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Autore: Medea00    01/07/2013    11 recensioni
“Ci siamo ubriacati.” Constatò Blaine: lo fissò come se cercasse nell’altro una conferma. O una risposta. O, piuttosto, un modo per giustificare le cose.
“Avevamo caldo, e... abbiamo dormito insieme senza vestiti. Tutto qui.”
“Certo. Dormito.”
“Sebastian stai sogghignando?”
“No, affatto.”
“Non ti azzardare a ridere.”
“Non sto ridendo.”
“Ti giuro che se ridi mi alzo e me ne vado.”
“Ti alzi nudo oppure ti passo un paio di pantaloni?”
Genere: Commedia, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4: Non me lo ricordavo così il bacio sotto al vischio.

 
 








Blaine conosceva Sebastian da pochi giorni, quando lo vide baciare per la prima volta qualcuno.
Doveva ancora abituarsi a tutta la storia dell’essere coinquilini, di trovarselo la mattina mentre si metteva litri del suo pungente dopobarba che lo costringeva ad aprire la finestra alle sette di mattina, anche se fuori c’erano dieci gradi; oppure, di lui che rincasava a notte fonda non preoccupandosi nemmeno di fare poco rumore. Puntualmente, infatti, lo svegliava, gli mormorava un “Continua a russare”, Blaine gli rispondeva con lo stesso tono dicendo “Guarda che io non russo” e lui ridacchiava tra sè e sè, spogliandosi senza mezzi termini e infilandosi dentro al letto con soltanto l’intimo.
Ecco, più che altro, Blaine doveva ancora abituarsi a quell’ultima cosa, a tutto l’insieme di un Sebastian che rispondeva sempre con doppisensi o frasi maliziose, che non aveva nessun problema a fare apprezzamenti fisici verso di lui o verso se stesso e, allo stesso tempo, con la consapevolezza che non ci stesse provando veramente. Non con lui. Avevano fatto un patto, no?
Camminava per i corridoi della Dalton, ripensando all’ennesimo battibecco che avevano avuto quella mattina, quando sentì un suono piuttosto strano proveniente da qualche parte alla sua sinistra. E Blaine era sempre stato ingenuo, non coglieva mai i segnali al volo e, soprattutto, aveva una certa predisposizione a fare figuracce piuttosto invidiabile; anche se, a dire il vero, per quei momenti di puro imbarazzo poteva maledire solo se stesso e la sua curiosità, o spirito di avventura, o ficcanasaggine, insomma, in qualsiasi modo si potesse chiamare.
Rabbrividiva ancora al ricordo di lui che faceva una serenata alquanto sconcia a un commesso con cui aveva preso un caffè. E nemmeno glielo aveva offerto. Avrebbe dovuto imparare dai suoi errori, e se lo diceva sempre: la prossima volta impari Blaine Anderson, ti sta proprio bene a ficcarti sempre nei guai.
Ma tutte le volte commetteva sempre il solito, impulsivo, errore, e quel giorno non fu da meno: si diresse verso l’origine di quel rumore, sembrava come un lamento, qualcuno forse si era fatto male? Magari, cadendo dalle scale? Quella scalinata a chiocciola era tanto bella quanto insidiosa. Ma quando finalmente raggiunse l’aula proprio a un passo dalle scale, che si affacciava proprio verso il lato più camminato della Dalton, capì subito che quello sentito prima non fosse stato un lamento; piuttosto, un gemito.
E Sebastian adesso stava divorando la bocca di Charles Harris mentre, lentamente, gli bloccava i polsi sopra la testa e inclinava un po’ di più il viso per approfondire il contatto. Le cinture erano allentate così come le cravatte delle loro divise, Blaine intravide il collo di Sebastian marchiato da un paio di succhiotti e la sua erezione contro quella del ragazzo, mentre si lasciavano andare a sospiri e piacevoli frizioni.
Era ancora in tempo per andarsene: alzò i tacchi e in un secondo si trovò già a metà del corridoio. Ma il suono dei mocassini contro il marmo fu sin troppo palese da ignorare. I due ragazzi dentro l’aula sobbalzarono, quando capirono che qualcuno li aveva visti, e Sebastian si precipitò nel corridoio mentre l’altro con tono impaurito bisbigliava: “Oh cazzo, era un professore? Ci ha visti?”
“È solo Blaine Anderson”, Disse allora, un sorrisetto gli illuminò il volto mentre lo guardava correre come se non avesse più anima in corpo. Si perse a osservare le sue spalle fasciate dalla giacca della divisa, i riccioli alla base del collo che sfuggivano alla morsa del gel, il corpo minuto e compatto e quel sedere che-
“Blaine Anderson? Ma chi è? Che diavolo voleva? Non è il tuo fidanzato, vero? Non me la faccio con quelli impegnati.”
Roteò gli occhi al cielo, tornando a occuparsi di quell’estraneo soltanto quando perse di vista Blaine all’angolo del corridoio. Forse fu per il suo lato petulante che, decisamente, non aveva intenzione di conoscere, o per quel commento acido senza scopo nè regola, fatto sta che gli era quasi passato l’appetito.
Sottolineando: quasi.
“È il mio coinquilino. Devi continuare ancora con le scenate da donna mestruata o possiamo scopare?”
Ma la risposta non arrivò mai, dal momento che chiuse la porta dell’aula a chiave e si avventò su di lui.
 


