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Autore: Elsa Maria    30/06/2013    4 recensioni
Un mese di vacanza rovinato da un'iniziativa audace. Un mese in un Onsen ryokan, dall'aspetto tranquillo. Un mese in compagnia di un ragazzo misterioso e un cliente alquanto snervante. Un mese per provare tutte le emozioni che uno si porterà dietro per il resto della vita.
Un mese in cui i titubanti cuori di Sora e Roxas Sawamura, saranno messi alla prova.
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Questa è la prima fan fiction che scrivo su Kingdom Hearts, e mi sento più tosto agitata. Spero proprio di non aver prodotto qualcosa di indecente. Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Kairi, Riku, Roxas, Sora
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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15


La sera calò in fretta rendendo l’aria più umida e fredda. Tutte le luci della cittadina si accesero insieme, rendendo il paesaggio particolare e romantico –infatti per le strade c’erano solo coppiette di adolescenti e famiglie felici-. Il gruppo stava cercando il luogo più adatto per appostarsi, ma i migliori sembravano essere già occupati. Si fermarono a cena in un ristorante tipico, dove Xion si stava per bere un bicchiere di sakè credendo fosse acqua calda con uno strano sapore, Demyx per poco non si strozzava con un’alga e Sora stava per far cadere una delle cameriere che gli disse le peggio cose, tanto che i compagni dovettero tapparsi le orecchie a causa della voce isterica.
“Axel, ma tu che università frequenti?” Gli chiese Kairi.
“Devo ancora decidere.”
“Non è tardi?” Gli domandò, poi, Roxas con tono critico, trovando inammissibile quel comportamento negligente.
“Ognuno ha i suoi tempi.” Si giustificò il rosso. “Ad esempio so quanto sei bravo a scuola, pensa che Larxene non fa che blaterare di te in continuazione: Sawamura, oh, Sawamura che genio quel ragazzo! Saix, Saix leggi che bello questa traduzione, e guarda questa sintesi! Se avesse 10 anni di più me lo sposerei! E continua così per altri cinque minuti, poi passa a parlare di Sora, sai…” Guardò verso l’interessato “…Il tuo compito se lo lascia per ultimo, così da poter pensare anche nel sonno a come tormentarti la mattina successiva e so che riesce sempre con successo nell’intento; comunque Roxas, il punto è che tu ci metti molto meno di me ad apprendere, ma in fatto di iniziativa e sentimenti… Beh, non credo che arriverà mai il tuo tempo.” Ghignò mettendolo in imbarazzo davanti a tutti.
“Cosa dici…?” Balbettò rosso in viso, stringendo le mani, poggiate sulle cosce, in pugni.
“Ma allora anche voi siete due fidanzatini!” Esortò la bambina, tutto d’un tratto.
“Non è vero!” Scattò il biondo sulla difensiva. Axel rise.
“E la bambina si dimostrò più perspicace di Roxas!” Disse il rosso, proclamando la vittoria schiacciante di Xion sul suo amato.
“Persino un’anguilla è più perspicace di Roxas.” Aggiunse Kairi, facendo scoppiare tutti –tranne Roxas, ovviamente- a ridere.
“Se proprio dobbiamo fare confronti…” Intervenne Riku. “Cara Kairi, una iena è molto più tranquilla di te.” Un coro di ‘oh’ si alzò. Sarebbe da lì a breve scoppiata una guerra.
“Ha parlato l’albino! Persino un iceberg è meno freddo di te!” Sbottò arrabbiata. I presenti iniziarono a farsi piccoli, piccoli.
“Suvvia Kairi, puoi fare una battuta migliore di questa.” Disse quasi ghignando. Tutti si diressero lentamente fuori la saletta privata.
“Io… Tu… Idiota!” Sbottò incrociando sia braccia che gambe. “Aver avuto la meglio su Sora non ti permette di rivolgerti in questo modo a me!” Sbuffò. Sora rimase scosso dalle parole della ragazza. Se ne era accorta? “L’avrete già fatto immagino.” Aggiunse con un tono da poter sembrare sprezzante.
