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Autore: Kary91    29/06/2013    11 recensioni
Sono trascorsi quasi trent'anni da quando abbiamo incontrato per la prima volta Elena Gilbert e i fratelli Salvatore.
A Mystic Falls molte cose sono cambiate da allora; i ragazzi sono cresciuti, gli adulti invecchiati. Nuove generazioni di adolescenti portano il cognome delle famiglie fondatrici, eppure certi dettagli hanno concluso per rimanere in circolazione nella vita di ogni giorno destinati a ripetersi all'infinito ; in un modo o nell'altro la storia si ripete e Caroline Forbes di questo è al corrente, nel momento in cui decide di tornare a Mystic Falls:questa volta per restare.
***
“…Hai presente quando eravamo piccoli e io cercavo di farti cagare sotto, raccontandoti storie di cadaveri sanguinolenti e orripilanti mostri succhia-sangue?”
Jeffrey assunse un’espressione perplessa.
“Me lo ricordo fin troppo bene, direi…”
“Ricordi anche quando cercavo di convincerti che mio padre fosse un lupo mannaro?”
“Per via di quella storia, avevo incominciato ad andare nel panico ogni volta che rimanevo da solo in una stanza con lui…”
“…E se ti dicessi che non tutte le stronzate che dicevo da bambino fossero effettivamente delle balle?”
“Ti risponderei che bevi troppo.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Tyler Lockwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'It calls me home.'
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Chapter 12.

Miss Mystic Falls.

(part 1.)

 

Mase si stropicciò un occhio con un pugno, rannicchiandosi ulteriormente su se stesso. Mise a fuoco le voci delle persone che gli stavano tenendo compagnia nella cripta e che fino a quel momento aveva riposto da parte, considerandole semplici rumori di sottofondo.

“Guarda” stava esclamando Caroline alle sue spalle. “Non ha nemmeno morso i vestiti.”

La risata di Tyler echeggiò in risposta alle parole della vampira.

“Alla mia prima trasformazione li avevo mangiati tutti”  ricordò l’uomo. In quel momento Mase sollevò il capo, decidendosi finalmente a socchiudere gli occhi.

 “Ben svegliato, dormiglione” lo salutò il padre, appoggiandogli una mano sulla schiena. Era seduto a terra di fianco a lui e lo stava osservando con un mezzo sorriso abbozzato in viso.

Ch-che, che ore sono?” balbettò il ragazzo, alzandosi a sedere. Si strinse nella coperta, accorgendosi solo in quel momento di non avere più nemmeno i pantaloncini addosso. Aggrottò le sopracciglia, cercando  Caroline con lo sguardo. La vide avvicinarsi poco dopo con i suoi vestiti piegati sull’avambraccio.

“Le sette un quarto” rispose l’uomo, facendosi passare gli abiti del figlio. “Hai dormito ancora una buona mezzora da quando ti abbiamo trovato.”

Mason se ne stupì: era convinto di aver chiuso gli occhi solo per  un attimo, in seguito all’arrivo del padre. Allungò il braccio per recuperare i suoi vestiti, esibendo una smorfia di dolore.

“M-mi, mi fa m-ma-male dappertutto” farfugliò, portandosi i jeans sulle ginocchia. Tyler lo osservò a lungo, ancora sorridente.

“Per stasera sarai a posto” lo tranquillizzò, dandogli una pacca amichevole sulla nuca: la tensione che aveva caratterizzato il suo sguardo nei giorni precedenti sembrava essersi affievolita.

Mase annuì e sollevò lo sguardo per cercare Caroline. Quando la ragazza gli sorrise  le rivolse un’occhiata inquisitoria, avvolgendosi meglio la coperta attorno al corpo.

“Mi hai visto nudo?” domandò in tono di voce scontroso, non riuscendo  a mascherare l’imbarazzo. La ragazza si mise a ridere.

“Non ho visto nulla, stai tranquillo!”  lo rassicurò, prima di raggiungere la porta della cripta. “Dai, vestiti, io vi aspetto fuori!”

Mason si vestì in fretta, mordicchiandosi il labbro di tanto in tanto  per aiutarsi a sostenere il bruciore alle ossa. Nel momento in cui lui e il padre abbandonarono la cripta per unirsi a Caroline si sentiva ancora intorpidito e stanco, come se non avesse dormito per giorni. Non desiderava altro che arrivare a  casa e rifugiarsi sotto le coperte, poltrendo fino a sera al sicuro nella sua stanza.

Il padre sembrò accorgersi della sua spossatezza, perché gli strinse con delicatezza una spalla, come a volerlo incoraggiare.

 “Sono fiero di te" mormorò. Mase gli sorrise: fu il suo primo vero sorriso da giorni e, nell’osservare la sua espressione distesa, Caroline si sentì d’un tratto rasserenata. In poco tempo era riuscita ad affezionarsi molto a quei sorrisi rari che di tanto in tanto sorprendevano le labbra del ragazzo. Era contenta che la luna piena non fosse riuscita a portarglieli via.

***

Quando Ricki si decise ad aprire pigramente gli occhi, si accorse di avere la testa in fiamme e un dolore acuto alla guancia destra, per via di tutto il tempo che aveva trascorso con  il capo abbandonato sul volante. Sollevò il capo e si guardò attorno spaesato, massaggiandosi le tempie con le mani. Doveva essersi addormentato in macchina la sera precedente: non era la prima volta che gli capitava.

Il rumore secco di qualcosa che picchiettava contro il finestrino lo fece sobbalzare: Ricki aggrottò le sopracciglia, cercando il responsabile di tutto quel fracasso. Il colpevole era un ragazzino che stava battendo le nocche contro il vetro: aveva uno sguardo vispo e una matassa di capelli biondi ritti sulla testa come aculei di porcospino.

“Ricki!” gridò il bambino, bussando ancora una volta. “Perché stai dormendo nella macchina?”

Richard strabuzzò gli occhi riconoscendo la vocetta vivace di suo cugino, il fratello minore di Ruby.

“Piccoletto!” esclamò, concedendogli un debole sorriso prima di frugarsi freneticamente nelle tasche alla ricerca del cellulare. “Come mai sei in giro da solo?” aggiunse, sovrappensiero.

Il bambino scosse vigorosamente il capo, spiaccicando il naso contro il vetro.

“Non sono da solo! Stiamo andando alla festa delle ragazze che si vestono belle! Io e Buckster* non ci volevamo andare perché è una noia…”

Ricki sbuffò, passandosi una mano fra i capelli. Aveva trovato il cellulare, ma era scarico; riuscì a tenerlo acceso per una decina di secondi, ma quando l’aggeggio incominciò a vibrare per comunicare le chiamate e i messaggi accumulati si spense di nuovo.

“…ma la mamma dice che ci saranno i confetti e le tortine di tutti i colori e anche i palloncini! ”

Improvvisamente l’attenzione di Ricki tornò a focalizzarsi sul ragazzino.

“Aspetta, aspetta” interruppe il fiume di parole del bimbetto, aprendo la portiera della macchina. “State andando a Miss Mystic Falls? Adesso? Ma che ore sono?”

Il cuginetto scosse il capo e fece roteare per aria il suo missile giocattolo.

“Non lo so!” dichiarò, facendo spallucce. “Non la so leggere l’ora: ho quattro anni, io!” aggiunse, mostrandogli quattro dita di una mano belle stese, come  a volersi giustificare.

“Damian!”

Una voce di donna richiamò la loro attenzione. Il piccolo Damian salutò Ricki con la mano e corse  dalla madre, il missile giocattolo ancora sospeso per aria. Richard fece un cenno di saluto ai suoi zii prima di imprecare a denti stretti, mettendo in moto l’auto: sapeva fin troppo bene che la famiglia di Damian e Ruby arrivava sempre in ritardo alle cerimonie, per evitare che i bambini si stancassero o facessero troppa confusione. O per quel pomeriggio avevano miracolosamente deciso di presentarsi con largo anticipo, oppure lui era fottuto. Una sola, rapida occhiata all’orologio sul cruscotto fu in grado di comunicargli il verdetto: era fottuto.

“Grandioso” commentò. Una smorfia gli catturò il viso al pensiero di una furibonda Vicki che senza un accompagnatore, pronta ad assestargli un bel calcio-piroetta nel didietro. La smorfia si accentuò, quando i pensieri del giovane si spostarono verso il padre e la sfuriata con i controfiocchi che l’avrebbe sicuramente atteso al concludersi della cerimonia .

 “Vabbè” commentò infine, uscendo dal parcheggio e immettendosi nel viale. “Andiamo a farci tirare le orecchie da papà lupo!”

