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Autore: Keros_    30/06/2013    3 recensioni
Blaine aveva chiesto a lungo a Sebastian di portarlo per le vacanze estive a mare insieme ai bambini; in realtà gli aveva proprio rotto le scatole parlandone ventiquattro ore su ventiquattro e alla fine Sebastian aveva ceduto soltanto per non sentirlo più.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa Fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema, organizzata dal gruppo Seblaine Events







Blaine aveva chiesto a lungo a Sebastian di portarlo per le vacanze estive a mare insieme ai bambini; in realtà gli aveva proprio rotto le scatole parlandone ventiquattro ore su ventiquattro e alla fine Sebastian aveva ceduto soltanto per non sentirlo più.

Appena gli dissero che aveva due settimane di vacanza, andò a casa di fretta e furia solo per dare la notizia a Blaine, rotolarsi tra le lenzuola con lui, e scegliere insieme destinazione, volo e hotel.

Alla fine avevano optato per dieci giorni a Miami, in uno dei quartieri più tranquilli e adatto anche alla presenza di bambini, nonostante Sebastian avesse sbuffato continuando a ripetere che anche il quartiere pieno di locali notturni gay sarebbe stato perfetto e che Juliette non si sarebbe nemmeno lamentata.

La loro routine non era nemmeno tanto difficile da capire o mantenere, si svegliavano verso le nove e mezza, facevano colazione e andavano in spiaggia e ci restavano tutto il giorno, dove Blaine passava la crema solare ai bambini- compreso Sebastian- ogni ora e mezza, che facevano storie perché non la volevano mettere e continuavano a chiedergli perché non la mettesse e lui era costretto a ripetergli che lui aveva la carnagione scura e quindi non si bruciava come loro; e poi dopo aver fatto la doccia in albergo  uscivano di nuovo per la cena e fare una passeggiata.  

A Sebastian il mare piaceva e adorava stare in acqua a giocare con i figli, ma la vista di Blaine con solo il costume addosso e non poterlo toccare gli dava sempre una strana sensazione d’impotenza, non contando che la sua palle era sempre amarognola perché il moro metteva la crema solare la mattina presto in bagno senza farsi vedere, tanto per fare il figo davanti a lui.

Gli piaceva pure stare sotto al sole ad abbronzarsi,  fare castelli di sabbia con i bambini o sotterrare Blaine per poi ghignare divertito, perché dentro di lui era come se si prendesse la rivincita di tutte le volte che discutevano e lui si ritrovava ad avere torto; soprattutto quando poi i bambini volevano farsi il bagno, lui doveva andare con loro e lasciava Blaine lì da solo a doversi dissotterrare senza nessun aiuto.

Ogni volta si ritrovava a urlare dentro di sé “giustizia è fatta.” Anche se poi lo aiutava sempre, alla fine. Diciamo dopo venti minuti che Blaine cercava disperatamente di uscire da lì senza successo. Dopotutto era sempre suo marito e quando lo minacciava di mandarlo in bianco per un mese non era più nemmeno tanto divertente.

Una cosa che Sebastian aveva scoperto d’amare era il Beach Volley. L’aveva scoperto il secondo giorno in spiaggia mentre andava a prendere qualcosa al bar del lido e aveva visto il campo in sabbia. Alcuni ragazzi stavano giocando tra loro, li aveva guardati per dieci minuti pieni e poi era andato a prenotare il campo per il giorno dopo per mezz’ora e da lì aveva iniziato a prenotarlo tutti i giorni.

Anche Blaine lo aveva trovato subito divertente, entrambi conoscevano la pallavolo ma sulla sabbia era differente perché si potevano tuffare per prendere la palla senza avere il terrore di farsi eccessivamente male. Juliette e Grant si divertivano un sacco a giocare insieme ai due papà o semplicemente a fare il tifo per loro quando erano stanchi e tutti sudati.

Era il terz’ultimo giorno di vacanza e l’orologio batteva le undici e un quarto. La famiglia Anderson-Smythe stava occupando il campo da quasi un quarto d’ora ormai e ancora non avevano iniziato una partita che si potesse definire tale.

Erano divisi in due squadre: Blaine e Grant contro Sebastian e Juliette.

Una sfida all’ultimo sangue, insomma.