 
La prima volta che Sebastian vide Blaine baciare qualcuno fu molti mesi dopo, nel giorno del suo compleanno.
Blaine gli aveva promesso una serata con i fiocchi, solo loro due e nessuna seccatura: sarebbero usciti per le sei, avrebbero comprato il guardiano per risolvere il problema del coprifuoco e sarebbero andati in centro, per abbuffarsi di cibo cinese fino a scoppiare, e poi al cinema, per la rappresentazione del Rocky Horror dal vivo. Era l’unico musical che Sebastian riusciva ad apprezzare, e con apprezzare, significava che non sbuffasse ogni secondo maledicendo le canzonette romantiche e borbottando: “Ma Blaine, è completamente irreale! Nessuno comincerebbe a cantare in mezzo a tutti a caso! Beh, certo, tranne te.”
Di solito i suoi lamenti finivano con un’occhiata omicida da parte dell’amico e una minaccia non scritta di farlo dormire in corridoio.
Nel giorno del suo diciassettesimo compleanno, se Sebastian fosse stato uno che saltellava come un bambino per esprimere quanto fosse felice, beh, lo avrebbe fatto: era andato tutto a meraviglia. Gli Warbler lo avevano riempito di attenzioni, con tanto di “Tanti auguri a te” a cappella e una torta gigante con crema al limone, la sua preferita; aveva preso il massimo al test di algebra e Blaine gli aveva fatto il regalo migliore del mondo, ma questo non lo avrebbe ammesso ad anima viva. Si era già esposto troppo quando, vedendo quel biglietto per il concerto di Bon Jovi, aveva fatto un vero e proprio salto rischiando anche di battere una testata contro il soffitto della loro camera. Si era calmato solo per un momento, il tempo di mormorare: “Però andare ad un concerto da soli è triste...” e vedere il sorriso di Blaine che diventava sempre più bello.
In realtà, aveva fatto quel piccolo pensiero ad alta voce solo per avere la conferma ufficiale che, a quel concerto, ci sarebbe venuto anche lui; ma anche questo non lo avrebbe mai ammesso.
Era semplicemente felice, come non lo era da tanto tempo ormai, e mentre estraeva dalla tasca le chiavi della loro stanza pensò che niente e nessuno potevano mettersi in mezzo tra lui e la sua serata perfetta con Blaine.
Tranne Blaine stesso.
“Andiamo Blaine, non lo facciamo da giorni, eddai...”
“Luke, non pos- ah, ho un appuntamento con Sebast-”
“Non me ne frega niente del tuo coinquilino, io ti voglio subito.”
Sebastian si passò una mano sulla fronte quasi esasperato, perchè era davvero la centesima volta, anzi no, la milionesima volta che assisteva a quella scena, che stava accadendo davanti la finestra, sul lato opposto della stanza. Luke era il suo... amico? Scopamico? Insomma, un tizio con cui Blaine si frequentava da un po’, e forse era quasi più seccante di un fidanzato vero e proprio. E Blaine aveva questo serio problema: ogni ragazzo che frequentava da più di due settimane diventava automaticamente l’amore della sua vita. Forse era per questo che, spesso, si concentrava su storielle di una notte. Ma a volte ci ripensava, a volte ammetteva di voler cercare qualcosa di più, e ogni volta finiva sempre allo stesso modo: male.
Sebastian pensò subito che quel tipo di ragazzi, quelli che si accollano peggio di un koala, fossero di gran lunga la categoria peggiore. Lui non aveva mai avuto problemi di quel tipo, visto che con i ragazzi con cui andava a letto non parlava nemmeno della loro ordinazione a mensa, mentre Blaine, invece, era una vera e propria calamita.
Grazie a Dio non ci andava a letto insieme.
“Blaine, lasciati andare...”, Lo sentì sussurrare, mentre veniva palesemente ignorato dai due che continuavano la loro scenetta da commedia romantica come se non fosse entrato nessuno. Non lo avevano proprio visto, presi com’erano dai loro baci e effusioni più o meno romantiche. Sebastian assottigliò lo sguardo incrociando le braccia al petto, era davvero incredibile: quel ragazzo aveva il tatto di un elefante, sembrava completamente negato a baciare Blaine. Non lo sapeva prendere, accarezzare, non riusciva a mordergli il labbro facendolo gemere così forte da provocare dei brividi caldi lungo tutta la schiena.
