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Autore: Ellies    30/06/2013    1 recensioni
Il moro si diresse verso la porta e la aprì ma, prima di uscire, si voltò di nuovo verso il ragazzo. “Sebastian?”
“Sì?”
“Ti amo.”
Sussurrò Blaine, chiudendo gli occhi e lasciando velocemente la stanza.
Sebastian, immobile nel suo letto, non riuscì a non aver paura di quelle parole che continuavano a ripetersi ella sua mente.
Lo amava. Blaine lo amava. E lui?
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events.




La noia era parte integrante della vita, nella contea di Sherford. Ovviamente questo valeva solamente per coloro che non dovevano lavorare per sopravvivere alla giornata, per riuscire a portarsi a casa almeno una parte del raccolto o del guadagno della giornata. Tutto il resto andava al signore, al conte. Suo padre.Aveva visto famiglie sgretolarsi, perdere anche l'ultima cosa cara e preziosa che possedessero, per pagare le tasse che Richard Smythe imponeva loro, al solo scopo di fornire il miglior cibo della contea ai suoi numerosi ospiti.Sebastian era stato cresciuto in questo modo, tra il lusso e la servitù; prima in Francia e poi in Inghilterra, nonostante lì la vita fosse più difficile, e la situazione politica di quel tempo sfavorisse chiunque fosse alleato della regina, vista in maniera negativa dalla maggior parte della popolazione. Nonostante avesse sempre vissuto con certi ideali in mente, crescendo aveva sviluppato certi ideali pericolosi, a detta di sua madre, e guadagnandosi un sonoro schiaffo da parte del padre, quando aveva osato esprimerli.


 

“Se solo tu provassi ad ascoltarmi, padre! Se alcuni esponenti della borghesia entrassero a corte e aiutassero a gestire la contea, si farebbero gli interessi comuni e non solo-”
“Sebastian, non dire sciocchezze. I mercanti sono destinati a rimanere tali, non adatti a salire al potere. Sono troppo deboli e hanno idee malsane che non gioverebbero a nessuno, anzi metterebbero l'intera società davanti ad una sincera crisi.”
“Questo solamente perché i tuoi interessi sono personali ed egoistici, e non sei intenzionato a migliorare le condizioni della tua contea, pur di condurre una vita oltremodo agiata e sfarzosa!”
“Ora basta!” Tuonò l'uomo, muovendo velocemente la mano, che si infranse sulla pelle del viso del ragazzo, lasciando un grande e vistoso segno rosso. “Ora basta. Hai superato il limite, Sebastian. Va' nella tua stanza.”

Così si era ritrovato a rifugiarsi in un angolo remoto del castello, seduto sulla finestra con le gambe a penzoloni nel vuoto, a pensare. Da lì si poteva vedere il centro della contea, dove tutte le attività nascevano all'alba e terminavano al tramonto, in un chiacchericcio, risate e a volte persino qualche rissa tra commercianti, che rendevano la giornata un po' più interessante.
Il mercato si sarebbe tenuto di lì a qualche giorno, e lui non aspettava altro. Si era ritrovato spesso, durante quell'occorrenza, a sgattaiolare fuori dal palazzo e girovagare per le bancarelle, tra i commercianti di oggetti preziosi o di stoffe, che urlavano offerte da ogni parte, e amava passare le mani tra la morbida lana che alcuni sprovveduti mercanti perdevano d'occhio. 
Sapeva che non avrebbe potuto condurre quella vita ancora per molto. Aveva ormai sedici anni, e da ormai molto tempo si stava allenando ogni giorno per diventare cavaliere. 
Cavaliere della regina, l'orgoglio del padre. Doveva portare avanti il nome della famiglia Smythe, e non doveva tardare ancora per molto il momento di prendere una fanciulla in sposa. 
Sebastian, però, non era interessato a tutto questo. Amava la libertà, non voleva legarsi ad una persona per convenienza, nonostante non credesse nemmeno alle storie amorose raccontate dai trovatori. Se l'amore fosse arrivato, l'avrebbe accolto; in caso contrario si sarebbe goduto la sua libertà ancora per molto.


Il mercato si animò già qualche giorno dopo. Mercanti provenienti da tutta l'Inghilterra meridionale si riunivano nella loro contea, una delle più ricche e grandi della zona, sperando di poter vendere le loro merci, approfittando del fatto che fossero ormai noti, in quella fiera.
Ogni tanto arrivavano nuovi mercanti, magari con l'intera famiglia, che chiedevano alloggio al signore in cambio di una parte del guadagno. Spesso venivano rifiutati, ma a volte Richard si mostrava magnanimo, e li faceva restare.
Fu ciò che successe quel giorno, quando conobbe una persona, forse l'unica in grado di spezzare la sua noia.

“Conte, un mercante desidera parlare con lei.”
“Di chi si tratta? Non ho intenzione di revocare la mia decisione precedente, se non vorrà essere giustiziato per furto, quell'uomo dovrà andarsene.”
“No, signore, ecco... È di passaggio. Chiede alloggio al palazzo.”

L'uomo mosse la mano e nella sala entrarono quattro persone che Sebastian esaminò attentamente con lo sguardo, come era solito fare.
Era bravo ad analizzare, a guardare e scavare nell'anima della gente attraverso i gesti. Una mano stretta alla cintura indicava una persona sospettosa, e sempre all'erta. Non c'era da fidarsi di gente simile, sempre propensa a tradire, se solo ne avesse avuta l'occasione; un labbro tormentato dai denti individuava una persona ansiosa. La peggior specie di essere umano, troppo codardo per mettersi in gioco, debole.
Era grazie alle sue numerose fughe, che aveva affinato questa sua abilità innata, e per lui era ormai un'abitudine cercare di scoprire ogni sfaccettatura del carattere di una persona solo dai suoi gesti.
Non si soffermò particolarmente sui genitori: il padre era il tipico capofamiglia, severo e che riusciva a controllare la moglie, una semplice donna castana, senza nulla di speciale, con il volto basso e completamente sottomessa a volere del marito, che la squadrava di tanto in tanto, facendola sussultare. Il figlio maggiore era la copia del padre, ma aveva un viso più dolce, simile a quello della madre.
Ma la sua attenzione venne catturata dal ragazzo più piccolo. Si guardava intorno spaesato, ma curioso, come se non avesse mai visto un palazzo in tutta la sua vita, e probabilmente doveva essere così. Non aveva ancora avuto modo di guardarlo negli occhi, dal momento che voltava la testa da un lato e dall'altro.
Quando finalmente si fermò, e lo sguardo tornò davanti a sé, Sebastian credette di essersi perso.
Non potevano esistere occhi del genere, così profondi, limpidi ed espressivi, dorati. Era semplicemente impossibile, non ne aveva mai visti tali. Dovevano essere frutto di qualche stregoneria, una conseguenza della magia nera, perché occhi così non ne aveva mai visti nessuno, in quel luogo.
Nonostante fossero così chiari, celavano le sue emozioni, le mischiavano, e non avrebbe potuto dire se lo sguardo che gli stava lanciando fosse infastidito oppure curioso, annoiato o malizioso. Lo stava semplicemente guardando, con un sorriso penna accennato sul volto, e lui aveva perso le parole e la capacità di analizzarlo.

“Sebastian? Sebastian?” Un fastidioso bisbiglio lo richiamò alla realtà, e fu costretto a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Era stato così concentrato che si era completamente perso il dialogo tra suo padre e quel mercante, e di conseguenza il nome del ragazzo.
Dannazione.
“Madre?” Borbottò, annoiato, notando con la coda dell'occhio che la famiglia si stava allontanando da loro. “Dove stanno andando?” 
La sua voce suonò troppo interessata, e venne squadrato da un'occhiata indagatoria della donna.
“Stanno andando nelle stanze che tuo padre ha concesso loro. Non hai ascoltato?”
“Ero distratto.”
“Sebastian...” Lo supplicò la madre, posandogli delicatamente una mano sul viso. “Presto potrai essere conte, devi cominciare ad interessarti alle questioni... Pratiche. Non ti stai nemmeno concentrando sull'allenamento, come potrai diventare cavaliere fidato della regina?”
“È questo che non capite: io non voglio.”
Si alzò di scatto, facendo sussultare di sorpresa la madre, che si portò la mano al petto, all'altezza del cuore, chinando la testa come in preghiera. La guardò solo per un momento, per poi dirigersi a grandi passi fuori dalla sala, ignorando le urla del padre che lo intimavano di tornare indietro.


