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Autore: redeagle86    15/01/2008    10 recensioni
Il peso di ciò che avevo fatto mi avrebbe tormentato in eterno...seguito di "Mea culpa"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La mia giustizia'
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CASTIGO

CASTIGO

 

“Vorrei morire, ma vivere è il mio castigo.”

Continua la storia iniziata con “La mia giustizia”

 

Eccoci arrivati alla terza puntata della ff più deprimente della storia delle fanfiction.

Allora, premettiamo che io nutro un odio viscerale per Brooklyn (ho rivisto di recente l’episodio della battaglia fra lui e Kei e da allora lo odio ancora di più) e che non so esattamente da dove sia uscita ‘sta cosa che andrete a leggere. Può darsi fossi in un momento di buona.

Comunque sia aspetto i commenti degli appassionati lettori di questa saga…

 

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Il gorgo…

 

Il buco nero mi sta risucchiando…

 

Mi dibatto, urlo cercando aiuto, ma è tutto inutile…

 

Non posso resistergli…

 

Improvvisamente sento dei passi e l’ombra di una figura appare sul terreno…

 

“Il genio del beyblade…” pronuncia una voce con ironia…

 

Alzo gli occhi e scopro che quella voce appartiene a lui…

 

“Brucia, Brooklyn. Brucia nel fuoco della mia passione”…

 

E il vortice si tramuta in un muro di fiamme, che mi cattura…

 

E l’ultima cosa che vedo, prima che il fuoco mi divori, sono le sue iridi ametista che mi guardano crudelmente.

 

 

Mi sveglio di scatto, ansante e sudato.

Dopo due anni dovrei farci l’abitudine, invece quell’incubo mi sconvolge ogni notte.

Ho smesso di raccontarlo persino al mio psicanalista, che non mi vede da circa un anno. È un brav’uomo, ma non può risolvere il mio problema.

Nemmeno lui può spiegarmi cosa sia successo esattamente quel giorno.

Può solo espormi fatti che conosco a memoria. So cos’è successo in quel maledetto stadio.

Ma ne ignoro le cause.

Ed è questo non sapere a spaventarmi.

Il pensiero di poter diventare un’altra volta un assassino.

 

 

Il beyblade non era niente per me, solo un divertente passatempo.

Forse perché non mi dovevo allenare come tutti gli altri, grazie allo speciale talento con cui ero nato.

Un talento che mi aveva portato a restare solo.

Una solitudine che credevo non mi pesasse, ma che in realtà mi ha fatto crescere con un disperato bisogno di appoggiarmi agli altri, mi ha fatto diventare debole, mi ha costretto a unirmi a persone che giudicavo in grado di proteggermi.

Di starmi vicino.

Di difendermi dall’invidia del mondo.

Persone come Borgof.

 

Da lui imparai a guardare gli altri blader come insetti insignificanti.

Tutti cadevano davanti al mio potere.

La BEGA divenne un labirinto d’occhi invidiosi e spaventati. Il mio talento suscitava ammirazione e odio, in un conflitto che teneva ogni persona lontana da me.

Ma avevo Hitoshi, il mio allenatore, e Borgof, colui che mi aveva dato modo di mostrare al mondo la mia bravura.

Di che altro avevo bisogno?

La mia vita trascorreva placida, in un mondo ideale e solo mio.

 

Poi arrivò lui.

 

Un blader col fuoco nelle vene e il ghiaccio nello sguardo.

Un blader con un sogno, una via da seguire, uno scopo per cui allenarsi giorno e notte.

Un blader che vide in me un affronto a tutti i suoi principi.

 

Per me era uno fra tanti.

Un perdente il cui nome si aggiungeva alla lista delle persone che avevo battuto.

 

Fino al torneo contro i Bladebreakers.

Fino a quel giorno.

 

Garland era pronto a combattere, sicuro della vittoria.

Non vedevo l’ora che quella pagliacciata finisse e mi permettessero di tornare al mio giardino, all’aria aperta…

Era già tutto pianificato: non potevano sperare di batterci. Avevano l’acqua alla gola e quel giorno sarebbero affogati del tutto.

Invece Takao sconvolse tutti, annunciando l’ingresso del loro quarto blader.

I passi echeggiavano nel corridoio, quasi scandissero i secondi.

E quel ragazzo riapparve sulla mia strada, come un fantasma arrivato dal passato, costringendomi a scendere in campo.

Pensai fosse un povero pazzo, deciso a fare un’altra brutta figura.

Non capii quanto in realtà fosse lucido e determinato.