Blaine colpiva la palla piano o addirittura la lanciava con due mani proprio accanto alla figlia tanto per farla giocare; Grant invece rispondeva al colpi con forza, altamente incurante delle lamentele dei genitori e dei loro rimproveri perché poteva far male alla sorellina; Sebastian giocava per se stesso e per la figlia, facendo di tutto per prendere la palla quando arrivava con un tiro troppo forte e sollevando Juliette da terra per farla tirare nel campo avversario.

“Dai, papà, facciamogli vedere cosa sappiamo fare!” Incitò Grant a Blaine, superandolo per arrivare in fondo campo con la palla in mano.

“Grant,” dissero entrambi i genitori in risposta, per ricordargli di far piano e che sua sorella era troppo piccola per poter giocare davvero con loro.

Il bambino roteò gli occhi al cielo, sbuffando leggermente; ma se non poteva giocare con loro, allora perché stava dentro al campo e rompeva le scatole? Si posizionò dietro la linea di fine campo e colpì la palla dal passo verso l’alto, con la mano destra chiusa a pugno.

Si accorse d’aver impresso troppa forza alla palla nel momento esatto in cui la vide sfrecciare lungo l’altra parte del campo in una parabola tesa. Si portò una mano a grattarsi la nuca, sentendo già la ramanzina dei suoi genitori rimbombargli nelle orecchie. Fantastico.

Sebastian che era vicino alla rete, corse all’indietro nel tentativo di fermare la palla e prenderla prima di Juliette che stava correndo a sua volta per prenderla. L’uomo inciampò nel suoi stessi piedi e cadde a sulla sabbia  con un tonfo e Grant scoppio a ridere, mentre Blaine era ancora troppo preoccupato per lasciarsi andare a una fragorosa risata.

Juliette invece sembrava non essersi accorta di niente, se non della palla che veniva dritta verso di lei; alzò le braccia come se volesse abbracciarla e rimase immobile ad attendere che arrivasse. Sebastian non riuscì a rimettersi in piedi in tempo e la palla colpì Juliette sullo stomaco e lei la abbraccio come se fosse stato un peluche, ma cadde comunque a terra con il sedere. Dopotutto, era sempre figlia di Sebastian.

“Ahi” farfugliò in fine, lasciando andare la palla prima di scoppiare in una piccola risata dolcissima e degna di una bambina della sua età, anche se forse era un po’ troppo acuta.
Sebastian si rimise subito in piedi e corse subito da lei, un po’ meno preoccupato quando la vide con le lacrime agli occhi per le risate. Blaine e Grant corsero da loro, il padre ancora agitato che si chinò subito su Juliette, calciando involontariamente la palla che rotolò via senza che nessuno se ne accorgesse.

“Stai bene, amore?” Chiese subito alla bambina che però non smetteva di ridere.

“Si, sennò starebbe piangendo,” gli fece notare Sebastian, chinandosi pure lui accanto a Juliette, mentre Grant li guardava con sufficienza.

“Siamo caduti allo stesso modo,” ridacchiò la bambina puntando il dito verso il papà più alto e finalmente anche Blaine si lasciò andare a una risata.

“Siete due sacchi di patate,” disse baciandole la fronte e prendendola da sotto le ascelle per metterla in piedi. “Ti sei fatta male tu?”

“Non c’è mai nessuno che si preoccupa mai del mio sedere, qui,” commentò Sebastian acido, guardando malizioso il marito, tanto per fargli capire ancora meglio il doppio senso.

Blaine si limitò a piegare la testa di lato e poi a ridere e mordicchiarsi il labro inferiore. “Scemo.”

Juliette guardo prima un papà e poi l’altro e poi sorrise teneramente, come se avesse capito quello scambio di battute, anche se non era possibile; poi la sua attenzione venne catturata da un bel giovane che si avvicinava verso di loro con un costume rosso a slip, una canottiera dello stesso colore, i capelli bagnati per non sentire il troppo caldo e dei Ray-Ben sul naso.

“E’ vostra?” Chiese il ragazzo quando fu abbastanza vicino alla famiglia e proprio accanto a Sebastian.

“Si, è mia!” Rispose tutta rossa Juliette, sorridendogli timidamente.

“Tieni e sta attenta a non perderla,” Continuò lui per poi sporgersi in avanti per dare la palla direttamente in mano alla bambina, lasciando una bella visuale del suo fondoschiena.