Adesso lo stava avvicinando a sè prendendolo per la vita e, davvero, con tutto quel ben di Dio che aveva di fronte, sembrava che non sapesse dove mettere le mani.
Che spreco. Non riuscì a trattenere una risatina, ma l’occhiata allarmata di Blaine lo ammutolì all’istante.
“Sebastian? Da-da quanto tempo sei qui?”
“Da un po’, ma prego, continuate, è uno spasso vedervi, aspettate che prendo anche i pop-corn.”
A quel punto Luke, quel ragazzo alto e grosso, quarterback della squadra di football della scuola, si presentò a una spanna da lui e cercò di intimorirlo con tutta la sua stazza: “Qualche problema, Smilzo?”
“Luke-“
“Ci stai infastidendo”, Ringhiò trai denti, come un leone in procinto di attaccare. Sebastian assomigliava più a un leopardo, con il suo portamento elegante e l’atteggiamento composto, un leggero ghigno dipinto sulle labbra e gli occhi verdi, intensi, che lo squadravano come se davanti a sè ci fosse soltanto l’ennesimo animale che si trovava al di sotto della sua catena alimentare.
Era lui il felino più feroce della savana.
“In realtà è il contrario. Se non ti dispiace, io e Blaine avremmo un po’ da fare.”
“Che cosa?! Ma come ti permetti razza di-“
“Luke! Ti prego.” Blaine intervenne giusto in tempo, raggiungendolo in fretta e posando una mano sulla sua spalla: “Forse... forse è meglio che tu vada.”
Luke lo guardò con un’espressione attonita e, allo stesso tempo, furiosa.
“Che cazzo significa? Preferisci il tuo coinquilino a me?”
“Significa”, Cinguettò Sebastian, cingendo le spalle di Blaine con un braccio, “Che devi sloggiare. E ti conviene farlo in fretta, prima che decida di usarti come chiodo per testare il mio nuovo martello elettrico.”
Ci fu un secondo di pausa. Blaine sperò che Luke avesse capito, che se ne andasse, senza fare troppe storie; in realtà, aveva frainteso tutto.
“Certo, che stupido. Dovevo aspettarmelo.”
“Ma di che parli?” Dissero entrambi, dopo un momento di confusione. Luke strinse i pugni e disse: “Voi due scopate insieme da chissà quanto tempo e io sto qui a guardarvi come un fesso. Me ne vado.”
Sarebbe stato davvero complicato spiegargli la verità. Ossia, che la prenotazione in quel ristorante cinese scadeva tra venti minuti, che fosse il compleanno di Sebastian e che loro due non stavano insieme, non lo sarebbero mai stati. Blaine dubitava che Luke credesse alle sue parole, e lo capì nel momento in cui sentì la porta sbattuta con forza, tanto da far tremare le sottili pareti in cartongesso.
Abbassò gli occhi verso la moquette verde bottiglia, conscio di aver appena spezzato il cuore ad un’altra persona, l’ennesima.
“Andiamo, Killer.” Sebastian gli rivolse una spallata affettuosa: “Che ti frega di lui? È un idiota.”
“Mi piaceva”, Ammise, con voce timida. “Pensavo che... fosse quello giusto.”
“Non lo era.”
A quel punto, Blaine alzò la testa, e i suoi occhi erano così lucidi, così dolci.
“Come fai a saperlo?”
Sebastian provò qualcosa, proprio all’altezza del petto, ma era un uomo troppo materialista per attaccarsi a quella sensazione.
 “Perchè nessuno riuscirebbe a sopportarti. Russi troppo.”
“Sebastian.”
“Non Sebastian-armi, è la verità e stanotte ti registro così ti arrendi. Adesso, signorino Anderson, possiamo cominciare a festeggiarmi?” Gli porse il braccio come i gentiluomini dell’epoca passata, e Blaine si trovò a ridere per quel gesto, annuendo e aggrappandosi a lui come una coppietta di fidanzatini.
Sebastian si trovò a pensare che quel pensiero non suonasse poi così male, nella sua mente; non suonava male nemmeno il modo con cui Blaine pronunciava il suo nome.
 