***

Una volta raggiunta la villa dei Lockwood, Mase si diresse subito a tranquillizzare la madre. Raggiunse poi camera sua, dove non impiegò molto ad addormentarsi un’altra volta. Il dolore stava incominciando ad affievolirsi, ma la stanchezza era ancora tanta. Trascorse una quarantina di minuti ad accogliere e ad allontanare il sonno, svegliandosi spesso ma senza mai abbandonare il dormiveglia. Quel continuo addormentarsi e svegliarsi gli ricordava i viaggi in macchina che la sua famiglia era solita fare nel cuore della notte in estate, per raggiungere la solita località di villeggiatura. Tyler preferiva guidare di notte, così da evitare il caldo insopportabile e l’iperattività dei due figli maggiori che non avrebbero retto a sette ore di macchina da svegli. Durante il tragitto i tre piccoli Lockwood sonnecchiavano nel retro della jeep. A Mase dormire in auto era sempre piaciuto. Il suo era uno svegliarsi e capitombolare nel sonno continuo, cullato dal tragitto regolare delle ruote che si interrompeva solo quando il sole era ormai alto nel cielo e il viaggio stava per volgere al termine. In quel momento, mentre per la terza volta in pochi minuti Mase si sorprese ad aprire gli occhi, si sentì esattamente come quando, durante quei tragitti in piena notte, dormiva accucciato fra i suoi fratelli. Si passò una mano fra i capelli, cercando di indovinare come mai tutto a un tratto si sentisse così rilassato, così al sicuro. In quel momento riconobbe un rumore familiare alla sua destra: quello della mina di una matita che scorre sulla carta. Distinse anche un odore particolare, che non aveva nulla a che vedere con quello dei famigliari. Era un odore che sapeva di conforto e protezione. Traboccava di affetto e serenità, e per un attimo Mase fu grato alla sua seconda natura lupesca che lo portava ad associare odori e sensazioni: lo aiutava a inquadrare più facilmente le persone.

Si voltò, dando le spalle alla parete. Oliver aveva lo sguardo concentrato e il blocco da disegno appoggiato sulle ginocchia. Quando si accorse del suo risveglio gli sorrise, appoggiando la matita sul blocco. Mason cercò di sollevarsi a sedere, ma l'amico glielo impedì.

“Resta giù” lo ammonì con dolcezza. “Tua madre mi ha detto che hai un bel po’ di febbre.”

Mason si alzò ugualmente.

“Mi dispiace” mormorò poi, guardando negli occhi l’amico. “Per lo spintone…Per tutto” si corresse poi, appoggiando la nuca al muro. “Sono stato uno stronzo.”

“Va tutto bene” lo rassicurò Oliver, per nulla turbato. “Anche se, in effetti, se tu la smettessi di evitarmi mi faresti un favore: è piuttosto fastidioso!” dichiarò in tono di voce scherzoso, riprendendo a disegnare. Mason lo osservò a lungo, prima di decidersi a parlare di nuovo. Nel corso degli ultimi minuti aveva valutato in silenzio una trafila di espressioni più o meno allusive da pronunciare per liberarsi del peso che lo opprimeva da settimane; alla fine si arrese ad un’unica, diretta affermazione.

“Sono un lupo mannaro, Ol” dichiarò. Lo disse in tono di voce deciso, nonostante la sua espressione si fosse fatta esitante. Arrossì, quando lo sguardo del migliore amico si posò perplesso su di lui, ma non distolse il proprio, come a voler suggerire che non stesse scherzando. “Lo sono da quando ho avuto quell’incidente. ”

L’altro ragazzo aggrottò appena le sopracciglia, la matita ancora sollevata a mezzaria, mentre Mason attendeva a disagio una risposta, pentendosi tutto un tratto di aver detto la verità.

Poi, però, Oliver sorrise. Era uno dei suoi classici sorrisi dolci e bonari, privo di alcuna nota di scherno. Per un attimo sembrò addirittura un po’ sollevato.

“Beh, io vedo i fantasmi” dichiarò infine, osservando divertito l’espressione interdetta dell’amico. “E ti assicuro che non sto facendo dell’ironia.”

Mason si passò una mano dietro la nuca, inarcando spiazzato le sopracciglia.

“Fantasmi?” ripeté nuovamente, scrutando l’amico con attenzione. Oliver annuì.

“Un fantasma solo” si corresse poi, sfogliando un paio di pagine del suo blocco da disegno, “Ti ricordi la ragazza che stavo disegnando?”

Mase lo squadrò confuso per un po’, prima di annuire. La rivelazione di Oliver era assurda e bizzarra, ma in quel momento non aveva nemmeno la forza di allarmarsi, né aveva voglia di rifletterci su. Era ancora assonnato e fin troppo grato ad Oliver per essere lì in quel momento. Per non aver posto alcun tipo di domanda alla sua confessione, limitandosi a sorridergli – comportandosi come l’Oliver di sempre, nonostante le incomprensioni dell’ultimo periodo. Mase cercò di chiedere qualcosa all’amico, ma rinunciò quasi subito: la testa aveva incominciato a girargli e sentiva ancora le palpebre pesanti. Tornò a sdraiarsi, appoggiando il capo al cuscino.

Oliver lo osservò chiudere gli occhi, prima di tornare al suo album da disegno. Abbandonò a metà il bozzetto che aveva incominciato quel mattino e voltò pagina, con l’intenzione di lavorare a qualcosa di nuovo, ispirato dalle parole di Mason. Di tanto in tanto si fermava per indirizzare una rapida occhiata verso l’amico e sorrideva, tornando poi al disegno. Quando la mina della matita riprese a scorrere sul foglio, Mason parlò di nuovo.

“Oliver?”  chiamò, continuando a tenere gli occhi chiusi.

“Sì?”

Il ragazzo sembrò esitare, prima di decidersi a proseguire.

“Resti ancora un po’?”

Oliver sorrise. Si alzò dalla a sedia e prese posto sul letto di Mason, incrociando le gambe sulla trapunta.

“Dai, torna a dormire” lo incoraggiò, riprendendo a disegnare. Rimase ancora una mezzoretta in camera di Mason, fino a quando Lydia non lo avvertì che fosse arrivata l’ora di incamminarsi. A quel punto si alzò, cercando di non fare rumore.

“A più tardi” mormorò, sfiorando con affetto la spalla del migliore amico. C’erano tante cose che gli sarebbe piaciuto dirgli: frasi che non aveva avuto il tempo di abbozzare nell’aria, delineandone al meglio contorni, come in uno dei suoi disegni. Ma non aveva importanza; ci sarebbero state altre occasioni. In quel momento l’unica cosa davvero importante era il pensiero di avere nuovamente a fianco quel brontolone del suo migliore amico.

Pensai di svegliarla.

Ma non era necessario.

Ci sarebbero state altre notti.

E come si fa a dire ti voglio bene a una persona a cui vuoi bene?

Ecco il senso di tutto quello che ho cercato di dirti, Oskar.

È sempre necessario.

Molto forte, incredibilmente vicino. Jonathan Safran Foer

 

 

***

Non appena i Lockwood fecero ingresso assieme a Oliver nel salone principale della Founding Hall,  vennero accolti dal chiacchiericcio diffuso dei presenti. Notarono subito i due coniugi Donovan assieme a Carol Lockwood, dall’altro lato della sala.

“Vedete Ricki da qualche parte?” domandò Lydia, guardandosi attorno con fare apprensivo. “L’avrò chiamato dieci volte e mi ha sempre risposto la segreteria.”

“Probabilmente è rimasto a dormire a casa di qualcuno e ha dimenticato di avvertire” commentò Caroline, frugando il salone con lo sguardo. Sorrise a Vicki che le stava facendo cenno di raggiungerla, sporgendo con il capo da una porta a fondo della stanza.

“Vai pure a cambiarti” propose Lydia alla figlia, rivolgendole un sorriso rassicurante. “Io ti raggiungo subito!”

Caroline annuì e si diresse verso l’amica, fermandosi solo per salutare i Donovan e la nonna.

“Ma guardati!” esclamò Elena rivolta a Oliver, una volta raggiunto il gruppetto. “Tutto vestito elegante sembri proprio un ometto.”

 Il nipote le sorrise.

“Mamma e papa sono già qui?” chiese poi. Matt scosse il capo.

“Loro no, ma tuo fratello è venuto con noi”, rispose, dando al ragazzo una pacca sulla spalla.  “Sarà sicuramente da qualche parte, intento ad abbuffarsi di salatini.”

“Aguzza bene la vista per trovarlo, perché non si è fatto il crestino, oggi!” comunicò Elena, sorridendo divertita.

Oliver rise.

“Vado a cercarlo!” annunciò infine, prima di allontanarsi verso i tavoli del rinfresco. Quando anche Oliver se ne fu andato, le espressioni dei cinque adulti si fecero d’un tratto meno distese.

“Mason come sta?” domandò subito Carol, rivolta a Tyler.

“Sta bene, mamma” la rassicurò l’uomo, rivolgendo un’occhiata furtiva a un gruppetto di persone dall’altro lato della sala. Incrociò lo sguardo dello sceriffo Fell e i due si scambiarono uno sguardo ostile. La rabbia gli arrovellò allo stomaco e la sua espressione si fece furente: gli sarebbe bastato un rapido scatto in avanti per strappargli via la testa del corpo e a quel punto la sua famiglia sarebbe stata finalmente al sicuro.