 Sebastian non si fece sfuggire l’occasione: tirò leggermente in dietro la testa per contemplare meglio quel sedere tonico, senza nemmeno far caso alla presenza di marito e prole accanto a lui.

“Grazie.” Disse glaciale Blaine quando il ragazzo fu di nuovo dritto e tutti notarono la rabbia che si celava dietro quel ringraziamento; ovviamente Sebastian non era tutti.

Infatti quando il ragazzo sorrise e si girò per andarsene via, lui lo seguì con lo sguardo, continuando a fissargli il sedere. Si girò soltanto quando il bagnino era troppo lontano da riconoscere in mezzo alla folla, e trovò ad attenderlo un Blaine con gli occhi ridotti a due fessure che sembravano volerlo farlo a fettine, rosso in viso per la labbra e come se non bastasse le mani strette a pugno.

“Cosa?” Chiese innocente, non capendo il motivo di quel comportamento.

“Lo hai fatto di nuovo! Non ci posso credere.” Sbottò Blaine irritato.

Sebastian alzò un sopracciglio.

“Continui a guardare il sedere di tutti! E’ da quando siamo arrivati qui a Miami che non smetti di farlo!”

Ah, era geloso quindi.

“Blaine, andiamo-“

“No, Sebastian. Se non ti piace più il mio sedere dimmelo e basta! Poi mi spieghi come ti viene in mente? Esisto sai, non sono un pupazzo messo qui a caso, ci sono anch’io e lo hai fatto spudoratamente. Per non parlare di Grant e Juliette!”

“Si, ecco, Grant e Juliette adesso se ne vanno all’ombra.” Intervenne il figlio maggiore, posizionandosi davanti entrambi i genitori per porgere la mano alla sorellina. “Voi ne avrete per un po’.”

Juliette lo guardò per un attimo e poi mano nella mano con il fratello maggiore si diressero alla sedia dell’arbitro di Beach Vollery e si sedettero là. “Per oggi abbiamo smesso di giocare, vero?”

“Credo proprio di si.” Rispose cupo Grant alla domanda della sorellina.
 

*

 
“..Ma Blaine dai, non è successo niente, ovvio che il tuo sedere mi piace e che non sono stufo di te.”

“Allora io non capisco perché è da una settimana che guardi il sedere di tutti.”

“Lo hai fatto anche tu.” Tagliò corto Sebastian, dopo dieci minuti che quella discussione andava avanti.

Blaine rimase interdetto e abbassò lo sguardo, non sapendo più cosa poter replicare.

“ieri sera hai accettato il drink del barista che ci provava con te e mercoledì hai riso e parlato tre ore con l’altro bagnino che ti chiedeva consiglio per avere ‘un fisico come il tuo’” Continuò Sebastian, dicendo le ultime cinque parole mimando le virgolette con le mani e facendo una voce da checca isterica.

“Del drink non hai detto niente solo perché ti piace vedermi ubriaco e farmi fare quello che vuoi quando siamo da soli; e mercoledì anche tu mi hai fatto una sceneggiata!”

“Allora lo sai che questa è una sceneggiata senza senso.” Incalzò Sebastian, allacciando le braccia al petto.

“No, questa non è una sceneggiata. E’ una litigata per il tuo comportamento obbrobrioso e sono stufo!”

“Ok, Blaine siamo pari, va bene? Adesso possiamo smetterla e tornare a giocare?” Implorò Sebastian, sbuffando per quanto quella situazione stesse iniziando ad essere pesante.

“No.”

Si massaggiò le tempie, cercando di mantenere la calma. Ma perché diamine aveva acconsentito ad andare al mare per le vacanze? Se lo doveva immaginare che sarebbe finita così. Che poi lui non aveva nemmeno capito quale fosse il problema.

“Blaine, facciamo così: giochiamo una partita, se vinco io la finisci di fare il cretino, se vinci tu dormo sul divano scomodissimo dell’albergo.”

“Lo sai che non puoi chiedere a Juliette di dormire nel letto con lei durante la notte e che tu nel divano nemmeno ci entri, si?” domandò Blaine indifferente, cercando di non far capire che aveva già accettato. Infondo anche lui era stufo di quella litigata che non avrebbe portato da nessuna parte.

“Si che lo so.”