Sebastian non sapeva quando avesse cominciato a non pensare più come suo padre. Probabilmente era successo qualche anno prima, quando era solo un tredicenne che desiderava l'orgoglio del padre.
Non aveva fatto i conti con quello che c'era al di fuori della vita a palazzo. Richard gli aveva sempre detto che il popolo viveva bene, era felice, ma lui non l'aveva mai appurato con i suoi occhi, tantomeno si era preoccupato di farlo.
Era suo padre, perché mai avrebbe dovuto mentirgli? 
Un giorno, però, stava girovagando per le strade con il priore James, che era riuscito a portarlo fuori dalle mura fredde del castello dopo un lungo periodo di convalescenza.
Forse fu da quel momento che cambiò tutto. Quando vide un ragazzo, sicuramente più grande di lui, venir trascinato da due guardie verso la piazza, dalla quale proveniva un forte brusio.
Era incuriosito, perché non poteva andare a vedere? 
Il priore glielo impedì, il volto sfigurato dalla paura, perché egli sapeva benissimo cosa stava per succedere.
Il ragazzo urlava, si dimenava, ma non aveva modo di liberarsi. Lo guardò. Forse nei suoi occhi c'era una supplica, ma Sebastian non poté coglierla. Lui non sapeva, lui non avrebbe dovuto sapere.
Qualcosa però era scattato nel suo cervello. Quello non era un ragazzo felice.
Allora si liberò dalla stretta del priore sul suo polso e corse nella direzione in cui le guardie avevano portato il ragazzo.
Ma arrivò tardi; era ormai in fin di vita. Le mani erano legate dietro alla schiena, e non aveva più la forza necessaria per dimenare le gambe e i piedi. Tutta l'aria stava svanendo dal suo corpo. 
Non aveva mai assistito ad un'impiccagione, prima d'ora. 
Si sentì strattonare, e una voce familiare giunse alle sue orecchie. “Tu non hai visto niente, Sebastian. Siamo intesi?”  
“Che cosa aveva fatto quel ragazzo? Perché...”
“Promettimelo, in nome di Dio, che tu non dirai mai nulla di questa storia a nessuno!”
“Che cosa aveva fatto!”
Urlò, e il priore fu costretto a fermarsi. Chiuse gli occhi, unendo le mani e mormorando qualche parola che Sebastian non colse. Poi riprese a camminare, trascinando il ragazzo con sé, il quale cercò di fare resistenza fino a quando l'uomo non parlò. 
“Era accusato di tradimento.” E non disse più nulla.

Sebastian fece come gli era stato detto. Non ne parlò con nessuno, ma le immagini di quel giorno, i suoi occhi supplicanti ma in qualche modo fieri, come se non si fosse pentito nemmeno per un momento di ciò che aveva fatto, rimasero ben impressi nella sua mente.
Poteva fingere, ma non poteva dimenticare qualcosa che l'aveva cambiato completamente, che aveva mutato il suo modo di pensare e di vedere tutta la sua vita e soprattutto suo padre, che gli aveva mentito per così tanto tempo.

 

Decise di andare a cercare il ragazzo. Non ci era voluto molto, in realtà. Era pur sempre il figlio del conte, e in un modo o nell'altro aveva convinto la servitù a farsi dire dove si trovasse l'alloggio della sua famiglia, facendo promettere loro che non ne avrebbero fatto parola con nessuno.
Ovviamente erano stati sistemati vicino alle stalle. Un luogo confortevole, dopotutto, ed era rimasto sorpreso che il padre avesse dato loro la possibilità di stabilirsi lì. Chissà cosa gli aveva fatto cambiare idea.
Lo vide mentre si stava allontanando verso il mercato, con una mano stretta alla cintura. Probabilmente aveva dei soldi, e non voleva che gli venissero sottratti. Lo seguì per un po', fino a quando non scomparve dalla sua vista. Si sentì leggermente spaesato, e capì che il ragazzo si era accorto della sua presenza. Era stato stupido e incauto, ma doveva conoscerlo, doveva riuscire a capire cosa nascondesse dietro a quegli occhi. Per la prima volta provava il forte desiderio di conoscere nel profondo una persona, non solo grazie ad una prima analisi.
Poi, si sentì afferrare per il collo, e percepì un materiale freddo premuto contro la sua gola. Per un momento aveva temuto il peggio. Poteva essere un bandito, un furfante che voleva derubarlo o che lo aveva riconosciuto e desiderasse un ricatto da suo padre. Ma era quasi certo che non fosse così. Il corpo dietro al suo era troppo basso per essere quello di un uomo, e il respiro era lento e caldo sul suo collo. In qualche modo l'aveva riconosciuto, e scoppiò in una fragorosa risata.
“Non immaginavo certo che il nostro primo incontro potesse essere così.” Lo prese in giro, portando la testa un po' più indietro quando sentì la lama spingere di più contro la sua pelle.
“Tu non vuoi uccidermi.” 
“Chi te lo dice? Potrei farlo in qualunque momento.”
La sua voce era calda e morbida anche se Sebastian riusciva a percepirne la tensione, al contrario di lui che era relativamente calmo.
“Altrimenti l'avresti già fatto.” Sorrise, e sentì la lama allontanarsi da lui. Quando fu abbastanza lontano si girò di scatto, portandogli il braccio sotto al collo e spingendolo contro la porta di una baracca.
“Prima regola di un cavaliere: non abbassare mai la guardia. Mai.” Il ragazzo lo guardò negli occhi e lui ricambiò lo sguardo, prima di premere un po' di più contro il pomo di Adamo, che cercava di alzarsi e abbassarsi a causa del desiderio di deglutire. “Seconda regola di un cavaliere: non fidarti del tuo nemico, nemmeno quando pensi si sia arreso. Mi sembra che tu non abbia rispettato nessuna di queste due regole.”
“Sei un cavaliere?”
“Può darsi.”
“Sei il figlio del conte.”
“Può darsi.”
“Mi lasci andare?”
No.”
Era uno strano momento, da parte del ragazzo, per fare una conversazione amichevole, considerando che sarebbe potuto morire soffocato, se solo Sebastian avesse voluto.
“Voglio sapere il tuo nome.”
“Non ti dirò il mio nome, Sebastian.
Lo stava provocando, e lui ci stava cascando come un pivello. Se fossero stati in battaglia, forse ne sarebbe uscito sconfitto. Sapeva quanto l'avventatezza potesse essere letale.
“Sei abituato ad ottenere tutto con la forza?”
“In realtà è il modo peggiore che esista, per ottenere qualcosa.”
Il ragazzo gli lanciò uno sguardo strano.
“Non sembri il figlio di un nobile.”
“Eppure lo sono benissimo.”
“Sei strano.”
“Anche tu.”
Allora lo lasciò andare improvvisamente, tanto che l'altro spalancò gli occhi e crollò a terra, tossendo.
“Stai bene?”
“Una meraviglia.”
Sebastian gli tese una mano, e passarono alcuni secondi prima che venisse afferrata, seppur con riluttanza.
“Blaine.” Mormorò, prima di allentare la stretta sulle sue dita e allontanarsi di fretta, mentre una mano passava involontariamente sul collo. Il nobile lo guardò andare via, restando immobile sul posto.

Blaine. Come suonava bene, il suo nome. Blaine.

 

Disteso sul suo letto, Sebastian non riusciva a pensare a nulla che non fosse il viso del ragazzo. No; ora sapeva il suo nome. Pensava a Blaine, al suo respiro sulla pelle sensibile del collo e alla mano ruvida che stringeva la sua. Pensava a come il suo cuore stava battendo velocemente, quando lo aveva immobilizzato. Anche in quel momento stava battendo, e sembrava sempre sul punto di dirgli qualcosa, di condurlo verso il luogo dove, lo sapeva, avrebbe trovato Blaine.
Affondò il viso nel cuscino, facendo un lungo sospiro. 
Che cosa significavano quei pensieri, quelle emozioni? Come poteva pensare a Blaine in quel modo? Erano entrambi uomini, e non era una cosa naturale. Aveva visto il destino riservato agli uomini così: la morte e niente più.
Non poteva affermare di essere d'accordo, né in disaccordo. Semplicemente la società imponeva certe regole, sotto l'influenza potente della Santa Chiesa.
Ma Sebastian non voleva pensarci, in quel momento, dedicando la sua attenzione e i suoi pensieri al ragazzo che, molte stanze più in basso, era già addormentato.
Non pensava che si sarebbe rammollito tanto, per un'altra persona.


La settimana successiva Sebastian e Blaine non si videro nemmeno per un momento.
Il primo era stato mandato dal padre in una contea vicina, per conoscere la figlia del signore che era per fama molto graziosa. Il ragazzo aveva cercato di impedirlo in ogni modo, ma sia suo padre che sua madre furono irremovibili: sarebbe dovuto partire. Sebastian non poteva negare che Helen fosse una bella ragazza, anzi. Lo aveva colpito la sua cultura e la sua gentilezza, e aveva passato con lei delle ore piacevoli, nonostante la sua mente fosse costantemente al suo palazzo. Ella si era accorta che fosse distratto, ma era stata discreta e Sebastian l'aveva gradito. Magari sarebbe tornato a farle visita.
Quando fu di ritorno a Sherford era già calata la notte, e desiderava solamente riposare nella sua stanza. Tuttavia, quando arrivò alle stalle, qualcosa cambiò i suoi piani. O meglio, qualcuno.
Blaine era disteso a terra, con le braccia sotto la testa, intento ad ammirare le stelle. Scese dal cavallo e lo fece entrare velocemente nella stalla, affidandolo alle cure di uno scudiero. Si mise di fianco a lui, chinandosi in modo da coprirgli la visuale del cielo con la propria figura.
“Magnifica vista, non trovi?” Sghignazzò, senza muoversi di un millimetro.
Il ragazzo ebbe un lieve sussulto e si affrettò ad alzarsi, roteando gli occhi e spolverandosi di fretta i vestiti.
“Sebastian...”
“Sorpreso di vedermi?” Chiese, facendo qualche passo verso di lui e sorridendo.
“Non ci aspettavamo che tornassi così presto.”
“Ti sono mancato?”
“Perché mai?” Le parole del ragazzo si interruppero, lasciando spazio ad una breve risata. “Sei praticamente un estraneo per me.”
“Qui sono un estraneo per nessuno, Blaine.”
“Non siamo nemmeno amici.”
“E dire che il nostro precedente incontro me l'aveva quasi fatto pensare...” La nota ironica era palese, nella sua voce.
“Vuoi dire quando sono stato quando strangolato da te?” Le sopracciglia si alzarono simultaneamente, scettiche.
“Tu mi hai minacciato con un pugnale alla gola.”
“Per essere amici c'è bisogno di fiducia, e io non mi fido di te.”
“Certo. Nemmeno io mi fido di un plebeo.” Mormorò Sebastian, sprezzante, passandosi una mano tra i capelli chiari e facendo un passo indietro. “Spero che tu dorma bene.” Sussurrò, prima di voltarsi e addentrarsi nel palazzo.
Si era appena reso ridicolo. Forse suo padre aveva ragione; come poteva un mercante essere alla pari di un nobile?