“Diciamo.” Disse Riku sorseggiando un po’ di sakè.
“Che cosa vai dicendo, Riku! Non è affatto vero!” Intervenne il castano.
“Ci hanno battuto sul tempo…” Aggiunse Axel pensoso. “Roxas, bisogna recuperare!” Il biondo sbiancò.
“Ma di che diamine stai parlando, idiota…” Ridacchiò paonazzo.
“Mi sento l’unico normale, tu?” Sussurrò Demyx alla bambina.
“Concordo pienamente.” Disse lei annuendo.
“Sapete.” Esordì Naminé cogliendo l’interesse di tutti. “Io non ho mai visto i fuochi d’artificio. Sarebbe bello guardarli con la persona amata, o per lo meno così pensavo; credo però, che ammirarli con degli amici sia molto meglio.” Sorrise innocentemente.
“Ami qualcuno, Nami-chan?” Le chiese la bambina.
“Ehm…” Esitò un attimo, imbarazzata dalla domanda improvvisa.
“Dai, dai, diccelo Nami-chan!” Fecero in coro Xion e Demyx –che sembrava avessero stretto una qualche alleanza-.
“Mi piace molto Roxa-kun, ma sono arrivata troppo tardi.” Sorrise stringendosi fra le spalle. Kairi la guardò e strinse i pugni, cercando di non farsi notare, ma quella reazione non passò inosservata a Sora.
“Vado un attimo in bagno.” Disse la rossa alzandosi. Sora impulsivamente la seguì, sotto lo sguardo serio, ma soprattutto geloso, di Riku. Naminé al passaggio della ragazza abbassò la testa, come pentita.
“Siamo proprio gli unici normali.” Confermò Xion al suo nuovo amico. Lui non poté che annuire, concordante.
“Xion, ci andiamo a prendere un gelato?” Le propose Roxas. La piccola annuì vivacemente: “Con piacere Roxa-kun! Vieni anche tu Nami-chan?” Le domandò. La ragazza si alzò e li seguì, uscendo dalla stanza. I tre –Riku e i due amici- rimasero nella stanza che piombò nel silenzio.
“Senti Riku, ho un’idea.” Cominciò Axel un nuovo discorso. “Dividiamoci per poter vedere i fuochi, sarà più facile trovare un luogo. Io con Roxas, lui –indicò Demyx seduto accanto a sé- con la bambina, te con Naminé e Sora con Kairi; che ne dici?”
“Io direi più io con te e Roxas con Naminé.” Rispose l’albino alla provocazione. Axel ridacchiò.
“Sei proprio uno tosto, ma troppo fragile.”
“Tu non sembri da meno.” Ribatté senza variare l’espressione.
“Assomiglia troppo a Saix.” Rabbrividì Demyx.
“E’ vero, quasi mi mette suggestione.” Sospirò sfregandosi i capelli rossi, come per reprimere un fastidio.
“La tua proposta non è male. Te con Roxas e io con Sora, faccenda conclusa.” Chiuse la discussione Riku.
“Affare fatto.”
“Perché io con la bambina?”
“Siete molto affini.” Rispose Axel a Demyx, che un po’ si era offeso.
“Di che parlate?” Chiese Kairi rientrando, seguita da Sora.
“Abbiamo deciso di dividerci in gruppi da due, te con Naminé e Sora con Riku, vi va bene?” Ripeté il rosso. I due si guardarono e risero.
“Ci va benissimo.” Sorrise la ragazza.
“Più che bene.” Aggiunse il ragazzo.
I compagni, avvertiti anche gli altri due –Roxas si era rifiutato, ma la sua voce fu repressa con forza dallo sguardo di Axel e Riku, ma soprattutto quello di Kairi, che brillava di una strana luce che non prevedeva nulla di positivo-, si andarono a cercare ognuno la propria postazione. Demyx portò la bambina e Nii-chan a fare qualche giro sulle giostre allestite per la fiera, prima dell’inizio dello spettacolo; Riku e Sora si posizionarono sulla salita nel parco, come quel pomeriggio; Kairi e Naminé trovarono un posto libero vicino alla riva del canale, dove anche altre persone si erano posizionate; Axel e Roxas invece… Vagavano ancora senza una meta perché al rosso non andava bene nessuno dei luoghi proposti dall’altro.
