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Autore: Charlotte McGonagall    28/06/2013    2 recensioni
Songfic Beetee/Wiress sulla canzone Lullaby di Elisa.
Per più di vent'anni l'aveva ascoltata cantare, quando erano amici così come quando lei era diventata la sua compagna di vita.
Era il solo vero modo per esprimersi che le restasse, il solo modo per essere libera.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beetee , Wiress
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Questa ff partecipa alla settimana tematica Songfic di Pseudopolis Yard.
Avevo questa idea da un po', ma ho avuto l'illuminazione alcuni giorni fa e non ho potuto evitare di scriverla!
Non ho enfatizzato l'evolversi della relazione di Beetee e Wiress da amicizia a amore, perché questo non era il tema della ff, ma spero che si intuisca facilmente. Ho preferito e fatizzare come è iniziato il loro rapporto.
La canzone che ho usato è Lullaby di Elisa.

Lullaby

Un violento temporale si era abbattuto sul Distretto 3.
Nella casa era iniziato un lavorio come di formiche - per abbassare le tapparelle, controllare la chiusura delle finestre e ritirare i preziosi fiori della mamma dal balcone - a cui era subito seguita un'immobilità innaturale, che permetteva a Beetee di udire ogni goccia di pioggia e ogni raffica di vento, inframmezzate da lampi e tuoni.
Il normale chiacchiericcio dei suoi fratelli si era acquietato e la grande casa nel Villaggio dei Vincitori sembrava quasi vuota, come la casa di Wiress, accanto alla sua.

Cercò di superare col pensiero le pareti della sua stanza e di immaginare cosa stessa facendo Wiress in quel momento.
Aveva paura dei temporali?
Probabile, dal momento che dopo i Giochi si tende a spaventarsi per eventi che prima non avrebbero suscitato alcuna reazione. Ricordava che, subito dopo la sua edizione, i temporali lo gettavano in uno stato di allerta e agitazione - come quasi tutto, del resto.

Decise di sollevare le tapparelle della sua stanza giusto il necessario per controllare la casa di Wiress.
Notò immediatamente una luce accesa al piano superiore e soprattutto una finestra aperta che sbatteva al piano inferiore.
Sospirò: quella ragazza era così distratta...
Si gettò addosso l'impermeabile e uscì.
Giunto alla casa di Wiress era già fradicio, nonostante distasse solo di pochi passi.

Andava a trovarla ogni giorno, soprattutto ora che i giornalisti di Capitol City se ne erano andati e lei era precipitata in uno stato di inerzia; trascorreva quasi l'intera giornata a fissare il vuoto o si rannicchiava da qualche parte, come se cercasse di nascondersi; sembrava aver perso ogni contatto con la realtà, tanto che era diventato necessario controllare se avesse mangiato.
Per questo Beetee, il padre e la migliore amica di Wiress e talvolta alcuni suoi insegnanti si erano assunti il compito di vegliare su di lei.

Il piano inferiore era deserto. Beetee lasciò le scarpe e l'impermeabile nell'ingresso e corse a chiudere la finestra rimasta aperta in salotto.
Si guardò attorno e sospirò, pensando che dopo avrebbe dovuto asciugare buona parte della stanza.
"Wiress," chiamò. "Wiress!".
Come previsto nessuno rispose.
Beetee salì le scale e andò a cercarla al secondo piano.
Continuò a chiamarla senza ricevere risposta, per poi trovarla, dopo diversi minuti, nascosta sotto il letto.

Era rannicchiata in posizione fetale, con la testa fra le mani.
Beetee si sdraiò su un fianco per essere al suo stesso livello.
"Wiress," bisbigliò, "sono io".
Lei aprì gli occhi e lo fissò.
"Dovresti uscire da lì," disse, "è pieno di polvere".
Lei non si mosse.
Beetee si sentiva stringere il cuore ogni volta che la guardava: aveva un aspetto così fragile e in quel momento sembrava una bambina e non la ragazza di quindici anni che era.

Da quando era uscita dall'arena, aveva giurato che si sarebbe occupato di lei, come se il suo compito di Mentore non si fosse mai concluso. Per la prima volta era riuscito a riportare a casa un tributo, dopo otto anni di fallimenti, e sentiva di avere delle responsabilità nei suoi confronti.