 


“Abbiamo tutto per stasera?”
Nick e Jeff sbuffarono all’ennesimo richiamo di Wes; sul serio, stava diventando insopportabile. Va bene che quella festa era la più sognata di tutto l’anno scolastico, ma insomma, doveva lasciar fare il loro lavoro.
“Wes, rilassati”, Dissero all’amico, mettendogli una mano sulla spalla con un movimento perfettamente sincronizzato. “È tutto pronto e sarà una festa indimenticabile, come sempre.”
“In realtà sarà tutto il contrario”, Commentò Thad, che stava finendo di addobbare un albero al centro della stanza: “Ci dimenticheremo tutto da quanto saremo sbronzi.”
I Warbler annuirono più o meno entusiasti, lo sapevano benissimo che in quella serata succedeva di tutto: le foto dell’anno scorso, quelle di David che ballava in tutù, erano ancora appese alla bacheca studenti e ogni volta che le vedevano ridevano come se fosse la prima.
Le prime ragazze della Crawford cominciarono a sgattaiolare dentro al liceo attraverso finestre di dormitori e uscite secondarie; erano per lo più fidanzate di studenti, amiche di amici, tutte persone che avevano voglia di bere e sballarsi, proprio come loro.
Quando videro la macchina del preside Layard allontanarsi dall’istituto per la sua immancabile cena con gli altri presidi, cominciò la vera festa.
 
 


“Oh mio Dio, sono sbronzissimoooohhhh!”
“Nick, Nick non sei sbronzo, sei diversamente sano!” Esclamò il suo amico, cingendogli le spalle con un braccio e trascinandolo verso la pista da ballo. La Dalton, letteralmente, pullulava di persone: si erano imbucati anche ragazzi di altre scuole, attirati dalla fama di quell’evento, e le riserve di alcool che avrebbero potuto dissetare il terzo mondo erano agli sgoccioli. La luna splendeva alta nel cielo, ma se solo qualcuno avesse osato alzare la testa per vederla, attraverso una delle grandi finestre, avrebbe come minimo rovesciato a terra gli ultimi suoi drink.
Era tutto perfetto. La musica era perfetta, l’atmosfera era perfetta –sebbene surriscaldata dalla troppa gente e dai troppi ormoni-, le stanze dei dormitori cominciavano a chiudersi a chiave per faccende private e metà dei Warbler erano già spariti nel nulla: qualcuno era chiuso in camera con ragazze o ragazzi, qualcun altro, invece, era sotto al tavolo degli alcolici completamente addormentato. Thad si stava rotolando in giardino.
Wes sfuggì alle prese di una ragazzina ubriaca e si allontanò dalla faolla allentando ancora di più il nodo sgualcito della sua cravatta. Finalmente riuscì a scorgere Blaine accanto a un albero di Natale. O meglio, ciò che restava di lui.