 
“Senti, Dem-kun, te ami per caso qualcuno?” Gli chiese la bambina, mentre andava avanti e indietro con l’altalena spinta dal ragazzo.
“Si, Xion-chan, c’è qualcuno; ma non sono ricambiato.” Sospirò tristemente.
“La cosa ti fa tanto soffrire?”
“Abbastanza…” La spinta si fece più debole.
“Fermati un attimo, Dem-kun.” Gli ordinò e il biondo eseguì. La piccola saltò giù e, sistemandosi prima il vestito, abbracciò Demyx. “Ti farò felice io, Dem-kun, aspetta altri cinque anni!” Vedendo l’espressione seria della bambina, il ragazzo rise; quella piccoletta con poche parole gli aveva fatto tornare il sorriso: strano, ma vero.
“Grazie Xion-chan.” La prese in bracciò e le diede un bacio sulla guancia. “Mi hai reso felice, sai?”
“Che bello Dem-kun!” Passandogli le mani dietro al collo si strinse a lui, poggiando il volto sulla spalla.
“Senti… Posso considerarti mio migliore amico?”
“Certo che si.”
“Evviva!” Strinse di più l’abbraccio. “Così adesso ho anche te, oltre Nii-chan.”
“Non così forte Xion, mi strozzi.” Ma il corpo della piccola si fece più pesante, e la presa si fece più debole. Con gli occhi chiusi dormiva tranquilla sulla sua spalla.
“Forza Nii-chan, indicami la strada per tornare a casa, la sai vero?” Quello abbaiò due volte girando su sé stesso, poi iniziò a correre e si fermò dopo un po’, ricominciando ad abbaiare. “La conosci.” Disse fra sé e sé il ragazzo che, caricando bene la bambina, si lasciò guidare dal cane, il quale –dopo qualche fermata davanti negozi che vendevano prodotti per cani- lo condusse proprio a casa di lei. Una volta ridata la bambina ai parenti tornò all’Onsen, stranamente felice.
 
“Allora, Kairi-chan, cosa ti sei detta con Sora?” Le chiese la bionda con un volto sereno e curioso.
“Niente di speciale.” Disse svagando, mentre la mente andava a ripescare quel ricordo recente.
 
“Kairi, cosa hai?” Le urlò il ragazzo che la seguiva, avvicinandosi sempre di più.
“Lasciami perdere Sora!” Gli disse in tutta risposta.
“Kairi.” La prese per un polso. “Cosa è successo tra te e Nami-chan?” Abbassò il tono alla domanda. La rossa volse lo sguardo a terra, si liberò dalla presa del castano e si voltò.
“E tra te e Riku, me lo diresti?”
“Si, te lo direi.”
“Cosa?” Gli chiese.
“Prima rispondimi tu.” La mandò avanti.
“Ci siamo baciate.” Disse a testa alta, fiera di quel che aveva fatto.
“Oh…” Era rimasto alquanto sorpreso, non se lo sarebbe mai, ma proprio mai, sognato, immaginato, non l’avrebbe neanche ipotizzato per assurdo.
“‘Oh’ cosa? Mi disprezzi?” Gli chiese, mordendosi il labbro.
“Affatto, è solo... Strano.” Disse letteralmente spiazzato; non riusciva proprio a pensarlo.
“Non è molto diverso da quello che fai con Riku!” Sbottò, irritata. “Fin dove vi siete spinti?” Chiese poi. Sora tossì, arrossì e abbassò lo sguardo verso le dita che iniziò ad intrecciare fra loro.
“Lui mi ha baciato… Sempre più appassionatamente e poi… Beh… Mi ha baciato il petto, scendendo; però si è dovuto fermare, perché è arrivata Xion…” Balbettò.
“Certo che non vi fate problemi voi, se il luogo è pubblico o meno.” Adesso era Kairi quella spiazzata.