Passarono i giorni, e le settimane, in cui i due ragazzi si incontrarono sempre più raramente. Entrambi avevano avvertito la sensazione di freddezza, come se non si conoscessero affatto. Blaine si mostrava addirittura riverente davanti a lui, come qualsiasi altro popolano che riconosceva in lui un superiore, sebbene lo facesse in maniera diversa rispetto agli altri. Sebastian, d'altro canto, si sforzava di non cercare di parlargli. Ma per lui rimaneva sempre e solo Blaine perché, anche se ci aveva provato, non riusciva a chiamarlo in nessun altro modo, non conoscendo il suo cognome né riuscendo ad apostrofarlo con qualche appellativo che suo padre utilizzava così spesso.
Un pomeriggio il ragazzo stava passeggiando nei pressi del palazzo, quando vide la figura trafelata di Blaine raggiungerlo. Sembrava avesse corso per ore, talmente ansimava, e Sebastian era sicuro che fosse successo qualcosa.
“Sebastian, ti prego, devi aiutarmi...” Gli afferrò la mano, abbassandosi completamente di fronte a lui, come non l'aveva mai visto fare. “Farò qualsiasi cosa tu mi chieda, ma aiutami.” Quell'atteggiamento lo infastidì, quindi si inginocchiò a sua volta davanti al ragazzo, che spalancò gli occhi.
“Ti aiuterò. Dimmi, che cosa è accaduto?”
“Annette, lei... Eravamo vicino alla foresta e lei... Lei è la più piccola, ed si è arrampicata su di un albero... Ma è caduta in un cespuglio. Penso fosse qualche pianta velenosa... Ti prego, Sebastian, non voglio che muoia. So che voi potete curarla.”
La disperazione nella sua voce era palpabile, e i suoi occhi dorati erano colmi di lacrime e, per la prima volta, riuscì a vederlo davvero.
Così prese una decisione. 
“Portami da lei, non c'è tempo da perdere. La porteremo dal medico di palazzo.”
“Grazie, Sebastian, grazie.” Mormorò Blaine, riconoscente, alzandosi di scatto e, senza lasciare la sua mano, lo condusse nel centro della contea, nel bel mezzo della vita popolare.
Si fermarono davanti ad una piccola casa dall'aria spoglia ma, quando entrarono, la trovò graziosamente arredata, nonostante ci fosse poco più che l'indispensabile. 
Una donna era china sul letto nell'angolo e, quando sentì la porta aprirsi, alzò appena la testa.
“Ellen, è qui. È venuto.”
Un lampo di sorpresa attraversò il viso della donna, che accarezzò i capelli della bambina e si diresse verso di loro, con aria sprezzante.
“Allora esiste ancora qualche nobile che non sia un bastardo, eh Blaine?” Scherzò tristemente, e Sebastian poté notare la disperazione che serbava nel suo cuore, dalle occhiate continue che lanciava alla figlia pensando di non essere osservata e dalle mani giunte in grembo. “Il ragazzo mi ha detto che tu puoi salvare la mia bambina.” Si rivolse a Sebastian, ponendosi davanti a lui guardandolo negli occhi, ed egli si sentì quasi in soggezione davanti allo sguardo determinato della donna, così diverso da quello di sua madre.
“Posso farla curare dal medico che c'è a palazzo.”
“Chi mi dice che non la uccideranno?”
“Nessuno. Deve fidarsi di me.”
La donna esitò per un momento, come spiazzata da quella risposta. Lanciò uno sguardo a Blaine, che doveva avere sulla faccia la stessa identica espressione.
“Perché lo fai?”
“Perché a nessuno deve essere negata la possibilità di salvarsi. Si fida di me, quindi?”
Ellen scosse debolmente la testa, ma tornò verso il letto e prese la bambina tra le braccia, avvolgendola in alcuni strati di una spessa coperta di lana, prima di incitare Sebastian a prenderla. Blaine fece per muoversi, ma lui sollevò una mano, facendogli cenno di stare fermo, e afferrò il corpo tremante di Annette.
“Salvala.”
Sussurrò la madre, prima di andare a sedersi sul letto con la testa china e le mani giunte, in preghiera.

Mentre Sebastian correva verso il palazzo, pensò a quanto la vita fosse fragile. Sottile, come un filo. Sarebbe bastata qualsiasi cosa per spezzarlo. Eppure alcune persone sembravano possedere un filo più spesso che, anche quando sembrava che si stesse per rompere, resisteva.
Annette resistette fino alla fine. Lottò contro il veleno finché esso non fu totalmente fuori dal suo corpo e Sebastian rimase con lo sguardo incollato al corpo di quella bambina che sapeva di aver salvato.
Uscendo dalla stanza, incontrò lo sguardo preoccupato di Blaine, che lo osservava nel mezzo del corridoio di pietra.
“Non puoi stare qui, lo sai! Se qualcuno vi vedesse...”
“Ci porterebbe dritti davanti a tuo padre, sì.”
Annuì debolmente e si nascose in una nicchia, e Sebastian si avvicinò al muro per potergli parlare più facilmente.
Avevano dovuto fare le cose di nascosto, perché non c'era tempo per chiedere il permesso a suo padre, né la sicurezza che egli avesse accettato. D'altronde era abituato, ormai, a nascondersi.
Sentì una mano afferrare la sua, e quando si voltò l'altro lo stava guardando con uno sguardo strano.
“Ho sbagliato a giudicarti, Sebastian. Sei diverso. Hai degli ideali completamente diversi da quelli dei nobili.” Le sue labbra vennero coperte dalla mano del ragazzo. 
“Blaine, non è prudente dire queste cose qui...”
“È una cosa meravigliosa.”
“Non posso permettere che altri vedano ciò che penso. Ho già commesso questo errore con te.” Sorrise, e Blaine fece per replicare, ma un rumore di passi li interruppe, facendoli sobbalzare. Blaine corse verso le scale, mentre Sebastian tornò nella camera. Prima che i loro sguardi si separassero, riuscì a notare le labbra di Blaine contratte a formare una frase.

Mi fido di te.