"Sai, si sta molto meglio altrove, anche se questo angolo è molto riparato," continuò, cercando di apparire scherzoso.
Di nuovo non ottenne alcuna reazione.
In quel momento la luce di un lampo riempì la stanza e Wiress chiuse di scatto gli occhi e iniziò a tremare.
Beetee allungò con cautela la mano, come se stesse cercando di guadagnare la fiducia di un animale selvatico.
Le sfiorò delicatamente la mano e lei socchiuse le palpebre.
Lui le sorrise e la strinse la mano.
Fu in quel momento che udirono il tuono. Lei contrasse il viso in una smorfia quasi dolorosa, ma Beetee le tenne saldamente la mano.
"Sono qui," le disse, "va tutto bene, non hai nulla da temere".

Lentamente, riuscì a guidarla fuori dal suo nascondiglio e lei, una volta uscita, lo stinse in un abbraccio quasi disperato, come se la sua vita dipendesse dalla forza con cui si aggrappava alle sue spalle.
Beetee - alquanto imbarazzato - le accarezzava le braccia e la schiena, cercando di tranquillizzarla a parole. "Guarda, Wiress, il temporale sta finendo, ormai".
Tuttavia, lei iniziò a singhiozzare e, anche se Beetee si sentiva impotente di fronte al suo dolore, lo capiva: capiva che non aveva più nulla a che vedere col temporale.
Le nuvole di tempesta e i tuoni passano... Ciò che non passa è la sensazione di minaccia, il peso che ti resta sul cuore e ti mozza il respiro in ogni istante, la consapevolezza di essere vivi e di voler essere morti, gli incubi, la colpa.
Conosceva bene quella sensazione e non sapeva come aiutarla, perché nemmeno lui aveva trovato un modo per sconfiggerla del tutto. Aveva placato l'ansia e gli incubi con i tranquillanti e aveva cercato di ignorare il dolore, ma vi erano ancora momenti in cui gli mancava il respiro e sentiva il bisogno improvviso di fuggire senza sapere il motivo.

Erano seduti a terra, lei era tra le sue braccia, aggrappata a lui come un naufrago alla scialuppa, chiedendo aiuto, e lui non poteva darglielo.
Ora più che mai gli sembrava una bambina.
Pensò a come avrebbe calmato un bambino in lacrime. Sua madre in questo non gli era di aiuto: era sempre stata troppo stanca e troppo impegnata per prestare attenzione ai suoi numerosi figli e, ora che aveva la sicurezza economica, l'unico suo modo di dimostrare affetto era diventato il cibo; pensò, invece, alla Professoressa Byronn e al modo in cui tranquillizzava i bambini più piccoli dell'Istituto quando piangevano e ricordò il modo materno in cui li prendeva sulle ginocchia e cantava loro una canzoncina.
Sentendosi un perfetto idiota, iniziò a cantare sottovoce una ninnananna udita molti anni prima.
Lei lo fissò per un attimo, con gli occhi lucidi, come se non credesse alle proprie orecchie, poi poggiò la testa sulla spalla di Beetee, mentre lui la accarezzava.

Non era bravo a cantare, ma sperava solo di poterla distrarre, di allontanare per un momento i suoi incubi.

They call me Lullaby
'Cause all I want and all I know is only to fly
They call me Lullaby
I've never seen their blood
I've never seen
That sparkle in their eyes
I don't know
What's hidden in their minds
They call me lullaby

Mentre cantava, percepiva Wiress rilassarsi lentamente tra le sue braccia e i singhiozzi farsi meno violenti. In quel momento gli sembrò così bella, così innocente, così pura in confronto a lui. Anche se avevano condiviso il medesimo destino, lui si sentiva più colpevole, perché la morte dei ragazzi che aveva ucciso era stata accuratamente pianificata, perché lui aveva costruito una trappola e aveva sfruttato le sue abilità per un fine crudele e soprattutto perché, se fosse tornato indietro, sapeva che avrebbe rifatto la stessa cosa. Si era ripetuto molte volte che non aveva avuto scelta, che lo aveva fatto per sopravvivere, che tutti quei ventitré ragazzi, compresi quelli che aveva ucciso - se ne avessero avuto i mezzi e l'abilità - al suo posto si sarebbero comportati allo stesso modo; si era costretto a credere a quella bugia per non impazzire, ma in cuor suo sentiva che avrebbe potuto scegliere.