“Che ci fai qui?”
“Conto le lucciole”, Mugugnò con voce sognante. Chiaramente, anche lui aveva superato il quinto drink. “Guarda Wes, sono tantissime.”
“Quelle sono luci al Led, Blaine”. Aveva bevuto anche lui, ma non così tanto. Dopo qualche minuto di pausa si ricordò del motivo per cui lo stesse cercando: “Tu e Sebastian avete litigato?”
Nominare quel nome, in quel momento, fu come ricevere una secchiata d’acqua gelida. Blaine si destò completamente, parlando come se non avesse bevuto una goccia: “Va tutto bene.” Disse, sforzandosi di non distogliere lo sguardo dall’amico per puntarlo verso il ragazzo che, in quel momento, stava ballando con uno. Wes arricciò il naso e con lo sguardo lo sfidò: “Blaine ma a chi la dai a bere? Non vi siete rivolti parola per tutta la serata.”
“Beh lui ha da fare con quello lì, non vedi?” Rispose con un tono un po’ troppo stizzito, per essere stato pronunciato da un semplice amico. Wes era stufo di quella situazione, era stufo che Blaine continuasse a negare i suoi sentimenti, era stufo dell’idiozia di Sebastian e, in quel momento, decise di prendere in mano le redini della faccenda.
“Sono finiti gli alcolici. Vai tu?” Disse con un tono che non ammetteva repliche. Blaine in quel momento faticava anche a capire chi fosse, ma non importava. Anzi, era meglio.
Nel momento in cui lo vide sparire per dirigersi  verso la dispensa, attraversò di nuovo tutta la sala da ballo, strattonando Sebastian per un braccio. Mossa che non piacque per niente al diretto interessato, dal momento che si voltò verso di lui con una strana scintilla omicida negli occhi. Wes però fu più veloce di lui, aiutato dall’aver bevuto di meno, e gli ripetè le stesse parole dette a Blaine. Lo vide inarcare un sopracciglio, ignorando quel ragazzino che fino a un secondo prima stava sbavando per lui.
“E a me che mi frega se è finito l’alcool?”
“Devi andare a prenderlo.”
“Perchè non ci vai tu?”
“Perchè ci sono andato prima”, Mentì, “E se non lo fai domani pubblico su Facebook il video di tu che balli l’Harlem Shake in mutande”.
Maledetto Santo Stefano dell’anno scorso.
“Va bene”, Grugnì controvoglia, infilandosi le mani in tasca. “Wesley Montgomery, questa me la segno.”
“E io l’aggiungo”, Rispose lui con un ghigno compiaciuto, seguendo i suoi passi senza farsi troppo notare, fingendo di ballare ogni tanto, di salutare qualcuno. Quando finalmente anche Sebastian raggiunse lo sgabuzzino in cui avevano messo tutte le cose per la festa, non fece nemmeno in tempo a esclamare “Blaine” che Wes li chiuse dentro tutti e due, sigillando la porta dall’esterno e infilandosi la chiave in tasca.
Sarebbe andato a riprenderli dopo. Adesso, era giunto il momento di fare quella gara di bevute con Nick.
 