Accorgendosi del suo cambio di espressione, Lydia gli poggiò una mano sull’avambraccio. Tyler distolse lo sguardo dallo sceriffo e tornò a voltarsi verso la madre. “L’abbiamo lasciato a casa con Caroline Forbes.” spiegò infine. “A sua sorella e a Oliver abbiamo detto che aveva l’influenza.”

“Forse è un bene che Caroline non ci sia” esordì in quel momento Matt, indicando con il capo Leanne Willard-Forbes, che in quel momento era impegnata in una conversazione con il professor Lester. “Quella donna non fa altro che gironzolare attorno a Fell. Se riuscisse a riconoscere Care non credo che impiegherebbe molto a parlarne con quell’idiota patentato dello sceriffo.”

“Faremo tutti attenzione” concluse Lydia, incrociando lo sguardo del marito, che annuì. La conversazione piombò nel silenzio fino all’arrivo dei due coniugi Gilbert. Mentre le quattro donne uscivano dal salone per andare ad aiutare Vicki e Caroline a prepararsi, Tyler riprese a parlare.

“C’è un’altra cosa che volevo dirvi” disse.  Raccontò brevemente di ciò che era accaduto la notte precedente, soffermandosi sulla conversazione fra Fell e il professor Lester e sul ritrovamento del cadavere di Finn.

“Sembrava essere morto da parecchi giorni” concluse, osservando le espressioni inorridite dei due uomini.

“Non è strano che il cadavere sia saltato fuori proprio la sera della luna piena?” domandò Matt, preoccupato. “Non pensi che qualcuno stia cercando di incastrarti?”

Tyler gli rivolse un’occhiata pensosa, prima di scuotere il capo.

“Può essere. Ma è più probabile che questo qualcuno abbia abbandonato il corpo nel bosco semplicemente per liberarsene” concluse, “Chissà da quanto tempo era lì prima che lo trovasse Ricki.”

“Da come lo hai descritto sembrerebbe più opera di un animale, che di una persona” osservò Matt. “E se fosse stato un vampiro?” azzardò, abbassando il tono di voce. “Ce ne sono in giro che si dedicherebbero a martoriare così un cadavere.”

“Non fra quelli che conosciamo” si inserì improvvisamente nel discorso Jeremy: quel mattino sembrava particolarmente assente. Continuava a rivolgere occhiate pensierose ai suoi figli che stavano chiacchierando di fronte al buffet. “Se si tratta di un vampiro deve essere qualcuno di passaggio che non si pone quindi il problema di coprire le proprie tracce. O qualcuno di inesperto. Altrimenti non avrebbe abbandonato il corpo in bella vista.”

La conversazione dei tre uomini venne interrotta dal ritorno di Carol. Tyler si guardò attorno un’ultima volta alla ricerca del figlio maggiore, prima di rassegnarsi a seguire la madre e i due amici al centro della stanza, attendendo l’inizio della cerimonia.

***

In attesa dell’arrivo di Lydia, Caroline seguì Vicki nella stanza adiacente al salone principale. Le altre partecipanti –  tutte ragazze del suo liceo - erano intente a truccarsi o a sistemarsi i capelli, aiutate dalle madri o dalle sorelle. Delle concorrenti, oltre a Vicki, conosceva bene solo Harper, la figlia dello sceriffo. La salutò con un cenno della mano e la ragazza ricambiò con un sorriso, mentre Victoria tornava indietro con in mano una trousse di trucchi. Solo a quel punto Caroline ebbe il tempo di osservare per bene l’abito bianco che fasciava il corpo slanciato dell’amica.

“Vicki, sei bellissima!” esclamò, osservandola improvvisare una posa elegante. La giovane le sorrise, visibilmente emozionata.

 “Ne ho scelto uno corto, perché sapevo già che altrimenti tuo fratello avrebbe trovato il modo di pestarmelo tutto”  spiegò, alludendo al vestito. “La sua imbranataggine è adorabile, ma non ci tengo molto a rimanere in mutande nel bel mezzo della pista da ballo.”

Caroline si morse il labbro di fronte all’entusiasmo di Victoria: Ricki non era ancora arrivato e la cerimonia avrebbe avuto inizio entro una quindicina di minuti al massimo.

“Ma dove si è cacciato?” domandò poi la ragazza, sbirciando oltre la porta che dava sulla sala principale. L’amica sospirò.

“Ricki non è ancora arrivato, Vic” ammise infine, mettendosi a mangiarsi le unghie. Era un vizio che aveva da sempre e il nervosismo lo alimentava con facilità anche in momenti come quello, dove tutto ciò che doveva fare sarebbe dovuto essere mostrarsi carina, posata e in ordine. Vicki si voltò verso di lei.

“In che senso non è ancora arrivato?” domandò, sgranando appena gli occhi. “Non è venuto con voi?”

La vivacità nello sguardo della ragazza sfumò lentamente, mentre Caroline scuoteva il capo.

“Sicuramente sta arrivando” cercò poi di rassicurare l’amica. Vicki rimase in silenzio per un po’, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro.

“Non fa niente.” Mormorò infine, con espressione rassegnata. “Questo significa che avrò ancora i piedi tutti interi al termine della cerimonia” dichiarò poi, tornando a sorridere. “Per fortuna è venuto anche Eric: vado a chiedergli se gli va di farmi da cavaliere!”

“Vic…” la interruppe Caroline, prendendole le mani per confortarla. “Ricki sarà pure un rincitrullito per molte cose, ma non è il tipo di persona che si tira indietro quando decide di fare una cosa: arriverà.” 

Victoria annuì, ma nonostante si sforzasse di esibire il solito sorriso sbarazzino non sembrava molto convinta.

“Vado comunque a chiamare Eric” comunicò infine, abbandonando la stanza. Caroline sospirò; raggiunse la sua borsa per recuperare il cellulare e controllò il display, ma non c’era alcun messaggio da parte di Ricki. Per un attimo si sentì smarrita: un po’ le spiaceva non avere al suo fianco i suoi fratelli, quel giorno. Sapeva che Mase era a letto con l’influenza, ma non vedeva Ricki  dalla sera precedente e in quel frangente le era sembrato teso, perciò non riuscì a non sentirsi un po’ preoccupata.

“Io lo ammazzo” borbottò fra sé, controllando per l’ultima volta il cellulare, prima di riporlo nella borsa. “Giuro che gli farò il sedere a strisce se non si presenta al più presto e con una scusa più che credibile: ho una mazza da lacrosse a casa e non ho paura di usarla.”

Un paio di ragazze partecipanti alla cerimonia si voltarono a osservarla. Caroline diede una scrollata di spalle, ignorando il loro cipiglio stizzito: non era mai stata molto curata nel modo di esprimersi e non era esattamente l’emblema della femminilità, ma non avrebbe di certo incominciato a cambiare quel mattino. Sbuffando, si avvicinò alla porta che dava al salone principale e la socchiuse per sbirciare attraverso lo spiraglio. Individuò sua madre e sua nonna che parlavano fitto fitto con Hazel e gli altri membri del comitato per le feste: probabilmente stavano cercando di posticipare di poco la cerimonia, fino all’arrivo di Ricki. A qualche metro di distanza, di fronte al tavolo degli stuzzichini, Caroline trovò la persona che stava cercando. Xander sembrava intento a strafogarsi di pizzette e rotolini farciti. Gli fece cenno con la mano e, dopo il terzo stuzzichino, il ragazzo finalmente se ne accorse. Sorrise allegro e sventolò la mano nella sua direzione. Si indicò poi orgoglioso la testa, accennando ai capelli pettinati all’indietro e alla totale assenza di crestino. Caroline gli mimò un ‘bravo’ con le labbra e poi gli sorrise un’ultima volta, prima di tornare dentro. Un barlume di entusiasmo le ravvivò d’un tratto gli occhi. Le importava poi poco della cerimonia – in cuor suo sperava quasi che fosse Vicki a vincere -  ma non vedeva l’ora di scendere quella gradinata sotto lo sguardo ammirato dei presenti e di afferrare il braccio del suo sorridente cavaliere senza cresta.

***

“This was really important to my mother. It’s a legacy she left for me.”

 

(Elena)

Episode 1x19. Miss Mystic Falls

 

 

Harper si sistemò l’ultimo fermaglio tra i capelli. Quando finalmente anche l’acconciatura fu in ordine, si sedette allo sgabello di fronte allo specchio, lasciandosi aiutare dalla zia Meredith per il trucco.

A lavoro ultimato, osservarono entrambe con un pizzico d’orgoglio il riflesso sorridente della ragazza.

“Sei meravigliosa” commentò infine la donna, poggiandole entrambe le mani sulle spalle. “Sei senz’altro la nipote più bella e in gamba della cittadina: ma forse sono troppo di parte, uh?”