“Sai com’è, quando il momento ti prende e poi gli ormoni e… Che vergogna…” Disse nascondendo il volto con una mano.
“Sora-kun, mi prometti una cosa?” Il ragazzo allargò le dita che gli coprivano la visuale, così da poter vedere la ragazza. “Questa sera confesserai i tuoi sentimenti a Riku e se ti avanza tempo saluterai per sempre la tua innocente verginità?” Sorrise. Sora avvampò, a quel malsano pensiero dei loro corpi nudi e coperti da alcune gocce di sudore entrare in un contatto che avrebbe lasciato per sempre il segno.
“D’accordo.” Balbettò. La ragazza sorrise, ancora più felice. Era stata sincera con il ragazzo e l’aveva incitato a fare il giusto –poi avevano fatto anche una promessa, e Sora, per sua contentezza, era uno che le manteneva-; il suo compito era terminato, adesso doveva pensare solo a sé, d’altronde anche lei aveva fatto una promessa.
 
“Capisco.” Si accontentò di quella risposta. “Speriamo inizino presto.” Disse poi emozionata. La rossa guardò verso l’erba sotto di sé –entrambe erano sedute a terra-.
“Nami-chan… A te va bene anche se la persona con cui lo vedrai sarò io?” La bionda si voltò a guardarla, interrogativa.
“Non capisco che intendi.” Le disse.
“Prima hai detto che ti piaceva Roxas e che avresti voluto vederli con la persona che ami o con amici ed invece…” Iniziò a parlare velocemente, non dando neanche il tempo all’altra di capire cosa dicesse. Quella, quasi costretta, le prese il mento e la baciò. Separando le loro bocche sussurrò: “Sono già con la persona che amo, sciocca.” Poi sorrise. Kairi sbatté le palpebre sorpresa. Per quanto l’aspetto potesse ingannare, Naminé era una ragazza con iniziativa, molta iniziativa, e ciò non le dispiaceva affatto.
 
“Riku, mi stavo chiedendo.” Iniziò a dire Sora, che era sdraiato accanto l’albino. Quello girò la testa per guardarlo. “Se mi donassi a te, saresti felice?”
Riku strabuzzò gli occhi per la domanda, che non si addiceva poi molto a quella che era la timidezza di Sora; ma, prendendola seriamente, si mise a pensare. Tornò a guardare le stelle.
“Non pretendo tanto, sono sempre stato uno umile io.” Disse. “Sarei felice se mi donassi una stella.” E ne indicò una tra le migliaia che il cielo notturno, senza ombra di nube, mostrava. Sora fece un sospiro di sollievo.
“Per fortuna, una cosa facile.” Fece un sorriso.
“Mi basterebbe, ora che ci penso, anche una tua confessione” Disse malizioso, l'albino. Era vero che quel pomeriggio si erano spinti molto e che, ad un certo punto, il castano stava per rivelare i suoi sentimenti; però… Riku sapeva che non erano veri, tutto sommato. Sora era un tipo confuso, ingenuo, era possibile che l’avesse assecondato, senza pensarci troppo; poi lui nel frattempo era fidanzato con Kairi e questo mostrava solo quanto fosse più perplesso del previsto. Sospirò. Era un tipo incorreggibile, da tutti i punti di vista.
“Ti amo, Riku.” Disse con tono chiaro e deciso. All’albino mancò il respiro. Mentiva, non poteva essere che così.
“Non scherzare, Sora.”
“E chi scherza. Sono serissimo, mi piaci davvero.”
“Mi piaci non ha lo stesso significato di ti amo.” Il tono sembrava alterato.
“Lo so, lo so bene. Io, effettivamente, non comprendo a fondo la differenza, ma stando con te, stando con la persona da cui sono amato, l’unica che riesce a coinvolgermi in qualunque cosa essa faccia, sono certo che imparerò presto quale sia la disuguaglianza. Dal mio tono penserai che sarà una leggerezza, ma non è così. Forse è la mia ingenuità che rende tutto più facile da dire… Chissà.” Parlò con un’espressione spensierata, serena, appartenente a quelle persone che non desideravano altro, di ciò che avevano, dalla vita. “Ora sei felice?”
