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Autore: Rage Ramone    28/06/2013    4 recensioni
-Non mi prenderete mai viva.-
***
Sono tornata, ma non fatevi troppe illusioni. E' solo per darvi un dignitoso addio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izzy
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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 Alla mia cara Mumma, perché è solo grazie a lei che io sono tornata in questo fandom. Ti voglio bene, Tigrotta mia.
 


Il Pettirosso.
 

… You will never have me alive
 

 
Corre, il fiato che gli pizzica in gola sembra tener compagnia al suo cuore.

Il respiro si dimezza, si guarda indietro e vede che per ora li ha seminati.

Inoltrarsi nel bosco è stato efficace, alla fine.

Un nodo allo stomaco la costringe a deglutire pesantemente.

Si poggia contro un tronco, respirando a piedi polmoni.

Si porta una mano sul petto, sentendo sotto la sua mano il cuore che martella.

La toglie immediatamente, sentendo il dolore delle ferite che macchiano di rosso la sua camicetta, un tempo bianca.

Se la slaccia, per far prendere aria ai suoi graffi, come li chiama lei, anche se sono vere e proprie coltellate.

Coltellate al cuore, a tutti gli effetti. Fisiche, morali… animali.

-Pettirosso!- esclama con un filo di voce, come se stesse cinguettando, ma dal dolore. Il dolore atroce che le trapassa il petto, come una spada ben affilata manovrata da un abile, ma crudele, cavaliere.

Lei si faceva chiamare così, quando i suoi compagni la trovavano con il petto coperto di sangue. Si faceva chiamare pettirosso, e volava, alzava le braccia e le batteva, si arrampicava sugli alberi e cinguettava: quanto avrebbe voluto volare via, senza che i suoi cacciatori la potessero colpire a distanza.
Ma del Pettirosso lei cos’aveva? Solo il petto rosso, cremisi, lucido e puzzolente. Puzzolente di sofferenza, una sofferenza che non aveva mai permesso di cicatrizzarsi. Si odiava e non capiva il perché.
Già, non capiva il perché di tutto:  la confusione, il caos, regnavano sovrani nella sua mente, che tutti ormai, gli avevano dato per dispersa.

Si posa con la schiena contro il tronco, il petto sanguinante che sale e che scende, regolato dal respiro affannoso.

-Isabell! Isabell!-

Si volta, li sente. Loro. Gli occhi sgranati dal terrore...

Struscia giù, di schiena, lungo il tronco. Si ritrova seduta tra le sue radici, le gambe strette al petto cremisi.

Trema.

Giocherella con le ciocche arancioni, facendo scivolare tra le dita tremanti  i capelli sudati.

Guarda quelle mani muoversi tremolati tra di essi, quelle mani che appartengono a qualcuna che non è niente più che una bambina. Una bambina pazza, certo, ma completamente indifesa.

Sola.

Neanche Esplosivo o Caleidoscopio, i suoi amici immaginari, la potranno salvare, questa volta. Anche loro l'hanno abbadonata.

-Isabell!! Dove sei?-

Ancora quella terribile voce, la stessa che, quand’era piccola, la metteva a letto con una rassicurante ninnananna.

Quella musica echeggia nella sua mente: che brutto scherzo, che brutta illusione.

Comincia a canticchiare le parole di quella canzone, piano, muovendo le labbra carnose ed emettendo un tremolio, un fruscio, che sembra tranquillizzarla.


“ Nell’aia la notte tace, ogni animale nel cortile riposa,
Pulcino nero nero, da solo, esci dal pollaio pigolando tra te e te

Tic Toc, chi sarà mai?

Tip Tap, vai dentro il bosco e senti la voce della mamma gatta,
Canta la ninnananna miagolante ai suoi gattini,

Miao Miao, dormite come il sole si culla tra le sue stelle e l’orizzonte,
Pio Pio,ti avvicini e lui con una zampata, ti porta nel suo nido di pelliccia bianca e grigia

Pensi di poter dormire con qualcuno, finalmente,
Ma presto senti mangiartici via
Nel più indigesto degl’incubi insonni.”
 