 

“Giusto un tantino!” ribatté la ragazza con un guizzo divertito nello sguardo, lisciando poi un lembo del suo abito con la mano. “Grazie per essere qui” mormorò infine, rivolgendo alla donna un sorriso riconoscente. Meredith le prese una mano e la strinse con dolcezza.

“Non me lo sarei persa per niente al mondo” rispose, “So quanto questo concorso sia importante per te e per Gabriel. E, anche se non riesce a dimostrarlo, tuo padre è molto orgoglioso di te.”

 

La ragazza annuì, ricambiando la stretta della zia.

 

“Andiamo a cercare Leo?”  chiese  poi, raggiungendo la porta che dava al salone principale. Cercò suo fratello con lo sguardo e lo trovò poco dopo, intento a chiacchierare con il più piccolo dei fratelli Gilbert. Leo la notò e si congedò da Oliver, prima di andare incontro a lei e a Meredith.

“Sembro un pinguino!” si lamentò immediatamente il ragazzo, accennando al suo smoking.

“Sciocchezze!” lo contraddisse la zia. “Sei un figurino, vestito così! Che te ne pare?” domandò poi, facendo girare Harper su se stessa. Leo rivolse a entrambe un sorriso luminoso.

“Sei bellissima” dichiarò poi rivolto a sua sorella, “Somigli tanto alla mamma” aggiunse, con il suo solito candore. Harper gli sorrise.

“Grazie, pulce” mormorò, scompigliandogli i capelli. Lo sguardo della ragazza si soffermò per qualche istante sulla sala, come se fosse alla ricerca di qualcuno in particolare.  Individuò suo padre intento a parlare con delle persone che non conosceva, ma non riuscì a intercettare il suo sguardo: come sempre sembrava più interessato al suo lavoro che ai tre membri della sua famiglia.

“Vado a trovarmi un buon posto all’ingresso per godermi al meglio il tuo arrivo. Tu dovresti tornare dentro, tesoro” le fece notare Meredith, prima di fare cenno al nipote di seguirla. “Andiamo, Gabriel.”

Leo sorrise un’ultima volta alla sorella e seguì la zia verso la scalinata. Harper li osservò allontanarsi per un po’, prima di tornare indietro verso la porta che dava alla saletta adiacente.

***

Erano ormai le undici passate, quando Mason si convinse ad alzarsi dal letto. Il dolore della trasformazione era scomparso, ma si sentiva insolitamente caldo e febbricitante come se si fosse svegliato nel bel mezzo di una torbida estate Californiana. Prese un paio di jeans a caso dall’armadio e se li infilò, prima di scendere in salotto ancora a torso nudo.

Caroline gli sorrise vedendolo arrivare dalle scale.

“Buongiorno!” lo salutò allegramente. Mase aggrottò le sopracciglia, bloccandosi all’ingresso.  Le rivolse un’occhiata perplessa prima di raggiungerla.

“Dove sono tutti?” chiese poi, passandosi una mano dietro la nuca.

“Alla cerimonia di Miss Mystic Falls” rispose la vampira, “Come ti senti?”

Mason prese posto sul divano.

“Brucio” farfugliò, sistemandosi i capelli sulla fronte.   È come se mi stesse andando a fuoco la pelle.”

“È normale” lo tranquillizzò la ragazza. “Il tuo corpo sta cercando di abituarsi alla maledizione. Il sistema immunitario la vede ancora come un qualcosa di esterno, una minaccia, e così la temperatura si alza. Nei prossimi mesi te ne accorgerai sempre meno.”

Mason annuì, cercando di ignorare l’ultima frase di Caroline: non si sentiva ancora pronto per pensare alle trasformazioni future.

“E queste cose, a te, chi te le ha dette?” chiese, mentre la ragazza si sedeva accanto a lui. La vampira sorrise.

“Nessuno: le ho imparate da sola.”

“In che modo?” insistette il ragazzo. Sembrava più che altro incuriosito, deciso a far dissolvere l’alone di mistero che aleggiava attorno a quella ragazza. “Dubito che esistano dei manuali sul come gestire la licantro..”

La voce di Mase si smorzò e il suo volto si contrasse in una smorfia di dolore.

“Fanculo, fa male” si lamentò a bassa voce il ragazzo, fasciandosi il torace con le braccia. “Ho la pelle che brucia.”

“Dovresti farti un bagno” gli suggerì la vampira,  “Vedrai che ti aiuta.”

Mason annuì, affrettandosi  raggiungere le scale. Una volta sola, la vampira incominciò ad aggirarsi per il soggiorno alla ricerca di qualcosa da fare. Aveva sempre preferito la compagnia alla solitudine e quando aveva dei tempi morti si sentiva un po’ a disagio, non essendo abituata al silenzio. Sfogliò un paio di riviste che erano state lasciate su un comodino e diede un’occhiata a ciò che stavano trasmettendo in quel momento in TV,ma dopo un’ora incominciò ad indispettirsi, domandandosi se non fosse il caso di salire a controllare. Era probabile che Mase fosse semplicemente tornato in camera sua, ma il vizio cronico del ragazzo di allontanarsi all’insaputa di tutti la insospettiva. Inoltre, un po’ la amareggiava quella distanza che il ragazzo cercava sempre di mettere fra se stesso e il resto del mondo – lei inclusa. Si stava ormai affezionando alla sua compagnia: i dieci minuti trascorsi assieme a lui oscillavano ancora a coprire l’ora di vuoto che li aveva seguiti.

Dopo qualche minuto un rumore leggero si frappose al silenzio della casa, ma era solo Silver che fece ingresso nel soggiorno scodinzolando. Raggiunse il centro della stanza e si accoccolò sul tappeto di fronte a Caroline.

“Ehi!” la salutò intenerita la vampira, felice di avere finalmente un po’ di compagnia. “Secondo te che cosa sta combinando quel musone del tuo padroncino?” la interrogò poi, affondando la mano nel manto dell’animale. Silver rotolò sulla schiena e si lasciò grattare la pancia, agitando di tanto in tanto la coda. Dopo averla coccolata per un paio di minuti Caroline si alzò in piedi, decidendosi a salire le scale per andare a controllare cosa stesse facendo il ragazzo.

“Mase?” lo chiamò, bussando alla porta del bagno. Seguì un silenzio interrotto solo dal rumore dell’acqua e da uno sbuffo infastidito che non sfuggì all’udito ipersensibile della vampira.

“Che c’è?” rispose finalmente il ragazzo in tono di voce strascicato. Caroline si mise a braccia conserte.

 

“Che stai facendo? È più di un’ora che sei  lì dentro.”

“Sto bene”, si limitò a rispondere il ragazzo. “Torna pure di sotto.”

Caroline si accigliò.

“Mase, esci di lì.”

“Ho detto che sto bene” ribadì il ragazzo con fare annoiato.

La vampira roteò gli occhi, irritata dal suo tono di voce.

“Guarda che sto entrando” comunicò infine, aprendo la porta del bagno. La scena che si trovò davanti le strappò un risolino. Mason era ancora immerso nell’acqua schiumosa della vasca, ma i gomiti erano appoggiati al bordo, mentre le sue mani erano intente a sfogliare un libro.

“Cosa ti ridi?” domandò scontrosamente il ragazzo, arrossendo.

 “Ti sei messo a leggere” osservò la vampira, scuotendo il capo divertita, “Non potevi farlo dopo essere uscito dalla vasca?”

Mason sbuffò.

“Di certo non avrei potuto farlo di sotto con te a fianco, perché non saresti stata zitta un attimo” ribatté, portando le braccia nella vasca per coprirsi. “Te ne vai o no? Forse non te ne sei accorta, ma sono un tantino nudo.”

Ancora una volta la ragazza si mise a ridere.

“Me ne sono accorta, ma non mi scandalizzo di fronte a un quindicenne magrolino in una vasca da bagno” lo prese in giro, alimentando il rossore sulle guance del ragazzo,  “Quindi smettila di brontolare ed esci di lì.”

Mason distolse lo sguardo con espressione più scontrosa che mai.

 “Non sono magrolino” borbottò fra sé, tornando a leggere il suo libro. Caroline inarcò un sopracciglio.

“Mase… se mangi un po’ meno sparisci” gli fece notare. Il giovane roteò gli occhi.

“Ma chi sei, mia madre?”

“Peggio” ribatté la ragazza con un sorriso. “Lo sai, ora che sei un licantropo dovresti cercare di irrobustirti” aggiunse, “Diventi più forte ogni giorno che passa e prima o poi le persone incominceranno a domandarsi come faccia un ragazzino secco come te ad avere tutta questa forza. Potresti incominciare a fare un po’ di movimento.”

“Scusa, ma che ti importa di quello che faccio io?” la rimbeccò Mason, posando il libro.

 

“Lo dico per te” precisò Caroline, abbozzando un sorriso sbarazzino. “Non vorrai mica che qualcuno si insospettisca e venga a domandarti se hai frequentato un corso di auto-difesa…” lo punzecchiò prima di mettersi a ridere, ricordandosi di quando il ragazzo le aveva posto una domanda simile. La frecciatina suscitò nuovamente il rossore sulle guance di Mason, che rivolse un’occhiataccia alla vampira.