 


“Che ci fai tu qui?!”
“No che ci fai TU qui”, Ribattè Sebastian con le mani strette a pugno, cercando immediatamente di aprire la porta ma invano. “Quello stronzo di Wes, quando lo rivedo io-“
“Sebastian, smettila, non vedi che è chiusa a chiave? È inutile.”
“Piuttosto la sfondo”, Sbottò del tutto stizzito, dandole anche quattro o cinque spallate con forza, ma ottenendo soltanto un braccio dolorante e il mal di testa da alcool che aumentava.
“Non ci posso credere.” Si accasciò contro l’uscio chiudendo gli occhi, come esasperato. Blaine incrociò le braccia al petto e, per un momento, fece vagare lo sguardo sulle sue spalle toniche, sulla camicia sbottonata che faceva intravedere i pettorali, sulle labbra serrate, sui capelli arruffati e così sexy che-
“No oh no questo non va assolutamente bene, devi smetterla Blaine, devi smetterla proprio.”
Il problema di chi beve troppo è che non si rende conto delle enormi figuracce che combina, o del fatto che tendono ad esternare qualsiasi cosa gli passi per la mente. Per questo Sebastian, che decisamente era molto meno sbronzo di lui, osservò il compagno di stanza mentre si dimenava passandosi le mani intorno ai riccioli e continuava a inveire contro se stesso, contro la sua fervida immginazione, contro quel ricordo di quella notte a cui, assolutamente, non doveva pensare.
E sul volto dell’altro ragazzo comparve lentamente un ghigno.
“Cosa dici Blaine? Non capisco.” Si fece un po’ più vicino a lui, agli scaffali di metallo che sorreggevano buste di farina, lievito e altri materiali della cucina; c’era un’intensa aria di canditi, probabilmente da qualche parte erano nascoste le scorte dei panettoni della mensa.
Blaine alzò i suoi grandi occhi ambrati su di lui, e quasi perse un battito.
“Sta-stavo dicendo che... che noi non dovremmo...” Balbettò incerto, non sapendo bene cosa dire, perché adesso Sebastian aveva posato entrambe le mani sugli scaffali alla sua destra e alla sua sinistra, impedendogli ogni via di fuga.
“Sì?” Lo incitò a continuare, mantenendo una certa distanza.
“Sebastian io credo di aver bevuto un po’ e-“
“Non ti preoccupare. Dì solo quello che pensi.”
Deglutì un paio di volte, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo. Erano entrambi pieni, lucidi, famelici, carichi di emozione.
“Non faccio altro che pensare a quella notte”, Ammise sottovoce. Sebastian si avvicinò giusto un poco, chinando leggermente la testa: “Continua.”
“Penso a te, alla tua voce, ai tuoi gemiti e... Dio, non riesco a smettere.”
Ci fu un secondo di pausa, prima che si mordesse il labbro inferiore e pronunciasse un: “Mi dispiace tanto.”
“E di cosa?”
“Non dovrei fare questi pensieri. Non dovrei, perchè tu non ricordi nulla e-e non significa nulla e... abbiamo fatto un patto.”
“Ma quel patto risale a troppo tempo fa”, Disse lui. Quel patto non aveva tenuto conto della successione di eventi che li aveva portati a diventare amici, poi migliori amici; non aveva tenuto conto di quanto Blaine fosse incredibilmente eccitante qualsiasi cosa facesse e di come Sebastian avesse quegli occhi in grado di disarmare chiunque.
Non aveva considerato l’attrazione sessuale che c’era tra di loro, così forte e netta da poter essere tagliata con un coltello; riempiva l’aria intorno a loro.
“Mettiamo che io voglia infrangere quel patto”, Suggerì Sebastian. Blaine spalancò gli occhi come incredulo, ma non si oppose.
“Mettiamo... che io ti voglia da impazzire. Che ti voglia così tanto da immaginarti nudo sotto la doccia, da fantasticare sulla curva dei tuoi fianchi, da leccarmi le labbra ogni volta che ti volti e mi mostri quel culo meraviglioso.”
Con le guance un po’ più rosse, annuì appena, come per dire che avesse capito, come per invogliarlo a concludere quell’ipotesi che si faceva sempre più allettante. Le bottiglie di alcool erano a pochi centimetri dal suo viso, ma Sebastian non le aveva minimamente notate.
