Fanfic su artisti musicali > Pink Floyd
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Autore: Cornfield    28/06/2013    4 recensioni
Granelli di polvere. Mucchietti di cenere.
E una voglia incredibile di volare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ABBATTETE IL MURO!

ABBATTETE IL MURO!

ABBATTETE IL MURO!

ABBATTETE IL MURO!

ABBATTETE IL MURO!

Le gocce cadono sommessamente sul lavandino freddo.
I raggi sottili e impercettibili del sole che filtrano dalla finestra chiusa mi accarezzano il viso.
Apro gli occhi.
La gola mi pizzica. Le labbra sono secche. Le mani si muovono in uno spasmo muscolare.
Le mie mandibole si contraggono in un grido. Un grido secco, rigido, liberatorio, freddo, disumano, inaudito e tanto aspettato.
Sono libero.
Nessuna barriera dinanzi a me. Niente bugie. Niente muri spessi che mi soffocano l’anima.
Libero.
Cigolio.
Un cigolio di una porta.
Qualcuno apre la porta del mio bagno.
Ma è solo il mio bagno.
Nessuno può entrarci.
Una figura si staglia davanti ai miei occhi ormai non più blu, consumati dal muro. Mi tende la mano per aiutarmi ad alzarmi da quella contorta posizione la quale mi ha addormentato le gambe.
Che cosa vuole da me? Nessuno può entrare nel mio bagno. Nessuno può scavalcare il mio muro. Neanche io posso farlo.
Io non voglio disubbidire il giudice. Non voglio deluderlo. Ho già deluso un mucchio di mattoni nel muro.
Ma quella mano è un martello. I martelli feriscono. La gente ferisce.
Quei mattoni invece sono silenziosi. Non mi giudicano. La tv mi farà da babysitter, dato che sono un bambino imprigionato in un corpo da pagliaccio adulto. La tv farà da sottofondo alla mia morte silenziosa che non importa a nessuno.
Sputa quella mano. Chiudi la porta.
Costruiamo un altro muro Pink. Questa volta sarà un muro ben più alto, ben più grosso, ben più corposo. E a quel punto neanche i rimorsi di coscienza, neanche i sentimenti umani che mi fanno venire i conati di vomito potranno raggiungerci.
E potrò morire completamente da solo, come ho sempre voluto.
 Ma afferro la sua mano.
La afferro senza neanche rendermene conto.
E riesco ad alzarmi.
Qualcuno per la prima volta ha violato il mio spesso muro, ora ridotto in frantumi.
Il muro non c’è più Pink.
Il muro ora è polvere finissima, cenere in decomposizione, carne morta.
E tu non fai parte di quei relitti. Perché quei relitti saranno spazzati via dal vento e abbandonati placidamente nella valle di nessuno.
Passi.
Passi riecheggiano nella mia mente.
Altre persone violano il mio muro. Altre persone entrano nella stanza.
“Eri qui cazzo! Pensavo te ne fossi scappato come un’idiota. Il concerto è iniziato da mezzora e tu te ne stai qui a cagare in pace. Possiamo ancora rimediare, va bene. Muoviti. E vestiti decentemente prima di presentarti a quella orgia di scalmanati.”
Annuisco.
“Su muoviti.”
Le gambe sono inchiodate in una morsa di ferro.
“A quanto pare ha dimenticato di saper camminare. Portatelo nel suo albergo, forza.”
Ho dimenticato anche a vivere se è per questo.
Due braccia muscolose mi trascinano via.
Io giaccio inerme, come una bambola. Come una marionetta che si lascia comandare.
Sono sempre stato una marionetta che si lascia comandare da qualsiasi cosa. Da mia madre, da mia moglie, dal mio maestro, dalla droga, dal muro.
Mi vestono con le prime robe che trovano buttate per terra.
E’ questo che vuoi Pink? E’ questo che hai sempre desiderato? Avrai anche reso in frantumi il muro, ma non tutto il resto. Il muro è solo una scusa. Una scusa per scappare da tutto e da tutti. Ma il muro non ti lascia scappare. Il muro soffoca. E anche ora stai soffocando. Stai soffocando con quella falsa felicità che ti stanno cucendo addosso, con quei sorrisi vuoti e con quel talento finto.
Reagisci.
Non rendere in frantumi solo il muro, rendi in frantumi anche chi te lo ha fatto costruire.
E’ tempo di reagire.
Strappo i vestiti dalla mia pelle  con le unghie unte di sangue. Grido per liberarmi.
Grido ancora.
Tiro un pugno ai due omaccioni, gli sfracasso la faccia, gli lancio due ginocchiate nella pancia, nella costola, nell’intestino. Dovunque.
Sfascio nuovamente la stanza, come ho fatto poche ore fa con la groupie. Con un'unica differenza. Ora mi sto liberando da tutto.
Ora voglio cominciare ad assaporare la vita. Non so neanche cosa sia la vita.
Rompo chitarre, sbatto a terra stoviglie, ripiani, tv, sedie, tavoli, piatti, gioielli, vasi, lampade,telefoni, cd, carte di ogni tipo, occhiali, forbici, anime.
Esco dalla stanza. Altri omaccioni cercano di fermarmi. Ma nessuno può fermare un uomo che vuole vivere. Picchio chiunque voglia ostacolarmi.
Scendo le scale frettolosamente. Il piede si contorce in una storta, ma continuo a correre perché non sento nessun dolore. Il dolore è dentro.
Esco dall’albero completamente scalzo, in mutande. Corro perché non so dove andare. Corro per sfuggire alle macerie del muro. Voglio imparare a volare. Voglio volare. Voglio librarmi in cielo
Grido a tutti di essere vivo. Sono vivo. Sto vivendo!  Corro mezzo nudo in una strada trafficata del centro alle 9 e mezzo di sera. Corro in mezzo alla gente che con le mani coprono gli occhi ai loro fottutissimi figli. E non c’è nessuno muro dinnanzi a me.
E non m’importa.

Perché io sto vivendo.






Beh salve lol. Sono nuova in questo fandom e spero di ritornaci presto con una nuova ff. Per ora accontentatevi di questa breve One-Shot. Nel futuro potrai farla diventare una vera e propria storia con più capitoli, ma per ora non ho l'ispirazione per continuare. Nuff said, una recensione mi farebbe davvero piacere. (Non sono un asso nella grammatica, perciò scusate gli eventuali errori).
A presto (?),
No one Knows.
  
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