 “Fottiti!” esclamò infine, immergendo il braccio nell’acqua e spruzzando in direzione della ragazza. Caroline si lasciò sfuggire un gridolino, colta di sorpresa.

“Hai osato schizzarmi?” esclamò stizzita, scostandosi una ciocca di capelli dal volto. Mase abbozzò un sorrisetto.

“Pare di sì” confermò,  “Vuoi che te lo faccia rivedere?” chiese, prima di sferzare nuovamente l’acqua con la mano, sollevandone un generoso schizzo. Caroline arretrò in fretta per non bagnarsi.

“Stai bagnando tutto il pavimento!” rimproverò il ragazzo, recuperando un bicchiere appoggiato al lavandino. Mase non fece nemmeno in tempo ad accorgersi delle sue manovre che un fiotto d’acqua lo aveva già colpito in pieno volto.

“Ma come diavolo…”

Si passò il dorso della mano sugli occhi, osservando poi la ragazza appoggiare il bicchiere sul rubinetto. Caroline gli aveva rovesciato l’acqua addosso e lui non l’aveva nemmeno vista avvicinarsi: come aveva fatto a muoversi così in fretta?

“Ti sei proprio impegnata” la schernì con un sorrisetto. Afferrò poi il soffione appeso sopra al rubinetto che regolava il getto d'acqua della vasca. Caroline gli rivolse un’occhiata di ammonimento, seppur non riuscendo a trattenere un mezzo sorriso.

“Se apri quel rubinetto ti affogo” lo avvertì.

 “Sì, come no” la punzecchiò Mason con un ghigno, appoggiando una mano sulla manopola. L’espressione stizzita della vampira non fece altro che accentuare l’aria beffarda del ragazzo. Mase puntò il getto d’acqua contro Caroline e spinse la manopola al massimo, ridacchiando divertito alla reazione furibonda della ragazza.

Strillando, la vampira scattò in avanti e gli sfilò il soffione di mano.

“L’hai voluto tu, stronzetto!”  dichiarò, chiudendo il rubinetto e appoggiando la mano sulla testa di Mase. Lo spinse sott’acqua, lasciandolo emergere una manciata di secondi dopo.

Mason tossì e sputacchiò, esibendo una smorfia disgustata per via della schiuma che gli era entrata in bocca.

“Oh oh oh, ma guarda un po’…” cantilenò Caroline, mentre il ragazzo si stringeva le gambe al petto per coprirsi, “Non siamo più così sbruffoni, adesso, eh?” commentò, ricominciando a spruzzarlo con l’acqua della vasca.

“Levati di torno!” ribatté il ragazzo. Si mise a ridere, riprendendo a schizzarla a sua volta.

 Anche Caroline rise, cercando di alzarsi in piedi senza scivolare. Era a dir poco sorpresa da quella situazione:  l’adolescente musone e scorbutico con cui era abituata ad avere a che fare si era trasformato tutto a un tratto in una piccola canaglia dispettosa. Non sapeva se stupirsi di più per il fatto di non aver mai sorpreso Mase a ridere così tanto o per quello di essersi accorta, cogliendo distrattamente il suo riflesso nello specchio, di avere a sua volta un sorriso che andava da guancia a guancia.

“Direi che per oggi può bastare” si sentì in dovere di concludere, attraversando il bagno per tenersi fuori portata dagli attacchi del ragazzo. “Abbiamo allagato tutto, i tuoi genitori mi uccideranno!” aggiunse, guardandosi allarmata attorno.

Mase diede una scrollata di spalle.

 

Nah, daranno la colpa a me” la rassicurò, allungandosi, per prendere l’asciugamano. “Ti spiacerebbe concedermi un po’ di privacy almeno mentre esco dalla vasca? O hai intenzione di starmi addosso per il resto della giornata?”

Caroline gli rivolse un’occhiata critica, trattenendo a stento l’impulso di spingergli la testa sotto l’acqua una seconda volta.

“Vado ad asciugarti questo” dichiarò infine, sventolandogli il libro sotto il naso. “Prenditi pure tutta la privacy che vuoi…”

“Ti ringrazio” commentò asciutto il ragazzo, frizionandosi i capelli con l’asciugamano.

 “ …Tanto quello che ti ostenti a nascondere l'ho già visto alla cripta, no?”  non riuscì a trattenersi dall’aggiungere Caroline, abbozzando un sorrisetto malizioso. Le guance di Mason tornarono a tingersi di rosso.

"Anche se, in effetti, non è che ci fosse poi così tanto da vedere..." lo stuzzicò ulteriormente la vampira.

“Te ne vai o no?” ripeté scontrosamente il ragazzo.

“Va bene, va bene!” lo tranquillizzò Caroline,  ridacchiando, prima di decidersi a raggiungere la porta.

***

Xander allungò la mano per prendere l’ennesima pizzetta da un vassoio; si guardò vivacemente attorno alla ricerca di qualche volto conosciuto. Suo fratello era rimasto con lui fino a qualche minuto prima, ma si era allontanato per andare a salutare un amico e non era ancora tornato. In quel momento la porta che dava alla stanza ospitanti le concorrenti al concorso si aprì. Notò che ne era uscita la figlia dello sceriffo Fell, una sua compagna di corsi, ma non fece in tempo a individuare Caroline, perché venne distratto da una voce alle sue spalle.

“Lascia qualcosina per gli altri ospiti, Gilbert” scherzò la persona che l’aveva appena raggiunto al tavolo degli stuzzichini.

“Professor Lester!” riuscì a mugugnare Xander ancora con la bocca piena, affrettandosi a recuperare un tovagliolo. “Anche lei qui?”

Lester gli rivolse un’occhiata pensierosa, prima di annuire.

 “Un insegnante di storia non può perdersi ricorrenze simili” spiegò, seguendo con la coda dell’occhio il via vai di gente che li circondava. “A che punto sei con la relazione di storia?”

“Quasi finita!” dichiarò fiero Alexander, pulendosi la bocca con il tovagliolo. “Avrei una domanda da farle, però.”

“Chiedi pure” rispose l’uomo. Xander rivolse un’occhiata circospetta alle altre persone vicine al buffet, prima di riprendere a parlare.

“Beh, ho scelto di scrivere la mia relazione sulla battaglia di Willow Creek a Mystic Falls, nel 1865” spiegò. Quando il professore annuì, il ragazzo riprese a parlare. “La mia domanda è: se trovassi in casa mia una fonte scrittadi quell’epoca che parla della battaglia, potrei usarlo per il mio compito?”

Lester aggrottò le sopracciglia.

“Che genere di fonte?”

“Un diario” specificò il ragazzo. “Scritto tra il 1864 e il 1865: apparteneva a uno dei miei avi, credo.”

L’espressione dell’uomo, fino a quel momento impassibile, si fece tutto a un tratto attenta.

 “Apparteneva a Jonathan Gilbert?”

Xander sgranò gli occhi, stupito dalla domanda del professore.

“Sì, proprio a lui. E lei come faceva a saperlo?”

Il professore non gli rispose. Xander prese una manciata di salatini da uno dei contenitori e proseguì con il discorso.  

“Il punto è…” biascicò, dopo essersi riempito la bocca. “ … che in questo diario il mio antenato parla anche di cose un po’…Strambe. Che  poi è il motivo per cui le ho fatto tutte quelle domande la settimana scorsa in classe: sa, le leggende che circolano su Mystic Falls, i vampiri e tutto il resto.”

Lester annuì più volte, continuando a mantenere il silenzio.

“Pensi che potresti mostrarmi questo diario?”  domandò infine, mettendosi a frugare in una tasca della giacca. Xander si aspettava che ne avrebbe tirato fuori un paio di occhiali o un blocchetto per appunti –il genere di cose che associava in automatico alla sua idea di insegnante - ma l’uomo si limitò a prendere un accendino e un pacchetto di sigarette.

“Penso di sì” rispose infine il ragazzo con espressione incerta. “Come mai lo vuole vedere?”

L’uomo prese una sigaretta dal pacchetto e rimise le restanti in tasca.

“Volevi saperne di più riguardo ai vampiri e a  ciò che li lega a Mystic Falls, giusto?”

Il ragazzo annuì.

“Forse è arrivato il momento di darti qualche risposta, allora.” Concluse Lester. “ E quel diario ci sarebbe d’aiuto. Sei l’erede di una delle quattro famiglie fondatrici ed è giusto che tu conosca almeno in parte il segreto che accomuna i Gilbert, i Lockwood, i Forbes e i Fell. Ora, se vuoi scusarmi…” concluse poi, mostrandogli la sigaretta e indicandogli l’uscita.

“Ma certo!”

Xander lo osservò allontanarsi con espressione pensierosa, riflettendo sugli ultimi scambi di battute che aveva avuto con il professore.