È incredibile quanto un'amicizia possa venirsi a creare nei momenti più impensabili. Quando anche un gesto eseguito d'istinto possa significare tutto, per l'altra persona. Per Blaine e Sebastian era successo lo stesso, e tutto d'un tratto si erano ritrovati a condividere qualcosa di più.
Il nobile frequentava sempre più spesso le stalle, con la scusa di preparare il suo cavallo per una passeggiata, e in quel modo riusciva a chiacchierare con Blaine. Erano i momenti più belli della giornata, quando si incontravano e riuscivano a parlare, scherzando e prendendosi in giro, come fossero due pari. Tuttavia, da parte di entrambi non c'era ancora la totale capacità di aprirsi totalmente l'uno con l'altro. Soprattutto Sebastian era riluttante a fidarsi di Blaine al tal punto di confidargli tutti i suoi pensieri e i segreti, che conservava dentro di sé da anni.
Stavano ben attenti a non farsi vedere da nessuno, però, consci che quella sorta di amicizia non sarebbe stata vista di buon occhio da nessuno.
Il popolo odiava i nobili, e i nobili odiavano il popolo; erano due classi sociali che mai si sarebbero dovute mischiare, per nessun motivo, e ciò era messo in chiaro ogni giorno. Eppure quei due ragazzi non potevano fare a meno di vedersi, di parlare e di desiderare incontrarsi anche i giorni successivi.
Così, Blaine ebbe un'idea.
“Sebastian... Devo chiederti una cosa.”
Quello gli lanciò un'occhiata, facendogli tacitamente cenno di continuare.
“Mi piace parlare con te, mi piace la tua... Personalità, e vorrei che non ci dovessimo nascondere ogni volta.”
“Sai che non...”
“Fammi diventare il tuo scudiero.” Lo interruppe, guardandolo negli occhi.
“Che cosa?” Esclamò incredulo, di fronte a quelle parole.
“Voglio diventare il tuo scudiero. Lavorare per te, accompagnarti ovunque tu debba andare. Non saremmo costretti a nasconderci più. Io sono forte, e abile, e potrei aiutarti.”
“Blaine, io non voglio che tu sia un mio sottoposto. Io ti considero come... Come me.”
“Ma non dovresti. Quindi, accetta.”
“Non posso.” Affermò, scuotendo la testa.
“Accetta, Sebastian.”
Egli fece per replicare, ma vennero interrotti dall'entrata di un uomo, alto e possente.
“Blaine, sei... Oh, signore...” Mormorò, chinando la testa, quando vide chi era in compagnia del figlio. Da qualche tempo il conte di Sherford aveva cominciato a mostrare Sebastian come suo successore, in pubblico, facendogli prendere alcune decisioni, così da affermare l'idea di lui come prossimo conte nella mente del popolo. Ora tutti dovevano trattarlo con il massimo rispetto, se prima non erano così propensi a farlo.
“Blaine, cosa fai in compagnia del figlio del conte?”
“Padre, mi stava offrendo un lavoro. Come suo scudiero.” Rispose, guardando in viso il padre e si sentì come trafiggere dallo sguardo di Sebastian, ormai messo con le spalle contro il muro.
L'uomo si illuminò, avvicinandosi a lui.
“Dice davvero? Lei ha offerto questa enorme possibilità a mio figlio?”
“Sì. Penso ne abbia le facoltà.” Rispose, senza manifestare alcun segno di emozione sul suo viso.
“E mio figlio ha accettato?”
“Penso che stesse per farlo, prima che arrivasse lei.”
“Oh, sono desolato di avervi interrotto, nonostante Blaine avesse dovuto chiedere la mia approvazione. Che ovviamente darò, certo.”
“Ovviamente.” Ripeté Sebastian, prima di fare un cenno con la mano. “Ora potete congedarvi.”
“Certo, certo. La ringrazio ancora per l'opportunità concessa al mio ragazzo, grazie...” Mormorò, riconoscente, prima di allontanarsi ed uscire da lì.
Quando l'uomo se ne fu andato, si avvicinò a Blaine, furente. “Ti ha dato di volta il cervello? Avevo detto che non lo volevo!”
“Mi dispiace di averti messo alle strette. Ma era un'occasione perfetta...”
“Sei irriverente. Se non fossi stato io ti...”
“Se non fossi stato tu non mi sarei nemmeno azzardato.” Lo interruppe il moro, con un mezzo sorriso.
“Vuoi dire che per te ho poca autorità?”
“Voglio dire che ho un'alta considerazione di te e della tua umanità.”
“Sapevi che non ti avrei fatto nulla.” Sussurrò, solo in quel momento pienamente consapevole di come aveva ragionato il ragazzo. L'aveva imparato a capire, al contrario di lui, che ancora non riusciva a comprenderlo del tutto, in alcuni momenti. Ed era così frustrante, per lui che era abituato a sapere tutto, di tutti.
“Esatto.”
“Bene, allora voglio che il mio cavallo sia pronto per l'alba. Domani andiamo nella foresta.” Ordinò, prima di voltarsi e dirigersi da suo padre con il quale, lo sapeva, avrebbe avuto di certo una discussione.

“Cosa significa ‘mi sono trovato un nuovo scudiero’? Sei andato fuori di testa?”
“L'altro era pigro e non mi soddisfaceva. Quello di ora è efficiente e molto capace.”
“È il figlio di un mercante!”
“Ha lavorato per un signore, prima d'ora.”
“Come vuoi, Sebastian, fa' come vuoi. Spero che tu abbia fatto una scelta saggia.”
Il ragazzo rimase interdetto solo per qualche secondo. Suo padre non si era mai arreso, prima d'ora, ma era lieto che non avrebbero dovuto litigare per interminabili ore, prima di giungere ad una conclusione.
“Grazie, padre.” Sorrise, lasciando la sala e dirigendosi verso la propria stanza, aspettando l'indomani.

 