“Mettiamo che ci sia un vischio, qui, proprio sopra di noi.”
“Ma non c-“
“Oh ma c’è Blaine, non lo vedi che c’è?”, Lo interruppe con fermezza. Ormai i loro corpi erano separati soltanto da quelle camicie sgualcite, potevano sentire l’uno il respiro caldo dell’altro lambirgli la pelle.
Blaine non alzò gli occhi verso l’alto, ma verso il basso. Puntò direttamente le labbra carnose di Sebastian, trattenendo a stento un sospiro.
“Sì. Sì, ora lo vedo.”
Sebastian gli alzò il mento con due dita, mentre con l’altra mano lo strinse per un fianco.
“E allora baciami.”
Le loro bocche si incontrarono a metà strada, attraverso un groviglio di gemiti, lingue e mugolii trattenuti a stento attraverso i loro sospiri. Blaine si avvinghiò a lui con tutto se stesso, Sebastian lo afferrò per le natiche sollevandolo da terra e facendolo sbattere contro i ripiani degli scaffali, facendolo gemere, le loro eccitazioni che si scontrarono frettolosamente mentre iniziavano a disfarsi delle scarpe, delle cravatte, poi dei vestiti.
Sebastian morse e leccò ogni centimetro del petto di Blaine, mentre lo scopriva pian piano, sfilandogli la camicia. Blaine accarezzò con avidità le spalle, poi la schiena, fino ad abbassarsi completamente una volta che toccò di nuovo terra. Senza aspettare un secondo di più slacciò i suoi pantaloni e cominciò a baciargli la coscia, poi l’inguine, stuzzicandolo ancora di più e beandosi dei suoi “Ancora” e dei suoi “Cazzo Blaine, di più”.
Quando si sentì stringere per i capelli, capì che aveva aspettato sin troppo e sfilò l’intimo di Sebastian portandolo fino alle caviglie, per poi afferrare il suo sesso con malizia e leccarne solamente la punta, in via sperimentale. Sebastian inarcò la schiena a quel contatto così piacevole quanto devastante, e si aggrappò con le mani agli scaffali più alti per evitare un cedimento. Tenne la testa bassa tutto il tempo: non voleva perdersi la visione di Blaine sotto di lui, mentre leccava e succhiava come se fosse la cosa più deliziosa di questo mondo. Era più di quanto avesse mai osato sperare.
Prima di raggiungere il culmine lo fermò, scostandolo da lui, beandosi per un momento il gemito di disappunto che uscì dalle labbra sensuali di Blaine. Lo tirò di nuovo su e lo bacio come se volesse mangiarselo completamente, fece scorrere languidamente la lingua sulle sue labbra leggermente gonfie. Blaine teneva gli occhi chiusi per il piacere, le ciglia scure che sfioravano le guance arrossate. Ma Sebastian voleva di più. Sebastian voleva sentirlo urlare, gemere, venire, e in quel momento maledì se stesso per non avere con sè lubrificante e preservativi. Gli accarezzò languidamente il torace per poi scendere fino all’elastico degli slip, abbassandoli in un colpo solo e cominciando ad occuparsi della sua erezione. E se essere in balia di Blaine era appagante, soddisfacente e quasi divino, essere la causa dei suoi spasmi lo era ancora di più. Blaine semplicemente si lasciò andare con tutto se stesso, mentre Sebastian riusciva a baciare punti particolari del suo collo, delle spalle, del petto. E la sua mano si muoveva abile e esperta; tuttavia, c’erano dei momenti in cui rallentava il ritmo per baciarlo con un pizzico di passione, per calmare anche lui la frenesia che li avvolgeva in quel momento. Per essere certo di avere un ricordo di quella serata che, sicuramente, non sarebbe stata da dimenticare.
Quando Blaine cominciò a chiamare il suo nome rischiò seriamente di venire senza nemmeno essere toccato. Per rimediare, fece per darsi piacere da solo, ma la sua mano su presto sostituita e, oh, Dio, la voce di Blaine, la mano di Blaine, il corpo di Blaine e semplicemente Blaine.
Furono travolti dall’orgasmo quasi nello stesso momento, accasciandosi a terra completamente esausti, baciandosi un ultimo centinaio di volte prima di addormentarsi in un abbraccio, con le schiene premute contro gli scaffali della dispensa.
 