***

Poco distante Harper si stava ancora aggirando vicino ai tavoli del buffet, in attesa di raggiungere le altre aspiranti miss nella saletta. Aveva appena ricevuto un messaggio dal suo accompagnatore, Bryant, e lo stava cercando per assicurarsi che si ricordasse dove aspettarla per accompagnarla sulla pista da ballo. Voleva molto bene a Bryant –tiravano di scherma assieme fin da bambini – ma l’amico era anche una delle persone più smemorate e confusionarie di sua conoscenza, perciò voleva assicurarsi che non combinasse alcun disastro. Harper era sul punto di tornare indietro per cercarlo dall’altra parte del salone, quando per caso ascoltò parte della conversazione che stava avendo luogo fra il suo professore di storia e uno dei suoi compagni di corso, Alexander Gilbert.  A catturare la sua attenzione fu il fatto che nel discorso dell’insegnante venissero menzionati i Fell. Rimase in silenzio, fingendo di essere intenta a scegliere uno degli stuzzichini; Lester stava parlando di un segreto legato alle quattro le famiglie fondatrici, tra cui i Lockwood. La mente della ragazza prese a lavorare rapidamente, portandola a riflettere sugli stralci di conversazione fra suo padre e sua zia che aveva origliato di frequente. Che quel segreto fosse legato all’accanimento dell’uomo nei confronti di quelle persone?

Xander aveva anche menzionato delle leggende, racconti simili a quelli di cui aveva spesso sentito parlare per via del padre. L’attenzione di Harper venne attirata da un paio di parole in particolare: una era ‘diari’. Il suo compagno di classe aveva una testimonianza scritta che confermasse quelle leggende? E i vampiri che cosa centravano?

I pensieri della ragazza vennero interrotti dal saluto amichevole del maggiore dei fratelli Gilbert, che si era appena accorto della sua presenza al tavolo del rinfresco. Solo in quel momento Harper si accorse che l’insegnante si stava allontanando verso l’ingresso.

“Ehilà!” la salutò con un sorriso Xander, prima di accennare al suo abito con un cenno del capo. “Urca! Stai benissimo!”

Harper ricambiò il sorriso.

“Grazie!” rispose, improvvisando scherzosamente una riverenza. “Che fine ha fatto la tua cresta?”

Xander si passò una mano sui capelli lisci.

“Ho dovuto farne a meno per oggi, anche se un po’ mi manca…Povero Tino: non vorrei mai che si sentisse abbandonato dal suo papà!” scherzò, prima di cambiare argomento. “Chi è il tuo accompagnatore?”

“Bryant Cooper” rispose la ragazza, riprendendo a guardarsi attorno. “Che tra l’altro dovrebbe essere qui da qualche parte, ma non riesco a trovarlo.”

 “Cooper!” ripeté Alexander, improvvisamente ravvivato. Conosceva piuttosto bene Bryant, perché era il portiere della quadra di hockey della scuola. “Sono contento che ci sia anche lui, deve ancora scusarsi per avermi massacrato all’ultimo allenamento.”

Harper sorrise, ma non aveva prestato molta attenzione alle sue parole: la mente della giovane era ancora impegnata in tutt’altro tipo di riflessioni.

“Ho visto che stavi parlando con il nuovo supplente di storia” affermò infatti poco dopo, “Sembra essersi ambientato bene qui.”

Xander diede una scrollata di spalle.

“Direi di sì. Anche se, pur essendo nuovo, sa tante di quelle cose su di noi che un po’ mi da i brividi!” ammise, stringendosi nelle braccia. “Ed è pure un gran curiosone!

“In che senso “su di noi?” chiese Harper, rivolgendogli un’occhiata interrogativa. Xander si procurò un piatto e lo riempì di salatini.

“Intendevo dire che sa tante cose sulla storia delle nostre famiglie. E secondo me vorrebbe anche saperne di più, perché mi fa sempre un mucchio di domande.” concluse, riempiendosi la bocca di cibo per l’ennesima volta. L’espressione di Harper si fece d’un tratto insospettita.

“Che c’è di speciale nella nostre famiglie da poter interessare così tanto un professore che arriva da New Orleans?”

Xander fece di nuovo spallucce. Prima che potesse risponderle, tuttavia, la sua attenzione venne catturata da qualcos’altro. Le ragazze iscritte al concorso avevano appena fatto ingresso nel salone principale e si stavano avviando verso la gradinata sotto lo sguardo incuriosito di tutti i presenti. Xander individuò subito Caroline e si sorprese ad osservarla incantato per qualche istante. Provò quasi impaccio, nell’accorgersi di quanto fosse rimasto colpito nel vedersela arrivare così bella, posata e femminile – in aperto contrasto con la Caroline giocosa e maschiaccio che era solito coccolare con affetto quasi fraterno.

Nell’individuare la sua espressione sorpresa Caroline estese il suo sorriso, facendogli cenno con la mano di raggiungerla.

“Puoi scusarmi?” domandò meccanicamente Xander rivolto ad Harper, prima di incamminarsi verso la gradinata. La ragazza annuì, seppur apparendo a sua volta ancora distratta.

Qualcuno gli bussò sulla spalla e Harper riuscì finalmente a mettere momentaneamente da parte i suoi pensieri. Era un ragazzo alto e corpulento, in smoking.

“Ti ho trovata, finalmente!” esclamò Bryant, trafficando con il nodo della cravatta. “Nel messaggio hai scritto che stavi parlando con Gilbert e mi sono messo  a cercare qualcuno con un crestino da gallo in testa, ma lui non l’aveva, per questo non vi trovato!”

“L’importante è che sei qui ora” lo rassicurò la ragazza, spostando poi lo sguardo verso la gradinata. “Devo salire con le altre ragazze. Hai capito dove devi aspettarmi?”

L’amico annuì.

“Sono quasi convinto di sì, ‘Leen*, ti prometto che non farò danni” rispose tranquillo il ragazzo, osservando le altre concorrenti che erano già ai loro posti. “Ma quella è la Lockwood?” domandò poi, notando la ragazza bionda a cui era appena andato incontro Xander. Harper abbozzò un sorrisetto.

“Sì, Cooper, è lei. Sappi che se ti metti a sbavarmi sul vestito le chiedo in prestito la mazza da lacrosse e te la tiro in testa” commentò, notando l’espressione imbambolata del suo cavaliere, “La smetti di tormentare quel povero affare?”  aggiunse poi, alludendo alla cravatta.

Bryant si grattò la testa con fare imbarazzato.

“Ti prego, mi aiuti a sistemare il nodo?” la supplicò. “Mi sono impegnato per farlo bene, ma è venuto male comunque: sono una frana con queste cose.”

“Sei il solito casinista” commentò affettuosamente Harper, abbozzando un sorriso. Lo aiutò con il nodo e si avviò a  passo svelto verso le altre ragazze, sforzandosi di pensare solo allo sguardo ammirato dei presenti, all’occhiolino incoraggiante di Bryant e al sorriso raggiante di sua zia e di suo fratello. Tuttavia, un unico pensiero fastidioso continuava a tormentarla, nonostante in quel momento lo trovasse decisamente fuori luogo. Il ricordo della conversazione origliata fra Xander e il professor Lester la distraeva, perché era convinta del fatto che fosse in qualche modo legato al litigio fra suo padre e la zia Meredith. Si era annotata mentalmente tre cose che, pensava, l’avrebbero aiutata a trovare una risposta alle sue domande: Mystic Falls, 1864. Vampiri.

 

***

You seem to be in a good mood.”

Is that a bad thing? Would you prefer me to be brooding and tortured?

Hey, I’m not complaining!”

 

(Elena e Stefan)

Episode 1x19. Miss Mystic Falls

 

Dopo aver concesso a Mason la sua tanto bramata privacy, Caroline si spostò in camera sua per aspettarlo. Il ragazzo arrivò qualche minuto più tardi, tenendo in mano una T-Shirt ripiegata.

“È di mia sorella” spiegò in risposta all’occhiata interrogativa della ragazza, passandogliela. “Così puoi cambiarti”.

Caroline gli sorrise.

“Ti ringrazio”  rispose, osservandolo recuperare il libro che gli aveva appoggiato sul comodino.  “Credo che mi sia entrata acqua addirittura nei calzini, sei proprio uno  stronzetto.”

Mason diede una scrollata di spalle.

“Se hai bisogno di altri vestiti, li puoi prendere in camera di Caroline” spiegò, sedendosi sul letto.  “Puoi cambiarti qui, se vuoi” aggiunse, abbozzando un sorrisetto malandrino. La vampira inarcò un sopracciglio.

“Dovrei spogliarmi con te nella stanza?”

Il ragazzo fece nuovamente spallucce.

“Beh, tu mi hai visto nudo, quindi non vedo perché no.”

“Ma senti un po’ questo!” lo rimbeccò Caroline, schiaffeggiandolo con la maglietta. Mason ridacchiò, sollevando un braccio per ripararsi. La giovane scosse il capo con fare esasperato, per poi concedersi un sorriso. Erano rare le volte in cui lo vedeva comportarsi come un semplice ragazzino della sua età – senza l’espressione tesa e diffidente che caratterizzava di norma il suo volto. Ipotizzò che quell’ondata improvvisa di buon umore fosse collegata al fatto di aver superato la prima luna piena.