Il sole era appena sorto, e Sebastian era pronto a recarsi nelle stalle. Ordinò al suo servo che portasse allo scudiero tutto il necessario per una giornata fuori dal palazzo, in modo che fosse pronto per partire. Quando raggiunse Blaine, egli lo aspettava di fianco al suo cavallo, con un sorriso. “Buongiorno, signore. Avete dormito bene?” Chiese, con un accenno di sorriso, e Sebastian decise di stare al gioco. “Magnificamente. Spero che tu sia pronto.”
“Lo sono, signore. Possiamo andare, se lo desidera.”
“Benissimo.”
Uscirono dalle mura della contea e si diressero verso un fiume, ancora entro i limiti dei possedimenti del conte di Sherford, dove avrebbero potuto rilassarsi senza essere disturbati. Quando arrivarono, il sole era alto nel cielo, e il caldo era notevole e difficile da sopportare.
“Devono essere le dieci, signore. Siete sicuro di star bene? Vi vedo pallido.”
“Smettila con questa sceneggiata, Blaine, e aiutami a togliere questi vestiti. Il caldo è soffocante.” Si appoggiò ad un albero, che servì a garantirgli un po' di ombra e di fresco, e cominciò a slacciargli prima il mantello, e poi gli altri vestiti superflui -secondo lui-, finché Sebastian non rimane solo con una camicia leggera e i pantaloni di lino.
“Stai bene?”
“Molto meglio. Credevo di impazzire.”
“Perché ti vesti così tanto anche d'estate?”
“È ciò che mi è richiesto d'indossare.”
“Eppure questi non sono vestiti da nobile.” Alluse alla semplice camicia e ai pantaloni leggeri, sfiorandoli appena.
“Ho pure il diritto a qualche strappo alle regole, no? Non li vede nessuno, e di solito rimango così, quando vengo presso il fiume.”
“Interessante.”
Sebastian si fece improvvisamente vicino a lui, e lo guardò truce. “In pubblico potrai anche essere obbligato ad essere formale, ma non con me quando siamo soli, intesi?” Il sul sguardo non ammetteva repliche. “E ora, vieni a rinfrescarti nell'acqua.” Disse, e cominciò a togliere anche gli ultimi vestiti rimasti, mettendo in risalto la pelle chiara e perfetta, in contrasto con quella abbronzata dell'altro, ulteriore segno della loro diversità.
Blaine si ritrovò a guardare la carne che veniva lentamente scoperta, seguendo troppo intensamente la linea della sua schiena, che andava a finire suoi glutei sodi, ancora coperti dai pantaloni. Lì si costrinse a distogliere lo sguardo, andando dietro ad un albero per spogliarsi a sua volta. Appena Sebastian sparì dalla sua vista, sentì la sua voce.
“Ti imbarazzi a vedere un uomo nudo?”
“Non è consono che io veda il tuo corpo, Sebastian.”
“Forse è vero, ma non mi importa.” 
Blaine sentì il rumore del suo corpo che entrava nell'acqua, e il sospiro di sollievo che ne seguì e non replicò alle sue parole. “Sbrigati a venire, l'acqua è meravigliosamente rinfrescante.”
Il moro avanzò sull'erba con ancora indosso i pantaloni, mentre il petto era completamente esposto al sole. Fu il turno di Sebastian di accarezzare con lo sguardo i suoi muscoli, e quella pelle che doveva essere bollente al tatto. La differenza era che lo fece con molta meno discrezione dell'altro ragazzo, che ora sembrava lievemente imbarazzato, e rosso sulle gote.
“Non è consono nemmeno che tu guardi il mio, di corpo.”
“Smettila di farti problemi e spogliati. Siamo soli, non c'è nessuno che ci criticherà per questo.”
Dopo qualche istante di esitazione, Blaine si abbassò i pantaloni ed entrò nell'acqua, sollevato che Sebastian avesse avuto la gentilezza di distogliere lo sguardo. Si mantenne comunque a debita distanza da lui, immergendosi completamente nell'acqua e lasciando che la sua freschezza gli rinvigorisse completamente le membra.
“Avvicinati.”
Sebastian stava ordinando, e lui si sentiva costretto ad obbedire, come gli aveva raccomandato più volte il padre, quando gli aveva detto che sarebbe andato con il figlio del conte per una passeggiata.
Non essere irriverente ed obbedisci. Non buttare al vento questa possibilità.
Se solo avesse saputo quante volte era stato irriverente, con Sebastian...
Fece un sospiro impercettibile, alzandosi e camminando a fatica nell'acqua per raggiungerlo, sedendosi accanto a lui.
“Desideri qualcosa?”
“Voglio sapere qualcosa di te, della tua famiglia.”
“E perché?” Esclamò troppo velocemente il moro, per poi mordersi un labbro. Alla fine era ancora sospettoso, come lo sarebbe stato sempre. E se Sebastian avesse utilizzato alcune informazioni per altri scopi? Ma lui non era così, non avrebbe mai tradito i suoi segreti.
“Perché tu sai tutto di me, e io nulla. Per esempio, voglio sapere perché i tuoi occhi sono così... Innaturali. Sono una bellezza rara.”
Blaine valutò attentamente se dirgli la verità, e alla fine decise che sarebbe stata la cosa migliore di tutte. 
“Mia madre fu maledetta da una strega, prima che nascessi. Quando nacqui, videro i miei occhi e accusarono lei stessa di praticare la magia nera, dicendole che fossi la prova della collera divina nei suoi confronti. Non potevano esistere in natura occhi come i miei. Volevano eliminarci entrambi, ma mio padre riuscì a farci scappare, insieme a mio fratello. Siamo giunti fino in Inghilterra senza mai restare in un luogo fisso per più di sei mesi. Tutti pensavano che fossi una sorta di maledizione. Per ora qui stiamo ancora bene, ma arriverà un momento in cui dovremo andarcene.”
“Non possono cacciarvi.”
“Certo che possono...” Alzò le spalle, incurante. “È sempre andata così.”
“Non sei una minaccia... Anche se sei irritante.” Ghignò, dandogli un piccolo pugno amichevole sulla spalla.
“Parla il nobile ribelle! Sei la persona più arrogante che io abbia mai incontrato.”
“Non azzardarti, sai?”
“Altrimenti?” 
In risposta a quella provocazione, Sebastian lo schizzò d'acqua, prima di uscire velocemente dal fiume e rimettersi in tutta fretta i suoi vestiti, nascondendosi dietro ad un albero.
Blaine lo imitò, andando a cercarlo.
“Cos'è, hai paura di affrontarmi, Sebastian?”
Ma egli non rispose, rimanendo immobile e aspettando il momento più propizio per attaccarlo e coglierlo di sorpresa.
“Possiamo giocare a nascondino, se vuoi... Ma non è divertente.”
Quando si fermò esattamente davanti al suo albero, sbucò da esso, immobilizzandolo velocemente contro il suo corpo, un braccio stretto sotto il suo mento, alla gola. Blaine si divincolò e cerco di sottrarsi alla sua stretta, ma essa era troppo forte, e rischiava di soffocarlo.
“Devo presumere che tu sia bravo in questo genere di mosse, Sebastian.”
“Più di quanto tu creda.”
Blaine mosse un gamba contro il suo ginocchio, facendolo cedere, in modo che allentasse la presa, e in quel momento si liberò dalla sua stretta, facendo un giro veloce attorno a Sebastian e ritrovandosi dietro di lui. Ora era lui ad averlo immobilizzato, le mani strette dietro alla schiena e il pugnale puntato alla schiena.
“Non sono un ragazzino.”
“Ma davvero?” Riusciva ad essere ironico e sprezzante anche quando era in svantaggio, e Blaine ammirava il suo sangue freddo, anche se entrambi sapevano che quello era solo un gioco, un divertimento, per loro. Dal loro primo incontro, avvenuto esattamente in quel modo, non erano riusciti a far meno di quei momenti, in cui potevano svagarsi un po'.
Sentì il pugnale spingere di più contro la sua pelle, e voltò il viso verso il suo.
“Mi arrendo.” 
Blaine fu preso contropiede. “Cosa?”
“Mi arrendo.”
“Dici sul serio?”
“Scoprilo.”
Blaine lo lasciò andare, tenendo però il pugnale teso davanti a sé, con un mezzo sorriso. Dopo qualche secondo, lo infilò in tasca e il sorriso si fece pieno. “Ti ho battuto.”
“Sei stato bravo, sì.” Gli tese la mano, in segno di pace. Quando Blaine la afferrò, però, venne strattonato e Sebastian lo immobilizzò a terra, bloccandogli gli arti con i suoi. Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò con una risatina. “Fregato.”
“Questo è sleale. Avevi detto che ti eri arreso.”
Il suo broncio era adorabile, pensò Sebastian, e si ritrovò a sorridere vicino al suo volto.
“In amore e in guerra tutto è concesso.”
“E nel nostro caso qual è?”
“Quello che vuoi che sia.” Rispose, alzandosi, lasciandogli così la possibilità di muoversi liberamente. Blaine si alzò, e lo raggiunse con pochi passi. “Sebastian.” Mormorò alla sua schiena, aspettando che si voltasse. 
“Blaine?” Rispose, girandosi verso di lui e guardandolo negli occhi. Ma non appena si voltò non furono gli occhi Blaine che vide, perché essi erano chiusi, ma le labbra del ragazzo che si infransero sulle proprie, rubandogli un bacio.
Il suo primo bacio.
Fu caldo e umido, e stranamente liscio, poiché le labbra di Blaine erano così. Morbide e perfette, ma senza alcun particolare sapore. Quando si allontanarono ci fu un secondo di silenzio, in cui entrambi si guardarono negli occhi, prima che Blaine si voltasse e fuggisse tra gli alberi. 
Sebastian rimase immobile per parecchi minuti, senza rendersi conto del tempo che passava, con un pensiero che non voleva andarsene dal cervello.
Blaine l'aveva baciato. Ed era scappato. Ma quello era un dettaglio insignificante rispetto al fatto che l'avesse davvero baciato. 
Wow. 
Si passò involontariamente la lingua sulle labbra, come per catturare l'ombra rimasta di quel bacio, prima di dirigersi lentamente nella direzione in cui era andato Blaine, come se avessero avuto tutto il tempo del mondo. E in effetti lo avevano, dal momento che la loro “gita” non era nemmeno a metà della sua durata.
Quando arrivò al fiume trovò Blaine rannicchiato su se stesso, mentre giocherellava con un bastoncino sotto lo stesso albero che qualche ora prima aveva sostenuto Sebastian. Quando lo vide avvicinarsi, lo guardò per un momento, prima di distogliere lo sguardo con una smorfia.
“Blaine,” lo chiamò, ma il ragazzo non diede segno di averlo sentito. O forse, semplicemente, era disgustato da ciò che aveva fatto e non gli avrebbe più voluto parlare.
“Blaine!” Ripeté, a voce più alta, avvicinandosi a lui e strattonandolo per un braccio. “Guardami. Blaine, devi guardarmi.”
Quando finalmente i loro sguardi si incontrarono, non trovò lo stesso sguardo determinato che era abituato a vedere negli occhi del moro. Era quasi triste e rassegnato, e dopo qualche secondo non riuscì più a sostenere il contatto con i suoi occhi, e abbassò il viso.
“Ti disgusta quello che hai fatto?”
Blaine non rispose, restando inerme davanti a lui, puntando gli occhi sull'erba verde schiacciata sotto i suoi piedi.
“Ho chiesto: ti disgusta quello che hai fatto?”
“No.”
“Allora perché sei scappato?”
“Perché sono stato così stupido, Sebastian! Ho dato sfogo ai miei sentimenti in risposta ad una tua provocazione... Forse perché volevo che sapessi quello che provo per te, o forse te l'ho solo mostrato, seguendo il cuore al posto della ragione. Sono stato così stupido.” Ripeté, parlando concitatamente con gli occhi spalancati.
“Tu... Che cosa provi per me?”
Il viso di Blaine si contrasse, e sembrò riluttante a volerne parlare, ma la mano di Sebastian era ancora sul suo braccio, e la stretta si stava facendo sempre più salda, come se volesse minacciarlo di stringersi sempre più, se non avesse parlato.
“Mi affascini, Sebastian. Sei bello, e intelligente, e non ti fai condizionare da nessuno, anche se sei a volte arrogante. Mi piace ascoltare il suono della tua voce quando pronunci il mio nome, quando fai quella buffa pausa e quella ripetizione dopo la ‘a’. So che non dovrei nemmeno pensare di provare certi sentimenti per te, ma non posso fare a meno di desiderarli, e di desiderare te...” Mentre Blaine parlava, Sebastian aveva fatto scorrere la mano fino ad arrivare ai suoi capelli, infilando una mano tra i ricci scuri e morbidi, accarezzandoli, realizzando così un desiderio che segretamente covava nel suo cuore e che mai era riuscito ad esaudire prima di quel momento. 
Posò poi una mano sulla guancia del ragazzo, e si chinò verso le sue labbra, dandogli il tempo di rifiutare quel nuovo contatto, se non l'avesse voluto. Ma Blaine, nonostante fosse estremamente teso, non si ritirò.
“Ora ti mostro com'è un vero bacio.” Sussurrò, mettendo una mano sulla sua schiena e tirarlo a sé e facendolo scontrare con il proprio corpo, posando le labbra sulle sue. Dapprima il contatto fu lieve e appena accennato -entrambi avevano bisogno di prendere confidenza l'uno con l'altro- ma si fece man mano più spinto, tanto che, spesso, i loro denti si scontrarono, mentre erano intenti a memorizzare le curve delle loro labbra e della bocca in quel bacio mozzafiato.
“È stato molto bello...” Balbettò il moro, le cui gote erano deliziosamente tinte di rosa. Nell'insieme era bellissimo, anche con i capelli un po' arruffati, le labbra gonfie e rosate e gli occhi lucidi tutto a causa di quel bacio e di quel ragazzo.
“Concordo.”
“Non voglio fare a meno di te di nuovo...”
“Che cosa intendi, Blaine?” Lo squadrò, mordendosi appena un labbro e abbandonando il viso del ragazzo.
“Cosa provi per me, Sebastian?”
“Mi piace... Stare con te. Parlare, scherzare... Questo. E mi piace baciarti, ho scoperto.” Fece una risatina, per spezzare la tensione che si era creata attorno a loro.
“Io voglio stare con te sempre.”
“Come puoi pensarlo? Non possiamo farlo davanti a tutti.”
“Ma di nascosto sì.”
“Tu lo sai cosa succederebbe se ci scoprissero, vero?”
“Lo so, ma sono abituato a rischiare...”
“Io no, però, lo sai Blaine. Se mio padre...”
Ma il ragazzo non aveva intenzione di sentire una parola di più, e frenò il flusso di parole che fuoriuscivano dalle labbra di Sebastian con un piccolo bacio, sorridendo, il che contribuì ad illuminargli il viso.
“Tuo padre non saprà mai nulla... Lo so che lo vuoi, Sebastian. Lo vuoi quanto me. Vuoi me.
Blaine gli si era avvicinato, e ora stava sussurrando quelle parole vicino al suo orecchio con una voce strana, bassa e calda, che sembrò ammaliare Sebastian, facendolo cedere.
“Io... Ti voglio, sì...”
“Allora vieni.” Gli afferrò una mano, ridendo, e lo condusse in riva al fiume, dove un grande albero faceva filtrare alcuni raggi di sole fino al terreno, donando un'atmosfera perfetta al luogo. Blaine costrinse il ragazzo a sedersi a terra, per poi accoccolarsi tra le sue braccia con la testa appoggiata sul suo petto.
“Mi piace stare così... Riesco a sentire il tuo cuore.”
Sebastian era spiazzato, senza sapere cosa rispondere a quelle dichiarazioni inaspettate e dolci da parte del ragazzo. Mai si era immaginato che Blaine potesse essere tanto romantico, ma doveva ammettere che la cosa non gli dispiaceva affatto. Prese ad accarezzare di nuovo i suoi ricci, attorcigliandoli attorno alle lunghe dita affusolate, e scoprì che la cosa lo rilassava tanto quanto a Blaine.

