mentre sorreggete con mani esauste

le vostre pelli increspate,
affacciate sul riflesso di una sporca bottiglia rotta.
Vorrei pungervi ripetutamente
con un accordo melodrammatico
e suonarvi le interiora con il flusso
delle vostre lacrime.
Vorrei scavarvi un solco nel grembo
ed estorcervi le emicrania calcificatesi
sotto quei ridicoli sorrisi abituali.
Vorrei vedervi asfissiati
dipingendo capriole sulle fiamme
e morire ripetutamente sul letto
della vostra vita di plastica e calcestruzzo.
Vorrei vedervi delineare lo strato più profondo
dei vostri cataloghi rosa
e vedervi avvilire alla visione
di quegli esoscheletri abbigliati d’inganni.
Vorrei gettarvi il sale su quelle ferite in amplificazione,
occultate dal polistirolo e da una crema estiva
sputata da una replica televisiva.
Vorrei che vi specchiaste sul ruscello
di una foresta selvaggia e primordiale
celebrando la lapidazione delle vostre ombre
presso un cumulo di rifiuti epilettici e danzanti
che colmano i vostri urli di tumori terminali.
Vorrei gettarvi nella vostra residenza infernale
e vedervi nutrire di banconote al caffè latte
cotte da succhi gastrici con un pizzico di malinconia.
Vorrei vedervi in putrefazione
e farvi scrutare le viscere asincompate,
erose in un silenzio speculato.
Vorrei vedervi perché io,
davvero,
non vi vedo.