 

I colpi si susseguivano senza tregua, i tagli sfregiavano il suo corpo, ma lui continuava ad alzarsi.

Mi spronava a proseguire gli attacchi, a far crescere la sua rabbia e il suo desiderio di rivincita.

Ma non poteva vincere.

Io ero il genio del beyblade…

Un talento naturale…

 

“La tua natura è avvolta dalle tenebre…sei come un buco nero…”

 

Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.

Nessuno aveva mai resistito tanto alla mia forza.

Eppure, nonostante tutto, non compresi quanto serie fossero le sue intenzioni. Non scherzava: pur di sconfiggermi avrebbe dato tutto ciò che possedeva.

 

Anche la vita.

 

E fui io a soccombere.

Bruciai nel rogo della sua passione per il beyblade.

Ero sconvolto, travolto dall’incredulità: un blader qualsiasi mi aveva sopraffatto.

Poi la voce di Takao mi strappò dall’oblio.

 

Per gettarmi nell’inferno.

 

-Kei…Kei! Kei!! KEI!!

Lo chiamava e lo chiamava, ma non riusciva a svegliarlo.

Lo teneva fra le braccia, mentre il sangue gli macchiava le mani, i vestiti, cadeva a terra…

Tutto quel rosso…

Udii Ming-Ming urlare, il caos esplodere sugli spalti.

 

Ma io non vidi più nulla.

Avvertivo solo i battiti del mio cuore, sempre più forti, sempre più lenti.

Cos’ero diventato?

Com’era potuto succedere?

Ero…

 

…un assassino!

 

Percepii appena il tocco di Garland sollevarmi da terra e sostenermi fino alla mia stanza.

Non so se mi parlò, se mi fece coraggio o restò in silenzio.

Ero come in trance, conscio solo di quello che avevo fatto.

Avevo tolto la vita a una persona.

Ero malvagio…una creatura avvolta dalle tenebre.

 

Quanto tempo passai in quella stanza non posso dirlo con certezza: avevo perso la cognizione del tempo, giorno e notte erano uguali.

Mi risvegliai soltanto quando Garland mi portò la notizia della morte di Kei.

Un ragazzo di diciassette anni…

Mi guardai le mani, quelle mani con cui avevo lanciato Zeus, con cui avevo stroncato l’esistenza a chi l’aveva tutta davanti a sé.

 

Borgof scomparve nel nulla, lasciando la BEGA allo sbando.

 

Hitoshi dichiarò di non avere nulla a che fare con un assassino.

 

Buffo, vero?

Le persone a cui mi ero affidato, che avrebbero dovuto difendermi, mi hanno abbandonato.

Solo Garland mi è restato accanto: mi ha nascosto lontano da Tokio, dove vivo tutt’ora.

Vivo…sarebbe meglio dire che mi trascino fra i giorni.

 

Due anni sono trascorsi. Due anni di domande, di accuse, di sensi di colpa.

A volte tutto questo mi sembra troppo, mi sembra insopportabile, mi sembra di affogare, di soffocare.

E allora fisso il balcone, i coltelli della cucina, qualsiasi cosa somigli a una corda…

E quando sono ad un passo dal metter fine ai miei tormenti, rivedo Takao, con il corpo di Kei tra le braccia, rivedo quel sangue sulla sua pelle chiara…

E capisco che vivere è il solo modo per espiare la mia colpa.

Vivere è la mia punizione.

Il mio castigo.

Vivere e continuare a soffrire.

 

So che i Bladebreakers si sono sciolti e che Takao non ha più disputato un incontro dalla morte di Kei.

Penso che mi odino e non posso dar loro torto.

Un assassino non attira certo le simpatie.

Io stesso mi odio, non riesco a guardarmi in uno specchio senza provare orrore.

Aspetto solo che una giustizia superiore decreti la mia fine.

 

E intanto l’incubo di Kei mi tormenta.

Il suo fuoco mi consuma.

La fenice mi divora, come l’aquila dilaniava il fegato di Prometeo.

E, come Prometeo, ogni alba mi restituisce ciò che è stato divorato. Per nutrire ancora la fenice. Per proseguire il mio supplizio.

 

 

Stanotte…

Stanotte ho ricevuto un segno.

Stanotte il solito incubo non è venuto a farmi visita.

 

Stanotte ho sognato una ragazza con il ghiaccio nelle vene e il fuoco nello sguardo.

 

FINE

 

Eccoci alla fine del nuovo episodio.

Io non so cosa pensarne, quindi aspetto un vostro parere.

  
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