Il pomeriggio passò così; mangiarono stretti l'uno all'altro, con Blaine che cercava di imboccare un indignato Sebastian con piccoli pezzi di cibo; parlarono e risero; si confessarono le loro prime impressioni: Sebastian gli parlò dell'effetto che i suoi occhi avevano avuto su di lui, e di come non riusciva a leggerlo, e Blaine gli confessò che la prima volta che l'aveva visto aveva pensato che fosse davvero bellissimo, ma anche che gli sembrasse arrogante. Non che avesse torto.
Quando fu ora di tornare al palazzo, Blaine aiutò Sebastian a rivestirsi alla perfezione. Arrivati al limitare della foresta, quando ancora erano nascosti dagli albero, il moro si chinò verso l'altro, catturando la sua attenzione, e le sue labbra in un lieve bacio, imprudente.
“Sta' attento! Potrebbero vederci...”
“Non preoccuparti, siamo ben coperti...” Mormorò Blaine, prima di fare un sorriso triste e di sfiorargli per l'ultima volta il viso. “Promettimi che potremo farlo di nuovo.”
Lo supplicò, e ovviamente non alludeva a quella giornata fuori dal castello.
“Te lo prometto.” Sebastian annuì, e spronò il suo cavallo a riprendere il trotto, seguito dall'altro, che osservava la figura del ragazzo con un piccolo e dolce sorriso.
Quella notte si congedarono con delle semplici parole ma entrambi, nei loro letti, sentivano la mancanza di un corpo caldo stretto al proprio, come qualche ora prima, in riva al fiume e baciati dai raggi del sole.

 

Passarono i mesi, e per entrambi furono idilliaci, anche se Sebastian era più restio ad ammettere i suoi sentimenti e a manifestarli, al contrario di Blaine che in ogni occasione in cui erano soli riusciva a strappargli un bacio ed un sorriso.
Ormai era arrivato l'autunno, e le giornate cominciavano a farsi sempre più brevi e buie, e il clima si stava raffreddando velocemente, impedendo in questo modo di poter restare all'aperto più di qualche ora.
Sebastian era molto affezionato al suo cavallo, e questa era la scusa più frequente che utilizzava per giustificare la sua costante e giornaliera presenza nelle stalle. Ma ogni volta che chiudeva la pesante porta di legno dietro di sé, veniva accolto da Blaine, che riusciva a stento a trattenersi dal saltargli addosso dalla gioia di poterlo vedere, e gli lasciava sempre un piccolo bacio, dopo essersi accertato che fossero soli.
Era una cosa rischiosa, quella che stavano portando avanti da tutto quel tempo, ma entrambi potevano affermare che non sarebbero riusciti a rinunciare ad essa, ormai troppo coinvolti. Erano sicuro di star facendo le cose con la massima discrezione; erano prudenti e molto sospettosi verso chiunque, e non facevano nulla se non erano assolutamente certi di essere soli.
Eppure Sebastian aveva come la sensazione di essere osservato, quando si recava alle stalle, e questa era la cosa più sgradevole che una persona potesse provare, a suo parere. Non era mai rilassato, ed era pronto a scattare per qualsiasi rumore. Di solito Blaine lo confortava, e lo accarezzava dolcemente fino a fargli quasi dimenticare dei suoi sospetti, ma la sensazione non lo abbandonava mai. Nonostante tutto, amava quei momenti, e amava la sensazione delle labbra di Blaine che scorrevano sulla sua pelle, intossicandolo con il suo profumo e facendogli perdere completamente la testa.
Un giorno Sebastian era sdraiato sul suo letto, quando sentì bussare alla porta.
“Avanti.” Mormorò svogliatamente, senza nemmeno preoccuparsi di chi potesse essere.
“Salve, signore. Sono venuto a portarle gli indumenti che aveva lasciato nelle stalle, l'altra sera. Ho pensato che fisse meglio riaverli immediatamente, per lei.” 
Sebastian spalancò gli occhi a quella voce ma, non avendo sentito la porta chiudersi, cercò in tutti i modi di dissimulare la sua sorpresa. Blaine non era mai venuto nella sua stanza, né lui gliel'aveva mai chiesto. 
“Certamente. Ora chiudi la porta, devo chiederti alcune cose.”
Entrambi erano seri, e impassibili, ma quando furono al sicuro da occhi e orecchie indiscrete, il viso di Blaine si aprì in un grande sorriso, e si gettò letteralmente sul letto di Sebastian, abbandonando i vestiti che aveva in mano chissà dove.
L'altro, invece, non accennò a cambiare espressione, mantenendola severa e guardandolo negli occhi.
“Sei impazzito. Impazzito e incosciente. Dio, se ci scoprissero...”
“Pensavo ti avrebbe fatto piacere vederci...” Mormorò Blaine, mortificato dalle sue parole. “Capisci che non possiamo andare avanti così? Io... Insomma, siamo comunque due esseri umani, Sebastian. Sono mesi e mesi che non abbiamo altro che incontri fugaci, brevi baci e la paura di essere scoperti. Se ti rilassassi soltanto un po' potresti goderti davvero questa relazione.”
“Relazione, Blaine? Pensi davvero che la nostra sia una relazione?”
“Io voglio che lo sia. Ma tu, evidentemente, non vuoi lo stesso. Probabilmente non ti sono mai interessato, hai sempre finto tutto, per questo ogni volta sei agitato e nervoso. Non mi parli, non mi guardi, non mi desideri più!” Ad ogni frase la voce di Blaine si faceva sempre più acuta, come se stesse sputando fuori tutto quello che pensava da troppo tempo. Allo stesso tempo, però, era sull'orlo delle lacrime.
Aveva imparato quanto Blaine fosse dolce, gentile e sensibile, e lui l'aveva ferito così tante volte che ora le sue parole lo colpivano come pugnalate, come una punizione.
Perché Sebastian gli voleva bene, alla fine. Anzi, forse il suo sentimento era più grande di quello che pensasse, anche se non voleva ammetterlo per prima cosa a se stesso.
Sebastian voleva che Blaine fosse felice, perché il suo sorriso era qualcosa di magnifico, e ogni volta gli scaldava il cuore e faceva sorridere anche lui.
Sebastian avrebbe voluto amarlo incondizionatamente, ma aveva paura.
Per fermare il flusso di parole e le lacrime che minacciavano di uscirgli, lo strinse tra le braccia, d'impulso, e appoggiò le labbra sui suoi capelli, baciandoli e accarezzandoli con le dita.
Blaine non esitò un solo momento, a ricambiare la stretta, portando le braccia dietro alla sua schiena e ancorandosi al suo corpo.
“Scusami, Blaine. Scusami, scusami. Non volevo ferirti così tanto.” Quelle parole gli scivolarono fuori dalle labbra senza che lui se ne accorgesse, e il ragazzo alzò la testa, asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani.
“Che cosa... Cosa hai detto?”
“Io... Mi dispiace.” Mormorò, questa volta con un tono più costretto, sussurrato a denti stretti.
“Oh... Sebastian, questo significa così tanto per me...” Sussurrò, e portò entrambe le mani sul suo viso, appoggiando le labbra sulle sue e sistemandosi meglio sul suo corpo. Ci volle un po' di insistenza e qualche parola sussurrata, prima che Sebastian si lasciasse completamente andare per la prima volta.
Per la prima volta Blaine non fu l'unico a desiderare un bacio e a chiederlo.
Per la prima volta entrambi esplorarono i loro corpi, insieme, percorrendo la pelle con le mani, memorizzando i più piccoli dettagli di essa.
Restarono lì tutto il giorno. 
Verso il tramonto, Blaine era tra le braccia di Sebastian, come quella prima volta al fiume, e si stava facendo accarezzare dolcemente i ricci con un sorriso sul volto.
“'Bastian?”
“Sì, Blaine?”
“Voglio fare una cosa.”
Sebastian notò che era particolarmente nervoso ed agitato, e le gote erano di un rosso intenso.
“Che cosa?”
“Voglio concedermi... A t-te.”
Oh. Oh.
“Blaine, io...”
“Lo so, lo so! Tu non vuoi, ma ecco... Volevo solo che tu lo sapessi. Che sapessi quanto desidero essere tuo davvero.”
Non poteva dire che anch'egli non lo volesse. Ammirava il corpo di Blaine ogni giorno, anche nella sua mente, e on lo lasciava indifferente. Ma era sempre stato titubante a rivelargli cosa provocassero in lui quella fantasie. Pensava fosse ancora troppo presto...
“Ti concederesti davvero a me?”
“Sempre.”
“Perché ora?”
“Perché ho paura di non avere il tempo di farlo, se non proviamo ora.” Sebastian non capì quelle parole, ma Blaine gli intimò con un sorriso di lasciar perdere.
“Va bene.”