 

Sente i suoi denti battere tra una sillaba e l’altra, teme che possano scoprirla grazie al rumore osseo e secco delle sue mandibole.
Un fascio di luce poco lontano dal suo corpo.
Si avvicina, si avvicina piano. Si avvicina troppo.

 

“Ti prego, stai lontano. Non ti avvicinare. Ho paura.”gli dice mentalmente, continuando ad intonare la ninnananna.

“Pio Pio, ti avvicini e lui con una zampata, ti porta nel suo nido di pelliccia bianca e grigia
Pensi di poter dormire con qualcuno, finalmente,
Ma presto senti mangiartici via
Nel più indigesto degl’incubi insonni.”


 

Non l’ ascolta, si avvicina.

La prima, coraggiosa, lacrima scappa via dal suo rifugio.

È quello che farebbe lei: scappare, lontano. Non per coraggio, però, ma per paura.

E lei non ha neanche il coraggio di avere paura.

Una fitta al petto la ferma: è debole.

Già la vista comincia ad annebbiarsi, la testa è pesante.

Solo paura, buio, confusione e ancora paura.

Non può andare avanti così, non può continuare ad essere usata in quel modo: non può.

Non può più permettere loro di nutrirsi della sua paura, non può.

Ha sofferto troppo, il suo cuore, il suo corpo… la sua mente. Si, perché la sua mente, la sua ragione, dov’è finita?

Cosa sa ora? Che sta scappando, braccata da un fascio di luce, una voce talmente calda e ammaliante che potrebbe ucciderla. Perseguitata, stalkizzata, da un incubo che dura, ormai, da otto anni.

Solo questo sa, nient’altro: la sua vita è un fottuto incubo da otto anni.


 

“Il più indigesto degl’incubi insonni.”Calca, stringendo le gambe ancora di più a se.


Dove si trova? Cosa sta facendo? Perché scappa? Perché non è rimasta a casa, filando in camera e ubbidendo all’ennesimo ordine dei suoi chiodi fissi, le sue spine nel fianco? Perché è lì?

Dove ha trovato il coraggio di ribellarsi?

Si avvicina.

Non sente più nulla, i pensieri annebbiati.

Solo una voce, quella voce.Le foglie scrocchiare sotto il peso dei loro passi. Il plic di un’altra sua lacrima sul suo ginocchio, che rotola piano lungo la sua gamba, tremolante.

Il dolore, la paura, i suoi pensieri.

È così che sta nascendo un pazzo: sotto le picconate della paura.

Perché è la paura ad ucciderti, quando vieni massacrato, non certo le ferite: quelle vanno via, prima o poi.

Sente il fascio di luce accecarla, bruciargli caldo sulla pelle, sulle palpebre.

Due mani, le stesse che gli hanno colorato il petto cremisi, si tendono verso di lei.

Uno strattone, le loro voci furibonde, sovraumane.

Un battito mancato, un grido muto, il gelo. La fine.

Stringe gli occhi, pizzicati dalle lacrime, e le gambe al suo petto sempre più forte; mormorando a denti stretti, prima che riaccadesse tutto di nuovo:

-Non mi prenderete mai viva.-



 


 

***

 
 

 

Note: Sono tornata solo per darvi un dignitoso addio, mi dispiace per chi seguiva IntoWolf’seyes, ma l’ho cancellata, come anche le altre fiction che avevo scritto in questa sezione, dalla quale mi sento ogni giorno più lontana. Avevo promesso alla mia cara Mumma che sarei tornata, e l’ho fatto. Ma ora me ne vado perché il fandom mi delude, e io, togliendomi di mezzo, faccio fare già metà del lavoro a voi.

La fiction spiega, prendendo come esempio il personaggio di Izzy, come nasce un pazzo. Lo stato d’animo spero si sia capito, la ninnananna è quella che mi cantava quella psicopatica di mia madre e, beh, spero che il resto sia chiaro. Ovviamente Izzy è una bambina che viene maltrattata dai genitori, se non si fosse capito.

Spero che via sia piaciuta e che mi lasciate una recensione.

Addio, ragazzi. Abbiate cura del fandom e non buttateci la prima merda che vi viene in mente, forse tornerò,un giorno,ma non ne sono sicura.
A (non) presto.

BloodyLau

 

   
 
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