Ti vidi all'orrizzonte. Un leggero vento caldo sfiorava il tuo viso, accarezzando dolcemente i tuoi boccoli, incredibilmente perfetti.
Chinasti il volto, chiudendo piano quei zaffiri luminosi, riparandoli dalla brezza.
Strinsi il tuo parasole con più forza, segnando di quasi impercettibili rughe vellutate la tua porcellana lattea.
Notai una piccola vena di dolore nel tuo nuovo sguardo, una luce più scura, diversa a quella serena e calma che avevi avuto fino a pochi momenti appena passati.
Mentre mollavi a terra il tuo protettore, con l'altra mano sfilavi il nodo che opprimeva il tuo corpo, e feci un sospiro di solievo.
Quel maestoso abito color mare, doveva averti fatto soffrire molto. Segnava ogni volta di più la tua linea, rendendoti sempre più una donna, ma sempre meno trattabile.
Cercavi di non farlo notare a nessuno, quando per i lunghi corridoi affrescati prendevi il thè con le svariate personalità, le più importanti della corte francese. Ma io lo vedevo lontano un miglio, che quel bustino ti stava lacerando, e che ogni movimento era un azzardo che avresti voluto non compiere.
Ti distesi sull'erba, ridendo, libera dalle regole. Non dovevi fingere.
Ascoltai insieme a te lo scroscio dell'acqua mentre si frantumava sulla pietra, annusai il profumo della terra e dei fiori, osservai i colori del mondo: l'azzurro, il rosso, il verde...
Poi improvvisamente, tornasti a sedere, sistemando le balze della tua gonna, e tirando su le tue calzettine non più candide.
Mi guardasti, e io interrompei quel momento di gioia, distruggendo il tuo paradiso.
Il suono indeciso e stridulo della tua immatura voce squarciò il silenzio.
"Terre?"