“Per niente.” Disse serio.
“Perché?!” Scattò il castano, alzando il busto per enfatizzare lo stupore.
“Stai dicendo tante cavolate, ecco tutto! Ti sei fatto condizionare dal mio comportamento egoistico e ostinato, quindi non mentire a te stesso e non darmi false illusioni, perché mi faresti solo arrabbiare!” Sbuffò spazientito.
“Mentire? Illusioni?” Disse, come ripetendo a sé stesso. “Insomma Riku!” Gli montò sopra –come quel pomeriggio l’albino aveva fatto con lui- e gli poggiò le mani sul petto. “Qui, quello che sta mentendo a sé, sei proprio tu! Perché non vuoi credermi? Perché continui a non fidarti delle mie parole? Sono serio, diamine! Quello che non vuole che io sia innamorato di te, sei solo te; non io, né Kairi, solo e unicamente te! Io più che rivelarti i miei sentimenti non so che fare! Anche se una cosa ci sarebbe… Ascolta il battito del mio cuore.” Gli ordinò, continuando a guardarlo dritto negli occhi, con un’espressione così seria e decisa da far quasi paura. L’albino, già stufo di quella situazione, posizionò l’orecchio sul petto del ragazzo, tanto per accontentarlo.
Il battito era lo stesso, non era cambiato dall’ultima volta che lo aveva ascoltato, eppure sentiva dentro di sé una strana sensazione di ripudio contro sé stesso, un fastidio corrosivo.
Il castano gli cinse la schiena con le braccia, stringendolo in un abbraccio quasi possessivo.
“Il mio cuore batte per te, capito? Non volevi questo? Sentire il mio cuore battere per la persona che amo, giusto? Ecco, sta battendo per la persona che ama!”
“Sora…”
“No! Non dire con quel tono scocciato il mio nome, non te lo permetto! Diamine, non è facile neanche per me essere così esplicito, non puoi capire che sforzo, e tu mi ripaghi in questo modo? Sei pessimo, Riku; ma io continuo a provare sentimenti irrefrenabili. Ti amo, stupido!” Urlando l’ultima frase, respirò affannosamente. Era veramente faticoso esprimere una valanga di emozioni che facevano pressioni sul cuore. –“Ma proprio quando io capisco di amarlo…”- Pensò Sora –“… Questo stupido ci ripensa?!”- D’un tratto il castano sentì la sua maglia bagnarsi, dei piccoli singhiozzi, le braccia più muscolose, rispetto le sue, stringersi a sé, come se lui rappresentasse l’ancora di salvezza che avrebbe portato l’altro fuori da quel baratro di tristezza in cui era precipitato.
“Scusami…” Bisbigliò, piangendo. Sora ricambiò la stretta facendo più forte la sua, baciandogli la testa; poi rise lievemente.
“Mi sembro mia madre; si comportava così quando da piccolo mi facevo male.” E ciò fece scappare una risata all’albino che iniziava lentamente a calmarsi. “Riku, quand’è l’ultima volta che hai pianto?”
“Quando è morta mia madre... Mi è capitato anche quando mio padre mi aveva picchiato, ma è durato poco.”
“Picchiato?”
“Niente di che… Avevo preso un 90 e non gli andava bene.” Disse stringendosi fra le spalle.
“E sei arrivato tra gli ultimi nella classifica?”
“No, primo.” Sora rimase scioccato. Perché tante pressioni? E neanche a dire che era arrivato secondo! Era arrivato primo! Quel numero che lui riusciva a sognarsi ogni tanto.
“Non è esa…”
“Lo so, ma non comando io.” Lo interruppe. Ci fu un attimo di silenzio. “Quindi è vero che mi ami?” Gli chiese l’albino.
“Si.” Annuì sicuro l’altro.
“Nessun ripensamento?”
“Nessuno.”
“Sicuro?”
“Sicurissimo.”
“Non te ne pentirai, vero?”
“Mai e poi mai.”
“Neanche se tua madre o tuo padre, magari entrambi, ti disprezzassero?”