 
 
 
 
Wes andò ad aprire la porta soltanto la mattina dopo. Fondamentalmente, perché a un certo punto della serata si era dimenticato dell’esistenza di quei due.
Certo, vederli accasciati a terra in uno stato di sonno profondo e in condizioni assolutamente esplicite fu più di quanto potesse desiderare.
“Oh mio Dio, finalmente!” Esclamò Nick, alle sue spalle. Jeff aveva già afferrato il telefono con la fotocamera accesa, ma Wes abbaiò a entrambi intimandogli di uscire. Ci impiegò diverso tempo per svegliarli, facendo ben attenzione a usare toni moderati e dolci, giusto per non ricevere uno strillo di prima mattina che gli avrebbe perforato le orecchie.
Sebastian e Blaine non furono molto sorpresi di vederlo. Fino a quando non capirono di avere addosso soltanto l’intimo e i pantaloni sbottonati.
“Non dire niente”, Lo minacciò subito Sebastian, che fece per prendere la camicia da terra, completamente impolverata. Blaine era troppo imbarazzato per parlare. Così, restarono in silenzio per tutto il tempo, fino a quando Wes non annunciò ai due che sarebbe andato a farsi una doccia, e Blaine rispose subito che lo avrebbe accompagnato fino alla  stanza, e che poi sarebbe tornato alla sua per rinfrescarsi e riposare un altro po’.
Salutò Sebastian con un timido “Allora a dopo”, che fu ricambiato con un altrettanto “Sì, ecco, certo”. Alla luce dell’alba non erano più così spavaldi e sicuri di loro stessi. Avevano un forte mal di testa ma, tutto sommato, erano felici. Il cuore batteva pieno nei loro petti e si scambiarono un sorriso fugace, che diede a entrambi la sicurezza di cui avevano bisogno: era successo, entrambi ricordavano e, soprattutto, entrambi erano d’accordo.
“Lo sapevo che prima o poi ce l’avresti fatta!” Nick fece per battere il cinque a Sebastian, ma quest’ultimo lo spinse via con poco garbo, mormorando che era ancora troppo assonnato per sopportare i loro strilli.
“Sì, bravo, trattaci male”, Protestò Jeff con il broncio, “Intanto è merito nostro se finalmente ti sei messo con Blaine!”
“Non stiamo insieme. Cioè, forse. Non ne abbiamo ancora parlato.” Anche se, in cuor suo, sapeva che ormai Blaine era suo, e quella consapevolezza lo scaldava più del camino acceso a un angolo della sala comune. La stanza era completamente messa a soqquadro dopo la festa, ma c’erano già dei ragazzi intenti a pulire.
“Comunque non sono affari vostri.”
“Invece sì!” Nick e Jeff si posizionarono di fronte a lui con una posa trionfale. “Devi ringraziarci, Sebastian. Se non fosse stato per quello scherzo di Natale non vi sareste mai messi insieme!”
“Siamo stati geniali”, Aggiunse Nick. “Non credevo che avrebbe funzionato così bene!”
Jeff sfoggiò un sorriso che arrivò fino agli zigomi: “Te l’ho detto che volevano saltarsi addosso. Dovevamo dargli... la giusta spinta.”
“Ma Sebastian”, Fece Nick, ormai completamente divertito, “Qual è stata la vostra reazione? Insomma, dopo stanotte lo avrete capito!”
“... Ma di cosa stai parlando?”
Non gli piaceva per niente la piega di quella conversazione.
“Sì dai! Quando avete capito che la notte di Natale non avete davvero fatto sesso, e che era tutta una messa in scena!”
Un momento.
“CHE COSA?”











Angolo di Fra



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