo: non c’era niente di più vero. “Possiamo parlarne?” le chiese e Mac fece spallucce. “Beh, forse non subito ma possiamo parlarne prima o poi?”

“Parlare di cosa, in particolare?” gli chiese, volendo sapere se fossero sulla stessa lunghezza d’onda.

“Parlare del motivo per cui sono sempre un idiota quando si tratta di te,” disse lui con un rimorso sincero. “Tengo davvero tanto a te,” continuò, mentre lei si irrigidì. “Io… ti voglio davvero bene,” disse, non ancora pronto a dire la parola con la “a”. “Ma ho difficoltà a fartelo sapere e a dimostrartelo.”

Mac annuì: lo sapeva già.

“Ma non voglio che continui ad essere così,” riprese, con coraggio crescente. “AJ ha compiuto sei anni questa settimana ed ero sicuro che, per questa data, il piccolo MacKenzie-Rabb sarebbe stato almeno in viaggio. E non perché avevamo quel patto o per il ticchettio di un orologio biologico, ma perché avevamo tirato fuori la testa dalla sabbia e accettato la realtà che noi due siamo innamorati l’uno dell’altra.”

Gli occhi scuri di Mac si sollevarono per incontrare quelli azzurri splendenti di lui.

“Avevo pensato qualcosa di simile,” confessò. “Ma tu non sembravi assolutamente interessato all’idea.”

“Lo sono da tempo e sarò sempre interessato a te e a un futuro con te,” le disse, prendendole la mano.

L’anno in cui AJ compì 8 anni, Harm e Mac si recarono nuovamente a Bellevue. Dalla vacanza di Mac lì due anni prima, ci erano andati insieme due volte all’anno e la nonna era felice di aver visto sbocciare la loro relazione. Questa visita era particolarmente speciale: era per l’ottantesimo compleanno di Sarah Rabb. Non solo avrebbero trascorso la giornata con lei, ma le avrebbero portato per la prima volta il loro bambino. Jack Harmon MacKenzie-Rabb, alla tenera età di cinque settimane, avrebbe incontrato la donna che i suoi genitori adoravano incondizionatamente e che, come loro stessi scoprirono anni dopo, non aveva parlato con Mac per errore quel giorno in cui l’aveva invitata alla fattoria, ma aveva chiesto espressamente di lei. Il suo piano era di fare qualsiasi cosa per vedere suo nipote felice e aveva funzionato alla perfezione.

 

Nota della traduttrice:

Le repliche di JAG su Giallo mi hanno riportato indietro nel tempo e hanno fatto rinascere la mia passione per questa serie, così mi sono messa a leggere le storie su fanfiction.net ed è proprio lì che ho trovato questo racconto delizioso. L’autrice è stata così carina da autorizzarmi a tradurlo in italiano. Questo è il link alla storia originale:

http://www.fanfiction.net/s/9415091/1/The-Plan

Grazie a chi di voi mi ha dedicato un po’ del proprio tempo ed è arrivato fino qui.

Baci,

Germangirl

  
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