“Passami la palla; inizio io.” Disse il moro, afferrando l’oggetto dalle mani del marito per poi dirigersi al fondocampo.
Si mise dietro la linea di battuta e senza nemmeno dare il via o aspettare che Sebastian fosse pronto, lanciò in aria la palla con la mano sinistra e la colpì con molta forza con quella destra.

Sebastian si dovette allontanare di poco dal punto in cui si trovava per colpire la palla al volo con il bagher, mandando la palla dall’altra parte. Blaine invece corse in avanti per poter fare la sua stessa mossa e il marito in compenso si avvicinò alla rete per saltare nel momento giusto e rimandare la palla nel campo avversario senza imprimere forza alcuna, facendola cadere vicino alla rete e poter segnare; ma Blaine era agile e riuscì a recuperarla, rispedendola dell’altra parte senza fare una piega.

Sebastian assottigliò le palpebre a quella mossa, capendo che le cose si stavano davvero diventando serie. Quando gli arrivò la palla la colpì forte col palmo della mano verso il basso, in una parabola tesa, proprio nel punto in cui era ancora Blaine che sembrava guardare i figli.

La palla lo colpì in viso a una velocità considerevole e Blaine cadde a terra. Sebastian ebbe un dejà-vu e come molti anni prima si sentì morire dentro, anche se sapeva di non avergli fatto male seriamente e lo poteva capire del modo in cui Blaine mugugnava; non urlava, non si contorceva, non era niente di grave.

Sebastian corse verso di lui, passando sotto la rete per avvicinarsi; Juliette e Grant accorsero a loro volta, ma rimasero a qualche metro di distanza, il più grande che teneva per mano la sorellina per non farla avvicinare e spaventare per niente.

“Blaine?” Chiese Sebastian dolce e preoccupato allo stesso tempo.

Il moro non rispose ma si limito a scollarsi la mano del marito che era poggiata delicatamente sulla sua spalla e si mise a sedere. Guardò Sebastian in cagnesco, prima di ringhiargli a mezza voce: “Devi sempre esagerare, vero?”

“Blaine non l’ho-“

“Risparmiatelo.” Lo interruppe Blaine con una mano mentre l’altra rimaneva a coprirsi l’occhio, lo stesso della granita di anni prima.

Sebastian rimase in silenzio, si sedette in ginocchio e poggiò la sua mano sopra quella di Blaine per fargliela spostare. Lui lo lasciò fare, ma appena fu possibile sciolse il contatto che si era formato tra di loro. Sebastian toccò lo zigomo del marito e tracciò con le lunghe dita affusolate anche la palpebra mobile e quella fissa per costatare i danni. Non aveva niente di allarmante, era solo un po’ arrossato e si stava già gonfiando; serviva soltanto un po’ di ghiaccio.

“Blaine, non hai niente.” Disse Sebastian, spostando la mano per accarezzargli il viso, ma Blaine si allontanò bruscamente, voltando la testa dall’altra parte.

“Certo, non è mai niente.”

Sebastian alzò un sopracciglio a quell’affermazione, non capendo. “Cosa vorresti dire?”

“Che per te non è mai niente di importante.” Controbatté Blaine arrabbiato, voltandosi a guardarlo. “Mi hai fatto male e tu te ne esci con un non hai niente.” Disse le ultime tre parole imitando il tono annoiato del marito. “Beh, invece ho tutto, Sebastian. Non rifletti mai tu quello che fai, mai.”

“Ma Blaine, non hai niente!” continuò a ripetere Sebastian, seguendo il marito con lo sguardo mentre si alzava in piedi.

“Si, ma mi fa male e non mi hai chiesto nemmeno scusa.” Disse Blaine, allontanandosi da lui mentre cercava d’alzarsi. “E’ come se per te non fosse successo niente.”

“Se magari mi facessi parlare-“

“Risparmiatelo.” Lo interruppe un’altra volta il moro, alzando le braccia al cielo, come rassegnato per poi avvicinarsi ai bambini per accarezzare i capelli di Grant e baciare quelli di Juliette. “Torno in albergo. Volete venire con me?”

“No,” mormorarono i bambini guardando in basso, spaventati per il comportamento del padre.

“Ci vediamo stasera,” continuò Blaine prima di allontanarsi da loro, indossare le infradito poste fuori dal campo da gioco. Si allontanò senza nemmeno guardare Sebastian.
 