“Insomma, Riku!” Sbuffò. “Se non ricambi perché ti sei accorto di non-so-che-cosa, basta che me lo dici.” Chiuse gli occhi e arricciò il naso, facendo il sostenuto. Schiuse leggermente l’occhio sinistro per vedere l’espressione di Riku.
“Ti amo anch’io, Sora.” Sorrise lievemente.
“Era ora che me lo dicessi, mi stavo seriamente preoccupando.” Gli poggiò le braccia, tenendole tese, sulle spalle, e fece toccare la sua fronte a quella del ragazzo.
Riku avvicinò le labbra, ma fu Sora ad azzerare quei pochi millimetri di lontananza. Si baciarono, cercando l’uno di risucchiare l’essenza dell’altro; era tutta un’altra cosa quando si era consapevoli di amare e di essere amati. Uno scambio equo di passione e d’amore, qualcosa di semplice e complesso, ovvio e assurdo, un mix di emozioni non specificate, uno stato tra la serenità e il più completo caos, un concetto contorto che era l’amore, tanto conosciuto quanto sconosciuto.
 
“Axel, deciditi per una buona volta!” Sbuffò il biondo, ormai arrivato al limite della pazienza perché quella sottospecie di uomo non aveva ancora trovato un luogo che lo aggradava.
“Riesco ad essere più serio solo se camminiamo, ed io devo farti un discorso importante.” Spiegò.
“Potevi dirmelo prima che rifacessimo lo stesso giro più di cinque volte?!” Sbottò; per quanto avesse memorizzato la strada, i piedi si stavano muovendo indipendentemente.
“Oggi, mentre stavamo sul letto e ti abbracciavo hai detto di amarmi, lo pensi veramente? Non era come per accontentarmi, diciamo.”
“Vedi…” Iniziò balbettando, già era entrato nel suo stato: imbarazzo all’ennesima potenza. “Forse l’ho detto per il motivo da te citato e perché ero sovrappensiero, ma non per questo non lo penso, d’altronde sarebbe come dire che io sono un ragazzo glaciale come Riku, o socievole come Sora, o altri esempi irreali che adesso non mi vengono in mente, però forse non lo penso veramente, dipende dai momenti e da altri fattori.” Si giustificò con quel discorso contorto e privo di significato.
“Basta, scuse.” Tuonò, arrabbiato. “O me lo dici adesso, seriamente, guardandomi in faccia senza rimangiarti tutto all’ultimo momento o qui la storia inizia e finisce.” Sbuffò. “Ho dovuto anche affrontare Saix per te e non è di certo facile confrontarsi con quell’uomo!” Indicò un punto impreciso dietro di lui, spaventato dalla possibilità che, con il solo pronunciare del nome, l’uomo dai capelli blu sarebbe apparso tra una nube di fumo nero e lampi bianchi.
“Axel, io… Non ce la faccio.” Disse con una voce soffocata.
“Come ti pare, tanto non sembra che ti frega qualcosa. Vediamoci questo spettacolo pirotecnico e torniamocene all’Onsen, che sono stanco.” Si stiracchiò le spalle. “Pensare che questa non è neanche una vera separazione.” Si guardò attorno e si andò ad appoggiare alla ringhiera del ponte che era alla loro destra. “Qui andrà bene.” Roxas gli si mise accanto, aveva ancora il volto basso, completamente coperto dai capelli biondi.
Il rosso lo guardò, indifferente della messa in scena, doveva mostrare la sua fermezza nel prendere decisioni.
“Non voglio…” Singhiozzò. “Non voglio di nuovo provare questa sensazione.” Si passò il palmo della mano sugli occhi. Con uno scatto abbracciò Axel, premendo il suo viso sulla camicia, come aveva fatto quel pomeriggio. “Ti prego, non mi lasciare da solo… Non voglio più dividermi dalle persone che amo.”
Axel sbatté le palpebre incredulo. Scoppiare a piangere mentre lo abbracciava, facendolo sentire importante con parole che giravano intorno il concetto, era proprio un colpo basso. Gli accarezzò la testa.