 

I due ragazzi erano stretti l'uno all'altro, mischiando i loro respiri e rubandosi di tanto in tanto un bacio.
“Mi è piaciuto moltissimo, Sebastian... Grazie.”
Il ragazzo lo strinse tra le braccia, accarezzandogli la pelle ancora nuda della schiena. “Sicuro di star bene?”
Blaine annuì, facendo una risatina. “Certo, come le altre cinque volte che me l'hai chiesto. Grazie di preoccuparti per me.”
“Io non... Insomma-”
“Attento a non balbettare, principe di ghiaccio.”
“Oh, piantala.” Sbuffò, fingendo di mordergli una guancia.
Blaine scosse la testa, ridacchiando e alzandosi dal suo corpo, perdendo il suo calore. Rabbrividendo, prese velocemente i vestiti da terra e si rivestì, con gli occhi puntati sulla porta.
“Te ne vai?”
“Devo. Non è più prudente stare qui, è tardi.”
“Capisco.”
“Si sono ribaltate le parti, eh?” Ridacchiò, avvicinandosi alle labbra di Sebastian e baciandolo profondamente, coinvolgendolo in un lungo bacio. “Ci vediamo domani.”
Il ragazzo sul letto gli afferrò una mano, stringendola. “A domani, Blaine.”
Il moro si diresse verso la porta e la aprì ma, prima di uscire, si voltò di nuovo verso il ragazzo. “Sebastian?”
“Sì?”
“Ti amo.”
Sussurrò Blaine, chiudendo gli occhi e lasciando velocemente la stanza.
Sebastian, immobile nel suo letto, non riuscì a non aver paura di quelle parole che continuavano a ripetersi nella sua mente.
Lo amava. Blaine lo amava. E lui?

 

Il 10 Novembre 1135 sarebbe stata una data che Sebastian avrebbe ricordato per il resto della sua esistenza. La sera prima aveva fatto per la prima volta l'amore con l'uomo che amava, ma al quale non aveva ancora confessato i suoi sentimenti, e quella stessa mattina venne svegliato dalle campane provenienti dalla chiesa nel centro della contea. Campane da processo, come le chiamava lui.
Un suono lungo e lamentoso, che si spandeva in tutte le vie ed entrava in tutte le case, e richiamava una grande folla nella piazza per assistere a quella che sarebbe stata un'esecuzione oppure una punizione, un processo o una sentenza a morte.
Sebastian sapeva che c'era qualcosa che non andava, e proprio per quel motivo era uscito di fretta dal palazzo e si era diretto verso la piazzetta in cui era riunita un discreto numero di persone.
Tutti erano trepidanti, in attesa di sapere che cosa sarebbe successo e chi fosse stato il criminale, quando una figura venne trascinata sul piccolo palco di legno, esponendola al pubblico. Sebastian credette di avere le traveggole, ma quando egli alzò il viso non poté avere più dubbi.
Blaine era il criminale.
Mantieni la calma.
L'uomo sul palco cominciò a parlare, dicendo un sacco di cose che Sebastian non colse, semplicemente perso negli occhi di Blaine che lo stavano fissando tristi e rassegnati.
“... trovato questa notte nel castello, e accusato di avere una relazione illecita con un uomo!” 
Sebastian spalancò gli occhi nell'esatto momento in cui Blaine li chiuse, e la paura si impossessò del suo corpo. Come avevano potuto scoprirli? E perché lui non era stato arrestato? Sapeva che quell'uomo era un rappresentante della Chiesa, l'aveva visto qualche volta discutere con suo padre, e sapeva anche che le leggi non risparmiavano nemmeno i nobili, nel momento stesso in cui essi erano colti nel fatto di infrangerle. 
Eppure lui era libero, mentre Blaine... Non voleva nemmeno pensare a quello che gli avrebbero fatto.
“Il re e la suprema Chiesa hanno decretato che tutti i servi del palazzo vengano interrogati, affinché si possa scoprire chi, con egli, abbia commesso questo peccato.”
Non capì le parole dell'uomo. Servi? Significava che non volevano dire che fosse lui, l'altro. Oppure...
Fu in quel momento che capì, quando Blaine riaprì gli occhi e lo guardò, facendo un movimento impercettibile del capo. Fu in quel momento che comprese perché fosse ancora libero: l'aveva coperto. Gli aveva salvato qualcosa più della vita, qualcosa che sapeva essere fondamentale per una persona della sua classe sociale. Gli aveva salvato l'onore.
Ma a Sebastian non importava dell'onore quanto invece gli importava della vita di quel ragazzo che ora stava per essere giustiziato pubblicamente.
“L'esecuzione avverrà al tramonto.” Fu la sentenza, e la folla cominciò a disperdersi, ormai disinteressata. Volevano i fatti, volevano l'azione, la crudeltà, e fino a quando non l'avessero ottenuta non se ne sarebbero affatto curati.
Sentì il sudore freddo scendergli lungo la schiena, causandogli una serie di brividi. Nessuno sospettava ancora di lui, no? Nessuno l'avrebbe mai fatto. 
Salì a cavallo e si diresse verso il palco, dove Blaine stava per essere portato via, probabilmente verso le prigioni. Si posizionò davanti all'unica uscita da esso, le scale laterali, e guardò in volto l'uomo, che gli restituì lo sguardo, intimidito.
“Signore... Dobbiamo portare via il ragazzo.”
“Non lo porterete da nessuna parte, lo farò io.”
L'uomo provò a replicare debolmente. “Signore, il conte ha espressamente chiesto che venisse portato...”
“Non mi interessa del conte, del Papa o chiunque sia!” estrasse la spada e la puntò al suo petto. “Datemi il ragazzo. Ora.”
L'uomo si ritrovò costretto ad obbedire, più preoccupato dalla lama che puntava al suo petto che dall'autorità di Sebastian e, quando Blaine fu dietro di lui, cominciò a galoppare verso le porte d'uscita della contea.
E le campane cominciarono a suonare. Questa volta il suono era più breve, squillante e battagliero. Sapeva che li avrebbero seguiti, ma in quel momento tutto ciò che voleva era portare via Blaine da quel posto.
Arrivarono alla porta Ovest, quella meno controllata, e per fortuna non c'era una sola sentinella a fare la guardia. Ma dovettero scendere ad aprire le pesanti porte di legno, e ciò portò via loro del tempo prezioso.
Potevano quasi sentire gli zoccoli dei cavalli battere la terra dietro di loro e avvicinarsi minacciosi, ma Sebastian andò avanti, non si fermò nemmeno un momento.
Blaine non aveva ancora detto una parola da quando l'aveva portato via, ma un dubbio premeva nella mente di Sebastian come se volesse uscire a tutti i costi, così interruppe il silenzio che si era creato fra di loro.
“Come lo sapevi?”
“Che cosa?” Rispose subito, ma la sua voce era tremante, debole.
“Che sarebbe successo qualcosa oggi.”
“Non lo sapevo, Sebastian. Come avrei potuto? Era solo... Avevo presentimento, una brutta sensazione che non riuscivo a togliermi di dosso.”
“Non avrei dovuto lasciarti andare.”
“Non è colpa tua. Non pensarci nemmeno.”
“Ti porterò in salvo.”
“Ci troveranno.”
“Smettila di essere pessimista!”
“Dove credi di andare?”
“Forse riusciremo ad andare in Francia. Siamo vicini al mare, potremmo salire su una nave e...”
La risata scettica del ragazzo lo interruppe. “Non sopravviveremmo un giorno. È inverno, e le notti sono gelide.”
“Non puoi saperlo.”
“Fermati, Sebastian.”
“Cosa? No!”
“Ti prego.” Il ragazzo fu costretto ad obbedire, mosso dalla sua supplica.
“Blaine, possiamo scappare, te lo prometto... Non ci prenderanno.”
“L'hanno già fatto, non lo capisci? Hanno preso il nostro amore impedendoci di viverlo. Sono qui, li senti anche tu.”
“No. Non ti lascerò mai andare.” Blaine chiuse gli occhi, di scatto, e Sebastian era pronto a riprendere il viaggio, quando sentì un rumore e una spada che veniva sguainata e puntata all'altezza del suo cuore.”
“Bene, bene, bene. Ma chi abbiamo qui. Il plebeo e il nobile ribelle.” Sentire quel soprannome gli fece ricordare terribilmente il momento in cui Blaine l'aveva utilizzato, quelli che sembravano secoli prima. 
“Taci, Wallace.”
Quell'uomo era la persona più disgustosa che avesse mai incontrato. Un fedele servitore del padre, che non faceva altro che sbavare dietro alle fanciulle e lanciare commenti inappropriati. Sebastian lo definiva semplicemente un porco.
“Non sei nella posizione di dare ordini, principino. Sai? Non avrei pensato che tu avessi questi gusti. Immaginavo preferissi le ragazzine francesi. Com'è il ragazzo? Ha una bella voce? Chissà quante volte l'avrai fatto cantare...”
“Stai zitto!” Ruggì Sebastian, non riuscendo a sopportare quelle parole per un altro secondo. Dietro di lui, sentì Blaine stringergli una mano, come per calmarlo.
“Mi hanno detto di non uccidervi. Ma non immagini quanto mi piacerebbe farlo, far finire le vostre miserabili, schifose vite.”
“Allora fallo. A noi non importa. Siamo condannati, tanto, no? Puoi ucciderci, almeno saremo sicuri di finire all'Inferno insieme. Magari ci finirai anche tu, Wallace. Che ne dici? Assassini, la peggior specie di essere umani. Arroganti, tronfi e tutti dei completi idioti. Come te.” Non riusciva a smettere di insultarlo, di provocarlo, nonostante sapesse che non andava incontro a nulla di buono. Infatti, poco dopo, si sentì colpire al volto, e un rivolo di sangue scese lungo la sua tempia, fino al mento, prima di infrangersi sul terreno. 
Sebastian sibilò un insulto, accasciandosi sul corpo di Blaine, che gli lasciò un lieve bacio sul volto, e infine sulle labbra, prima che il cavaliere ordinasse ai suoi sottoposti. “Prendeteli.”
Si sentì afferrare e trascinare malamente giù da cavallo, finendo a terra con un tonfo sordo. Venne privato delle armi e alzò la testa appena in tempo per vedere che a Blaine venne riservato lo stesso trattamento.
Era in silenzio, senza reagire, e sapeva che si era rassegnato.
“Non farlo, Blaine. Non farlo!”
Il ragazzo alzò gli occhi verso i suoi, e scosse la testa.
“Ti prego.” Ma egli non fece più nulla.
“E smettila di urlare!” Gli intimò Wallace, colpendolo alla schiena e facendogli perdere il respiro per un secondo. Quando si riprese, si alzò di scatto, fronteggiando l'uomo. “Chi ti credi di essere? Sono il figlio del conte, non puoi trattarmi così!”
“Ti ho già detto che non sei nella posizione di dare ordini. Il vescovo sta già andando verso Sherford, lo sai? Chissà se tuo padre riuscirà a rimanere conte. Io sono sotto la giurisdizione della Chiesa. Toccami, e non vedrai l'alba di domani.”
Sebastian capì che era arrivato il tempo di arrendersi. Non l'avrebbe fatto definitivamente, ma per quel momento non poteva fare altro. Si concentrò sulla tempia che pulsava, e al sangue che sentiva ancora scendere, e si lasciò cadere sull'erba.
L'ultima cosa che sentì fu il suo nome che veniva urlato.