 

*

 
L’avrebbe dovuto inseguire, lo avrebbe dovuto baciare, chiedergli scusa, chiarire tutto e andare a prendergli il ghiaccio.

E invece non aveva fatto niente di tutto quello.

Blaine aveva esagerato; non aveva fatto niente di così sbagliato. Aveva soltanto guardato il sedere di quel bagnino che sì, era carino ma non era il suo Blaine. La pallonata, per quanto potesse sembrare una scusa, sul serio non voleva colpirlo; o almeno non in viso.

Non era abituato a perdere, non era nel suo stile ma non avrebbe mai messo una vittoria davanti alla salute di Blaine. Mai. Perché poi lo sapeva che avrebbe perso lo stesso.

Perché quando Blaine si era allontanato da lui, aveva perso.

Sebastian si mosse irrequieto sulla sdraio su cui era seduto con la schiena poggiata sullo schienale e le gambe aperte con i piedi che toccavano la sabbia tiepida sotto l’ombrellone. Si sistemò meglio e controllò i figli che giocavano a qualche metro di distanza con la sabbia mentre cercavano di costruire qualche castello.

Juliette aveva addosso ancora i braccioli e faceva avanti e indietro dall’acqua bassa per prendere l’acqua che serviva al fratello per giocare con la sabbia, mentre Grant era chino che trafficava con palette di plastica, secchielli e formine colorate.

Scoppiò a ridere quando vide la figlia gettare l’acqua fredda addosso alla schiena del fratellino che sobbalzò per la sorpresa e si girò verso la sorellina per rincorrerla. Juliette guardò verso il padre perché lo sentì ridere e quando si accorse di Grant che voleva prenderla, corse verso di lui per cercare aiuto.

Juliette arrivò alla sdraio di Sebastian in tempo record per poi cercare subito di salire su, sapendo che quella era la zona bianca e che Grant non poteva farle alcun male; infatti quest’ultimo si fermò a un paio di metri da loro, scosse la testa e tornò a giocare con la sabbia, escogitando già una vendetta con i fiochi per quando sarebbero rimasti da soli.

“Sei diabolica,” confidò Sebastian alla figlia, trattenendo una risata mentre la faceva sedere nello spazio sulla sdraio in mezzo alle sue gambe e la liberava dei braccioli per poi buttarli a terra.

“Grazie!” rispose lei felice, prendendo un po’ più colorito nelle guance.

“Però non ti devi lamentare quando Grant ti fa male,” continuò il padre in tono piatto anche se sapeva di un mezzo rimprovero.

“Lo so, però era troppo invitante per non farceglielo apposcia.”

“Si dice farglielo,” la corresse Sebastian, ma senza dire niente sull’altra parola dove la bambina al posto della st aveva messo la sc. Era un errore di pronuncia che faceva spesso anche Blaine, sapeva di doverglielo far notare così da farla stare più attenta quando pronunciava quel tipo di parole, ma aveva un debole per gli Anderson che parlavano in quel modo.

“Scusa,” balbettò lei in risposta, abbassando lo sguardo e Sebastian non poté far a meno di metterle una mano dietro la schiena per farla avvicinare ancora di più a lui e poterle dare un bacio sulla fronte.

Juliette lo abbracciò stretto, allacciandogli le braccia in torno al collo e lui la sollevo un po’ così da favorire il tutto. Rimasero per quasi un minuto così, in silenzio, perché la bambina non voleva far segno di staccarsi e Sebastian pensò che si volesse addormentare perché troppo stanca e non la disturbò.

Poi Juliette si ritrasse le guardò il papà negli occhi e con dolcezza disse: “Mi dai un bacino sulle labbra?”

Sebastian alzò un sopracciglio a quella richiesta, prima di trattenere una piccola risata. “No,” rispose dolcemente per non offenderla, anche la vide mettere su comunque un piccolo broncio adorabile.

Il problema non era darle un bacino o meno, il problema era che la cosa stava iniziando ad essere una cosa più o meno abituale. Non ci trovava niente di male in un bacio casto sulle labbra della figlia, ma non era una cosa che gli piaceva fare e come diceva Blaine, non era un buon esempio.

“Ma perché a papà li dai sempre?” Chiese allora lei confusa, non capendo bene il motivo per cui suo papà poteva averli e lei no.

“Perché papà è mio marito.” Le spiegò lui, accarezzandole i capelli ancora umidi.