“Quindi, mi ami, Roxas?” Gli sussurrò. Il ragazzo trattenne il respiro. Ci fu un silenzio angosciante. Axel respirò e scosse la testa.
“Sei proprio perfido e testardo, non capisco perché non vuoi dirmi ti amo. Cosa ti costa se è la verità? Non ci credo che è imbarazzo, c’è un limite a tutto.” Sbuffò.
“Perché mi facesti quella battuta?” Disse d’un tratto.
“Come?”
“Se ci ripenso mi è difficile credere che tutto questo non sia uno dei tuoi giochi, uno di quei momenti passeggeri che con una folata di vento possono scomparire.”
“Roxas, vuoi sapere cosa mi è accaduto negli anni in cui non mi sei stato accanto?” Il biondo annuì debolmente.  “In quel periodo, quando i tuoi genitori morirono, i miei litigavano sempre più spesso, mio padre picchiava mia madre come se nulla fosse e io, impotente, non potevo altro che disinteressarmene, d’altronde se cercavo di difenderla venivo picchiato anch’io, quindi non mi conveniva. Quella battuta era dovuta proprio alla mia idea che senza genitori avrei vissuto meglio, tu, in realtà, non c’entravi niente, ti avevo usato per dire ciò che apertamente non potevo. Fatto sta che l’anno dopo divorziarono, mio padre si trasferì in America dove ebbe, meglio dire dove tutt’ora ha successo e fa la sua vita, lontano da me e da mia madre, la quale a volte si sfoga su di me. Pensa che c’è stato un periodo nel quale ha iniziato a bere, diventando dipendente, ma fortunatamente ne è uscita. Io, nel frattempo, continuavo a disinteressarmi un po’ a tutto, mi divertivo con gli amici e a scuola davo il minimo, l’importante era non essere bocciato. Poi incontrai Saix che mi rimise sulla buona via e con il quale avevo una relazione e, te lo dico liberamente, proprio lui mi ha sottratto la verginità. Quando, l’anno scorso, feci diciassette anni ci allontanammo, diventando più amici che amanti. Io me la sbattevo con qualche ragazza, mi continuavo a divertire con Demyx, anche se ora che ci ripenso, tutto questo non mi dava soddisfazione. Poi, abbiamo deciso tutti di andare in vacanza e guarda un po’ chi mi ritrovo a corteggiare per passare il tempo? Mi ero detto: Ma guarda ‘sto sfigato precisino, adesso lo perseguito un po’. Ed eccomi qui, innamorato pazzo di te, a raccontarti la mia vita pallosa e sprecata, senza un senso preciso… Penoso vero?” Sospirò.
“No, direi naturale. D’altronde tutte le persone che avevi intorno, a parte Saix e Demyx credo, non ti consideravano, usandoti solo come sfogo e alla fine, persino te, sei arrivato ad usarti come sfogo… Forse per questo vuoi che ti dica insistentemente quanto ti ami. Axel, non te lo dirò sempre, non ce la farei… Non sarei io, non sono così esplicito; però, giuro di fartelo capire attraverso i gesti, che tu troverai infantili, ma per me contano molto…” Disse il biondo, cercando di tenere un tono serio, non sciocco e balbettante che aveva quando era imbarazzato.
“Una dichiarazione, quasi mi commuovo.”
“Idiota, che vai dicendo!”
“Perché non lo era?” Lo guardò malizioso. Il biondo abbassò la testa, voleva evitare il suo sguardo, altrimenti il rosso avrebbe ottenuto ciò che desiderava, e lui non avrebbe preso alcuna iniziativa.
Axel, notando l’espressione nascosta con poco successo, diventare sempre più confusa e imbarazzata, rise e cambiò discorso.
“Te, invece? Che è successo dopo che te ne sei andato da casa mia?”