“Ti senti meglio?” domandò, con una punta di apprensione nello sguardo. Mase annuì; aprì il libro e riprese a leggere.

“Perché non sei andata alla cerimonia?” chiese poi.

Caroline sospirò.

“Non sono cresciuta a Mystic Falls, quindi non mi interesso molto alle sue tradizioni” mentì. Richiamò alla mente  il ricordo ancora vivido del giorno in cui era stata eletta Miss della cittadina. Risaliva ormai a una trentina di anni prima, ma era stato uno dei suoi momenti più belli e significativi della sua adolescenza e al rievocarlo le spuntava sempre un sorriso.

Mason le rivolse un’occhiata poco convinta.

“I Forbes sono una delle quattro famiglie fondatrici. Se ti fossi candidata ti avrebbero iscritto al concorso di volata” osservò.

“Non fa niente, tanto non avevo un cavaliere” rispose la ragazza. Ricordò in silenzio il momento in cui aveva sceso le scale della Hall dei fondatori in compagnia del suo accompagnatore. Quel pomeriggio Matt non aveva potuto accompagnarla, ma si erano rifatti alla parata, di cui ricordava ancora bene il bel carro intarsiato di fiori a bordo del quale lei salutava sorridente, con il braccio del fidanzato che le cingeva il fianco.

Mase fece spallucce.

“Figurati se una come te non lo trovava...” commentò, voltando pagina.

Caroline gli rivolse un’occhiata sorpresa, distolta d’un tratto dai ricordi della sua adolescenza.

"Una come me?" ripeté, cercando di capire cosa intendesse.

Mase annuì, ma la sua attenzione sembrava già essersi nuovamente spostata al suo libro: come al solito, l’intenzione del ragazzo di fare conversazione era sfumata piuttosto in fretta.  Caroline decise di lasciarlo leggere tranquillo. Si spostò nella camera a fianco per cambiarsi e, una volta tornata, accese il televisore. Non voleva insistere con Mason, ma non le andava nemmeno di attendere da sola in salotto il ritorno degli altri Lockwood. Facendo zapping trovò una vecchia telenovela e incominciò a seguirla. Dopo nemmeno dieci minuti, Mase incominciò a mostrare segni di irrequietezza.

“Questi programmi mi danno sui nervi” commentò infine, rubandole il telecomando di mano. “Non c’è proprio nient’altro che vuoi vedere?”

Caroline gli diede uno schiaffetto sul polso.

“Giù le mani, peste” lo ammonì, riappropriandosi dell’oggetto. “Non si ruba il telecomando agli ospiti: cos’è, siamo già diventati migliori amici?”

Mason cambiò canale, scuotendo il capo.

“Scordatelo: ce l’ho già il migliore amico” ribatté.

“Comunque, smetterei volentieri di guardare la telenovela, se ti degnassi di rivolgermi la parola” commentò la vampira , spegnendo il televisore. “Perché non chiacchieriamo un po’?”

“Ma abbiamo già chiacchierato”  le fece notare Mase, abbozzando un sorrisetto.

Caroline gli rivolse un’occhiata interdetta.

“Nemmeno due minuti!”  contestò.

Il ragazzo roteò gli occhi, lasciando ricadere il capo sul cuscino.

“Com’è New York?” si arrese infine. Caroline sorrise.

“È bella, movimentata” rispose, avvertendo una lieve fitta di nostalgia. “A Stefan piace definirla fresca. Penso intenda dire che lì si riesce sempre a scovare qualcosa di nuovo.”

“Stefan è tuo ragazzo?” 

“Il mio migliore amico” lo corresse la ragazza.

“E non ti manca?”

Caroline annuì

“Molto” ammise. Viveva assieme a Stefan ormai da più di dieci anni e i primi tempi, dopo il suo ritorno in Virginia, aveva trovato difficile dissimulare l’abitudine di averlo sempre attorno. “Ma nemmeno lui è a New York in questo momento: è andato a trovare suo fratello a New Orleans.”

Mason assunse un’espressione pensierosa.

“Non credo che riuscirei a vivere da un’altra parte rispetto a Oliver” ammise infine, prima di rivolgere alla ragazza un sorriso sornione. “E a Stefan l’hai detto che ti sei presa una sbandata per un tizio di mezza età?” chiese, intrecciando le dita dietro la nuca e appoggiandosi al muro dietro al letto. Caroline gli rivolse un’occhiata allibita

“Scusa?”

“Sto parlando di papà, ovviamente” specificò il ragazzo. “Ho visto come lo guardi.”

“Non ho una cotta per tuo padre!” lo rimbeccò stizzita la ragazza, seppur sentendosi d’un tratto a disagio.

“Come vuoi” commentò, dando una scrollata di spalle. La ragazza sospirò. Tutto a un tratto si sentì gravare addosso il peso di tutti quei segreti che stava cercando di mantenere da quando era tornata a Mystic Falls.

 “Ci sono diverse cose che non sai, Mase” si limitò a spiegare.

“Questo me l’hai già detto” rispose il ragazzo. “Ma avevi anche detto che me ne avresti parlato dopo la luna piena” le ricordò poi. Caroline ricambiò il suo sguardo per un po’, prima di sorridere.

“Com’è che oggi sei così chiacchierone?” osservò.

“E tu com’è che oggi ti comporti come una della tua età? Di norma sembri vent’anni più grande.” ribatté il ragazzo, tornando a riaprire il suo libro. Caroline glielo tirò via da sotto il naso.

“Che diavolo c’è, adesso?” sbottò Mase, rivolgendole un’occhiataccia.

“Non ti stanchi mai di leggere?” domandò la ragazza, scorrendo rapidamente le pagine “Non sembra nemmeno interessante, come libro.” Aggiunse. Si aspettava l’ennesima delle sue rispostacce, ma il ragazzo si limitò a sbuffare.

“Vuoi che metta un film?” domandò infine Mase, dirigendosi verso il televisore.

Caroline annuì.

“Che cosa vuoi vedere?”

“Qualcosa di romantico!” esclamò la ragazza, mettendosi comoda sul letto. Mason roteò gli occhi.

“Ma anche no.”

“Tu che cosa vuoi vedere?”

“Qualcosa di intelligente.”

“Oh, Mase… ” esordì la ragazza, sospirando esasperata “ …non ci credo che hai quindici anni.”

Dopo qualche minuto di battibecco i ragazzi riuscirono finalmente ad accordarsi per il film. Seguirono i primi quindici minuti in silenzio, distratti solo dall’arrivo improvviso di Silver che si accoccolò ai piedi del letto di fronte a loro. Mase si sentiva ancora fiacco, ma il dolore era svanito e la sua temperatura corporea, sebbene si sentisse ancora le mani e la fronte particolarmente calde, doveva essersi abbassata, perché la pelle aveva smesso di bruciargli.

A venti minuti scarsi dall’inizio del film, Mase scoccò una rapida occhiata a Caroline, aggrottando appena le sopracciglia.

“Stai seguendo?” domandò infine, notando la sua espressione distratta. “Se non ti piace lo possiamo cambiare.” propose, alzandosi per raggiungere il televisore. La vampira scosse il capo.

“No, mi piace” lo rassicurò la ragazza, trattenendolo per il polso. “Va benissimo, davvero.” 

Mason le rivolse un’occhiata poco convinta, ma alla fine tornò a sedersi. Caroline spostò lo sguardo verso la TV, concentrandosi sulle immagini che riempivano lo schermo. Il film che avevano scelto sembrava interessante, ma per quanto si sforzasse non riusciva a seguire la vicenda più di tanto. C’era qualcosa in quella stanzetta silenziosa, nei movimenti casuali della coda di Silver e nel battito regolare del cuore di Mase che era riuscita a rilassarla a punto tale da assopirla, quasi come una ninnananna.  Le mille problematiche comportate dal suo ritorno a Mystic Falls erano cadute in secondo piano, così come la paura e la frustrazione della sera precedente. Quel pomeriggio si sentiva umana: umana quanto il corpo caldo del ragazzo seduto di fianco a lei. Per questo le venne spontaneo appoggiare il capo sulla spalla di Mase per racimolare un po’ di quel calore. Finse di dimenticare per un istante quanto lo mettesse a disagio quel genere di contatto e le fu di conforto scoprire che il ragazzo non sembrava intenzionato a scansarsi. Cullata da quella atmosfera confortevole Caroline socchiuse gli occhi, ignorando il fatto che il tempo di comportarsi come una ragazzina fosse sfumato ormai da tempo.

***

“In the running for miss Mystic Falls?”

 Sometimes you have to wear unconfortable hills to blend in.

I remember this event from 1864; I was supposed to enter before everything happened.”
AhhNostalgia’s a bitch.”