“E perché è tuo marito?” Chiese le a sua volta, come se non lo sapesse ma Sebastian sapeva che voleva arrivare a fargli qualche tipo di ragionamento .

“Perché mi ama.” Disse con convinzione.

“Visto che puoi baciare pure me allora? Anche io ti amo, papàSebascian!”

Sebastian dovette ammettere che in quel modo il ragionamento della bambina non faceva una piega “Ma lui è l’unico uomo che io abbia mai amato.”

“Oh,” sussurrò Juliette, aprendo la boccuccia e non sapendo più che altro controbattere, così non disse niente e sorrise furba; ma prima ancora che Sebastian potesse chiederle il motivo di quel sorriso una voce maschile arrivò alle sue orecchie.

“Ma davvero?”

Sebastian girò la testa di lato per incontrare gli occhi di Blaine che era alzato a un metro di distanza da loro con un sorriso in volto. Sebastian alzò le spalle in risposta. “Quanto hai ascoltato?”

“Niente, in realtà,” disse il moro avvicinandosi e accucciandosi sulla sabbia per essere alla stessa altezza del marito e della figlia. “Soltanto qualcosa sul fatto che tu abbia mai amato solo me..”

“Ti piace tanto ascoltare le conversazioni altrui?”

“Tanto.”

“Voi non lo sentite Grant che mi sta chiamando? Sì, sì, è meglio che vada,” si intromise la piccola, prima di sgusciare via dalle braccia del padre e saltare giù dalla sdraio per correre via verso il fratello che in realtà non la stava nemmeno calcolando ma stava giocando con del bambini.

“Come mai sei tornato?” chiese Sebastian incolore, guardandolo negli occhi.

“Non abbiamo lasciato la chiave della camera all’albergo stamattina alla reception e sono venuto a prenderla.”

Sebastian annuì silenzioso, riflettendo su cosa dire o meno, poi disse: “mi dispiace per la pallonata, non volevo farti male.”

“Lo so.”

“Lo sai,” ripeté Sebastian senza rifletterci, voltandosi a guardare i bambini. Poi ricollegò il cervello e tornò a guardare Blaine, accigliato. “Mi sono perso qualcosa?”

“No. Lo so che non l’hai fatto apposta, ma io ho dato di matto soltanto perché ero già arrabbiato con te; scusa.” Sussurrò Blaine, prima di sporgersi in avanti e baciarlo dolcemente sulle labbra per poi farlo diventare più intenso ma senza esagerare.

“Mi dispiace anche per il bagnino;” disse Sebastian quando si staccarono.

“Lascia perdere,” tagliò corto Blaine, alzando le spalle. “Ma se vuoi puoi continuare a dire quanto io sia l’unica persona che ami.”

“No, no, ripensandoci non aveva un culo così male,” disse Sebastian sarcastico, facendo finta di essere serio e così ricevette una spallata.

“Nessuno batte il mio sedere,” controbatté Blaine, tirando la corda dietro il poggia testa di Sebastian, così farlo stendere completamente in orizzontale e potersi stendersi sopra di lui.

“mmm..” canticchiò Sebastian in risposta, facendo finta di pensarci su.

“Per il resto della vacanza non guarderai più il sedere di nessuno.” Cambiò discorso Blaine prima di baciarlo di nuovo.
Sebastian alzò di poco la testa per guardare oltre la spalla del marito. “Oh, guarda, sta arrivando un altro bagnino!”

“Mi sa tanto che qualcuno si dovrà prendere cura del tuo sedere, stasera,” scherzò Blaine in tono malizioso. 







Cucù! Si, lo so che questa cosetta qui non c'ha molto senso.. però ormai l'avevo scritta e adesso ve la leggete LOL e niente, spero tanto vi abbia fatto sorridere! 
 
Questa dovrebbe essere soltanto la prima shot in teoria, in pratica ieri sera fino alle cinque sono stata a rileggermi una ff (devo ancora finire gli ultimi capitoli, yeah) e quindi non ho terminato l'altra; quindi se non morirò nel tentativo di finirla, per oggi pomeriggio dovrebbe arrivare un'altra shot totalmente *rullo di tamburi* senza senso! yuppi! 
 
In ogni caso ci leggiamo sempre domani con l'aggiornamento della long (anche se non vi frega) 
Un Bacione,

   
 
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