“Mi sono trasferito da mia zia, la madre di Sora. Mi trovai subito bene, anche se ero ancora scosso dalla morte dei miei genitori; ma nulla di speciale. Sora continuava a chiedermi di te, ma io non ne volevo parlare per tanti motivi, non solo per quello che mi avevi detto, ma soprattutto perché io mi ero reso conto di quanto ero stato esagerato e il senso di colpa mi faceva stare male. Volevo scusarmi, ma quando provavo a chiamarti non rispondevi e dopo un po’ il tuo numero è diventato inesistente… Quindi ho preferito dimenticare tutto. Forse sono più patetico io che me la sono presa tanto per una frase pronunciata al momento; poi non sono neanche venuto a cercarti, mi sono limitato a chiamarti. Che stupido.” Ridacchiò malinconico.
“Non è vero, anzi, adesso che ascolto la tua versione mi sento felice. Comunque me l’ero perso il cellulare, e me ne sono dovuto comprare uno nuovo.” Spiegò.
“Ah, capisco.” Ci fu un attimo di silenzio, colmato solo da un’improvvisa folata di vento, che subito passò.
“Prima tu hai ipotizzato che io, usandomi come sfogo, desidero un appoggio e per questo fatto ti chiedo in continuazione di confessarmi i tuoi sentimenti, giusto?”
“Si.” Fece un’espressione interrogativa; quale era il punto della questione? Sicuramente nulla di buono.
“Allora, se hai capito quello di cui ho bisogno, perché non me lo dai senza troppe storie? Solo per questa volta.” Gli chiese Axel, persuadendolo con lo sguardo.
“Io non so se…” Prese un respiro profondo; d’altronde cosa gli costava? Se era solo per quella volta.
“Ti amo.” E buttò fuori tutta l’ansia accumulata. Poi si sentì un fischio, uno scoppio e luce che ricopriva il cielo. Erano iniziati. Serpenti variopinti sulla tavola blu scuro, che era la notte, danzavano liberamente, muovendo freneticamente i loro corpi, per poi svanire in una piccola nuvola grigiastra.
Axel baciò il biondo, sotto quello sfondo di luci e colori. La passione ancora più sfrenata del solito, incombeva su Roxas, che non sapeva proprio come poter ricambiare il gesto, eccessivo per lui.
“Axel…” Riuscì a dire ansimando, appena il ragazzo si staccò per riprendere fiato; ma neanche passarono pochi secondi, che già Roxas si ritrovò impegnato in un altro bacio.
“Roxas, torniamo all’Onsen; vieni da me.” Gli disse bisbigliando. Roxas arrossì e timidamente annuì.
Superfluo dire cosa accadde tra i due, superfluo dire quanto si amarono, concedendosi l’uno all’altro;  non esistevano più Axel e Roxas, ma solo due anime, come tante, che si plasmarono in un’unica, stupenda essenza.

N.d.A.
Ed ecco lì che questa storia non continuò, causa: decesso dell'autrice da parte delle fangirl.
Buonasera! Anche con un gorno d'anticipo ho pubblicato il capitolo! Anzalizziamolo bene: la scena del ristornate? Sfottere Roxas e Sora era d'obbligo. Battibecco tra Riku e Axel? Stessa risposta che sullo sfottere Roxas e Sora. Poi la divisione delle coppie... Se stavano tutte insieme come potevo creare certe situazioni! Demyx e Xion è la mia preferita xD Non so perchè ma amo quando lei gli dice:
“Ti farò felice io, Dem-kun, aspetta altri cinque anni!” fa molto tenero :3 e forse è l'unica coppia eterno del momento O.O" La NaminéxKairi è forzata però... Ci stava ecco >.< Poi va beh, il discorso tra Riku e Sora mi sentivo ispirata, come al solito... Questa coppia ha uno strano ascendente su di me u.u Poi l'AkuRoku... Via i problemi e ormai si amano... L'unica cosa è stata eh eh... Non so fare le scene hot, va bene! La frase finale, in più, mi ispirava quindi... Ecco non vi arrabbiate! E continuate a seguirmi vi prego iOi 
Alla prossima (se non morirò prima)!
Here we Go!

P.S. Chiedo umilmente scusa ad akima e Val-chan! 

E come promesso ecco il disegno dedicato alla AkuRoku.

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... Non è un granché, ve'? -.-"
   
 
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