(Damon & Annabelle)

Episode 1x19. Miss Mystic Falls

Caroline trasse un profondo respiro, mentre Harper si preparava a scendere la gradinata per prima: stando all’ordine alfabetico a cominciare avrebbe dovuto essere Victoria, ma Carol Lockwood aveva pensato di farla scendere alla fine, nella vana speranza che Ricki si presentasse all’ultimo minuto. Caroline si affacciò oltre la ringhiera, osservando con un sorriso i cinque cavalieri che avrebbero scortato le partecipanti al concorso: Bryant era il primo seguito da Alexander, che continuava a guardare in alto verso di lei, come se avesse paura di commettere qualche errore. Caroline gli sorrise e si avvicinò alla scalinata, mentre Harper veniva scortata fuori dalla Hall dei fondatori dal suo cavaliere. Si voltò verso di Hazel, che aveva il compito di annunciare una ad una le partecipanti al concorso, e la donna le fece l’occhiolino.

“La signorina Lockwood” esclamò poi, sbirciando in basso e osservando il figlio con un pizzico di orgoglio. “E il suo accompagnatore Alexander Gilbert.”

Caroline incominciò a scendere la gradinata, arrossendo per gli applausi dei presenti: non aveva mai mostrato alcun tipo di imbarazzo di fronte alle decine di persone che riempivano le tribune durante le sue partite, ma quella era una circostanza del tutto diversa. Mentre scendeva individuò i genitori nella calca, in prima fila assieme ai Donovan e al signor Gilbert: sua madre la stava incoraggiando con lo sguardo e suo padre le sorrideva orgoglioso. Quella cerimonia le parve un successo già solo per essere riuscita a distendere per qualche minuto l’espressione d Tyler che nel corso dell’ultimo periodo le era parso costantemente preoccupato e nervoso.

La ragazza raggiunse finalmente Xander che le sorrise, facendo un passo verso di lei. Lo aveva già visto un paio di volte prima dell’inizio della cerimonia, eppure ogni volta si sorprendeva ad osservarlo un po’ intenerita e a stupirsi, per come avesse acconsentito a farle da cavaliere in maniera così spontanea. Per un giorno aveva scelto di mettere da parte la cresta e gli atteggiamenti un po’ infantili solo al fine di renderla felice.

 “Sei bellissima” dichiarò in quel momento il ragazzo, chinandosi in avanti verso di lei per farsi sentire oltre la musica. Caroline si morse appena il labbro, sforzandosi di trattenere il sorriso più vistoso del mondo.

Mentre la coppia attraversava la sala per raggiungere l’esterno della Hall, Oliver li osservava sfilare con un sorriso a pochi metri di distanza da Leo e Meredith Fell.

“Quelli sono mio fratello e la sorella di Mason” mormorò all’improvviso, apparentemente a nessuno in particolare. Sorrise alla sua sinistra e solo lui riuscì a scorgere lo sguardo addolcito di una ragazza che stava ricambiando il suo sorriso.

“Lo so” rispose Annabelle, tornando ad osservare la coppia. “Sono carini assieme!”

Oliver annuì, spostando poi lo sguardo verso la gradinata, dove Victoria aveva appena incominciato a scendere le scale. Tutte le partecipanti erano molto belle e sorridenti, ma quel mattino c’era qualcosa in Vicki che colpiva in maniera particolare, puntandole conto i riflettori: era evidente che a quel concorso tenesse davvero molto. Oliver aveva temuto che  l’assenza di Ricki avrebbe potuto smorzare il suo entusiasmo, ma fu felice di intravedere il sorriso solare che rivolse a Eric, nel momento in cui lo raggiunse, superando l’ultimo gradino.  Il giovane batté le mani e si voltò nuovamente verso di Annabelle, che stava osservando ammirata Vicki. Stava sorridendo, ma il ragazzo non faticò a scorgere una punta di malinconia nel suo sguardo. Non poté fare a meno di domandarsi a cosa stesse pensando: se si stesse immaginando al posto di Victoria, vestita in maniera splendida e con a fianco un cavaliere pronto a danzare con lei. Tese la mano per stringere quella della ragazza; Anna la prese e, anche se Oliver non sentì nulla, per un attimo gli parve quasi di poterne percepire almeno il calore. Indirizzò una rapida occhiata ai genitori e ai suoi zii, prima di rivolgersi nuovamente alla ragazza.

“Vieni con me” mormorò infine, facendo bene attenzione che nessuno lo stesse guardando. “Ti porto in un posto.”

Annabelle gli rivolse un’occhiata sorpresa, ma alla fine annuì, lasciandosi guidare lontano dalla calca di persone.

Mentre i due ragazzi si allontanavano, Ricki stava correndo trafelato verso l’edificio, facendo voltare i presenti che si erano sistemati al fondo dell’atrio.  Aveva i capelli scompigliati, la giacca sbottonata e  l’aria stravolta da chi si è appena alzato dal letto – senza tenere conto del fatto che ancora zoppicava leggermente. 

Quando raggiunse il salone principale Victoria  aveva da poco afferrato la mano del suo accompagnatore. La osservò avanzare sorridente verso l’esterno della Hall dei fondatori sotto lo sguardo ammirato dei partecipati, la mano riposta in quella di Eric. Ricki avrebbe voluto mettersi in mezzo e chiedere al ragazzo di farsi da parte, ma non era sicuro che fosse il caso. Victoria l’aveva visto arrivare e il suo sguardo sembrava essersi fatto più acceso per un istante, ma si era subito spostato oltre, come se la cosa non avesse più poi così tanta importanza. Forse era davvero così. Era difficile far cadere Vicki nello sconforto e non era di certo la prima volta che Ricki la deludeva eppure, quel mattino,  il ragazzo provò un insolito disagio al pensiero di non aver mantenuto fede all’impegno che aveva preso con lei.

E più Vicki sorrideva, stringendo la mano del suo cavaliere, più Ricki avvertiva il timore di aver fatto accadere l’irreparabile.

Volente o nolente, doveva trovare il modo di rimediare.

 

Angolo Links pre-polpettone.

1.         Qui potete trovare il gruppo Facebook con foto, informazioni, anticipazioni, fumetti, foto  e quant’altro a proposito di History Repeating.

2.         Durante il periodo di pausa fra il precedente capitolo e questo ho pubblicato un paio di missing moments della storia che trovate qui!

 

Il polpettone (aka le note dell’autrice).

*Buckster è l’amico immaginario del piccolo Damian

**Bryant chiama Harper ‘Leen, perché è il soprannome che le hanno affibbiato gli amici e i familiari. Sta per Arleen che è il suo secondo nome, così come il nome della madre.

Buon pomeriggio! Intanto ringrazio Ely 91 per aver letto in anteprima il capitolo, segnalandomi gli errori di battitura!

Il capitolo è venuto di nuovo troppo lungo, nonostante l’abbia diviso in due parti: sono davvero senza speranze! Ormai mi conoscete, mi sa che non ne posso fare a meno. C’è troppa roba da dire e troppi personaggi da gestire ed è davvero difficile condensare tutto in pochi capitoli. Provo a commentare il capitolo in generale nella maniera più breve possibile. In questa prima parte abbiamo assistito ai preparativi della cerimonia. Abbiamo approfondito un personaggio introdotto per la prima volta nello scorso capitolo, Harper, che abbiamo visto interagire per la prima volta con uno dei protagonisti: Xander. Quest’ultimo si sta addentrando sempre di più nella storia della sua famiglia, grazie a Lester e Harper sta incominciando a sospettare qualcosa a sua volta. In questo capitolo è stato anche brevemente introdotto un personaggio, Bryant Cooper – amico di Harper, Xander e Caroline - che apparirà di tanto in tanto nei prossimi capitoli. Un piccolo cameo l’ha fatto anche il briccone Damian, il cuginetto dei Lockwood che già aveva fatto comparsa in “A Very Lockwood Christmas”. Nel frattempo, mentre alla Hall dei Fondatori le tre miss si preparavano a scendere la gradinata principale, una ‘ex’ miss era occupata a fare da baby-sitter al musone di casa Lockwood! Mase sta incominciando a mettere un po’ da parte la sua diffidenza nei confronti di Caroline, specialmente per via di ciò che è accaduto durante la luna piena. Dopo la prova difficile che è stato costretto ad affrontare la sera precedente un po’ della paura e della tensione se ne sono andate, così abbiamo avuto l’occasione di vedere il piccolo dei fratelli Lockwood un po’ più sereno, rispetto al solito.

Nella prossima parte del capitolo avremo il proseguo della cerimonia (Ricki deve ancora farsi perdonare), qualche ballo e il ritorno a casa dei Lockwood.

Il prossimo mese sarò parecchio impegnata con il lavoro, quindi dubito che la nuova parte possa arrivare prima di Agosto! In ogni caso, per qualsiasi aggiornamento, informazione e altro, comunico sempre tutto QUI, nel gruppo Facebook dedicato alla storia.

 

Un abbraccio!

 

Laura

   
 
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