One day I saw a man
Trying to wash away the dirt on his hands
And the pain on his face
When he saw me
He wished that he could cry
And he called me Lullaby

Lei gli appariva migliore: aveva ucciso per istinto di sopravvivenza, non aveva premeditato la morte dei suoi avversari. Aveva un aspetto così innocente, nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe uscita dall'arena. Per questo i Giochi l'avevano completamente distrutta.
Avrebbe voluto dirle di non sentirsi in colpa, che era una brava persona con la quale il destino era stato crudele, ma non ci riusciva. In quel momento l'unica cosa di cui era capace era cantare per lei.

Improvvisamente si accorse che stava cantando insieme a lui, con voce ancora tremante.
Continuarono insieme per un po', finché la sua voce non si fece sicura e limpida.
Era brava - pensò Beetee - aveva una bella voce.

Smise di cantare e lo fissò negli occhi, con un misto di gratitudine e meraviglia.
"Allora, me lo fai un sorriso?", le chiese Beetee, aiutandola ad alzarsi.
Lei incurvò impercettibilmente le labbra, ma era già molto per Beetee.

*

Da allora, quando la vedeva più triste, Beetee la invitava a cantare qualcosa.
Amava sentirla cantare, le diceva, ed era vero, ma la ragione principale di quella richiesta era che aveva scoperto che cantare la aiutava a distrarsi dai suoi pensieri.
Lentamente le vide riaffiorare dall'abisso nel quale era sprofondata, anche se non sarebbe mai ritornata la ragazza che era prima degli Hunger Games.
Anche Beetee cercava di ricostruire se stesso insieme a lei e in parte ci riuscivano, giorno per giorno.

*

Per più di vent'anni l'aveva ascoltata cantare, quando erano amici così come quando lei era diventata la sua compagna di vita.
Era il solo vero modo per esprimersi che le restasse, il solo modo per essere libera.

And first of all we were born to be free
And as far as I can see
There is one way this could be

Anche durante ogni edizione degli Hunger Games cantava fra sé, per non gridare e non piangere di fronte a quello che vedeva.
Finché, ad un tratto, durante i settantaquattresimi Hunger Games, si era fermata ad ascoltare Katniss Everdeen e la sua ninnananna alla piccola Rue.
Mentre tutti i mentori fissavano gli schermi, Wiress e Beetee si presero per mano, come se fossero uniti da un segreto che la musica aveva fatto riaffiorare.

I've been told we were born to be free
And as far as I can see
There is one way this could be

Tuttavia, quella canzone non aveva avuto un profondo significato solo per Beetee e Wiress, bensì per l'intera Panem.
Ovunque le note di Katniss e Rue erano diventate sinonimo di rivolta e di libertà.
La musica aveva risvegliato gli animi assopiti dei cittadini, aveva dato loro speranza e niente avrebbe potuto cambiare le cose.

But they struggle and they fight
They weep but they still try
Everything that they can
Everything that they can
And they call me Lullaby

And they wish they would they have
Everything that they can
Everything that they can
And they call me Lullaby

*

And so me
I'll fly, I'll fly
Just like a lullaby
Just like a lullaby
Until the day I'll die

Era morta cantando.
Se le avessero chiesto come avrebbe voluto morire, forse quella sarebbe davvero stata la sua volontà.
Beetee non avrebbe mai dimenticato la sua ultima canzone: una semplice canzoncina per bambini che avrebbe turbato le sue notti negli anni a venire.
Non c'era musica a placare il suo dolore, nel suo cuore erano rimasti solo una gelida rabbia e il vuoto che lei aveva lasciato.
Gli piaceva pensare era che - se ci fosse stata una vita dopo la morte - Wiress stesse cantando da qualche parte, dove lui non la poteva udire, che fosse più felice di quando era stata in vita.
Per sé non chiedeva nulla, se non la speranza di rivederla un giorno e la certezza che non l'avrebbe mai più vista piangere.

Oh me
I'll fly, I'll fly
Like a lullaby
Like a lullaby
Until the day I'll die

   
 
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