Quando si risvegliò, era in una cella. Si mosse, dolorante, e sentì qualcuno che lo chiamava flebilmente.
“Sebastian? Sei sveglio?”
Quella voce riuscì a destarlo più di ogni altra cosa e cercò l'origine di essa, nel buio. “Sono qui. Nell'angolo.”
Seppur non fosse stabile, si lanciò verso il punto dove presumeva si trovasse Blaine e, quando lo trovò, si lanciò contro di lui e lo strinse tra le braccia. Il ragazzo soffocò un sibilo di dolore, e in quel momento si accorse che era a torso nudo e probabilmente incapace di muoversi.
“Dio, cosa ti hanno fatto, Blaine?”
“Diciamo che hanno ritenuto che mi servisse una punizione, per aver peccato. Prima di uccidermi, ovviamente.” La risata che uscì dalle sue labbra era spenta e senza allegria. 
Sebastian si guardò attorno, ma Blaine urlò, allungando una mano verso la sua.
“Non pensarci nemmeno, Sebastian. Non ce la faremmo, a scappare. Io non posso muovermi. Ma la sai una cosa? Sono quasi felice di morire. È come hai detto tu. Moriremo insieme, e non dovremo più nasconderci da nulla. Sono felice di poter morire insieme a te.” Sussurrò, e Sebastian si ritrovò la bocca improvvisamente secca.
“Anche io... Sono felice. Non potrei vivere sapendo che ti hanno ucciso per colpa mia.”
“Non...”
“Invece sì. Sei il mio amante, siamo coinvolti tutti e due allo stesso modo.”
Blaine annuì, abbassando il viso, ma il ragazzo glielo sollevò di nuovo, guardandolo negli occhi. “Ti ricordi l'altra notte? Quando per la prima volta siamo diventati una cosa sola? Mi hai detto una cosa, prima di andartene.” Blaine fece una piccola risata, ma sentì le sue guance bagnarsi, e si accorse che intanto stava anche piangendo. 
“Me la ricordo.”
“Sì, anche io. E...” Venne interrotto dal rumore della cella che si apriva, e l'oscurità venne spezzata dalla luce di alcune candele. “Smythe, ho una bella notizia per te. Il vescovo e tuo padre hanno fatto... Un patto, sì. Sarai libero, a condizione che tu sposi una bella figliola.” 
La risata di Wallace gli sembrava ancora più disgustosa in quel momento, così... Compiaciuta. “Mi ha detto di avvisarti che non hai scelta, e che Helen è ben felice di sposarti, sai? È proprio una ragazza carina...”
Helen. Poteva andargli molto peggio.
Ma nello stesso momento in cui stava facendo quei pensieri, una parola gli affiorò sulle labbra, e la lasciò uscire. ”No.” Blaine che, affianco a lui, gli strinse la mano. “No.” Ripeté, guardandolo. “Io non sposerò mai Helen, o nessun'altra donna. Io voglio solo te.” Sussurrò, afferrandogli entrambe le mani e baciandolo appena sulle labbra, incurante della presenza degli altri uomini. “Ti salverai, Sebastian. È la cosa migliore che ti potesse succedere...”
Stava piangendo ancora, e non sapeva per che cosa. Lo stava per lasciare, ma almeno avrebbe vissuto. Si sentiva egoista per aver desiderato che Sebastian morisse con lui, per poterlo avere accanto a sé per l'eternità, ma era stato quello l'unico pensiero che era riuscito a non farlo impazzire.
“Andiamo.” Sebastian venne strattonato malamente, e strappato dalle braccia di Blaine e riuscì a dargli appena un bacio, troppo leggero perché potesse sancire un addio. 
Urlò, e si divincolò fino allo stremo, come impazzito, ma gli uomini erano di più, e più forti, e non poteva contrastarli.
“Sebastian!”
“No, Blaine! No! Lasciatemi! Blaine!” Ma quando vide che non c'era più nulla da fare, guardò il ragazzo negli occhi, opponendo resistenza per avere quel poco di tempo necessario a parlare. “Quella notte, quando te ne sei andato, avrei voluto risponderti, ma non avrei saputo cosa dire. Ora lo so. Blaine, guardami! Ti amo, Blaine. Ti amo. Non dimenticarti mai di me.”
“Anche io... Sebastian, ti amo anche io. Per sempre.”
Continuarono a sillabare quelle due parole con le labbra, senza suono, anche quando Sebastian fu trascinato fuori dalla cella, e la pesante porta di ferro si chiuse tra di loro, separandoli per sempre.

And I'm forever yours, faithfully.

 





Angolo dell'autrice.

Non mi dilungo. Questa è la mia prima FanFiction Seblaine. E' stato un parto, ma devo dire che la fine mi soddisfa abbastanza.
E' un'Ancient!AU, precisamente nel Medioevo, se non si fosse capito. Ho messo la data apposta, perché temevo che non si capisse molto all'inizio.
Una recensione sarebbe gradita (anche se non le chiedo mai) tanto per farmi sapere se continuare con cose di questo genere o buttarle nel cestino, ecco.
Comunque, è stata una bella sfida, e mi è piaciuto scriverla.
Non è betata, quindi mi scuso in precedenza di eventuali orrori ortografici. Appena lo sarà, provvederò a sostituirla.
Infine, ringrazio tutti coloro che non hanno rinunciato a leggere il malloppone e si sono arrivati alla fine della OS.

Alla prossima!

El.
   
 
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